Un po' di mito

 

Diòniso

Presto identificato col latino Bacco, Diòniso fu venerato, originariamente, sotto la forma d'un albero di edera. Successivamente, esso fu raffigurato in un giovane dalla florida barba, coronato di edera e di pampini, al quale, poi, si aggiunsero una pelle di lince o di leopardo, gettata sulle spalle, e gioielli femminili, fra la chioma fluente e prolissa. I suoi simboli erano la tazza e il tirso; gli alberi che gli erano consacrati, oltre alla vite e all'edera, erano il fico e la quercia. Il culto di Diòniso si mescolò, col tempo, con quello di Demetra, divinità della vegetazione, e con quello di Apollo, per la comune prerogativa della divinazione e dell'ispirazione poetica.

I Romani lo onoravano sotto il duplice nome di Bacco e di Libero.

Appena nato il piccolo Dioniso viene posto sotto le cure delle ninfe del monte Nisa, mentre a Sileno, un vecchio Satiro, viene affidato il compito di educarlo. Figlio di Semele e di Zeus, il giovane dio termina la propria gestazione nella coscia paterna a causa della "fulminea" e prematura morte della madre. Sotto la sua protezione sono poste le attività legate al ciclo annuale vitivinicolo, dall'impianto e cura delle vigne alla produzione e consumo del vino. L'ebbrezza trasgressiva e liberatoria a cui il vino può dare luogo gli attribuiscono potestà anche sul teatro: ispirati dal dio gli attori escono "fuori di sé" e si calano nei personaggi previsti dalla scena, interpretandone con verosimiglianza dialoghi e comportamenti.

 

Baccanali

Erano appunto le feste in onore di Bacco. I partecipanti si abbandonavano ad una allegria assai libera, scomposta e i licenziosa, ad imitazione delle feste dionisiache che la Grecia celebrava in onore di Dionisio. Le Baccanti, sacerdotesse del dio, vestite di una pelle di tigre, cinto il capo di una corona di edera e di tralci di vite, correvano, scapigliate, agitando torce ardenti e cantando in onore del dio.

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