SEFER HA-YOMIM by Franz "Sleepy" Fioravanti "Non ricordo bene i loro volti, ma ora so perché erano venuti. Adesso è tutto chiaro. Adesso posso fare ciò che devo. E che Dio mi perdoni." Lower East Side New York City, N.Y. 11:29 a.m. Il palazzo era decrepito, e aveva tutta l'aria di essere abitato soltanto da topi e scarafaggi. Con un sospiro, Mulder estrasse dalla tasca del soprabito un foglio di carta ripiegato, e lo aprì per controllare l'indirizzo. Accanto a lui, Scully osservava la grigia facciata dell'edificio con aria perplessa e scontenta. "Numero 83. E' questo" mormorò Mulder, ripiegando il foglio. "Che dici, entriamo?" Scully si girò a guardarlo. "Prima che lo demoliscano, intendi dire?" Scosse il capo, senza accennare a muoversi. "Mulder, che ci facciamo qui? Un tizio ti scrive dicendoti che ha bisogno di parlarti, e tu ti precipiti a New York senza nemmeno chiederti..." "Il signor Rossmann ha ottantadue anni, Scully" la interruppe Mulder. "Ho controllato i suoi dati. Probabilmente non è in grado di viaggiare, e comunque, a giudicare dal posto in cui abita, non potrebbe neppure permetterselo." "Qualunque cosa dovesse rivelarti, poteva scrivertela nella lettera. O magari usare quello straordinario ritrovato della tecnologia più avanzata che risponde al nome di telefono... " Mulder accennò un sorriso. "In questo edificio devono essere rimasti al tempo della posta pneumatica..." disse poi. "Te l'ho detto, Scully. Rossmann vuole parlarmi di persona. Non ho idea di quali siano le 'importanti rivelazioni' a cui accenna... Chissà, magari nel '47 era in vacanza a Roswell, e adesso vuole vendermi qualche rottame di UFO per integrare la pensione!" Scully gli lanciò uno sguardo storto. "In tal caso, perché vuole parlare anche con me? E come è venuto a conoscenza del nostro lavoro?" Mulder si strinse nelle spalle. "Non lo so. Ma posso chiederglielo, e visto che ormai siamo qui..." "Già." Scully lanciò un'occhiata poco convinta al portone aperto del palazzo. "Purché ce la sbrighiamo in fretta." Mulder annuì. "A proposito..." disse, mentre attraversava il marciapiede per avvicinarsi all'entrata. "...lo sapevi che oggi al Madison giocano i Knicks? Se per caso ti interessa, Danny mi ha dato il numero di un tizio che potrebbe procurarci i biglietti..." Scully, ancora ferma sull'altro lato del marciapiede, fece mente locale su quella rivelazione, e poi annuì fra sé, mentre raggiungeva Mulder intento a leggere le targhette sul portone. "E nel caso non ci riesca, potresti sempre chiedere al signor Rossmann di farti vedere la partita col suo televisore a carbone, mentre ti racconta la sua storia... Così i due motivi per cui sei qui coincideranno..." Appoggiando la punta dell'indice sopra una targhetta semicancellata su cui c'era scritto 'A. Rossmann int. 32', Mulder si voltò verso Scully, con un largo sorriso. "Non farti traviare dalle apparenze..." cambiò discorso. "Questo rudere fatiscente potrebbe nascondere nel suo ventre signorili appartamenti che noi non potremmo permetterci nemmeno fra cinquant'anni di sudati risparmi..." "Ardo dal desiderio di vederne uno, Mulder." Scoccandogli un'occhiata sarcastica, Scully gli passò accanto e varcò il portone, sparendo nell'atrio poco illuminato. Mulder la seguì. Salirono le scale semibuie, passando davanti a porte da cui provenivano grida di bambini e odore di roba fritta. Raggiunto il terzo piano, si fermarono di fronte alla porta col numero 32, e rimasero in silenzio per qualche istante. Dall'interno dell'appartamento non giungeva alcun rumore. Mulder bussò. Prima discretamente, poi con più energia. "Non c'è nessuno" tagliò corto Scully. "Dài, andiamocene, Mulder. C'è un aereo alle tre. Se ci sbrighiamo possiamo farcela." Lui scosse il capo, e bussò di nuovo. "Magari è un po' sordo..." disse. Poi, a voce più alta: "Signor Rossmann? Sono Fox Mulder! E' in casa?" Si sentì il rumore di un chiavistello che veniva fatto scorrere, e dopo qualche istante la porta si aprì. La prima cosa che Mulder notò furono i capelli, di un bianco immacolato. E gli occhi. Occhi azzurri, trasparenti come vetro colorato, che brillarono alla vista dei due agenti. "Il signor Rossmann?" chiese Mulder, in tono gentile. Il vecchio annuì lentamente, ma non disse nulla. Fermo sulla soglia, osservò Mulder con attenzione, corrugando la fronte, poi spostò lo sguardo su Scully. Sembrava quasi che li stesse scrutando per cercare un indizio del motivo per cui due persone sconosciute avevano bussato alla sua porta. "Ho ricevuto la sua lettera stamattina" disse Mulder, quasi in un tentativo di aiutare il vecchio a ricordare. "La mia collega ed io siamo ansiosi di sapere perché ha voluto parlarci personalmente. Nella lettera accennava a delle rivelazioni su una cosa che ci avrebbe interessato..." Rossmann annuì di nuovo. E d'un tratto sul suo volto rugoso si aprì un sorriso, come se improvvisamente si fosse ricordato ogni cosa. "Sì... Sono felice che siate venuti!" disse, con una voce profonda che contrastava col suo aspetto gracile e la schiena curva. Fece un passo indietro, e si scostò per lasciarli passare. "Prego, entrate pure..." Mulder e Scully si scambiarono una breve occhiata, poi si decisero a varcare la soglia. Si ritrovarono in una stanza arredata spartanamente: un tavolo, due sedie, un vecchio divano scolorito, uno scaffale colmo di libri dall'aria vissuta e poco altro. La luce del giorno filtrava a malapena dalle tende gialline che coprivano l'unica finestra. Dalla parte opposta della stanza c'era una porta dipinta di un azzurro sbiadito. "Accomodatevi..." disse il vecchio, indicando le sedie. "Scusate se non vi lascio il divano, ma è troppo malandato per degli ospiti..." "Non si preoccupi, signor Rossmann" intervenne Scully, con un sorriso. "Andranno benissimo le sedie." "Amshel" mormorò l'uomo, sedendosi sul divano. "Mi chiami pure Amshel, signorina Scully." Mentre avvicinava le sedie al divano, porgendone una a Scully, Mulder si guardò intorno. La stanza aveva un aspetto povero, ma non trasandato. Non c'era polvere, e i vetri erano puliti. Notò che accanto al divano, su un piccolo tavolino da caffè, erano posati una scatola di legno lavorato, un bicchiere e un libro dalla copertina in pelle, che aveva l'aria di essere molto vecchio. "Da quanto tempo si trova negli Stati Uniti, Amshel?" chiese Mulder, mentre si sedeva. Il vecchio lo guardò sorpreso, poi sorrise. "E' per il mio accento, vero? Quasi sessant'anni non sono bastati a cancellarlo del tutto... Suppongo che ormai io mi ci debba rassegnare." "Non si può mai dire." Mulder sorrise a sua volta. "Bene... Ora sono curioso di sentire quello che ha da rivelarci." Rossmann lo fissò per qualche secondo, poi annuì. "Io... devo mostrarvi una cosa. Una cosa molto importante, per voi, per me e... per altre persone." "Posso chiederle perché si è rivolto a noi?" disse Scully. "Suppongo che sappia di cosa ci occupiamo..." "Per la verità, no." Scully lanciò una fuggevole occhiata a Mulder. Questi, in risposta, si agitò sulla sedia, schiarendosi la voce. "Amshel..." disse poi, cercando di nascondere la propria perplessità. "Se non conosce il nostro lavoro, perché è così sicuro che ciò che vuole mostrarci sia importante per noi?" "Perché... perché lo so. Lo so dal momento in cui vi ho visti." Mulder chiuse gli occhi per un attimo, cercando di non pensare a ciò che probabilmente stava passando per la mente di Scully in quel momento. "Mi sta dicendo che prima non ne era sicuro?" "Non del tutto. No." Il vecchio sorrise. "So cosa state pensando. Ecco un vecchio pazzo che ci ha fatti venire fin qui da Washington a perdere tempo ascoltando i suoi sproloqui..." Alzò una mano, vedendo che Mulder stava per dire qualcosa. "Se lo pensate, non vi do torto. Ma credetemi, non sono un mitomane. Quando avrete visto ciò che dovete vedere, mi darete ragione." Allungò una mano e prese il libro che era posato sul tavolino. "Ecco, si tratta di questo." Mulder si alzò in piedi per prendere il libro che Rossmann gli stava porgendo, e nel farlo notò che la mano del vecchio tremava. Guardandolo in viso capì che quel tremito non era dovuto all'età, ma ad uno stato di forte emozione, come se avesse atteso quel momento per molto tempo. Senza tornare a sedersi, Mulder osservò il libro, un piccolo volume senza scritte sulla copertina. "E' un libro antico, vero? Dove l'ha preso?" "Ce l'ho... da moltissimi anni, signor Mulder." La voce del vecchio era appena percettibile, adesso. Teneva lo sguardo fisso su Mulder, senza muovere un muscolo, in attesa. Si sarebbe detto che la sua stessa vita dipendesse da ciò che l'altro stava guardando. Scully si alzò e si avvicinò a Mulder, incuriosita suo malgrado. "E da dove viene?" Notando che una sottile striscia di pelle fungeva da segnalibro, Mulder lo aprì con cautela alla pagina indicata. "Sembrerebbe un..." La frase gli si spezzò in gola. Cadde sulle ginocchia, incapace di respirare, come se di colpo una mano gli avesse strappato via i polmoni dal torace. Il suo sguardo già annebbiato si posò sul vecchio, che non si era mosso dal divano. Per un attimo gli parve che stesse sorridendo. Sentì che Scully, accanto a lui, gli afferrava le spalle, per impedirgli di crollare a terra. E poi sentì un piccolo tonfo, e capì che anche lei stava cadendo... La mente gli si svuotò, di colpo. Qualcuno gli stava spruzzando dell'acqua sulla faccia. Doveva essere Scully. L'acqua era gelata, e lui, rabbrividendo, alzò una mano per farle capire che non ce n'era più bisogno. Poi aprì gli occhi. Vide il buio sopra di sé. E da quel buio l'acqua scendeva a bagnargli il viso, fredda e inesorabile. Ne sentiva lo scrosciare sommesso provenire da ogni parte, intorno a lui. Pioveva. Mulder si tirò faticosamente in piedi, i pensieri già rivolti a Scully. Si guardò intorno, e nell'oscurità indovinò sagome di edifici che incombevano su di lui. Capì di trovarsi in un vicolo. "Mulder?" Abbassò lo sguardo, e vide che Scully era a poca distanza da lui. Stava cercando di sollevarsi puntellandosi sui gomiti. "Tutto bene?" mormorò, in tono preoccupato, mentre l'aiutava a rialzarsi. Lei annuì, e inspirò profondamente. Mulder staccò la mano dal suo braccio. Scully si guardò intorno. "Mulder... Sei tu che mi hai portata qui? Cos'è successo?" Lui scosse la testa. "Ne so quanto te. Mi ricordo di essere caduto, e poi... nient'altro. Il signor Rossmann ci ha fatto un bello scherzo. O forse c'era qualcun altro, nella stanza." Tastando la fondina, sentì che la pistola era al suo posto. Strano. "Dobbiamo tornarci, Scully. Chiameremo rinforzi. Intanto usciamo da questo vicolo, e cerchiamo di capire dove siamo." Affondò una mano nella tasca della giacca, e ne trasse una piccola torcia elettrica. Il raggio illuminò alte mura di grossolani mattoni a vista e mucchi di sporcizia circondati da pozzanghere fangose. Mentre si avviava verso l'uscita del vicolo, Mulder urtò qualcosa col piede. Scully, che era alla sue spalle, lo vide puntare il cono di luce sul terreno, e chinarsi a raccoglierlo. "Cos'hai trovato?" Lui si voltò e le mostrò ciò che aveva raccolto. Era il vecchio libro di Amshel. "Probabilmente mi è rimasto tra le mani quando sono caduto" disse, infilandosi il libro in tasca. Sbucarono sulla strada principale, e si guardarono intorno. La strada era buia e deserta: nessuna luce, nessuna insegna, nessun lampione acceso. Niente passanti. L'unico rumore era quello della pioggia. Mulder scosse la testa. "Sembra un quartiere abbandonato". Avanzò fino al centro della strada, puntando la torcia verso i bassi edifici silenziosi. Alcune porte erano sbarrate, altre pendevano sghembe dai cardini, altre ancora sembravano sfondate. Molte finestre erano coperte da assi inchiodate. Dall'altra parte della strada c'erano edifici nelle stesse condizioni, vetrine infrante, sporcizia e desolazione. Scully aveva un'aria inquieta. "Dove siamo, Mulder? Questo posto non mi piace per niente." Lui si voltò verso di lei, con espressione cupa: "Nemmeno a me, Scully". Puntò la torcia verso quello che doveva essere stato un piccolo negozio, in tempi migliori. "Guarda". Scully guardò. Vicino alla porta del negozio, sul muro, qualcuno aveva scritto una frase con della vernice bianca. La frase era in tedesco. "Schwein Jude" mormorò Scully. "Risparmiami la traduzione. So cosa significa". Mulder scosse lentamente il capo, guardandosi intorno con aria perplessa. "Non hai l'impressione di aver già visto tutto questo?" Scully alzò un sopracciglio. "Sì... Mi ricorda le scene di certi vecchi film. Pensi... pensi che sia solo una scenografia? Che ci troviamo su un set cinematografico?" Mulder si grattò il mento. "New York è piuttosto lontana da Hollywood, Scully... E a me queste case sembrano vere." "Potrebbe essere una ricostruzione storica... oppure un'area di addestramento dell'esercito." "Sì, ma... perché ci hanno portati qui? E cosa c'entra Rossmann con tutto ciò?" "Cercheremo di scoprirlo." Scully infilò una mano nella tasca del soprabito e ne tirò fuori il cellulare. Lo osservò perplessa per qualche secondo, poi compose un numero e rimase in attesa. "Non c'è linea" disse. "E' morto." "Sei sicura che non sia rotto?" Mulder estrasse il suo e provò a sua volta. Senza risultato. "Forse dovremmo spostarci da questa zona" disse Scully. Mulder annuì, pensieroso. Poi, aggrottando la fronte, lanciò un'occhiata all'orologio, scoprendo che si era fermato sulle 11:45, pressappoco l'ora in cui lui e Scully erano caduti a terra, nell'appartamento di Rossmann. "Può darsi che non sia questione di zona..." "Come sarebbe a dire?" Mulder si strinse nelle spalle. "Non so... Probabilmente sto correndo troppo con la fantasia.. E' solo un'impressione. Un'idea stramba." "Sai che novità...". Scully lo guardò storto, con un mezzo sorriso. "Avanti, sentiamo." "No, lascia stare. Non vale la pena di..." Un lontano grido rauco lo interruppe, seguito dal latrare furioso di un cane. I due si guardarono allarmati. Scully portò la mano alla fondina, ma Mulder l'afferrò per un braccio, scuotendo il capo. "No!" disse, spegnendo la torcia. "E' meglio nascondersi!" e cominciò a trascinarla verso il vicolo da cui erano sbucati poco prima. "Mulder!" protestò lei. "Qualcuno potrebbe essere in pericolo! Dobbiamo intervenire!" "Prima voglio capire con chi abbiamo a che fare!" Si nascosero nel buio del vicolo, addossandosi ad un muro. L'abbaiare del cane sembrava avvicinarsi. "Mulder!" ripeté Scully. "Se quel cane fa del male a qualcuno, noi..." Lui le strinse il braccio, facendole cenno di tacere. Dalla strada provenne un rumore di rapidi passi in corsa. Guardando verso l'imboccatura del vicolo, Mulder colse per un attimo una figura indistinta che subito sparì dalla sua visuale. Avrebbe voluto tornare in strada per vedere dove si era diretta, ma un rumore di passi più pesanti, accompagnato da un latrato ormai troppo vicino, lo convinse a stare nascosto nel buio. Una striscia di luce tremolante percorse la facciata di una casa, poi si spostò su quella contigua. Un'aspra voce maschile si levò imperiosa, e di colpo il cane smise di abbaiare. Trattenendo il fiato e appiattendosi contro il muro, Mulder e Scully attesero che l'uomo raggiungesse l'imboccatura del vicolo, e poi passasse oltre. Quando la luce della torcia scomparve alla sua vista, Mulder si lasciò sfuggire un breve sospiro. Aspettò qualche secondo, lasciando che il rumore di passi si allontanasse, poi si sporse cautamente a guardare oltre l'angolo. Sentendolo bisbigliare qualcosa, Scully gli si avvicinò. Lui si voltò e la spinse indietro. "Scully..." mormorò, in tono turbato. "Non so come dirtelo, ma..." Esitò. "Se questa non è una messinscena degna di un vecchio episodio di 'Missione Impossibile', o uno dei sogni più realistici e coinvolgenti che io abbia mai fatto... siamo decisamente nei guai." Scully lo guardò perplessa. "Che significa, Mulder?" Lui scosse il capo, senza dire nulla, e si scostò perché Scully potesse guardare nella strada. Cautamente, lei sporse la testa. L'uomo si trovava ad una quindicina di passi da lei. Era girato di schiena, e si stava allontanando lungo la strada, preceduto da un grosso cane che teneva al guinzaglio. La luce della torcia, proiettata sulla strada di fronte a lui, lo illuminava debolmente. Aveva una divisa grigio-scuro, e ad una prima occhiata Scully pensò che fosse un poliziotto. Poi notò gli stivali pesanti, l'elmetto e il fucile. Quando l'uomo girò la testa per guardare in un vicolo, la luce della torcia, colpendo una superficie metallica, si rifletté sull'elmetto, illuminando un piccolo simbolo nero che spiccava dentro un cerchio bianco. Scully deglutì a vuoto, lo sguardo fisso su quello stemma fin troppo conosciuto. L'uomo vestito da SS svoltò un angolo e sparì nel buio. "L'hai visto?" mormorò Mulder. Scully si voltò lentamente. "Nazisti... Forse questa è davvero un'area di addestramento... Ma non dell'esercito. Un gruppo paramilitare, direi. Mi chiedo chi abbia concesso i permessi per un'installazione del genere..." "E io mi chiedo chi fosse la persona che quel tipo stava braccando." "Forse era solo un'esercitazione..." Mulder non disse nulla. Dando una breve occhiata in strada per assicurarsi che l'uomo non stesse tornando indietro, uscì dal vicolo facendo cenno a Scully di seguirlo. La via era silenziosa, adesso. L'unico rumore era quello della pioggia che scendeva monotona, accompagnata da radi fiocchi di neve ghiacciata. Scully si strinse nel soprabito, chiedendosi, con un brivido di freddo e di inquietudine, a quanta distanza da New York si trovasse quel luogo, dove stava nevicando a fine settembre. Rimasero immobili per qualche minuto, in ascolto. Lo squittire di un topo li fece trasalire entrambi. Poi udirono un leggero scalpiccìo che sembrava provenire da un vicolo ad una decina di metri da loro. Si avviarono cauti in quella direzione. Giunti all'imbocco del vicolo, Scully estrasse la pistola e Mulder la torcia. Il fascio di luce illuminò l'oscurità, oscillando a destra e a sinistra, fino a posarsi su un cumulo di casse di legno fradicio addossate ad un muro. Mulder fece cenno a Scully di fermarsi all'entrata del vicolo, poi avanzò lentamente, estraendo a sua volta l'automatica che portava al fianco. Il raggio della torcia esplorò le casse sfondate, alla ricerca di un possibile nascondiglio. E all'improvviso una delle casse cadde a terra, e qualcuno balzò fuori tanto in fretta da non dare a Mulder nemmeno il tempo di puntargli contro la torcia. Ripresosi dalla sorpresa, Mulder lo intercettò col raggio di luce, scoprendo che si stava dirigendo di corsa verso l'uscita del vicolo. "Férmati!" gridò a mezza voce, cominciando a rincorrerlo. Una seconda luce gli comparve di fronte, abbagliandolo per un attimo. Mentre Scully avanzava verso il fuggitivo, puntandogli contro la torcia, questi si immobilizzò. Poi si accostò al muro di una casa, e si mise a piangere. Era una bambina. Di dieci, forse undici anni. Molto magra, con lunghi capelli neri e occhi chiari. Indossava un cappotto grigio tutto rattoppato, e piangeva silenziosamente, fissando i due agenti con uno sguardo che esprimeva un misto di paura e rassegnazione. Mulder e Scully si guardarono, affrettandosi a rimettere le pistole nelle fondine. Scully si accostò alla bambina, cercando di assumere un'aria amichevole. "Stai tranquilla" disse. "Non avevamo intenzione di spaventarti." La bambina la fissò a lungo. Non sembrava molto convinta, ma smise di piangere. Spostò lo sguardo su Mulder, che si era avvicinato, e un'ombra di terrore le si disegnò sul volto. Turbato, Mulder si inginocchiò accanto a lei, che si ritrasse ancora di più contro il muro, come se volesse sparirvi dentro. "Non aver paura" le disse, in tono che sperò rassicurante. Poi, alzando lo sguardo su Scully: "Questa bambina sta tremando. Non è una simulazione, Scully." Lei annuì, inginocchiandosi a sua volta accanto alla bambina. "Come ti chiami?" le chiese. "Perché quell'uomo ti inseguiva? A noi puoi dirlo. Siamo agenti dell'FBI. Siamo qui per proteggerti." La bimba spostò lo sguardo da lei a Mulder, e poi tornò a fissarla, come se stesse cercando di leggerle dentro, al di là delle parole. Poi, finalmente, mormorò qualcosa. "Ich bin Deutsche." Mulder lanciò un'occhiata a Scully. "Che cosa ha detto? Che è tedesca?" Più che sorpreso, appariva deluso. Scully annuì. Con un sospiro, si apprestò a fare appello alle sue reminiscenze scolastiche di tedesco. "Wie ist dein Name?" La bimba esitò qualche secondo, sbattendo le palpebre. "Helga" disse infine. Mulder osservò pensieroso la bambina, mentre questa rispondeva con voce tremante ad alcune domande di Scully. Non capiva ciò che dicevano, ma in quella situazione c'era qualcosa che non lo convinceva. Scully fece un cenno d'assenso alla bambina, poi si voltò verso di lui, con aria perplessa. "Dice che si è persa, e non sa perché quel soldato ce l'avesse con lei. Ha anche detto che..." Aggrottò la fronte, come se fosse riluttante a tradurre quella parte. "No, probabilmente ho capito male." "Che cosa ha detto?" chiese Mulder, in tono pressante. Lei sospirò. "Ha chiesto di essere condotta al più presto fuori dal ghetto, perché ha paura che gli ebrei la uccidano." Mulder la guardò per qualche istante con aria indecifrabile, poi spostò l'attenzione sulla bambina, che li stava osservando, tesa e silenziosa. "Io non credo che Helga sia il suo vero nome" mormorò. "Chiedile... chiedile dove siamo, Scully." Dana esitò brevemente, poi annuì. "Wo Sind Wir?" chiese, rivolta alla bimba. Questa la guardò spalancando gli occhi, sorpresa dalla domanda. "In dem Getto" rispose. "In quale città?" disse Mulder. Rifletté , poi, rivolgendosi direttamente alla bimba: "Stadt?" Lei rimase a bocca aperta, come se l'assurdità della domanda l'avesse confusa. Probabilmente si stava chiedendo come fosse possibile che quei due non sapessero neppure in che città si trovavano... Alla fine si decise. E mormorò qualcosa di incomprensibile. "Was ist das?" chiese Scully. Stavolta la parola giunse chiara e ben scandita. "Prag." Mulder si voltò a guardare Scully, che scosse il capo, come per dissociarsi da quell'affermazione assurda. Lui invece annuì, con un brillìo di eccitazione negli occhi. "Tutto torna" disse. "Come sarebbe a dire? A me sembra che qui non torni niente, Mulder." Scully sospirò. "Dobbiamo portare al sicuro questa bambina. Trovare la sua famiglia. Non possiamo lasciarla qui." "Non so se esista un posto sicuro per lei, Scully..." Con un'idea improvvisa, Mulder pescò dalla tasca del soprabito il libro di Rossmann e lo mostrò alla bimba, che lo osservò perplessa. Ma quando lui l'aprì a caso, mostrandole una pagina coperta da una scrittura minuta, la vide spalancare gli occhi, come se qualcosa l'avesse spaventata. Cominciò a parlare in fretta, scuotendo ripetutamente la testa. Scully si sforzò di dare un senso a quel profluvio di parole. "Credo stia dicendo che non ha mai visto il libro. Non sa di cosa si tratta, e non capisce quello che c'è scritto..." "Forse non sa di cosa si tratta..." disse Mulder "... ma io credo che qualcosa abbia capito." Mostrò il libro aperto a Scully. "Il che è strano, visto che dice di essere tedesca. Perché questo libro è scritto in ebraico." Scully osservò il libro. "E perché avrebbe mentito?" "Probabilmente perché ha paura che noi le facciamo del male, se scopriamo la verità." "Aspetta un attimo, Mulder..." Scully si rialzò in piedi. "Stai per caso dicendo che quel tipo vestito da nazista le stava dando la caccia perché è ebrea?" Si guardò intorno. "E che hanno costruito questo posto per rendere la caccia più realistica e divertente?" Mulder guardò la bambina, che ora li stava fissando con aria spaurita. Le accarezzò la testa, sorridendole per cercare di tranquillizzarla, poi si alzò in piedi. "C'è una spiegazione più semplice. Non sei tu quella che adora il rasoio di Occam?" Scully lo scrutò attentamente, chiedendosi dove volesse condurla. Quando lo capì, fece fatica a trattenersi dallo scoppiare a ridere. "Mulder! Non puoi pensarlo sul serio! E' assurdo!" "Che cosa? Che questa bambina fosse inseguita da una SS? Che questo sia davvero il ghetto di Praga? O che ci troviamo al tempo del Terzo Reich?" Scully rimase a bocca aperta per qualche secondo. "Tutto!" sbottò alla fine. "Sai bene che non è possibile, e che..." Un movimento colto con la coda dell'occhio la costrinse ad interrompersi. La bambina, vista un'opportunità di fuga nel fatto che loro fossero immersi in quella concitata discussione, era schizzata via di colpo, in direzione dell'uscita del vicolo. Senza esitare, entrambi si lanciarono dietro di lei. Una volta in strada, la videro svoltare nella direzione da cui erano venuti, e la seguirono. Non osando accendere la torcia, corsero alla cieca, seguendo l'ombra della bambina. Quando Mulder vide altre tre ombre sbucare da una strada laterale, si fermò di colpo. Poi arretrò verso Scully, che si era bloccata un metro più indietro. Le ombre avanzarono, trasformandosi in figure umane. Mulder si lasciò sfuggire un sospiro, notando con sollievo che non sembrava trattarsi di uomini in divisa. Decise di rischiare, e accese la torcia. Non erano soldati, ma civili male in arnese, con grossi bastoni nodosi in mano e un'espressione di odio sul volto. Odio e paura. Dietro uno di loro si teneva nascosta la bambina che Mulder e Scully avevano inseguito fino a qualche istante prima. Per alcuni lunghissimi istanti, nessuno parlò. Sembrava che gli uomini armati di bastone non avessero le idee chiare sul da farsi, ora che avevano messo al riparo la bimba. Osservavano i due agenti come se stessero aspettando le loro mosse. Poi uno di loro parlò brevemente coi compagni, sottovoce, in una lingua che Mulder non riconobbe. Gli altri due si guardarono, quindi uno di loro, un tipo alto col cappello floscio, scosse la testa, mormorando qualcosa. Scully si fece avanti. "Bitte..." iniziò, ma si interruppe quando Mulder le mise una mano sul braccio. "Cosa c'è?" Lui guardò gli uomini. "Non sono tedeschi, Scully." Alzò la voce, in modo che gli altri lo sentissero. "E non voglio che pensino che noi lo siamo." L'uomo col cappello lo fissò, aggrottando la fronte. "Chi... siete voi? Che ci fate qui?" Parlava inglese con uno strano accento. "Perché la stavate seguendo?" Indicò con un cenno la bambina, che si riparava dietro di lui. "Volevamo proteggerla" intervenne Scully. "C'era un uomo armato, in strada." "Una SS" disse Mulder, tenendo gli occhi fissi sull'uomo, che non batté ciglio. "L'avete visto?" L'altro scosse il capo. "Chi siete?" chiese di nuovo. "Siamo americani" disse Mulder. "Agenti federali. Io mi chiamo Mulder e lei è la mia collega Scully." Esitò un istante, poi, con un sospiro, aggiunse: "Non sappiamo come siamo capitati qui. Per la verità non sappiamo neppure dove sia, 'qui'..." L'uomo lo guardò con aria incredula. "Nessuno capita qui per caso. Quelli che entrano hanno uno scopo ben preciso, di solito." La sua voce assunse un tono a metà tra l'amaro e il cinico. "E noi non possiamo uscire." "Allora quello che ci ha detto la bambina è vero" disse Mulder. "Questo è il ghetto." L'uomo che aveva parlato per primo disse qualcosa nella sua strana lingua gutturale. Mulder, che capì soltanto la parola 'Samuel', pensò che probabilmente si trattava di Yiddish. L'uomo col cappello - Samuel? - rispose nella stessa lingua, in tono aspro. "Shlomo non si fida di voi" disse poi, rivolto a Mulder. "Pensa che siate spie tedesche." "Non siamo tedeschi" disse Mulder. Stava per aggiungere qualcosa, ma tacque di colpo quando l'abbaiare lontano di un cane portò lo scompiglio nel gruppo di uomini, che si scambiarono sguardi allarmati. Ad un tratto, il tipo che si chiamava Shlomo tirò fuori dalla tasca una pistola a tamburo che aveva tutta l'aria di essere un residuato della Prima Guerra Mondiale, e la puntò contro Mulder. Lui non si mosse, mentre Scully fece un passo avanti e alzò una mano, portando l'altra alla cintura, dove teneva l'automatica. "Non farlo!" esclamò, tesa, dimenticando che probabilmente l'uomo non poteva capirla. Mulder l'afferrò per un braccio, scuotendo la testa. "Scully, dagli la tua pistola" disse, in tono concitato, mentre l'uomo col cappello scambiava qualche parola a mezza voce con Shlomo. Il terzo del gruppo, che fino a quel momento si era guardato intorno con aria spaventata, ad un tratto lasciò cadere il bastone e corse via, sparendo nel buio di una strada laterale. Il latrato del cane risuonò più vicino, e la bambina si lasciò sfuggire un lamento soffocato , stringendosi ancora di più a Samuel. "Mulder, cosa vuoi fare?" disse Scully, senza distogliere gli occhi da Shlomo. "Non possiamo restare qui!" disse lui, mentre portava lentamente una mano alla fondina, cercando di evitare gesti bruschi. "Dobbiamo nasconderci! E loro sono gli unici che possono aiutarci!" Estrasse la pistola tenendola per il calcio con due dita , e la porse a Samuel, che esitò fissandolo sorpreso, prima di allungare una mano per prenderla. Con un sospiro, Scully lo imitò, consegnando la sua arma a Shlomo. "Noi non siamo tedeschi!" ripeté Mulder. "E siamo in pericolo quanto voi, se quel soldato ci vede!" Samuel sembrava in preda ad un conflitto interiore. Non aveva l'aria di essere un uomo abituato a prendere rapide decisioni, o a tenere un'arma in mano. Guardò Shlomo, che scosse la testa, mormorando parole cariche di rabbia. "Siamo disarmati!" disse Mulder, allargando le braccia. "Se volete ucciderci, fatelo prima che ci trovino! Oppure portateci con voi!" Alle sue ultime parole si sovrappose il latrato del cane, forse proveniente da una strada vicina. Questo sembrò decidere Samuel, che annuì, rivolto a Mulder. "Di là" disse, indicando una direzione con la canna della pistola. "Camminate davanti a noi, vi dirò io dove andare." Mulder e Scully si avviarono nella direzione indicata, procedendo rasente ai muri delle case, dopo aver spento le torce. I due uomini e la bambina li seguirono a breve distanza, con Shlomo che teneva la pistola puntata davanti a sé, per ogni evenienza. Proseguirono dritti per una cinquantina di metri, lasciandosi alle spalle l'inquietante abbaìo del cane. Poi Samuel fece deviare il gruppo in una stradina secondaria, alla fine della quale una strettoia li condusse all'imboccatura di una scala di pietra che dava accesso alla cantina di un edificio. Scesero la scala, trovandosi di fronte ad una piccola porta di legno scuro, che Mulder spinse, sollecitato da Samuel. La porta si spalancò senza alcun cigolìo, come se i cardini fossero stati oliati di recente. Pochi secondi più tardi il gruppo si ritrovò radunato all'interno di una stanzetta spoglia, con muri di mattoni a vista e il pavimento di terra battuta. In un angolo c'era una piccola catasta formata da pezzi di legno e stracci polverosi. Mentre Mulder e Scully si guardavano intorno, alla luce di una candela accesa da Samuel, Shlomo, che era stato l'ultimo ad entrare, si chiuse la porta alle spalle. Aveva ancora la pistola in mano, e non li perdeva di vista un momento. Mulder sembrava perplesso. "E' qui che vi nascondete?" chiese, in tono dubbioso. "Non mi sembra un posto molto sicuro." Samuel non rispose, e lanciò a Mulder un breve cenno per intimargli di tacere. Nel silenzio improvviso, tutti udirono l'uggiolare insistente del cane, attutito dai muri della cantina. Poi, un po' alla volta, quel rumore diminuì d'intensità, fino a spegnersi in lontananza. Mulder indicò la pistola che Shlomo teneva ancora puntata verso di lui. "Potrebbe chiedergli di abbassarla?" disse, rivolto a Samuel. "Ho l'impressione che non sia un tiratore esperto." "Shlomo faceva il panettiere" disse Samuel. "E sono sicuro che preferirebbe trovarsi nel suo forno a impastare farina e acqua, piuttosto che dovervi sparare. Ma lo farà, se non avrà scelta." Mulder annuì. "Non posso darvi torto. Non avete motivo per fidarvi delle nostre parole. E so già che se vi dicessi da dove realmente veniamo... da dove penso che veniamo... voi non mi credereste." Lanciò un'occhiata a Scully. Lei rimase impassibile, come se avesse deciso che nulla di quella situazione poteva più sconvolgerla, per il momento. A quel punto Mulder estrasse di tasca il libro di Rossmann e lo porse a Samuel. "L'uomo che ci ha dato questo libro era ebreo. Io non so perché siamo qui, ma forse la risposta è in queste pagine." Dopo una breve esitazione, Samuel prese il libro, perplesso ma incuriosito. Lo osservò attentamente, quindi lo aprì e sfogliò qualche pagina. "La scrittura è ebraica" disse poi. "Ma il testo è incomprensibile." Alzò gli occhi, confuso. "Non capisco. Queste parole non hanno alcun senso." "Chi l'ha scritto?" chiese Mulder in tono eccitato, del tutto dimentico della situazione critica in cui si trovavano. "Qual è il titolo?" L'altro annuì, e fece scorrere le pagine per trovare la prima. "Sefer ha-Yomim" lesse. "L'unica cosa che ha un senso. L'autore non è citato." "Conosco la parola 'sefer'" disse Mulder. "Il resto che significa?" "Giorni. Il Libro dei Giorni." L'uomo voltò la pagina, osservando il retro. "Qui c'è scritto qualcosa. Forse il nome del proprietario. E c'è anche una data..." Si interruppe, e alzò gli occhi su Mulder. Sembrava sconvolto. "Amshel Rossmann" mormorò. "Voi... lo conoscete?" Mulder e Scully si guardarono. Forse avevano trovato il nesso. "Sì" rispose Dana. "E' lui che ci ha dato il libro." "Qual è la data?" chiese Mulder, in tono pressante. Samuel lo fissò a lungo, prima di rispondere. "20 dicembre 1942" disse infine. "Ha qualche significato particolare?" Mulder prese un lungo respiro, chiudendo gli occhi per un istante. "E' domani." Ghetto di Praga, Cecoslovacchia 19 dicembre 1942 10:13 p.m. "Mulder..." La voce di Scully, quasi un sussurro. Lui si voltò a guardarla. "Lo so, Scully. Il fatto che io l'abbia ipotizzato non mi rende più facile accettare l'idea." "Mulder, ci deve essere un'altra spiegazione..." "Di cosa state parlando?" li interruppe Samuel. Poi, rivolto a Mulder: "Se questo libro è di Amshel... quando ve l'avrebbe dato?" Mulder lanciò una breve occhiata a Scully, prima di rispondere. "Bella domanda" disse poi, lasciandosi sfuggire un sorriso. "Perché non lo chiede a lui? Anche noi avremmo bisogno di parlargli, in effetti..." Samuel lo scrutò lungamente, come se volesse leggergli dentro. "Amshel non è qui" disse infine. "Cinque giorni fa è stato catturato da un plotone di SS, e portato al Comando tedesco." Mentre Mulder e Scully assimilavano la notizia, la bambina, che fino a quel momento si era tenuta in disparte, accanto alla catasta di stracci e legna, si avvicinò a Samuel e lo tirò per la giacca, mormorando qualcosa. Lui le rispose nella sua lingua, annuendo. Poi tornò a rivolgersi ai due agenti. "Ha sentito il nome di Amshel, e mi ha chiesto spiegazioni. Lei è Ottla. Sua sorella." Mulder guardò la bimba con nuovo interesse. "L'abbiamo vista nascondersi in un vicolo, per sfuggire a un nazista" disse. "Perché era là fuori?" "Ottla è rimasta sola. I suoi genitori sono stati portati via due mesi fa, e adesso lei sta cercando di sopravvivere. Come tutti, qui. Era fuori in cerca di roba da mangiare." Scully fissò quella bambina pallida e gracile, i suoi indumenti lisi, gli occhi spalancati, di un azzurro intenso, e rivide nella memoria le immagini in bianco e nero di tanti bimbi simili a lei, che fissavano l'obiettivo con uno sguardo rassegnato e stanco. Facendo uno sforzo di volontà, cercò di cancellare quelle immagini. Inutilmente. Si riscosse quando vide che Ottla si era avviata verso la porta della cantina. "Dove sta andando?" esclamò. "Non può uscire adesso! E' pericoloso!" "Qui c'è sempre pericolo" disse Samuel, con voce piatta. "Di giorno e di notte. Nelle case e nelle strade." La bambina aprì la porta, si voltò per un attimo a guardarli, poi sgattaiolò via. Shlomo richiuse la porta dietro di lei. Samuel sospirò. "Come posso fidarmi di voi?" mormorò. "Avete detto di conoscere Amshel. Ma lui è sempre vissuto qui, come me. Come può avervi conosciuti? Dove? Non capisco... A meno che non l'abbiate visto al Comando tedesco..." "Non siamo spie naziste" disse Mulder, in tono calmo. "Abbiamo cercato di proteggere la bambina. Vi abbiamo consegnato le nostre armi. Inoltre... se fossimo spie non vi avremmo certo parlato di un uomo che potevamo incontrare, come ha detto lei, in un solo posto..." Samuel inclinò la testa, scrutandolo a lungo. "Oppure ne avreste parlato appunto per sviare i sospetti..." Un leggero sorriso gli aleggiò brevemente sul volto. "Questo mi ricorda certe discussioni sul Talmud di quando ero studente..." "Lei è rabbino?" chiese Mulder. "No. Non ho potuto completare gli studi. Tutti i nostri rabbini sono stati uccisi." "Anche Amshel era studente?" "Amshel? No... Lui faceva il sarto. La sua famiglia aveva un negozio. E' stato uno dei primi ad essere distrutti." Mulder annuì. "Noi... dobbiamo assolutamente parlare con lui. Mostrargli il libro." "Perché, Mulder?" chiese Scully. Era frastornata. Si sentiva come se stesse facendo un sogno da sveglia. Non poteva negare ciò a cui stava assistendo, ma nemmeno poteva crederci. "Perché è l'unica traccia che abbiamo per scoprire cos'è accaduto" le rispose Mulder. Samuel li ascoltava, perplesso. Era chiaramente dibattuto, incerto sulla decisione da prendere. Alla fine sembrò risolversi. Fece un cenno a Shlomo, mormorando qualcosa. L'altro lo guardò sorpreso, borbottò alcune parole in tono decisamente astioso, poi, sbuffando, si avvicinò al muro di fronte alla porta. Toccò uno dei mattoni... e il muro si aprì, rivelando un passaggio alto circa un metro e mezzo. Shlomo si fece da parte, e muovendo la pistola fece capire ai due agenti che dovevano precederlo. Mulder si avviò per primo. Chinandosi per passare attraverso il varco, si ritrovò immerso nella semioscurità di un budello stretto e soffocante, in cui stagnava un forte odore di muffa. Attese che gli altri lo raggiungessero, e quindi si accodò a Samuel, che fece loro strada schermando la candela con una mano, per evitare che si spegnesse. Percorsi pochi metri, si trovarono di fronte un'altra porta, stretta e bassa. Samuel batté sul legno una serie di colpi intervallati da pause, e dopo qualche secondo la porta si aprì lentamente. Oltre la soglia comparve una donna sulla cinquantina, infagottata in un cappotto grigio. Sorrise alla vista di Samuel, poi si accorse della presenza di Mulder e Scully, dietro di lui, e la sua espressione cambiò di colpo. Sbigottita, balbettò qualcosa rivolta a Samuel. Lui le rispose in tono rassicurante, poi si voltò verso i due agenti. "Questa è mia madre" la presentò. "Le ho detto che siete dei nostri, che possiamo fidarci." Esitò. "Spero che sia vero." Mulder annuì, e sorrise in direzione della donna, che lo stava scrutando perplessa. Lo stesso esame toccò poi a Scully. Benché non sembrasse del tutto convinta, la donna si decise a farsi da parte, per lasciar entrare il gruppo, e richiuse la porta quando tutti furono passati. I due agenti si guardarono intorno. Si trovavano in una specie di camerone con un basso soffitto a volta, rischiarato a malapena dalla luce tremolante di una lampada ad olio, posta sopra un tavolo al centro del locale. Nella zona meno illuminata si intravedevano alcune brande su cui erano stese coperte di un colore indefinibile. Ai piedi di una branda c'era una sedia con sopra una valigia aperta. Altre sedie e sgabelli completavano lo scarno arredamento. Samuel tolse di tasca il libro che gli aveva dato Mulder, e con un cenno invitò lui e Scully a prendere le sedie e ad avvicinarsi al tavolo. Appena i tre si furono seduti, Shlomo e la madre di Samuel si allontanarono verso il fondo della stanza, parlottando tra loro a bassa voce. Samuel mise il libro sul tavolo. Lo osservò a lungo, prima di decidersi a parlare. "Questo libro sembra molto antico" disse. "Probabilmente ha un certo valore. Voi avete detto che ve l'ha dato Amshel, ma faccio fatica a credere che sia suo. Siamo amici fin dall'infanzia, conosco lui e la sua famiglia... Non hanno mai posseduto nulla del genere, per quel che ne so. " Mulder annuì. "Però lì sopra c'è il suo nome." "Potrebbe averlo scritto chiunque. Lei, per esempio." "Lo guardi. Le sembra la scrittura di Rossmann?" Samuel aprì il libro, e osservò il nome vergato sulla prima pagina. "Sì, direi che è la sua" mormorò, con un sospiro. Mulder guardò Scully. Lei ricambiò lo sguardo, poi riportò l'attenzione su Samuel. "Posso chiederle... quanti anni ha il suo amico Amshel Rossmann?" disse. Samuel rifletté. "Ne ha circa uno più di me. Venticinque." Stavolta toccò a Scully lanciare un fugace sguardo a Mulder, prima di ribattere. "Allora forse non è lo stesso Rossmann di cui parliamo noi." "Però la firma è la sua" intervenne Mulder, rivolto a Samuel ma parlando a Scully. "A parte questo...che cosa può dirmi del libro? E' un testo sacro? Scritture mistiche? Cosa?" Samuel scosse la testa. "Non lo so. Non somiglia a nulla che io abbia mai visto. I testi mistici sono oscuri, ma parole e frasi hanno sempre un senso compiuto. Questo invece non ha alcun significato..." Aprì il libro e prese a far scorrere lo sguardo su una pagina. "Potrebbe essere la trascrizione in ebraico di una lingua straniera... una lingua che non conosco. Ma l'impressione che ne ricavo è di una serie di lettere che mi sembrano raggruppate a caso." Alzò lo sguardo dal libro. "Combinazioni di lettere che forse solo un cabalista esperto potrebbe interpretare. Ma non ne sono affatto sicuro." Richiuse il libro e lo spinse verso Mulder, come se volesse allontanare da sé qualcosa che lo metteva a disagio. "Io non sono un esperto. E non ne troverete, qui." Mulder sospirò, posando una mano sul libro. "Dobbiamo parlare con Rossmann. E' l'unico che può darci una spiegazione." Samuel lo fissò. "In tal caso nessuno scioglierà i vostri dubbi. Amshel non tornerà. Finirà nel campo di concentramento di Terezin, insieme a tutti quelli che abitavano qui." Mulder ebbe un sussulto, quando quel nome fece scattare qualcosa nella sua memoria. Terezin. Una tappa sulla strada per Auschwitz. Campi di sterminio. 'Arbeit macht frei'. Numeri tatuati su milioni di braccia. Cataste di scarpe e occhiali. Forni crematori. Il fumo degli alti camini che si leva nel cielo come un lamento funebre. Qualcosa dentro di lui si ribellò all'idea che tutto ciò potesse far parte del suo presente. Quella era la Storia. Erano le pagine dei manuali scolastici, le foto, i documentari, i racconti dei sopravvissuti. Un passato da non dimenticare, un passato che non doveva tornare. Non poteva. Mulder si allentò la cravatta, come se improvvisamente il fatto di trovarsi in quel sotterraneo gli opprimesse il respiro. Chiuse gli occhi per qualche secondo, e quando li riaprì si accorse che Scully lo stava osservando con aria preoccupata. "Ti senti bene, Mulder?" gli chiese. Lui annuì. Per un attimo aveva desiderato condividere lo scetticismo di Scully riguardo a quell'assurda situazione. La sua mente sempre alla ricerca di qualcosa che potesse stupirlo, per la prima volta aveva cozzato contro un ostacolo che l'aveva costretta ad arretrare. Spostò lo sguardo su Samuel, che lo fissava con la fronte corrugata. Quell'uomo probabilmente non immaginava ciò che stava succedendo al di là delle mura del ghetto. E se Mulder gliel'avesse rivelato, non ci avrebbe creduto. Non più di quanto avrebbe creduto che loro venivano da un altro tempo. Dove sarebbe finito, quell'uomo, di lì a un mese, o magari il giorno dopo? Com'era morto? Aveva rantolato in una camera a gas, o si era consumato lentamente fino a ridursi come una di quelle tragiche marionette di ossa che Mulder aveva visto accatastarsi le une sulle altre, in un filmato d'epoca proiettato a scuola? Oppure era sopravvissuto a sé stesso, e aveva abitato per anni in compagnia dei ricordi, cercando di convincersi che si era trattato solo di un incubo incredibilmente lungo? "Le cose stanno così, non c'è nulla da fare." Mulder si riscosse, sentendo la voce di Samuel. "Come...?" mormorò, rimettendo a fuoco lo sguardo su di lui. "Sì, ho capito" disse poi. "Voi non potete aiutarci. Dovremo fare in un altro modo." "Per ora resterete qui. Io vorrei potermi fidare di voi, ma devo proteggere la mia famiglia, capite?" Scully annuì. "Da parte nostra lei non ha nulla da temere, ma comprendiamo le sue motivazioni." Esitò, lanciando un'occhiata a Mulder, che sembrava perso nei suoi pensieri. "Posso chiederle se possiamo riposare qualche ora? Siamo piuttosto stanchi." Samuel si alzò in piedi, e fece un cenno verso il fondo dello stanzone. "Potete dormire sulle brande" disse semplicemente. Rifugio sotterraneo 11:21 p.m. Reprimendo un brivido di freddo, Scully cercò di non far caso all'odore di polvere e umidità della ruvida coperta in cui si era avvolta per cercare di scaldarsi. Era stanca, ma non aveva sonno. Con la schiena appoggiata alla parete, fissava la debole fiammella della lampada a olio, ascoltando il bisbigliare sommesso di Samuel e sua madre, che erano seduti accanto al tavolo, e non sembravano aver intenzione di andare a dormire. Voltando il capo, si accorse che Mulder era ancora seduto sull'orlo della sua branda, nella stessa posizione in cui l'aveva visto un minuto prima, coi gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa fra le mani. Rimase a lungo a fissarlo, chiedendosi cosa gli passasse per la mente. Temeva di saperlo. Quanto a lei, dopo aver ipotizzato una serie di spiegazioni plausibili della situazione in cui si trovavano, aveva dovuto arrendersi al fatto che nessuna di esse la soddisfaceva del tutto. La spiegazione che ne aveva dato Mulder, ovviamente, non rientrava nel novero di quelle che lei riteneva plausibili. Era la più semplice, senza dubbio. Era affascinante, e sconvolgente... ma non poteva essere quella giusta. Come se avesse sentito che lei lo stava osservando, Mulder sollevò la testa, incrociando il suo sguardo. "Credevo stessi dormendo" mormorò. Lei scosse il capo. "Mulder, dobbiamo andarcene da qui" disse. "Non ho idea di cosa stia succedendo, ma..." "Qualunque cosa stia succedendo, Scully" la interruppe lui, "probabilmente è già successa." "Mulder..." Scully sospirò piano. "Questo posto... non può essere ciò che sembra. Non è possibile." "Perché? Hai una spiegazione migliore? Avanti, ti ascolto." "Ne ho più di una..." disse lei, in tono che non suonò deciso quanto desiderava. "Forse qualcuno vuole farci credere che siamo davvero tornati al tempo del nazismo... " Mulder sorrise. "In tal caso devo ricordarmi di fare i miei complimenti allo scenografo e al direttore del cast, e raccomandarli a Spielberg per il suo prossimo film..." Poi, tornando serio: "E che scopo avrebbe questo scenario costruito a nostro uso e consumo?" Scully esitò qualche secondo, poi scrollò la testa. "Non lo so, Mulder... Non ha senso. O almeno io non riesco a vederlo." "OK, la prima spiegazione è andata" disse lui. "Quante ne restano?" Lei gli lanciò uno sguardo contrariato. "Ti diverti, Mulder?" chiese, pentendosene immediatamente. "No, Scully" disse lui, in tono sommesso. "Sto solo cercando di capirci qualcosa." Lei annuì. "OK... Allora... Potrebbe essere un'esperienza indotta. L'effetto di qualche allucinogeno. O di un qualche tipo perfezionato di macchina per la realtà virtuale..." "Sì, potrebbe essere" ammise Mulder. "In fondo non sarebbe la prima volta che ci imbattiamo in cose del genere... Quello che non capisco è: cosa c'entra un vecchio ebreo come Amshel Rossmann con questa spiegazione? E soprattutto, cosa c'entra questo libro?" Posò una mano sulla tasca della giacca, dove l'aveva riposto. "E' una buona spiegazione, Scully, ma... non mi hai convinto." Lei si strinse nelle spalle. "Non ne trovo altre... per ora." Tacque, attendendo un commento che non venne. Il silenzio si protrasse per qualche secondo. "Mulder..." disse infine, con un sospiro. "Cosa pensi che sia successo?" Lui sorrise, come se si fosse aspettato quella domanda. "Io credo che siamo qui per un motivo ben preciso." "E quale sarebbe, secondo te?" "Non lo so... Credo che per saperlo dovremmo chiederlo a Rossmann. O meglio, al Rossmann del 1999." Scully corrugò la fronte. "Che significa? Vuoi dire che è stato lui a farci arrivare fin qui?" "Lui ci ha chiamati, sapeva chi eravamo. E tutto è cominciato quando ci ha mostrato il libro. Un testo ebraico incomprensibile, Scully. E... se fosse un testo mistico? Uno strumento magico in grado di evocare il passato e il futuro?" Levò una mano nel momento in cui Scully aprì la bocca per replicare. "Aspetta... Ricordi l'indagine su quei delitti a Brooklyn? Il caso di Isaac Luria..." Scully annuì. "So dove vuoi arrivare. Il Libro della Formazione. Quello che secondo te era servito per dar vita ad un Golem..." Il suo tono suonava poco convinto. Mulder decise di non farci caso. "Sai, la cosa era interessante... Dopo quel caso mi sono documentato, ho letto qualche testo... Lo sapevi che certe cronache narrano che leggendo il Libro della Formazione, due rabbini erano in grado di creare un vitello in carne, ossa e zoccoli?" Scully sorrise. "O è una leggenda, o c'era il trucco..." "Oppure avevano scoperto un modo per risparmiare sulle spese per la carne. Infatti il vitello finiva arrosto..." Diede un colpetto al libro dentro la tasca. "Che dici, Scully, con questo saremo in grado di far materializzare un doppio cheeseburger con patate fritte?" Accennò un breve sorriso, poi tornò serio. "OK, alla storia del vitello sei libera di credere oppure no. Ma che mi dici di questo?" Fece un gesto che comprendeva l'intero stanzone immerso nella penombra. "Siamo nel 1942, Scully. Come te lo spieghi? Nella nostra epoca le macchine del tempo non esistono. Nel futuro sì, probabilmente... Questo lo sappiamo." "Non sappiamo nulla, Mulder." Scully sospirò. "Che prove abbiamo? Foto di avvenimenti non ancora accaduti? Sono solo indizi, o forse solo illusioni... OK, tu sai bene che io credo nella possibilità teorica dei viaggi nel tempo. Questa è scienza. Quello a cui non posso credere è la tua teoria secondo la quale un vecchio libro sarebbe stato magicamente in grado di trasportarci nel passato. Un libro, Mulder!" Lui scosse la testa. "Non un libro. Le parole che contiene, le singole lettere disposte in un ordine particolare. Ricordi, Scully? Il potere della parola." Rifletté un istante, per raccogliere le idee, poi continuò: "Secondo il pensiero mistico ebraico, Dio ha creato l'universo guardando le lettere della Torah, che sarebbe il progetto stesso della Creazione, il testo che comprende tutti i mondi e tutte le azioni, e che preesiste ad essi... Viceversa, chi guarda e studia la Torah può risalire a Dio, alla Verità, e quindi dare un senso al mondo. Insomma, le lettere ebraiche non servirebbero solo a nominare le cose, ma anche a crearle. Ogni lettera ha un'energia intrinseca, e chi ne conosce i segreti può controllarla." Scully annuì. "Capisco" mormorò. "E questo dove ci porta?" "Tendenzialmente a due conclusioni. La prima è che... se decidi di imparare l'ebraico, sta' attenta a cosa scrivi per esercitarti, o potresti ritrovarti qualcosa di inquietante sotto il letto..." Sorrise, strizzando un occhio. Anche lei sorrise. "O magari potrei dare origine ad un mondo migliore, Mulder..." disse poi, in tono serio. "Magari..." Mulder annuì, fissandola assorto. Poi si riscosse, e continuò: "Quanto alla seconda conclusione... Il libro di Rossmann potrebbe essere la chiave per controllare il tempo. Chissà, forse la Storia stessa è tutta racchiusa nelle sue pagine indecifrabili..." "Ma... chi l'avrebbe scritto, Mulder?" Lui si strinse nelle spalle. "Questo non lo so. Forse si è scritto da solo... o forse esiste da sempre." "Se fosse così, tutto sarebbe già scritto..." "Infatti. Ma potrebbe anche esserci un numero infinito di libri, che comprendono tutti i possibili corsi temporali... Il fatto è che noi adesso abbiamo a che fare con un libro particolare... Un libro che non siamo in grado di leggere, e che forse non può essere letto." Esitò un istante. "E se... se fossimo stati condotti fin qui per un motivo ben preciso? Forse per liberare Amshel... Abbiamo incontrato sua sorella. Siamo finiti nel rifugio di un suo amico. E io non credo che tutto questo sia accaduto per caso." Scully scosse la testa. "Ammettiamo per un attimo che ciò che ipotizzi sia vero... Se siamo nel passato, non dovremmo interferire negli avvenimenti con le nostre azioni. Potremmo cambiare la storia..." "Scully, hai appena finito di dire che tutto è scritto..." Mulder sorrise, notando l'imbarazzo di lei. "Abbiamo visto Amshel vivo nel 1999. E se fossimo stati noi a salvarlo da un destino che sembrava già segnato?" "Non abbiamo la prova che si tratti della stessa persona..." Un rumoroso sospiro di Mulder la convinse a concedergli il beneficio del dubbio. "E comunque... chi ti dice che non si sarebbe salvato anche senza il nostro intervento?" "Nessuno. Però lui ci conosceva già, ne sono sicuro. Ed è probabile che ci siamo incontrati qui... o ci incontreremo, se preferisci." "Ma perché dovremmo incontrarlo?" insisté Scully, confusa. "Be' magari solo per dargli il libro... Così lui potrà ridarlo a noi nel '99." Scully si passò una mano sul volto. "Mi sta venendo il mal di testa." Mulder annuì. "Forse è meglio smettere di pensarci, e riposare un po'." "Sì... sperando di svegliarci e renderci conto che era solo un sogno..." "Ho l'impressione che non andrà così..." Scully non rispose, e sistemò i cuscini in modo da potersi stendere per dormire. "Mulder..." disse poi, voltandosi a guardarlo. Lui si era disteso a sua volta, e si stava tirando sulle spalle la coperta. "Pensavo al caso di Brooklyn... Jacob Weiss è nato vicino a Praga, ricordi?" "Sì, ma non credo che lo incontreremo." "Perché dici questo?" "Perché lui non si ricordava di noi." Mulder aspettò un commento che non venne. Dopo qualche minuto si decise a chiudere gli occhi per provare a dormire. Ma sapeva già che non ci sarebbe riuscito. 4:21 a.m. Un bisbigliare concitato lo distolse da un dormiveglia in cui i pensieri si erano affastellati gli uni sugli altri, mescolandosi in un guazzabuglio privo di senso. Aprì gli occhi e guardò verso il fondo dello stanzone, da dove proveniva il rumore di voci. Samuel e Shlomo erano in piedi accanto al tavolo, e fra loro era in corso un dialogo fatto di brevi frasi spezzate. Mulder si alzò dalla branda e scosse leggermente Scully, che dormiva rannicchiata per proteggersi dal freddo. Quando fu sicuro che fosse sveglia, si diresse verso il tavolo. Accorgendosi della sua presenza, i due uomini si interruppero. Mulder osservò i loro volti seri. "Che succede?" chiese. Samuel lo fissò a lungo, senza rispondere. Poi si lasciò cadere su una sedia, con un sospiro. "Ottla non è tornata" mormorò. La sua espressione stanca e rassegnata anticipò a Mulder ciò che stava per dire. "Non è mai stata fuori così tanto tempo... Io... non credo che la rivedremo." Un lamento soffocato fece eco alle sue parole. Mulder si voltò e vide la madre di Samuel, in piedi a qualche metro da loro, che si teneva il viso fra le mani, dondolandosi leggermente, in un modo che lo fece pensare ad una sorta di antica cerimonia funebre. Scacciando quel pensiero, riportò l'attenzione sui due uomini. "Potrebbe essersi nascosta da qualche parte" disse, in un tentativo di diradare la cappa di sconforto che sentiva intorno a sé. "Forse sta aspettando che la strada sia libera." Con la coda dell'occhio, vide che Scully si era avvicinata alla donna, e le aveva messo una mano sulla spalla, senza dire nulla. Di colpo, sentì la necessità di agire, in qualche modo. Era questo lo scopo della loro presenza in quel luogo e in quel tempo? Era questo il progetto di Amshel? Dovevano ritrovare sua sorella? Salvarla dall'olocausto? E si era davvero salvata? "Andiamo a cercarla" esclamò, per mettere fine a quel susseguirsi di domande senza risposta. "E' inutile rimanere qui a macerarsi nel dubbio." Samuel lo fissò sorpreso. "Lei... vuole uscire? No, non posso permetterglielo. Non abusi della mia fiducia..." "Samuel, se avessimo voluto tradirvi avremmo potuto farlo facilmente! Non ci avete neppure perquisiti! Potevamo avere delle armi nascoste, e voi a quest'ora sareste già chiusi in qualche cella... o peggio." Udendo le parole di Mulder l'uomo impallidì, poi chinò la testa, turbato. "Possiamo cercarla noi due" proseguì Mulder. "La mia collega resterà qui." Notando che Scully si era avvicinata, probabilmente con l'intenzione di obiettare, aggiunse: "Così sarà più facile nasconderci, in caso di pericolo." Scully lo guardò contrariata, ma non disse nulla. Sapeva già che sarebbe stato inutile. Il silenzio si prolungò, mentre Samuel rifletteva, indeciso sul da farsi. "Io... mi chiedo che cosa la spinga ad aiutarci..." disse infine. Poi, dopo aver tratto un lungo respiro, continuò: "Va bene, andiamo a cercarla." Mulder annuì. Mentre aspettava che Samuel spiegasse le loro intenzioni a Shlomo, prese da parte Scully. "Forse ci siamo" mormorò. "Se non fossimo stati qui, Samuel non avrebbe fatto questo tentativo." "Mulder, non so più cosa pensare" disse lei. "Ma se fosse vero tutto ciò che hai detto... sarebbe come se stessi seguendo delle istruzioni scritte in una lingua che non conosci." Lui sorrise. "Non è la prima volta. Anni fa avevo comprato un videoregistratore giapponese." Scully scosse il capo, rimanendo seria. "Mulder, io..." Si interruppe quando vide che Samuel si stava avvicinando a Mulder. I due uomini si scambiarono un gesto d'intesa, e si avviarono verso l'uscita del rifugio. Scully sospirò. L'idea di rimanere lì ad aspettare non le piaceva per nulla, ma sapeva che Mulder aveva ragione. Due persone erano più che sufficienti. Rimase a lungo a fissare la porta che si era richiusa alle spalle di Mulder. E d'un tratto si scoprì intenta a riflettere, quasi senza volerlo, su cosa ci fosse in quel punto preciso dello spazio nella Praga del 1999. Ghetto di Praga, Cecoslovacchia 20 dicembre 1942 4:28 a.m. Mentre saliva le scale della cantina, Mulder rabbrividì. Per un attimo ebbe la tentazione di tornare a prendere il soprabito che aveva lasciato sulla branda, ma Samuel era già arrivato sulla strada, e così si affrettò a raggiungerlo. Camminarono rasente i muri, avanzando silenziosi lungo i vicoli oscuri del ghetto, sotto una pioggia gelida e insistente. Mulder non riusciva a scacciare l'idea di stare attraversando una sorta di grande cimitero, un luogo di morte dove non c'erano tombe ma case abbandonate o abitate da spettri infreddoliti e affamati. Un cimitero dove nessuno portava fiori. Fissando la sagoma scura dell'uomo che camminava davanti a lui, si chiese come avrebbe reagito se gli avesse rivelato tutto ciò che sapeva. Chissà, magari avrebbe trovato la storia del viaggio nel tempo più credibile di un racconto su ciò che stava succedendo, o sarebbe successo, nei campi di Mathausen e di Treblinka... Lo stesso Mulder, a volte, faceva fatica a convincersi che quelle pagine sui libri di storia non fossero solo il parto di un narratore dalla mente perversa. Ma purtroppo era tutto vero. Perso nelle sue riflessioni, Mulder lasciava che Samuel lo guidasse nel dedalo dei vicoli e delle strade silenziose. E quando questi si arrestò di colpo, per poco non gli finì addosso. L'uomo si volse verso di lui e gli fece cenno di mettersi in ascolto. Mulder trattenne il respiro, tendendo le orecchie per cogliere i rumori della notte. E udì una voce. Una voce che proveniva da qualche punto lì vicino, forse dalla strada parallela a quella in cui si trovavano. Annuendo, indicò a Samuel la direzione da seguire, e notando l'aria esitante dell'uomo, lo superò per addentrarsi in una viuzza laterale. Avanzò cautamente, attento ad ogni rumore, ma tutto ciò che sentiva era quella voce, che si faceva via via più forte e scandita. Ora poteva distinguere anche le parole. Parole a lui incomprensibili. Parole tedesche, pronunciate in tono brusco e perentorio. Sentì che Samuel, che lo seguiva da vicino, gli afferrava un braccio per costringerlo a fermarsi. "Cosa sta dicendo?" bisbigliò Mulder. Samuel rimase in ascolto per qualche secondo. "Esci di lì..." tradusse. "Apri questa maledetta porta... Apri, lurida..." Si interruppe di colpo, come se qualcosa gli impedisse di pronunciare le parole che seguivano. Mulder sospirò. Poi avanzò di qualche passo, raggiungendo la fine della viuzza, e sporse la testa di quel tanto che bastava per vedere oltre l'angolo. Vide ciò che si aspettava: un uomo in divisa nazista, fermo di fronte alla porta in ferro di un piccolo edificio senza finestre. L'uomo gli dava le spalle, e aveva una mano posata sul calcio della pistola mitragliatrice che portava a tracolla. Nell'altra mano teneva una torcia elettrica. Mulder sussultò, quando lo vide dare un violento calcio contro la porta. "Samuel, ha ancora la mia pistola?" mormorò. "Cosa... Cosa vuole fare?" La voce dell'uomo suonò inquieta. "Samuel, non c'è tempo! Deve fidarsi!" Qualche secondo di esitazione, poi l'uomo mise una mano in tasca e ne estrasse la pistola di Mulder. "Ecco... Ma io non..." Mulder prese la pistola che l'uomo gli porgeva. "Lei stia qui." Quando si lasciò alle spalle l'angolo che lo riparava, Mulder si rese conto di non avere un piano preciso. Non sapeva neppure se dietro quella porta c'era Ottla o qualcun altro... Continuava a ripetersi che ciò che stava per fare era già successo, e Rossmann sapeva tutto... Poi si rese conto che ormai solo un metro lo separava dal soldato, e quando realizzò che questi non indossava l'elmetto, fece ciò che gli suggerì l'istinto: avanzò di un altro passo, e prima che l'uomo si rendesse conto della sua presenza, lo colpì sulla nuca col calcio della pistola. Il soldato crollò a terra di schianto. Mulder si chinò per raccogliere l'arma dell'uomo e la porse, insieme alla sua pistola, ad uno sbigottito Samuel, che era emerso dal buio per raggiungerlo. Quindi gli indicò l'edificio di fronte a loro. L'uomo si avvicinò alla porta in ferro, e chiamò a mezza voce nella sua lingua. Passò quasi un minuto, poi si sentì il rumore di un pesante chiavistello, e la porta si schiuse, lasciando intravedere il pallido volto di Ottla, che si accese di sollievo alla vista di Samuel. La bambina si affrettò ad uscire, tenendosi lontana dal corpo riverso a terra del soldato. Mulder si accorse che stava tremando. Samuel la prese per mano e si avviò verso il vicolo da cui erano venuti, facendo cenno a Mulder di seguirlo. Percorsi una ventina di metri a passo sostenuto, Mulder si fermò di colpo, con la forte sensazione che ci fosse qualcosa che non quadrava. Qualcosa che mancava. Poi capì: non sentiva più il peso del libro che portava in tasca sbattergli contro il fianco mentre camminava. Doveva averlo perso, forse quando si era chinato per prendere il mitragliatore. Mulder sentiva che quel libro era la chiave di tutto ciò che stava accadendo. Andava recuperato a tutti i costi. Prendendo una decisione improvvisa, lanciò un richiamo sommesso. "Samuel, devo tornare indietro. Aspettatemi qui!" E senza neppure attendere una risposta, si voltò e ripercorse il vicolo. Una volta giunto accanto al corpo immobile del tedesco, raccolse la torcia che era caduta nel momento in cui l'aveva colpito, ed esplorò il terreno lì intorno. Quando il raggio di luce si posò sul libro, gli sfuggì un sospiro di sollievo. Allungò una mano per raccoglierlo, lo mise in tasca... e improvvisamente si sentì travolgere da un grosso peso che lo gettò a terra di schiena. Si ritrovò a fissare la faccia del nazista, deformata dall'odio e dalla rabbia. Scorse un riflesso metallico sopra di sé, e istintivamente alzò un braccio per proteggersi. Urlò, quando sentì un forte dolore ad una spalla, e reagendo violentemente sollevò una gamba e allontanò l'uomo con un calcio, facendolo cadere all'indietro. Si rialzarono in piedi nello stesso momento. Il tedesco fissò Mulder con un ghigno rabbioso, facendo oscillare davanti a sé la baionetta ancora sporca di sangue. Mulder arretrò di un passo, e si ritrovò con la schiena contro un muro. Rimasero immobili per lunghissimi istanti. L'unico rumore era quello dei loro respiri accelerati. Poi si udì un altro rumore, che fece comparire un sorriso storto sulla faccia del nazista, e per un attimo troncò il respiro a Mulder. L'abbaiare dei cani. Il tedesco cominciò a gridare nella sua lingua. "Hier!" urlava, fissando Mulder con lo sguardo eccitato. "Der Jude! Hier!" Mulder si guardò intorno, e non vide vie di fuga. Appoggiò la schiena al muro, convinto, per un attimo, che senza quel sostegno sarebbe caduto a terra. Gli girava la testa, e la ferita alla spalla pulsava dolorosamente. Sentiva i cani sempre più vicini, e le grida gutturali del soldato che chiamava rinforzi... Non riusciva a distogliere lo sguardo dall'aquila nazista sulla tasca della sua divisa, e la mente dall'idea di aver già visto ciò che stava accadendo in quella strada. Un incubo? Un film? Una fantasia? Qualcosa di già vissuto? E da chi? Non era in grado di stabilirlo... Altre grida. Altre voci. Mulder sollevò lo sguardo, e incontrò quello del tedesco. L'eccitazione era sparita, adesso, lasciando il posto ad una freddezza quasi meccanica. Quando da una strada laterale sbucarono quattro soldati, mitra in mano e cani ringhianti che li precedevano, l'uomo restò fermo, il volto inespressivo, come se quella parte dell'operazione non lo interessasse più. E quando i soldati si avvicinarono, si limitò ad indicare Mulder, tralasciando spiegazioni che evidentemente gli sembravano superflue. Uno dei cani prese a ringhiare, e il soldato che lo teneva al guinzaglio lo aizzò contro Mulder, lasciando che gli si avvicinasse quasi a portata di denti, prima di bloccarlo. Un altro soldato gli afferrò un braccio e lo strattonò, costringendolo a scostarsi dal muro. Mulder riuscì a trattenersi dal gridare, e sentì un rivolo di sangue scorrergli sotto la manica della camicia. I tedeschi lo circondarono. Qualcuno, da dietro, gli diede uno spintone che lo fece cadere sulle ginocchia. Un calcio sulle costole lo costrinse a rialzarsi. Poi, finalmente, i soldati sembrarono stanchi del gioco, e spinsero Mulder verso il centro della strada, disponendosi intorno a lui. Sforzandosi di mantenere il passo dei soldati, Mulder sollevò la testa verso il cielo ancora nero, lasciando che la pioggia gelida gli scorresse sul volto e gli snebbiasse le idee. Si chiese se Samuel e Ottla fossero arrivati sani e salvi nel rifugio. Avevano visto ciò che era successo? L'avrebbero riferito a Scully? E lei cosa avrebbe fatto? Mulder scosse il capo, come per scrollarne via quel pensiero. Scully non poteva fare nulla. Sicuramente non mettersi contro un reggimento di SS... Un'idea vaga cominciò a prendere forma nella sua mente. Qualcosa che fino a quel momento non aveva considerato... Se lui era nella Praga del 1942 per salvare Ottla, e Ottla adesso era salva... non era possibile che lui in qualche modo avesse preso il posto della bambina? Era questo che aveva avuto in mente Rossmann? Una specie di scambio di destini? E qual era stato il destino di Ottla? Quale sarebbe stato il destino dello 'Jude' Mulder? Il rumore dei passi pesanti dei soldati sul selciato di colpo gli sembrò scandire l'avanzare del tempo e della storia verso qualcosa di inevitabile, che stavolta avrebbe coinvolto anche lui. Rifugio sotterraneo 5:17 a.m. Scully sussultò, quando udì i colpi in sequenza battuti sulla porta del rifugio. Si obbligò a rimanere seduta al tavolo, mentre Shlomo andava ad aprire. Respirò di sollievo nel veder entrare Ottla, rossa in volto come se avesse corso. Dietro di lei c'era Samuel, con un mitragliatore a tracolla e l'aria stravolta. L'uomo cercò Scully con lo sguardo, e la fissò in silenzio. Poi allungò una mano e si richiuse la porta alle spalle. Scully si alzò di scatto in piedi, appoggiando le mani sul tavolo. "Dov'è Mulder?" chiese, sforzandosi di mantenere un tono calmo. Samuel si sfilò il mitragliatore e lo consegnò ad uno Shlomo perplesso ma incuriosito dall'arma. Poi si avvicinò al tavolo dov'era Scully, e si sedette, lasciandosi sfuggire un lungo sospiro. "Non lo so" disse finalmente. "Eravamo in strada, e l'ho sentito gridarci che doveva tornare indietro, credo nel posto dove abbiamo trovato Ottla... L'abbiamo aspettato... E poi abbiamo sentito i cani, e delle grida in tedesco... Siamo scappati..." Alzò su Scully uno sguardo tormentato. "Cosa potevamo fare?" mormorò. "Mi... mi dispiace." Scully rimase in silenzio per qualche secondo, mentre cercava di capire cosa poteva essere successo, e aspettava che le sue pulsazioni rallentassero. "Ma... voi non l'avete visto, vero?" disse infine. "Per quel che ne sapete, potrebbe essersi nascosto da qualche parte..." Samuel sembrò poco convinto. "Se si è imbattuto in una pattuglia tedesca, è difficile che sia riuscito a fuggire... Ma se l'ha fatto... allora non ci resta che aspettare." Scully scosse la testa. "Se mi ridate la mia pistola, andrò a cercarlo" disse, in tono deciso. "No!" esclamò Samuel. "Vuole che prendano anche lei? Abbiamo già rischiato anche troppo, stanotte..." Mise una mano sul braccio di Scully. "La prego... Rimanga qui." Scully lo fissò a lungo, poi spostò lo sguardo sugli altri, che la stavano osservando in silenzio. Infine chinò il capo, e si lasciò cadere sulla sedia, rassegnata. "Aspetterò" disse. "Ma se Mulder non torna entro domattina, io esco." Comando tedesco 5:36 a.m. Quando la camionetta oltrepassò rombando il cancello spalancato, il soldato di guardia, in piedi di fronte alla sua garitta, lanciò a Mulder una rapida occhiata priva di interesse. Il mezzo si arrestò al centro di un cortile circondato da bassi edifici di cemento armato, e i soldati si affrettarono a scendere dal retro, insieme ai cani. L'ultimo afferrò Mulder per un braccio e lo costrinse a saltar giù, quindi lo spinse verso gli altri militari, dopo essersi accertato che la corda che gli stringeva i polsi non si fosse allentata. Mulder vide uno dei soldati allontanarsi dal gruppo e dirigersi verso una costruzione a due piani davanti al cui portone c'erano due sentinelle in uniforme nera. Da una finestra al primo piano, illuminata da una fotoelettrica posta sulla parete dell'edificio di fronte, pendeva una bandiera rossa e bianca con la svastica nazista al centro. Mulder rabbrividì, e istintivamente sollevò le spalle, per proteggersi dal freddo, ma forse anche da ciò che i suoi occhi vedevano. Se quello fosse stato un sogno, l'alba avrebbe fatto svanire le svastiche, gli elmetti e il filo spinato come la dissolvenza di un film... Guardò il cielo: nessun chiarore scoloriva il nero della notte. Il giorno sembrava ancora lontano. Nel momento in cui riabbassò lo sguardo, Mulder si accorse che il soldato stava tornando verso di lui. Alle sue spalle intravide un uomo in divisa da ufficiale, giacca attillata e stivali incredibilmente lucidi. Quando l'uomo gli fu abbastanza vicino, Mulder non poté fare a meno di pensare che Hitler doveva averlo preso a modello per stabilire i canoni del perfetto ariano: volto regolare, naso piccolo e diritto, capelli chiari, fisico asciutto. Poteva avere una trentina d'anni. Mulder aspettò col fiato sospeso che l'ufficiale gli si fermasse di fronte, mentre il suo cervello metteva al vaglio tutte le frasi che avrebbe potuto rivolgergli per cercare di convincerlo a lasciarlo libero. Se avesse detto che era americano l'avrebbero fucilato subito come spia. E se invece avesse raccontato che si trovava nel ghetto per caso, o per sbaglio... semplicemente non gli avrebbero creduto. Loro l'avevano già classificato. Doveva tentare di far cambiare idea a dei nazisti? Di fronte a quella prospettiva, chinò il capo, dicendosi che forse ciò che era successo non era casuale. E che forse in quel luogo avrebbe trovato ciò che cercava. Il sibilare di una frase in tedesco interruppe bruscamente il corso dei suoi pensieri. Mulder guardò l'ufficiale negli occhi... e per un attimo si sentì girare la testa. Quegli occhi di un azzurro tenue, quasi immateriale, gli avevano ricordato quelli del vecchio Amshel Rossmann... No, non era possibile. Rossmann era un ebreo, non un nazista. A meno che... Si rese conto che l'uomo stava dicendo qualcosa al soldato che era andato a chiamarlo, ma non riusciva a concentrarsi sulle sue parole, che per altro non capiva... Tutta la sua mente era impegnata nella frenetica ricerca di una risposta. Poteva essere lui? Non gli sembrava che gli somigliasse... Però in quasi sessant'anni le persone cambiano... Ma perché prendere proprio il nome di un ebreo? E perché far arrivare fin lì lui e Scully? Questa era la domanda più inquietante... Un violento colpo alla schiena, all'altezza delle reni, lo colse di sorpresa. Soffocando un grido, cadde in ginocchio. Sentì la rabbia tendergli i muscoli, ma si sforzò di controllarsi, conscio che qualunque reazione avrebbe peggiorato le cose. Prendendo un lungo respiro, sollevò lo sguardo per incontrare quello dell'ufficiale nazista... e un brivido gli percorse la spina dorsale. L'uomo lo stava fissando con occhi completamente privi di espressione. Mulder si era aspettato di leggervi l'odio, o il compiacimento di chi gode nel vedere gli altri soffrire... Niente di tutto ciò. Il vuoto. Come se quello sguardo si fosse posato su un oggetto talmente banale e inutile da non risvegliare alcun tipo di interesse. Mulder si rese conto che avrebbe preferito qualsiasi cosa a quel vuoto gelido. L'avversione. Il disprezzo. Il disgusto. Qualunque cosa. Ma quell'uomo lo stava guardando come si guarda un moscerino spiaccicato sul parabrezza. Qualcosa di assolutamente insignificante, che si può far sparire con un semplice movimento del tergicristallo. Sollevandosi lentamente, Mulder si rimise in piedi, senza distogliere lo sguardo da quello dell'ufficiale. Si rendeva conto che l'uomo avrebbe potuto interpretarlo come un atteggiamento di sfida, ma non riusciva a smettere di cercare in quegli occhi un barlume di emozione, una qualsiasi, per avere la certezza di non essere veramente diventato ciò che vedeva riflesso in essi. Pensò a tutti quelli che si erano trovati ad affrontare quello sguardo. Avevano provato le stesse cose? E quanti di loro erano già stati spazzati via? Un quasi impercettibile movimento del capo dell'ufficiale fece scattare i soldati. Due di loro si affiancarono a Mulder e lo spinsero via, costringendolo a dirigersi verso uno degli edifici di cemento. La porta in ferro venne aperta da uno dei soldati di guardia. Mulder lo sentì urlare qualcosa che suonò come un ordine, mentre l'altro gli slegava i polsi. Un secondo più tardi venne sospinto oltre la soglia. La porta si richiuse alle sue spalle con un breve tonfo. Si ritrovò in una specie di basso bunker, scarsamente illuminato dalla luce delle fotoelettriche che penetrava da piccole finestre dotate di sbarre. Si guardò intorno. Lungo le pareti dello stanzone erano allineate delle brande, tutte occupate da figure che nella penombra apparivano quasi prive di forma, infagottate com'erano in vestiti e coperte. Qualcuno era disteso per terra, altri erano seduti con la schiena contro il muro, lo sguardo rivolto verso di lui. Mulder sentiva i loro occhi che lo esaminavano. Rimase fermo in piedi accanto alla porta, aspettandosi che qualcuno di loro gli facesse un cenno, o una domanda... Ma nessuno fiatò. Il silenzio diede a Mulder la sgradevole sensazione che quella gente fosse ormai convinta dell'inutilità di qualsiasi parola, e rassegnata a ciò che l'aspettava, pur non sapendo cosa fosse. Mulder lo sapeva fin troppo bene... Mentre stava lì in piedi, circondato da persone che probabilmente sarebbero finite in qualche lager dell'Europa orientale, si rese conto improvvisamente di essere diventato uno di loro. Chi poteva impedire che lui facesse la stessa fine? Scully? Forse lanciandosi con la pistola in pugno contro un battaglione di nazisti? Turbato, cercò di scacciare quel pensiero, mentre un altro si faceva strada nella sua mente. Fece qualche cauto passo in direzione di una giovane donna che lo stava fissando, seduta su una branda. "Conosci Amshel Rossmann?", le domandò in inglese, fermandosi accanto a lei. "E' qui?" La donna continuò a fissarlo, senza dire nulla. Da quelli che le stavano più vicini si levò un lieve bisbigliare, che si propagò intorno a Mulder come se il bunker fosse uno stagno nel quale lui aveva gettato un sassolino. "Chi lo cerca?" Una voce proveniente dal fondo dello stanzone. Fox si voltò in quella direzione. "Mi chiamo Mulder..." disse, interrompendosi subito. Era stato troppo precipitoso? Quella gente non lo conosceva, e avrebbe potuto pensare che fosse stato mandato dai tedeschi con chissà quale scopo. "Devo parlare con Amshel." riprese. "Io... conosco sua sorella Ottla." Nel bunker si fece silenzio. Trascorsero lunghi secondi, poi Mulder si accorse che in fondo allo stanzone un uomo si era alzato in piedi. Prese un lungo respiro, e si avviò verso di lui. Quando gli arrivò abbastanza vicino da vederlo bene, tutti i suoi dubbi sull'identità dell'ufficiale nazista scomparvero di colpo. Fissò gli occhi azzurro-cielo di Rossmann, e sorrise, salutandolo con un cenno del capo. "Dov'è Ottla?" chiese subito l'altro. "Come fai a conoscerla? Chi sei?" Parlava un inglese corretto, ma con una pessima pronuncia. Mulder alzò una mano. "Ti spiegherò tutto." Mentre parlava, si rese conto che non sapeva da che parte cominciare. Guardò il giovane uomo che aveva di fronte, confrontandolo con l'immagine della sua versione più vecchia di 57 anni. Lui era all'origine di tutto ciò che era accaduto. Lui e il libro. Mulder lo estrasse di tasca e glielo allungò. "Io... credo di doverti consegnare questo." Amshel corrugò la fronte, osservando perplesso il libro. Poi lo prese e cominciò a sfogliarlo. "Non capisco..." disse, mentre scorreva le pagine. Poi alzò lo sguardo su Mulder. "Che significa? Che c'entra questo con mia sorella? E perché lo dài a me?" Mulder, sentendosi improvvisamente sulle spalle tutto il peso di ciò che era avvenuto nelle ultime ore, si sedette sulla branda. "Perché tu possa ridarmelo, un giorno" mormorò. Rifugio sotterraneo 6:02 a.m. Scully cambiò posizione per l'ennesima volta. La branda era scomoda, ma non era il disagio fisico ad impedirle di dormire. Del resto, non si era coricata per concedersi un po' di sonno, ma solo per potersi isolare dagli altri e riflettere sul da farsi. Una riflessione che non l'aveva condotta da nessuna parte. Le mancavano delle informazioni fondamentali. Non sapeva dove fosse finito Mulder. Non era sicura di dove lei stessa si trovasse. In realtà, ogni minuto che trascorreva in quel luogo apriva una nuova crepa nell'edificio delle sue convinzioni. La ragione le diceva che ciò che la circondava non poteva essere reale... e nello stesso tempo le sussurrava che non c'erano prove che non lo fosse. Era questo a metterla in crisi. Questo, e la preoccupazione per Mulder. Si girò sulla schiena, tenendo gli occhi chiusi. Non sentiva né voci né rumori, intorno a sé. Probabilmente gli altri stavano dormendo. Ottla era tornata... e questo li aiutava a dimenticare il resto. Almeno per quella notte. Sospirando, Scully si chiese quanto mancasse all'alba. Comando tedesco 6:13 a.m. Amshel aveva ascoltato il racconto di Mulder senza fare commenti, mantenendo un'espressione neutra. Tutt'intorno, avvolti in coperte che puzzavano di polvere e muffa, gli altri prigionieri dormivano, o vegliavano ad occhi aperti, aspettando che la luce diffusa del sole si sostituisse a quella cruda delle fotoelettriche. Quando Mulder tacque, Amshel chiuse gli occhi e si passò lentamente le mani sul volto, scuotendo il capo. "Io non so perché mi hai raccontato questa storia" disse infine, riportando lo sguardo su Mulder. "A me sembra una favola... una bella favola... ma pare che tu ci creda davvero. Il che mi porta a pensare che..." "...che io sia pazzo?" completò Mulder, sorridendo. "Non saresti il primo che me lo dice. Ma... che ne pensi del tuo nome sul libro? E' la tua firma, vero?" "E' qualcosa che somiglia alla mia firma" disse Amshel. "Ma io non l'ho mai scritta. Quindi deve averlo fatto qualcun altro." Esitò, riflettendo. "E se fosse vero ciò che mi hai raccontato... su quella pagina non dovrebbe esserci nessuna firma, perché io la scriverò nel futuro." Annuì, soddisfatto della sua spiegazione. Mulder fece un sorriso sghembo. "Non avresti dovuto fare il sarto, Amshel, ma dedicarti alle disquisizioni sul Talmud..." Rifletté un istante, poi continuò: "Forse quella scritta è lì da... da sempre. Fa parte del libro." Amshel scosse la testa. "Io non sono un mistico, Mulder. Credo a ciò che vedo." Si guardò intorno. "Credo in tutto questo... anche se a volte mi chiedo se non sia solo un incubo." "Anch'io credo a ciò che vedo... Ma a certe cose che ho visto nessun altro crederebbe. Compresa questa." Una dolorosa pulsazione alla spalla, nel punto dove il tedesco l'aveva ferito, lo costrinse ad interrompersi per qualche istante. "Un giorno..." si sforzò di proseguire "...tu crederai a ciò che ti ho detto, Amshel. Se così non fosse, io ora non potrei essere qui. Quello che non capisco... è il motivo per cui è successo." Amshel lo fissò. "Probabilmente sei pazzo, Mulder, ma se è vero che hai salvato mia sorella, ti devo ringraziare." Mulder ricambiò lo sguardo, facendo un lieve cenno col capo. "Mi sono chiesto se fosse questo lo scopo della mia presenza qui." Mentre parlava, un nuovo pensiero si insinuò nella sua mente. Aveva davvero salvato Ottla? Era bastato il suo intervento per cambiare il suo destino? Quale destino, poi? Solo Amshel lo sapeva... ma non l'Amshel che aveva di fronte in quel momento. Aveva sperato di trovare delle risposte, incontrandolo. E invece si era imbattuto in nuove domande. E in un nuovo problema. "Se il tuo scopo era metterla al sicuro... avresti dovuto portare con te una divisione corazzata, e radere al suolo questo posto" disse Amshel con voce piatta, quasi leggendogli nel pensiero. "E magari passare con un carro armato sopra l'SS-Hauptsturmführer Paul Verheim e su tutti quelli che obbediscono ai suoi ordini." Mulder rimase colpito dal tono rabbioso con cui l'uomo aveva pronunciato le ultime parole. Era certo che si riferisse all'ufficiale incontrato nel cortile, e si chiese se anche lui aveva dovuto sopportare quello sguardo raggelante. O magari qualcosa di peggio. "Pensi che Ottla non sia al sicuro, nel rifugio?" domandò, immaginando già la risposta. Amshel chinò la testa. "Tu hai solo ritardato ciò che succederà comunque" mormorò. "Non credo che nel ghetto siano rimasti in molti. E so che i tedeschi hanno in programma un altro rastrellamento." Alzò lo sguardo verso la finestra più vicina, poi si voltò verso Mulder. "E' quasi l'alba. Inizieranno tra qualche ora." Rifugio sotterraneo 8:35 a.m. Scully era riuscita a convincere Samuel a restituirle la sua pistola, ed ora, aggirandosi impaziente sù e giù per lo stanzone, aspettava il ritorno di Shlomo, che era uscito per prendere dell'acqua e controllare la situazione. Samuel, seduto al tavolo, non le toglieva gli occhi di dosso. Accanto a lui, sua madre era intenta a cucire un calzino che sembrava reduce da numerosi altri rammendi. Ottla dormiva tranquilla su una branda, raggomitolata nella sua coperta. Scully non aveva alcuna idea sul da farsi. Niente piani. Se quella fosse stata una situazione convenzionale, avrebbe saputo come muoversi... Ma non lo era, e lei si sentiva frastornata. Sapeva soltanto che voleva ritrovare Mulder. Quello era il primo passo. Al resto avrebbe pensato in seguito... Tutti sussultarono, quando si sentirono tre o quattro forti colpi battuti sulla porta. Colpi precipitosi e pressanti, ben diversi dalla sequenza usata come segnale... Scully guardò allarmata Samuel, che si alzò in piedi di scatto, facendo cenno a sua madre di allontanarsi. Ottla, già sveglia, saltò giù dalla branda e raggiunse la donna sul fondo della stanza. Altri colpi, intervallati dalla voce rauca di Shlomo, che urlava parole sconnesse. Poi altre grida, e voci sconosciute. Un trapestìo dietro la porta. Un tonfo violento, come se qualcuno avesse colpito il battente con un calcio. Scully impugnò la pistola. Samuel le si avvicinò scuotendo il capo, l'espressione angosciata e implorante, e la prese per un braccio, cercando di trascinarla indietro. Altri due tonfi. Poi i cardini saltarono, e la porta si spalancò di colpo, nel momento in cui Scully nascondeva in tasca la pistola. Tre soldati irruppero nel rifugio, i mitra in pugno e i volti arrossati per la fatica e l'eccitazione. Per qualche secondo si udì soltanto l'ansimare pesante dei militari, raggruppati davanti all'entrata. Scully, che era la più vicina, si sentì addosso il loro sguardo di cacciatori soddisfatti della battuta. Un istante più tardi un grido imperioso spezzò il silenzio, e i tedeschi si mossero all'unisono, invadendo il rifugio e trascinando verso la porta tutti i suoi occupanti. Scully si ritrovò accanto ad Ottla, e istintivamente la prese per mano, mentre un soldato le spingeva attraverso lo stretto passaggio che conduceva alla cantina, e poi sù per le scale, fin sulla strada. Quando furono all'aperto, diede una rapida occhiata dietro di sé, e vide gli altri soldati sospingere Shlomo, Samuel e sua madre lungo la scala. Dopo che tutti furono raggruppati nello stretto vicolo, i soldati li obbligarono ad avviarsi in direzione della strada principale, urlando ordini e imprecazioni. La mattina era gelida. Non pioveva, ma il cielo di un grigio slavato sembrava promettere neve. Scully udì altre urla provenire da chissà dove, e strinse più forte la mano di Ottla, che le camminava al fianco. I loro sguardi si incontrarono, e Scully, turbata dalla tormentata rassegnazione che esprimevano quegli occhi chiari, dovette combattere contro l'impulso improvviso ed assurdo di prenderla in braccio e correre via per portarla in salvo, lontano da lì. Si costrinse invece a farle un cenno di incoraggiamento, sperando di tranquillizzarla. La bambina distolse lo sguardo, ma si strinse ancora di più a lei, mentre procedevano lungo la strada. Scully volse brevemente il capo, e vide Samuel che camminava sostenendo sua madre con un braccio. Poco più indietro, Shlomo avanzava a testa china, zoppicando leggermente. Un brutto livido violaceo gli percorreva una guancia. La marcia si concluse circa venti minuti più tardi, all'interno di un grande cortile, dove i prigionieri si ritrovarono dopo essere passati attraverso un cancello sorvegliato da una guardia armata. Scully si guardò intorno. Al centro del cortile erano radunate un centinaio di persone. Uomini, donne e bambini, stretti gli uni agli altri, fermi in piedi come in attesa di qualcosa. Su un lato del cortile erano allineati una decina di camion militari coperti, e da ogni parte si vedevano tedeschi coi mitra spianati. Mentre venivano spinti verso gli altri prigionieri, Scully sentì la mano di Ottla allentare la stretta sulla sua. Un istante più tardi la bambina si staccò da lei e si lanciò in avanti, superando di corsa i pochi metri che la separavano dal gruppo. Un uomo avvolto in un pastrano grigio la accolse tra le braccia, sollevandola e stringendola a sé. Scully capì che la bimba aveva ritrovato suo fratello. Poi spostò lo sguardo sull'uomo che era accanto ad Amshel, e dovette fare uno sforzo su sé stessa per mantenere il controllo e non mettersi a correre a sua volta. Comando tedesco 9:07 a.m. Mentre guardava Scully avanzare verso di lui, Mulder si sentì preda di emozioni contrastanti. Il sollievo per averla ritrovata si mescolava alla preoccupazione del saperla alla mercé dello stesso ingranaggio spietato che aveva catturato Amshel, Ottla e tutti gli altri, compreso lui stesso. Quando gli si fermò di fronte, e i loro sguardi si incrociarono, capì che nella mente di lei si rincorrevano gli stessi suoi pensieri. Si concesse un accenno di sorriso, scuotendo brevemente il capo. Lei gli appoggiò una mano sul braccio, e Mulder d'impulso l'abbracciò, come per un improvviso bisogno di dare e ricevere conforto. Ma una sequela di aspri ordini gridati intorno a loro li costrinse a separarsi, per riportare l'attenzione su ciò che stava accadendo. I soldati avevano circondato i prigionieri, ed ora li stavano smistando in gruppi di una quindicina di persone, che venivano avviate verso i camion. Mulder si ritrovò accanto Samuel, che era stato spinto dalla loro parte. "Cerchiamo di restare uniti!" gli disse, indicandogli Amshel e Ottla, mentre afferrava Scully per un polso. Samuel sembrò confuso. Si guardò intorno come se stesse cercando qualcuno, incurante dei soldati che gli urlavano di muoversi. Seguendo la direzione del suo sguardo, Mulder intravide Shlomo e la madre di Samuel mescolati ad altri prigionieri che stavano già salendo su uno degli automezzi. Un attimo dopo erano già scomparsi. Anche Amshel aveva assistito alla scena. Si avvicinò al suo amico e lo spinse verso gli altri. "A lei penserà Shlomo!" gli disse, in tono pressante. L'altro lo fissò smarrito, ma si lasciò condurre verso il camion su cui erano già saliti Mulder, Scully e Ottla. Quando l'ultimo prigioniero ebbe raggiunto gli altri, una pesante tela cerata scese a coprire l'apertura sul retro del camion. Da fuori, qualcuno armeggiò per fissarla con delle cinghie, mentre il motore dell'automezzo si avviava con un brontolìo sferragliante. Seduto con la schiena contro una fiancata, Mulder osservò quelli che erano saliti con lui e Scully. Oltre ad Amshel, Samuel e Ottla, nel camion c'erano un'altra decina di persone, in prevalenza donne e bambini. Nessuno diceva una parola, e quel silenzio contrastava stranamente con le grida che si susseguivano all'esterno, accompagnate dal rombo di altri camion che si mettevano in moto. Amshel, seduto accanto ad Ottla, che non si era più staccata da lui, teneva lo sguardo fisso su Scully, scrutandola con la fronte corrugata. "Tu... sei quella di cui Mulder mi ha parlato, vero?" disse infine. "E tu sei Amshel Rossmann" mormorò Scully. Poi, volgendosi verso Mulder: "Così l'hai trovato." Mulder annuì. "Come da copione... Purtroppo non posso leggere oltre. Bisogna improvvisare, Scully..." Guardò Amshel. "Hai idea di dove stiamo andando?" L'uomo scosse il capo. "Pensavo ci dovessero portare a Terezin... Ma non capisco perché usano i camion, invece del treno. E' strano." Mulder lo fissò, chiedendosi se quel particolare fosse importante. Chissà se il Rossmann del futuro aveva scritto le sue memorie su qualche quaderno... Avere accesso a quelle pagine avrebbe significato poter conoscere in anticipo la mossa giusta da fare... ma anche dover ammettere di non avere scelta, perché tutto era già stato scritto. Meglio l'incertezza, dunque, e così si tornava alla domanda iniziale... Si portò una mano sugli occhi, che gli dolevano per la stanchezza. Non aveva dormito, quella notte. Scrollò la testa, nel tentativo di schiarirsi le idee. Ma forse il problema non era solo la mancanza di sonno... Quando rialzò lo sguardo, si accorse che Scully lo stava osservando. "Cosa c'è, Mulder?" gli chiese, in tono preoccupato. "Niente" mentì. C'erano cose più importanti a cui pensare. "Le ultime ore sono state pesanti." Lei annuì. "Mulder, i tedeschi non mi hanno perquisita..." bisbigliò poi, inclinando il capo verso di lui. "Ho la mia pistola." La notizia strappò a Mulder un fugace sorriso. In quello stesso istante, il camion si mise in movimento. Strada sconosciuta 10:47 a.m. Il piano era piuttosto semplice. Purtroppo era anche rischioso, ma nessuno aveva saputo proporne uno migliore. Mulder decise che era venuto il momento di metterlo in atto, prima che gli automezzi arrivassero a destinazione, ovunque fosse. Fece un cenno a Scully, che si portò verso il retro del camion, pescando dalla tasca la pistola. Tutti gli altri, tranne Mulder, si spostarono dalla parte opposta, tenendosi aggrappati alle fiancate di metallo per evitare che i sobbalzi del veicolo li facessero cadere. Scully scambiò uno sguardo con Mulder, quindi puntò la pistola in basso, nella direzione in cui aveva calcolato si trovasse una delle ruote posteriori. Trasse un lungo respiro, poi sparò. L'automezzo ebbe un sussulto, e si inclinò leggermente sulla destra. Poi frenò di colpo, arrestandosi, e tutti vennero sballottati avanti e indietro. Il motore si spense. Fuori, qualcuno gridò, sovrastando per un attimo il rombo degli altri camion della colonna, che passavano accanto a quello fermo sulla strada. Il rumore diminuì d'intensità, e a poco a poco si spense in lontananza. Dentro il camion, tutti rimasero seduti a terra, guardandosi l'un l'altro senza dire nulla. Scully nascose la pistola, e si sedette accanto a Mulder, in attesa. Dopo qualche minuto, il telo sul retro si sollevò, rivelando le figure di due soldati dall'aria piuttosto contrariata. I due gridarono qualcosa, tenendo i mitra puntati contro i prigionieri. "Dobbiamo scendere" disse Amshel, senza rivolgersi a nessuno in particolare. Fino a quel momento il piano aveva funzionato. Ora veniva la parte difficile. Mentre scendeva dal camion, Mulder si guardò intorno. Erano fermi sul ciglio di una strada sterrata che correva attraverso distese di campi ondulati e brulli, sui quali incombeva un cielo livido. Non c'erano case in vista, né alcun altro segno di attività umana. Solo quella strada, che si perdeva in lontananza conducendo chissà dove. Quando tutti furono scesi, i soldati li radunarono a una decina di metri dal camion, ordinando loro di sedersi a terra. Poi, indicando Amshel ed un altro ragazzo di corporatura robusta, fecero loro capire che avrebbero dovuto occuparsi del cambio della ruota. Seduto accanto a Scully, Mulder osservava il soldato che li stava sorvegliando, in piedi a qualche metro da loro, col mitra imbracciato. Il fatto di avere un'arma in mano lo rendeva sicuro di sé, ed era proprio questo il fattore che poteva rivelarsi decisivo per portare a termine il piano... Il suo compagno non perdeva di vista Amshel e l'altro uomo, tenendoli sotto tiro col mitra. Non sembrava preoccupato, ma semplicemente infastidito per l'inconveniente e per la perdita di tempo. Tutto avvenne in pochi secondi. Dopo un rapido cenno d'intesa con Scully, Amshel, in ginocchio accanto alla ruota ormai montata, cominciò ad urlare, come se fosse rimasto preso da qualche ingranaggio. Il soldato che sorvegliava i prigionieri si voltò a guardarlo, distraendosi per un attimo, e questo diede a Scully l'opportunità di scattare in piedi, puntandogli la pistola alle costole e gridandogli in tedesco di non muoversi. Sentendola urlare, l'altro soldato si girò verso di lei, e un istante dopo si ritrovò spinto a terra, mentre qualcuno gli strappava il mitra di mano. Nello stesso momento, con un'improvvisa gomitata, il suo compagno fece cadere la pistola di mano a Scully. Mulder balzò in piedi. Il tedesco puntò il mitra contro di lui. Una breve scarica sovrastò tutti gli altri rumori. Nel silenzio che seguì, il soldato si guardò intorno con espressione sorpresa, si portò una mano sul petto e cadde in ginocchio. Un istante dopo crollò in avanti, affondando la faccia nel terreno umido. Mulder, in piedi accanto a lui, si voltò lentamente a guardare Amshel. Questi abbassò il mitra, senza distogliere gli occhi dal cadavere del tedesco. Poi allungò l'arma al ragazzo che gli stava accanto, e senza dire una parola si allontanò di qualche passo, voltando le spalle agli altri. Strada sconosciuta 4:17 p.m. La divisa era decisamente scomoda. Tenendo le mani strette sul volante, Mulder si sforzava di non badare al disagio e alla stanchezza, anche se cinque ore di guida ininterrotta cominciavano a farsi sentire, rallentandogli i riflessi. Ma non si trattava solo di quello. Nonostante il freddo, si sentiva accaldato, e aveva la gola secca. Era certo di avere la febbre. Non l'aveva detto a Scully perché sapeva che lei non avrebbe potuto fare nulla. A parte offrirsi di guidare al suo posto. Era l'unica a poterlo sostituire, visto che nessuno dei loro compagni di viaggio sapeva condurre un camion. Ma lei non poteva certo farsi passare per un soldato, in caso qualcuno li avesse fermati. Mulder sperava che la benda sporca di sangue che si era avvolto intorno al collo per simulare una ferita - un vecchio trucco preso dai film di guerra - lo esentasse dal dover parlare in una lingua che non conosceva, in caso di emergenza. Ma non era affatto sicuro che la cosa avrebbe funzionato. I tergicristalli grattavano faticosamente il parabrezza, nel tentativo di dissipare per qualche istante i rivoli di pioggia che lo rigavano. Mulder teneva lo sguardo fisso sulla strada, un viottolo fangoso che si inoltrava tra i campi in una direzione che a detta di Amshel doveva essere sud-est. La zona sembrava scarsamente abitata. Fattorie e case rurali spuntavano inaspettatamente dalla bruma per poi tornare a smarrirsi nel grigio del monotono paesaggio. La luce del giorno si stava affievolendo, probabilmente mancava poco al tramonto. Dove portava quella strada? Mulder si sforzava di non pensarci. L'importante, adesso, era allontanarsi dal luogo, qualunque fosse, verso cui era diretta la colonna di camion che si erano lasciati alle spalle. Di nuovo, si chiese se era davvero così che erano andate le cose, nel 1942. Se quella fuga faceva parte della Storia, oppure aveva modificato qualcosa. Ma che senso aveva chiedersi cosa fosse successo in passato, se tutto stava accadendo in quel momento? Il motore saltò un colpo. Mulder lanciò un'occhiata all'indicatore della benzina, e si rese conto che il camion non sarebbe arrivato lontano. Rallentò, e lo fece fermare sul ciglio della strada. Rimase seduto per qualche istante, respirando a fondo, la fronte posata sul piantone del volante. Poi si decise a scendere. Quando scostò il telo sul retro, sentì su di sé gli sguardi ansiosi di tutti i passeggeri, e percepì chiaramente il loro sollievo nel momento in cui si resero conto di non essere in pericolo. Scully si alzò in piedi e gli si avvicinò, l'espressione interrogativa. "Non lo indovini?" disse lui. "La benzina sta per finire." Indicò la direzione da cui erano venuti. "A circa un chilometro da qui ho visto una fattoria circondata da campi incolti. Forse non ci abita nessuno... Potremmo rifugiarci lì, mentre qualcuno va a cercare del carburante..." Scully guardò il cielo. "Tra un po' farà buio... Penso sia meglio non viaggiare di notte." annuì. "OK, torniamo indietro." Campagna cecoslovacca 4:35 p.m. Il rombo del motore diminuì d'intensità, fino a spegnersi, e il camion si arrestò con un sobbalzo a qualche decina di metri dall'imbocco del viottolo che conduceva alla costruzione rurale. Il ragazzo che era andato in avanscoperta era tornato con la notizia che la fattoria era abbandonata. Ora stava uscendo dall'abitacolo per andare a dire agli altri che potevano scendere. Mulder, ancora seduto al suo posto, sussultò all'unisono col colpo della portiera, che si ripercosse dolorosamente sulla ferita che gli torturava la spalla. Se la benzina non fosse finita, avrebbe guidato il camion fin dentro la fattoria, pur di risparmiarsi quel pezzo di strada a piedi... Sospirò, rassegnato, e si decise a scendere. Uno scroscio di pioggia lo investì all'improvviso, strappandogli un brivido. Mentre richiudeva la portiera, si accorse che Scully gli si era avvicinata. "Il ragazzo dice che la casa non è agibile, il tetto dev'essere crollato a causa di un incendio" gli riferì. "Invece la stalla annessa è in buone condizioni. Penso che possiamo rimanere lì, stanotte..." Si interruppe, scrutando Mulder con un'espressione improvvisamente allarmata. "Che cos'hai?" Lui si rese conto che doveva essergli sfuggita una smorfia rivelatrice. "Vorrei un tuo parere, Scully" disse, cercando un tono leggero. "Quando chiederò un periodo di riposo, e dirò a Skinner che lo faccio per le conseguenze di un colpo di baionetta sporca della seconda guerra mondiale, pensi che lui ci crederà? O dirà che lo sto prendendo in giro?" Scully corrugò la fronte, notando solo in quel momento che Mulder si stringeva la spalla con una mano. "Intendevi tenermelo nascosto ancora per molto?" disse, toccandogli la fronte. "Hai la febbre. Non è una cosa su cui scherzare, Mulder." Lui si sottrasse al suo tocco tirando indietro la testa. "Sì, ma... non credo che ci siano farmacie aperte, da queste parti." Indicò i loro compagni di viaggio, che si stavano dirigendo verso un edificio rustico di pietra grigia. "Forse è meglio mettersi al riparo, che ne dici?" Scully lo fissò in silenzio per qualche istante, poi annuì, lasciando che lui la precedesse sul sentiero che conduceva alla stalla. Le loro orme nel fango scomparvero in pochi minuti, cancellate dalla pioggia pesante che cadeva dal cielo ormai nero. 6:13 p.m. Scully si guardò intorno. La stalla doveva essere in disuso da molto tempo. La paglia dei box era secca e polverosa, e il legno delle greppie dove si erano nutriti gli animali era spaccato in più punti, e avvolto in un velo di ragnatele. Qua e là, dal basso soffitto di travi, filtrava l'acqua piovana, che gocciolava a terra formando piccole pozzanghere scure. Il portone d'ingresso si dischiuse di quel tanto che bastava per lasciar entrare Samuel, la torcia di Mulder in una mano, e nell'altra un secchio d'acqua che aveva raccolto sotto la pioggia. Quelli che non dormivano si alzarono per avere la loro razione d'acqua, usando un pentolino rotto come bicchiere. Quando tutti si furono dissetati, Samuel si avvicinò a Scully e le porse il secchio. Lei riempì d'acqua il pentolino, e lo diede a Mulder, che era seduto al suo fianco, la schiena contro la parete di legno. Alla debole luce della torcia, il suo volto appariva pallido, gli occhi lucidi per la febbre. Bevve avidamente, e non protestò quando Scully gli tamponò la fronte con un fazzoletto bagnato. Rossmann era seduto di fronte a loro. Sua sorella gli dormiva accanto, cingendolo con le braccia, nel tentativo di ripararsi dal freddo e dall'umidità che regnavano nella stalla, o forse per l'inconscia paura di perderlo nuovamente. L'uomo li guardava in silenzio, l'espressione assorta. Mulder se ne accorse. "Ti stai chiedendo se siamo venuti fin qui per liberarvi, Amshel?" mormorò. "Questo è ciò che è successo, Mulder. Se non fosse stato per voi, adesso saremmo... Non so dove saremmo. Di certo, in un posto peggiore di questo." Mulder annuì lentamente. Quell'uomo non poteva immaginare, neppure nei suoi incubi più spaventosi, l'orrore verso cui era diretta la gente che era stata rastrellata nei ghetti... Quell'orrore gli sarebbe stato risparmiato, grazie a lui e a Scully. Era questo, allora, lo scopo del loro viaggio attraverso gli anni? Ma in tal caso, perché erano ancora lì? E soprattutto... come avrebbero fatto a tornare indietro? La voce di Scully interruppe il flusso dei suoi pensieri. "Dovresti cercare di dormire, Mulder." Lui scosse debolmente il capo. "C'è qualcosa che non quadra..." Sfiorò con un dito la tasca del soprabito di Scully, da cui faceva capolino un angolo del Sefer ha-Yomim. "Vorrei capire cos'è..." "E io vorrei tanto credere a ciò che mi hai raccontato" disse Amshel. "Così sarei sicuro che sopravvivrò a tutto questo. Ma purtroppo non ci riesco." "Un giorno cambierai idea... per un motivo che ora mi sfugge. E ci incontrerai di nuovo..." Amshel aprì la bocca per rispondere, ma tacque quando si accorse che le palpebre di Mulder si stavano chiudendo, mentre la sua testa si abbandonava in avanti. Anche Scully se ne avvide, e gli si inginocchiò accanto, costringendolo a stendersi nella paglia. Mulder si addormentò in pochi secondi. Con un lungo sospiro, Scully tornò a sedersi, appoggiando la testa alla parete. "Dovresti dormire anche tu" le disse Amshel. La osservò per qualche istante, poi aggiunse: "Sai, non avevo mai visto una donna usare la pistola come hai fatto tu oggi." Scully alzò un sopracciglio, poi si concesse un breve sorriso. "Fa parte del mio lavoro, Amshel." Lui annuì. "Ti è mai capitato di sparare contro qualcuno?" "Sì." "E hai mai... sparato per uccidere?" "No." Esitò. "Ho sparato per impedire a qualcuno di farlo. E... qualcuno è morto, sì." "Suppongo... suppongo che questo giustifichi ciò che hai fatto, vero?" Scully lo fissò. "Tu stai pensando a quel tedesco..." "Sì... Io... non avrei mai pensato di essere capace di uccidere." "Se non l'avessi fatto, quell'uomo avrebbe sparato a Mulder." Amshel chinò il capo. "Questo lo so. Ma il punto è un altro. Io... per impedirgli di uccidere, ho dovuto commettere a mia volta un omicidio. E questo è sbagliato." "Ma se Mulder fosse morto, tu adesso ti sentiresti in colpa..." Scully si accorse di provare un senso di disagio. Quell'uomo stava rivangando argomenti con cui lei si era già confrontata molte volte, in passato, e ai quali aveva sempre cercato di non lasciare troppo spazio nella sua mente, sapendo che questo le avrebbe reso più difficile il suo lavoro. "Penso di sì" rispose Amshel. "Il fatto è che... quando ho sparato a quel tedesco ho sentito che lo odiavo. Odiavo lui e ciò che rappresentava. Nel momento in cui ho premuto il grilletto mi sono vendicato per tutto ciò che ci hanno fatto. E questo non riesco ad accettarlo." Scully rimase in silenzio. Amshel si sentiva in colpa per l'odio che aveva provato, e nulla di ciò che lei poteva dire l'avrebbe aiutato a liberarsi di quel peso. Doveva arrivarci da solo. Forse col tempo ci sarebbe riuscito. Il silenzio si protrasse. Sollevando leggermente la schiena, Scully si guardò intorno. Alla diafana luce della torcia, intravide forme umane raggomitolate nella paglia. Nel box di fronte, Samuel dormiva profondamente, stretto nel suo pastrano scuro. Le gocce che cadevano dal tetto scandivano il tempo ticchettando nelle pozzanghere. Quando riportò l'attenzione su Amshel, Scully vide che aveva lo sguardo fisso nel vuoto, e la fronte aggrottata. Si chiese quali pensieri gli passavano per la mente... Mentre rifletteva, un lamento soffocato la fece sussultare. Si voltò a guardare Mulder. "Scully..." lo sentì mormorare. "Cosa c'è, Mulder?" gli chiese, posandogli una mano sul braccio. Poi si accorse che lui aveva gli occhi chiusi, e capì che stava parlando nel sonno. Aveva un'espressione tormentata, e la fronte coperta di sudore. "Scully..." ripeté. "Il gas... Esce dalla doccia... Non respirare... Scullyyy!" "Cosa sta dicendo?" La voce di Amshel. Scully si voltò, scuotendo il capo. "Niente. Sta solo sognando." Strinse il braccio di Mulder, sperando di interrompere quell'incubo doloroso, un incubo angosciante anche per lei, che aveva intuito ciò che lui stava vivendo nel sonno. A poco a poco Mulder si calmò, e il suo respiro tornò a farsi regolare. Scully chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi. Ma qualcosa la costrinse a riaprirli. Amshel la stava di nuovo guardando. "Scully..." mormorò. "Sei anche tu convinta di non appartenere a quest'epoca, come Mulder? Di venire dal futuro?" Lei non rispose subito. Avrebbe preferito che Amshel non le avesse rivolto quella domanda. Perché questo la costringeva a fare i conti con ciò che stava vivendo, e in quel momento era troppo stanca per affrontare la realtà, o qualunque cosa fosse ciò che la circondava. Una parte di lei sperava ancora che fosse un sogno... Ma in tal caso, cos'era l'incubo di Mulder? Un sogno dentro un altro sogno? Scrollò il capo, confusa. "Io e Mulder la pensiamo in modo diverso su molte cose..." tergiversò. "A volte mi è capitato di dover ammettere che lui aveva ragione... Non so se questo sia uno di quei casi... però posso assicurarti che lui non è pazzo." Fece un sorriso triste. "Forse la pazza sono io, visto che continuo a lavorare con lui." Rimase a lungo in silenzio, prima di cambiare repentinamente argomento. "E' meglio dormire, adesso. Quando farà giorno andremo a cercare della benzina nel villaggio che Mulder ha visto a qualche chilometro da qui..." Amshel annuì, senza fare commenti. Dopo qualche istante, si sistemò meglio sul pagliericcio, stando attento a non svegliare Ottla. Anche Scully si distese. Dopo aver dato un'occhiata a Mulder, che dormiva tranquillo, allungò una mano e spense la torcia. Il buio l'avvolse di colpo, come una pesante e gelida coperta. 21 dicembre 1942 7:38 a.m. Lentamente, Mulder riemerse dal sonno, vincendo il contrasto con la parte di sé che voleva continuare a dormire, rifiutandosi di ritornare alla realtà. Aprì gli occhi, con l'impressione che qualcuno l'avesse chiamato. Per un attimo rimase interdetto, non riconoscendo il luogo in cui si trovava. Quando la mente gli tornò lucida, e i ricord i si ricollocarono al loro posto, si mise a sedere e si guardò intorno, massaggiandosi il braccio intorpidito. La scarsa luce grigia che entrava da una finestrina polverosa gli mostrò una piccola forma scura stesa di fronte a lui. Sforzando gli occhi, riconobbe Ottla, che dormiva rannicchiata su sé stessa, in un bozzolo di paglia. Si chiese dove fosse Amshel. Poi si voltò di scatto, ad un pensiero improvviso. Ed ebbe la conferma che anche Scully non si trovava nel box. Con un vago senso di inquietudine, si puntellò sulla parete e si tirò faticosamente in piedi, senza badare alle vertigini e al ronzìo nelle orecchie. Quando la vista gli si schiarì, vide Samuel seduto a qualche metro da lui. Teneva le mani congiunte e la testa china, bisbigliando qualcosa di incomprensibile. Probabilmente stava pregando. Mulder gli si avvicinò, e quando questi sollevò la testa, gli rivolse uno sguardo interrogativo. Samuel capì subito la sua muta domanda. "Scully e Amshel sono usciti a cercare la benzina per il camion" disse. "Dieci minuti fa, credo." Mulder annuì. Per un attimo si scoprì risentito nei confronti di Scully, che era uscita senza avvertirlo, ma poi capì che lei aveva fatto la cosa più ragionevole, come al solito. Non restava che attendere il suo ritorno, sperando che avesse trovato la benzina. Con quella avrebbero fatto ripartire il camion, e si sarebbero allontanati di lì, e poi... No, sul 'poi' non voleva soffermarsi. Bisognava concentrarsi sull''ora', che era l'unica cosa certa, in quella circostanza. O almeno, lo era per lui. Per Scully... non ne era sicuro. Si avvicinò alla piccola finestra che dava luce alla stalla, e col palmo della mano liberò dalla polvere uno dei riquadri di vetro. Cadeva una pioggia sottile e silenziosa, a cui si mescolavano radi fiocchi di nevischio. A qualche metro di distanza, sui rami di un albero scheletrico, quattro o cinque foglie superstiti sfidavano la sorte, agitandosi leggermente ad ogni goccia che le sfiorava. Al di là dell'albero si intravedeva la strada che li aveva condotti fin lì. Mulder restò ancora per qualche secondo a guardare fuori, poi fece per allontanarsi dalla finestra, ma in quel momento qualcosa attirò la sua attenzione. Un movimento sulla strada. Allarmato, rimase in attesa, esplorando con sguardo inquieto ogni particolare del paesaggio. E stavolta, prima di vederlo, lo sentì. Un rumore attutito, che andava crescendo di intensità. Capì che si trattava di un motore un momento prima di veder passare sulla strada, in lontananza, una grossa motocicletta. Una di quelle moto tedesche che aveva visto spesso nei film di guerra. "Samuel!" gridò, voltandosi. Si accorse che l'uomo era già al suo fianco, probabilmente anche lui aveva sentito il rumore della moto. "C'è un tedesco, sulla strada... Vedrà il camion..." L'altro impallidì. "Cosa... cosa possiamo fare? Dobbiamo uscire?" Si guardava intorno con aria smarrita. Nessuno dormiva più, nella stalla. Avevano capito che qualcosa non andava, e ora fissavano Mulder in silenziosa attesa. "Se quel soldato è in avanscoperta, presto arriveranno gli altri" disse lui. "Probabilmente ci stanno cercando." Mentre parlava, la sua mente era impegnata nella frenetica ricerca di una via d'uscita. Tentare la fuga era troppo rischioso, a quel punto... Ma che altro rimaneva? Si guardò intorno, sentendo il peso di tutti quegli occhi puntati su di lui. Era lì per salvarli? Era questo il punto cruciale? Era lo sguardo stanco e spaventato di Ottla e degli altri bambini, che in fondo chiedevano soltanto di poter diventare adulti? Mulder si prese il volto fra le mani, respirò a fondo... e di colpo si rese conto che c'era un'altra soluzione. Guardò Samuel. "Dovete nascondervi. Dovete restare immobili, e non fiatare." "Ma se entreranno qui..." obiettò l'altro. "Io... cercherò di sviarli." disse Mulder, sfiorando le mostrine della divisa tedesca che ancora indossava. "Però... non è detto che ci riesca, Samuel." L'uomo annuì lentamente, turbato, mentre Mulder già si avviava verso il portone. 7:49 a.m. Una folata di aria gelida lo investì nel momento in cui si richiuse il portone alle spalle. La pioggia mista al nevischio gli bagnò la faccia e i capelli, e gocce fredde gli percorsero il collo, facendolo rabbrividire. Si portò una mano sulla gola, per controllare che la benda fosse a posto. Chissà se Scully avrebbe saputo inventare un piano migliore... Ma Scully non era lì, in quel momento. Si chiese se i tedeschi non l'avessero già catturata, e subito si costrinse a cancellare quel pensiero, concentrandosi su ciò che stava per fare. Doveva entrare nella parte che si era scelto... Cominciò ad avanzare a passi incerti, come se gli fosse difficile tenersi in piedi, e si accorse che in fondo quell'andatura gli veniva naturale, in quel momento... Era quasi arrivato sulla strada, quando udì un rombo di motori in avvicinamento, e voltandosi vide due motociclette avanzare verso di lui. Le guidavano due soldati che indossavano lunghi impermeabili grigi, elmetti e occhialoni rotondi coperti di schizzi di fango. Quando Mulder agitò un braccio, portandosi al centro della carreggiata, le moto rallentarono fino a fermarsi a pochi centimetri da lui, che si lasciò cadere in ginocchio stringendosi la gola con una mano. Uno degli uomini scese dalla moto e gli si avvicinò, gridando qualche parola in tedesco. Sperando che gli avesse chiesto cos'era successo, Mulder indicò il camion fermo a qualche decina di metri da loro, poi mimò l'azione di un coltello sulla propria gola, e infine puntò il dito in una direzione perpendicolare alla strada, facendo intendere che qualcuno era andato da quella parte. Il soldato si voltò a guardare il suo compagno, e scambiò alcune brevi frasi con lui. Quindi annuì e aiutò Mulder a rialzarsi, offrendogli la sua borraccia. Lui lo ringraziò con un cenno del capo, e bevve un po' d'acqua. Non era del tutto sicuro che il tedesco avesse capito i suoi gesti, ma non sembrava che si fosse insospettito per la situazione. Possibile che quel piano assurdo stesse funzionando? Mulder stava cominciando a crederci. E improvvisamente si rese conto di non aver riflettuto sulla mossa successiva... Forse era riuscito a sviarli dalla stalla... ma come avrebbe fatto a sviarli da lui? Pochi istanti più tardi, quell'interrogativo fu spazzato via da un brontolìo lontano che aumentò velocemente d'intensità. Prima ancora di voltarsi a guardare, Mulder fu certo che quei due uomini erano davvero in avanscoperta, e che quel rombo ormai vicino annunciava l'arrivo del resto della colonna. Per un attimo, si sentì perduto. Respirò profondamente, e si impose di restare calmo. Finora era andata bene... Il primo camion si arrestò a qualche metro da loro. Il soldato che aveva aiutato Mulder si avvicinò all'automezzo e confabulò con l'uomo che ne era sceso. Questi lanciò un'occhiata a Mulder, e annuì. Nel frattempo, altri due camion si erano fermati dietro il primo. Ne scesero alcuni soldati, che si sparsero lungo la strada, spostandosi poi sul ciglio per permettere il passaggio di una jeep coperta. La jeep si fermò davanti al primo camion. Dal posto del guidatore uscì un militare vestito di nero, che corse intorno al veicolo per andare ad aprire la portiera posteriore. Nel momento in cui vide l'uomo che era sceso dalla jeep, Mulder si sentì come se qualcuno l'avesse afferrato e immerso nel ghiaccio fino al petto. Rimase fermo in piedi, rigido, a fissare l'Hauptsturmführer Paul Verheim che ascoltava il rapporto del soldato motociclista, battendo nervosamente il frustino da ufficiale sullo stivale destro, lucido come sempre. Quando il soldato indicò Mulder, Verheim spostò lo sguardo su di lui, che dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per sostenerlo. Quello sguardo era ancora più freddo delle schegge di neve che gli pungevano le guance. Deglutì a vuoto, mentre l'uomo gli si avvicinava. Ricordò la sensazione sgradevole provata il giorno prima, quando gli era parso che lui lo guardasse senza vederlo. Si rese conto che se fosse capitato di nuovo forse sarebbe stato salvo. Ma quando l'ufficiale corrugò la fronte, e un lampo gli ravvivò le pupille per un istante, Mulder capì che tutto era crollato. Come da una grande distanza, sentì la voce di Verheim sibilare degli ordini, e poi qualcuno gli strappò la benda dalla gola, e qualcun altro lo costrinse ad inginocchiarsi. Vide altri soldati scendere dai camion, e insieme al rumore di pesanti stivali gli giunse quello dell'ansimare dei cani, che si trasformò in un abbaiare rabbioso quando annusarono la pista, trascinando i soldati che li tenevano al guinzaglio verso il viottolo che conduceva alla stalla. 8:02 a.m. Nascosta dietro un intrico di rovi, Scully fissava in silenzio ciò che stava accadendo sulla strada, stringendo il calcio della pistola con tanta forza da farsi male. Amshel, che era inginocchiato accanto a lei, si voltò a guardarla, con la disperazione negli occhi. "Dobbiamo fare qualcosa..." mormorò, con voce spezzata. "Altrimenti li porteranno via..." Scully scosse la testa. "Non possiamo fare nulla. Potrei sparare e uccidere un paio di soldati, ma la situazione non cambierebbe..." Si sforzava di mantenere un tono calmo, ma l'oppressione che sentiva sul diaframma le rendeva difficile anche respirare. "Mi dispiace, Amshel..." Lui scosse il capo, riportando l'attenzione sulla strada, dove i soldati che tenevano sotto tiro il gruppo dei fuggitivi avevano cominciato a spingerne alcuni in direzione del campo brullo che si stendeva davanti alla fattoria. Un tedesco corse lungo la colonna, salì su un camion e ne discese pochi istanti dopo, tornando sui suoi passi. Tra le braccia reggeva un fascio di corte vanghe militari. 8:46 a.m. Mulder spinse di nuovo la vanga nel terreno fradicio. Ormai non sentiva più né la febbre, né il dolore, né la fatica, e forse neppure la paura. Avrebbe potuto rifiutarsi di continuare a scavare, ma si era reso conto che non aveva voglia di provarci. Si gettò alle spalle un'altra palata di terriccio. Tutti gli adulti stavano scavando. I bambini erano rimasti sulla strada, e li osservavano in un silenzio attonito, stretti gli uni agli altri. Quando sentì un soldato lanciare un grido, Mulder capì che il loro lavoro era finito. La fossa era pronta. Due tedeschi si avvicinarono ai quattro bambini e li condussero attraverso il campo. Gli altri soldati che si erano allineati su un lato della fossa spinsero indietro gli adulti, e attesero che i bambini giungessero sul bordo irregolare dello scavo. Mulder vide che Ottla teneva per mano un bimbo di cinque o sei anni, che si guardava intorno con l'espressione smarrita di chi non capisce ciò che sta accadendo. Ottla alzò lo sguardo, e incrociò quello di Mulder. Lui si sentì mancare il respiro. C'era una domanda, in quello sguardo. Una domanda a cui Mulder non sapeva rispondere. Perché stava accadendo? Forse... perché quella era la Storia, e la Storia non si può cambiare. Ottla era morta il 21 dicembre del 1942, uccisa dai nazisti. Erano tutti morti. E lui? Era venuto dal futuro per morire in quel campo? Ma perché? La stessa muta domanda che gli aveva rivolto Ottla. E nessuno gli poteva rispondere. Ma forse... forse toccava a Scully trovare una risposta... Forse lei sarebbe tornata indietro, e avrebbe capito il senso... Alcuni soldati si fecero da parte per lasciar passare Verheim, che avanzò calpestando il terreno fangoso con un'espressione disgustata sul volto, probabilmente preoccupato per il pessimo stato in cui si sarebbero ridotti i suoi preziosi stivali. Quando l'ufficiale si fermò ad un decina di metri dalla fossa, i soldati puntarono i mitra contro i bambini, attendendo l'ordine. Mulder chiuse gli occhi. Scully temeva che Amshel avesse in mente di scattare in piedi e gettarsi verso i soldati, nel disperato, insensato tentativo di fermare la strage. Era pronta a fermarlo, anche usando la pistola, se fosse stato necessario... Ma chi avrebbe fermato lei? Strinse il braccio di Amshel, e sentì che stava tremando. La campagna era silenziosa. Gli scrosci di pioggia gelata erano cessati. Sembrava quasi che anche il cielo stesse trattenendo il respiro. Il crepitìo dei mitra spezzò brevemente la quiete dei campi, per poi dissiparsi a poco a poco nella bruma. Quando un soldato lo spinse verso l'orlo della buca, insieme agli altri superstiti, Mulder cercò di non guardare in basso. Ma non ci riuscì. E li vide. I più piccoli erano raggomitolati su sé stessi, come se in quella fossa avessero trovato un posto caldo dove addormentarsi. Ottla invece era caduta sulla schiena, e ora fissava il cielo con uno sguardo quasi sognante, lo sguardo di chi è finalmente libero dalla paura. Mulder si ritrovò gli occhi pieni di lacrime, e per un attimo tutti i rumori che udiva intorno a sé si ridussero ad un ronzìo lontano. Sussultò, quando qualcuno gli toccò un braccio. Si voltò e vide Samuel, in piedi accanto a lui. Si guardarono. Assurdamente, Mulder si rese conto in quel momento che di lui conosceva soltanto il nome. "Qual è il tuo cognome, Samuel?" mormorò, riportando lo sguardo verso il fondo della fossa. "Baum. Mi chiamo Samuel Baum." "Davvero? Conoscevo un Joseph Baum, a Chilmark..." "Joseph? Se avessi avuto un figlio, l'avrei chiamato Joseph..." Qualcuno gridò un ordine secco. Amshel stava piangendo. Piangeva silenziosamente, le spalle scosse da singulti dolorosi. Inginocchiata dietro di lui, Scully cercava disperatamente di convincersi che ciò a cui stava assistendo non era reale, che tutto ciò che credeva di aver vissuto era frutto di chissà quale droga, o patologia neurologica... Che Mulder non stava per finire in una fossa comune, abbattuto dalla scarica di un mitra tedesco. Era tutto un incubo, un'allucinazione, un delirio. E il libro... era soltanto un libro. Il libro... Ciò che secondo Mulder li aveva condotti fin lì. Il libro dei giorni. Scully ricordò che Mulder gliel'aveva consegnato prima di indossare la divisa tedesca. Portò la mano in tasca, e lo tirò fuori. Soltanto un vecchio libro. Non una macchina del tempo, né la chiave della Storia umana. Scully scosse il capo, confusa. Guardò Amshel, perso nel suo dolore. Guardò la fila di soldati pronti a sparare. Poi abbassò lo sguardo sul libro. Nello stesso momento, il rumore dei mitra infranse di nuovo il silenzio. Mulder chiuse gli occhi, quando sentì il rumore della scarica. Poi qualcosa, o qualcuno, gli diede un colpo sulla schiena, e lui piombò nella buca, finendo con la faccia nella terra umida. Un istante più tardi sentì un peso cadergli addosso. Con uno sforzo doloroso, riuscì a voltare la testa, e si ritrovò a fissare gli occhi già vitrei di Samuel. Era morto. E lui? L'avevano colpito? Allora perché non sentiva alcun dolore? Ma forse... forse qualcuno l'aveva spinto nella fossa... Era stato Samuel? Sentiva il peso del suo cadavere schiacciargli i polmoni... Cercò di liberarsene, ma non riusciva a muoversi... Il suo corpo sembrava morto, e non rispondeva agli ordini imperiosi della mente... Sentì il respiro venirgli meno, e si accorse di non vedere più nulla. Ecco. Stava morendo. Che strano... Gli sembrava di aver già provato quella sensazione... Si chiese in quante vite gli fosse già capitato... Poi quel pensiero svanì, insieme al resto. 8:52 a.m. Amshel sentiva ancora nelle orecchie il suono orribile delle scariche dei mitra. Ma poi si rese conto che da alcuni minuti un silenzio profondo era sceso tutt'intorno a lui. Sospirò, passandosi una mano sulla faccia per asciugare le lacrime. Quindi alzò lo sguardo verso il campo, e vide che i soldati erano già intenti a rovesciare grandi palate di terra nella fossa, come se bastasse quello per nascondere al mondo la verità. Lui aveva visto ciò che avevano fatto. E non avrebbe dimenticato... Quasi senza accorgersene, cominciò a recitare mentalmente il Kaddish per Ottla, per Samuel e per tutti gli altri... Poi si ricordò di Scully, e si voltò per cercarla. Non era più accanto a lui. Amshel si guardò intorno, ma non la trovò. Se n'era andata. Lo sguardo gli cadde su qualcosa che era seminascosto tra i ciuffi di erba secca. Si avvicinò e lo raccolse. C'era una sottile striscia di pelle tra le pagine, ad indicare che il libro era stato aperto in un punto preciso. Amshel lesse qua e là alcune parole dal significato oscuro. Sfiorò con un dito la striscia di pelle, poi, con un lungo sospiro, richiuse il libro, se lo mise in tasca, e si avviò attraverso i campi, lasciandosi alle spalle i soldati nazisti e una parte di sé stesso, finita nella fossa insieme ad Ottla. Lower East Side New York City, N.Y. 11:46 a.m. Quando aprì gli occhi, Mulder fu sorpreso di non vedere più il volto di Samuel. Fu ancor più sorpreso quando si rese conto che riusciva a muovere gambe e braccia. Poi alzò lo sguardo... e incontrò quello sorridente di Amshel Rossmann. Un Rossmann coi capelli bianchi e la faccia rugosa, che lo fissava, in attesa. Mulder si sollevò su un gomito, e urtò qualcosa con la spalla. Voltandosi di scatto, vide Scully che cercava di mettersi a sedere. Lei lo guardò. Sul suo volto si leggevano sollievo e perplessità, esattamente ciò che in quel momento provava lui. "Siete tornati." La voce profonda di Rossmann, non molto diversa da quella del sé stesso più giovane. Era ancora seduto sul divano, come l'avevano visto due giorni prima... Due giorni? Lentamente, Mulder si alzò in piedi, toccandosi la schiena per avere un'ulteriore conferma che non c'era traccia di lesioni. Guardò l'orologio. Rifletté per un secondo, poi lo riguardò, e annuì. "Sono passati pochi minuti" disse. "Non più di uno, in realtà" rivelò Amshel. Mulder assimilò lentamente la notizia, poi si voltò a guardare Scully, che adesso era in piedi accanto a lui. Lei non disse nulla. Aveva l'aria di chi si è appena svegliato da un lungo sonno, e fatica a mettere a fuoco la realtà. Rossmann si schiarì la voce. "Suppongo che abbiate delle domande da farmi..." mormorò. "Cercherò di rispondere... anche se adesso mi sento un po' stanco. Non potrò dedicarvi molto tempo." Mulder lo osservò, e si rese conto che in effetti il vecchio era pallido, e che le sue mani tremavano molto più di prima. "Amshel... lei sa già ciò che è successo... Lo sa dal 1942. Ma... cosa l'ha spinta ad usare il libro, adesso? E perché l'ha usato?" Amshel annuì. "Quando trovai il libro, pensai che Scully se ne fosse andata, dimenticandolo. Lo presi e lo portai con me nel lungo viaggio che mi condusse in Palestina, e poi qui negli Stati Uniti. L'ho conservato per quasi sessant'anni, insieme al ricordo di mia sorella Ottla. Ogni tanto ripensavo al mio incontro con voi, ma solo per chiedermi da dove diavolo eravate sbucati... Non potevo credere a ciò che lei mi aveva raccontato, Mulder." Fox sorrise. "Ma poi è successo qualcosa..." disse. "Sì... Qualcosa che mi ha fatto riflettere. Io... avevo bisogno di trovare qualcuno che avesse visto ciò che era successo. Ma sapevo di essere l'unico sopravvissuto... Poi mi sono ricordato di voi. E il desiderio di potervi raggiungere ha ben presto dissipato la mia incredulità sui poteri del libro." "E così ci ha cercati, e trovati..." Mulder fissava un punto nel vuoto, riflettendo. "Allora... era questo lo scopo" mormorò, riportando lo sguardo su Amshel. "Lei ci ha mandati laggiù perché noi diventassimo testimoni di ciò che è successo." "Non perché lo diventaste... ma perché lo eravate già stati." Mulder annuì, pensieroso. "E per farlo... si è limitato a far sì che uno di noi aprisse il libro alla pagina giusta." "Sì. Come mi aveva detto lei. Anche se credo che non si tratti tanto della pagina giusta, quanto del... momento giusto. Per quanto ne sapevo, eravate tornati qui nello stesso modo." Mulder corrugò la fronte, e di nuovo si volse a guardare Scully. Lei sostenne il suo sguardo, l'espressione decisa di chi non aveva nessuna voglia di intavolare una discussione su argomenti delicati. Mulder si arrese, e riportò l'attenzione sul vecchio ebreo. "Mi manca un elemento, Amshel..." disse. "Non mi ha ancora detto cos'è successo. Il motivo per cui aveva bisogno di testimoni." Rossmann sospirò, chiudendo gli occhi. Sembrava che improvvisamente gli fosse caduto addosso il peso di tutti i suoi anni, e forse anche di quelli mai vissuti da sua sorella, da Samuel, dai bambini finiti nella fossa, e dai sei milioni di ebrei che nessun viaggiatore nel tempo avrebbe mai potuto salvare... "Due mesi fa, in un bar, ho incontrato un uomo" mormorò, con voce rauca. "Un uomo che avevo conosciuto nel '42. E anche lei l'aveva conosciuto." Mulder lo scrutò, turbato. Era ovvio. Perché non l'aveva capito subito? "Lei sta parlando del..." "Dell'Hauptsturmführer Paul Verheim. L'uomo che ha fatto uccidere mia sorella e il mio migliore amico. E chissà quanti altri innocenti. Forse anche lei, Mulder." Fox sentì un brivido lungo la schiena. "Io... credo di essere tornato... prima di..." "Ne è sicuro? Io ero convinto che lei fosse morto. Quando ho capito a cosa serviva il libro, questo pensiero mi ha messo in crisi. Mi sentivo come se avessi deciso di condannarla a morte... Ma poi mi sono reso conto di come stavano le cose. Non dipendeva da me. Tutto era già successo... Il libro doveva passare da me a lei, e poi di nuovo a me, perché oggi glielo consegnassi... Il cerchio doveva chiudersi." Mulder si passò una mano sul volto. "Sì, forse ha ragione..." mormorò. "Ma... dov'è adesso Verheim? Credo che sarò felice di arrestarlo..." Si interruppe. "Però temo che sarà difficile che ci ammettano come testimoni al processo, Amshel. Non credo esistano giudici di così... ampie vedute." Rossmann sorrise debolmente. Ogni tanto la testa gli ciondolava in avanti, come per un colpo di sonno. "Io non cercavo dei testimoni per un processo a Verheim, Mulder. Per questo forse potevo bastare io..." Mulder guardò Scully, l'espressione improvvisamente preoccupata. "Amshel..." si avvicinò al vecchio. "I testimoni... non servono per un processo, vero? Lei voleva qualcuno che potesse capire..." "Io volevo qualcuno che potesse spiegare al mondo il motivo per cui ho fatto ciò che ho fatto... quando io non ci sarò più." Chinandosi accanto a lui, Mulder gli posò una mano sul braccio. Gli occhi azzurri di Rossmann avevano perso la loro limpidezza. "Dov'è Verheim?" gli chiese, in tono quieto. "Me lo dica, Amshel." Il vecchio annuì. "All'inizio era sospettoso... Poi... siamo diventati amici. Giorni fa... l'ho convinto a venire qui. Abbiamo parlato. Gli ho offerto qualcosa da bere... e poi gli ho detto chi ero. Lui ha cercato di scappare, ma era troppo tardi, aveva già bevuto..." A quelle parole, Scully corrugò la fronte. Il suo sguardo corse al tavolino che era accanto al divano. La scatola di legno adesso era aperta, e il bicchiere era vuoto. "Trascinarlo è stato difficile, ma non volevo che lo vedeste... Non subito..." Faticosamente, Rossmann sollevò una mano, indicando la porta dipinta di azzurro. "Ora potete farlo..." "Amshel..." Scully si inginocchiò al fianco di Mulder, di fronte al vecchio. "Cos'ha preso? Da quanto tempo?" Mulder la guardò, e annuì. "Resta con lui, Scully." Si alzò in piedi e si diresse verso la stanza che Amshel gli aveva indicato. Abbassò la maniglia e lentamente spalancò la porta. Dentro c'era buio. Mentre cercava l'interruttore, gli giunse alle narici un odore inconfondibile. E quando la luce si accese, ebbe l'impressione di essere entrato in una camera mortuaria. Paul Verheim era disteso sul letto, le braccia allungate lungo i fianchi. Indossava un vestito scuro, che ne faceva risaltare il volto cereo. Mulder si avvicinò, e lo osservò. Vide un vecchio che poteva avere 85 anni, o forse di più. Il naso si era deformato, i capelli erano grigi e stopposi. Era quello l'uomo che aveva mandato a morte 15 persone, osservandone distrattamente l'esecuzione, preoccupato soltanto per la sorte dei suoi stivali immacolati? Sì, era lui, Mulder non aveva dubbi. Anche adesso, le sue scarpe erano perfettamente lucide. Un marchio di fabbrica. Guardò i suoi occhi: erano chiusi. Quello sguardo non avrebbe più raggelato nessuno. Dopo avergli dato un'ultima occhiata, Mulder uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Scully aveva fatto stendere Amshel sul divano. Quando sentì Mulder dietro di sé, si voltò. "Ho chiamato il 911, ma..." scosse il capo, alzandosi in piedi. Mulder si avvicinò e si inginocchiò accanto al vecchio, prendendogli una mano. "Tu dovevi vivere, Amshel. Avresti avuto tutte le attenuanti... Non avresti fatto neppure un giorno di carcere." L'uomo gli strinse debolmente la mano con la sua. Ormai respirava a fatica, e la pelle del suo viso era cianotica. "Mulder... Io ho ucciso un uomo... e non per salvarne altri. Lo odiavo per ciò che aveva fatto..." "Nessuno ti può condannare, per questo" mormorò Mulder, dolcemente. "Ma io... non sono come lui. Lui è... sopravvissuto alle sue vittime... Io... non voglio sopravvivere alla mia." Tossì, portandosi una mano sul petto. Un filo di sangue gli scese dall'angolo della bocca. "Nessuno deve uccidere nessuno..." Le ultime parole si trasformarono in un rantolo. Mulder sentì che la stretta sulla sua mano si allentava, e guardò Scully, turbato. Lei si avvicino e appoggiò le dita sulla gola del vecchio. "E' morto, Mulder." Lui rimase ancora per qualche istante con la mano posata su quella inerte di Amshel, poi si alzò in piedi. "Anche Verheim. Credo... che questo sia stato il suo ultimo misfatto. Ha costretto un innocente a commettere un delitto. E a punirsi per averlo commesso." Scully non disse nulla. Poi si sedette, e dopo qualche istante Mulder prese una sedia e le si mise accanto. In silenzio, attesero l'arrivo dell'ambulanza. FBI Headquarters Washington D.C. 9:08 a.m. Seduto alla sua scrivania, Mulder fissava il foglio bianco che aveva di fronte. Come molte altre volte, era alle prese con la stesura del rapporto su un caso che aveva due chiavi di lettura. La sua e quella di Scully. Ma stavolta era diverso. Non voleva danneggiare in nessun modo la reputazione di Amshel, e non era sicuro che la sua versione - la verità - fosse la migliore, da questo punto di vista... Quando Scully entrò nell'ufficio, le fu grato per quell'interruzione che lo sollevava temporaneamente da un'incombenza di cui non riusciva a liberarsi. Ovviamente, a lei non l'avrebbe detto... Era un'altra, adesso, la cosa che gli premeva. "Allora, Scully? Hanno trovato il libro?" Lei si sedette, sospirando. "No. Hanno setacciato l'intero appartamento, ma del libro non c'è traccia." Mulder sorrise. "Non lo troveranno. Quel libro potrebbe essere ovunque, adesso. E in qualunque epoca." Scully scosse il capo. Poi lo fissò. "Cosa scriverai nel rapporto?" Mulder chinò la testa. Riecco il punto dolente. "E tu?" "Io l'ho già scritto, Mulder. Ho scritto ciò che è successo in quell'appartamento, e quello che ci ha detto Amshel." "Sì... E quanto al resto? Praga, il ghetto, i tedeschi..." "Il resto... è Storia, Mulder. Non è materia di un rapporto dell'FBI." Lui la fissò. "OK, ma... come sarà il rapporto che farai a te stessa? Aspetta, non dirmelo... Vediamo..." Si picchiettò la guancia con la penna che aveva in mano. "Oh, ecco... Tra le pagine di un antico libro ora scomparso si annidava una sostanza capace di indurre in chi ne veniva in contatto dei sogni elaborati ed estremamente vividi..." Sorrise, congiungendo le mani. "Sarà questa la tua versione, dottoressa Scully?" "In effetti, potrei prenderla in considerazione." Anche lei si lasciò sfuggire un sorriso. "Sogni molto vividi... che per fortuna non lasciano conseguenze. In caso contrario, tu non saresti lì seduto, forse." Mulder si appoggiò allo schienale della sedia, osservando Scully con la testa inclinata e uno sguardo indecifrabile. Poi si alzò in piedi e cominciò a sbottonarsi la camicia. Lei lo fissò perplessa. "Cosa stai facendo? Non mi sembra che qui dentro faccia più caldo del solito..." Lui sorrise, sfilando la camicia dai pantaloni. "Non credo che tu le abbia mai notate." Si avvicinò a Scully, che osservava attonita le sue manovre, e la costrinse ad alzarsi. Poi si scoprì una spalla. "Questo..." disse, indicando un punto sulla pelle. Lei si avvicinò, e vide il piccolo segno chiaro di una cicatrice, prima che Mulder si girasse. "... e questo." Sollevando la camicia, mostrò col dito due segni un po' più marcati, sulla schiena. Uno dei due si trovava in corrispondenza di una vertebra. Scully osservò per qualche istante i piccoli segni sulla schiena di Mulder, poi si risedette, mentre lui si riabbottonava la camicia. "Ebbene?" le chiese. "Ebbene... cosa vuoi che ti dica? Sono vecchie cicatrici. Come te le sei fatte?" "Ecco, il punto è questo. Non ne ho idea. Per quanto ne so, le ho sempre avute." Scully aprì la bocca per replicare, poi ci rinunciò. Scrollò il capo, e si rialzò in piedi. "Io vado a fare colazione, Mulder. Ne ho bisogno. Penso che mi berrò anche tre o quattro pinte di whisky... per dimenticare." Lui si concesse una risata. "OK, ti verrò a raccattare fra poco..." Si risedette. "Nel frattempo finirò il rapporto." Lei tornò seria. "Mulder... Cosa scriverai?" "Scriverò... ciò che ha raccontato Amshel." Appoggiò i gomiti sulla scrivania. "Penso che per lui sia sufficiente che la verità sia nota a noi... o comunque, a uno di noi. Inoltre... se io raccontassi quella storia lui farebbe la figura del pazzo visionario..." vide che Scully annuiva "...e tu sai che io non intendo rinunciare al titolo." Scully gli lanciò uno sguardo ironico, una mano già sul pomolo della porta. "Non preoccuparti, Mulder. Il tuo titolo non è mai stato in pericolo." Quando la porta si fu richiusa alle sue spalle, il sorriso di Mulder scomparve lentamente. Chiuse gli occhi, e per un attimo rivide i volti e i paesaggi che aveva conosciuto in soli due giorni... o in un solo minuto. Può un sogno durare così poco, e contenere così tanto? Ripensò a chi si dichiara convinto che l'intera vita sia un sogno... Scully non era tra quelli... Ma se avessero avuto ragione entrambi, su quella storia? Un sogno, sì... ma anche un veicolo per raggiungere nuovi livelli di coscienza, e nuovi poteri della mente, risvegliati dal libro. Un libro che esiste e allo stesso tempo non esiste, proprio come la materia e l'energia all'inizio dell'universo... O come i sogni... Riprese in mano la penna, e cominciò a scrivere. Un rapporto non ufficiale, che nessuno avrebbe mai letto. X-File X000000. Sefer ha-Yomim. FINE A mia madre, e ad Andrea, un altro testimone 28 maggio 2001 NOTE I nomi ebrei non sono casuali. "Amshel" era il nome ebreo di Kafka (nato a Praga). "Ottla" quello della sua sorella minore, la più amata. Rossmann si chiama il protagonista di "America". E Samuel è il nome con cui compare in un racconto-diario il miglior amico di Kafka, Max Brod. Ovviamente, questi non sono i veri nomi delle persone citate nel racconto...;-) ------------------------------------------------------------ --------------------------------- The X-Files trademark and characters are copyright of 20thFox. La riproduzione in qualsiasi forma è consentita solo previo consenso dell'autore.