Old Writers... Old Souls - Immortale - di Stefania Murazio *** Dediche: alla mia migliore amica, alla quale ho dato un bel da fare per la creazione della locandina di questa storia 8-) *** La scenografia del palcoscenico era ancora in fase di montaggio. I canali di Venezia erano solo disegni in prospettiva che emanavano, però, un fascino romantico e discreto grazie ai ponti che li sovrastavano. I riflettori formavano strani giochi di colori mentre venivano provate le luci e i giovani attori, vestiti per la maggior parte in jeans, stonavano con la scenografia seicentesca alle loro spalle. Tra le mani tenevano libriccini che avevano l'aria di essere stati studiati da tutti per parecchio tempo. Il più giovane di loro prendeva per primo la battuta sbirciando a tratti il testo. Brabanzio: "Ascoltatela vi prego. Se confesserà ella stessa che fu per metà corteggiatrice, ch'io sia maledetto se il mio rancore ricadrà ancora su quest'uomo. Venite avanti, gentile signora. Sapete a chi dovete più obbedienza in questo nobile consesso?" Desdemona: "Mio nobile padre. Mi trovo qui con un duplice dovere. Debbo a voi la mia vita e la mia educazione..." In quel momento, una voce in lontananza gridava in direzione dei ragazzi interrompendo le prove. "Spostatevi! Via da lì! Sta per cedere, via ho dettooo!!!" "Ma cosa...." L'impalcatura che sorreggeva il sipario aveva ceduto e lo schianto del pesante drappeggio rosso sul pavimento in legno aveva provocato un boato in tutta la sala teatrale. Non era la prima volta che succedeva dall'inizio della lavorazione alla rappresentazione, risalente a tre mesi prima, e dopo lo sconcerto iniziale, tutti si guardarono tirando un sospiro di sollievo. "Be', anche stavolta è andata, ragazzi." disse Robert. "Non si può continuare ad andare avanti in questo modo. Ogni giorno succede qualcosa come se il destino ce l'avesse con Shakesperare." ribattè Giulian. "O con Otello." disse Luke. "O con noi. Forse recitiamo così da cani che il caro Sir William ci sta dicendo di andare a fare i commessi in un supermercato. E' come se non volesse questa rappresentazione." intervenne John. "Io avrei una teoria." riprese la parola Luke. "Una 'teoria'?" chiese Susan. "Ah ah. C'è una leggenda su questo teatro..." "Per favore, non cominciare con la storia del fantasma." disse John. "Qu... quale fantasma?" chiese impaurita Susan. "Luke scherzava, vero Luke?!" disse Robert facendo segno al ragazzo di non spaventare i loro compagni di lavoro. Ma Luke non seguì il suggerimento dell'amico e iniziò a parlare con voce bassa e gutturale come a voler dare enfasi al suo racconto. "Gira la voce che chiunque rappresenti la tragedia dell'Otello in questa città sia colpito da improvvise sciagure". Fece una pausa, volgendo lo sguardo ora all'uno ora all'altro dei suoi compagni, poi: "Si dice che l'ultima Desdemona sia finita in ospedale in seguito a un incidente tra le quinte e sia ancora in coma. La penultima invece sembra aver sofferto di emorragie dal naso per molto tempo dopo che uno dei pilastri dell'impalcatura le è finito in testa. E un'altra ancora..." Fu interrotto da Susan. "Perché solo chi interpreta Desdemona?" "Su questo ci sono teorie discordanti. Qualcuno sostiene che il ruolo dovesse essere interpretato da un uomo perché all'epoca in cui Shakespeare scriveva le donne non erano ammesse a recitare. A sostegno di questa teoria ci sarebbe anche la sfortunata circostanza che cinque anni fa le tre ragazze che rappresentavano gli unici personaggi femminili della tragedia sono morte qui folgorate da una scarica elettrica. Ma... io propendo per la seconda ipotesi..." "Sarebbe?" chiese Julian. "Un fantasma." "Ah sì, che originale! Luke, le tue storie non spaventano più nessuno." "Ragazzi, per oggi è abbastanza, potete andare. Ma domattina mi raccomando: puntuali qui alle dieci. Non arrivate in ritardo, dobbiamo provare il secondo atto della scena prima. E i costumi! Ricordate le modifiche!!" Gridò in direzione dei ragazzi il loro regista, Stuart Miller, che li aveva avvertiti poco prima della caduta del drappeggio. Il piccolo gruppo di attori aveva appena percepito le parole del regista, quando iniziarono a scendere dal palco per andare via. "Io non voglio spaventare nessuno. Però è la verità. Si dice che..." riprese a parlare Luke "Si dice che... si dice che... Chi lo dice? Insomma, sei un buffone e oggi la cena la offri tu che hai tante chiacchiere in tasca. Forza, andiamo." disse Julian. In poco più di cinque minuti la sala fu abbandonata, i riflettori spenti, il drappeggio rimesso al suo posto, il teatro svuotato, le porte chiuse. E fu in quel momento che una voce maschile in sottofondo recitò l'ultima battuta della scena prima del quarto atto dell'Otello. "Buona notte. Buonanotte. Che il cielo m'insegni a non servirmi del male per farne dell'altro, ma di trarne forza per emendarmi." Una risata, un colpo secco, un alito di vento e il sipario di aprì. Rainbow Theater Due settimane dopo "Abbassate le luci centrali, voglio vedere se l'ala di sinistra è illuminata a sufficienza per il secondo atto!" Miller, il regista della rappresentazione messa in scena dal Pro-parody Company di Atlanta, era conosciuto dai ragazzi con cui lavorava per il suo perfezionismo esagerato. Tutto nelle sue regie doveva essere perfetto: la recitazione, i costumi, gli attori, le scenografie. Aveva deciso di partecipare a quell'ennesima rappresentazione dell'Otello, la prima per lui, per cambiare le sorti dell'opera in quella città. Non si era fatto prendere dal panico quando le voci che aveva sentito avevano iniziato ad avverarsi: incidenti legati agli attori, alla sceneggiatura, alla scenografia, alla vita privata dei protagonisti. Insomma, il copione della maledizione sull'Otello si ripeteva anche per lui. Eppure, aveva una fiducia cieca in se stesso. Se agli altri era andata male, dipendeva dalla leggerezza con cui avevano preso l'incarico di mettere in scena l'Otello, ne era certo. Se avesse dedicato ventiquattro ore al giorno a quel lavoro, tutto sarebbe andato bene. I suoi ragazzi andavano seguiti giorno e notte: nessuna baldoria notturna per evitare stanchezza sul palco delle prove, nessun eccesso di bevande alcooliche, costumi rivisti per evitare sorprese. E infine, battute provate fino alla nausea, fino a quando la perfezione non fosse diventata routine. "Non succederà nulla, stasera. Ne abbiamo passate tante per tre mesi interi, perché la sfortuna dovrebbe perseguitarci anche oggi?" disse Julian rivolto ai suoi compagni di lavoro. Tutti erano nel camerino comune a ripassare le battute finali e alcuni di loro erano più spaventati per ciò che avrebbe potuto succedere che non per la tensione della prima messa in scena. "Di cosa ti preoccupi, non sei mica tu Desdemona." disse Susan con un lieve tremore della voce. "Ragazzi, in scena! Meno cinque minuti al primo atto. Il teatro è pieno, non mi sarei mai aspettato il tutto esaurito per la nostra compagnia, ma è successo. Tutto quello che dovete sapere prima di salire lassù è che non è possibile fare meglio di come abbiamo provato. E' tutto." avvertì Miller che subito dopo uscì dalle quinte per dare un'ultima occhiata alla scenografia e alle luci. "Come la fa facile. Viene qui a dirti che il teatro è pieno e poi ti dice che è tutto okay. Ci andasse lui in scena stasera, io ho una fifa!" "Susan, non ti accadrà nulla. Avrebbe già dovuto succedere, no? Le altre non sono mai riuscite a mettere piede sul palco il giorno della prima, tu invece sei qui." disse Robert. Ma la tensione della ragazza non diminuì nonostante gli incitamenti dei suoi amici. Anche in scena la sensazione che qualcosa di grave sarebbe successo presto non sparì. Eppure i giovani attori recitarono con tale maestria da suscitare sentimenti che il pubblico esprimeva in applausi, esclamazioni, lacrime, sorrisi. Miller ne era entusiasta, fino a quando, un attimo prima dell'ultimo atto accadde l'imprevedibile atteso. D'un tratto nel teatro si spensero tutte le luci. Si sentì un boato. Poi un urlo. Infine la luce tornò. Stuart Miller, il regista della messa in scena, era sovrastato dalla scenografia centrale: la scalinata di una Venezia del sedicesimo secolo. FBI Washington Lunedì mattina "Dimmi che non è successo di nuovo!" I corridoi dell'FBI erano al solito affollati dagli impiegati che il lunedì mattina riprendevano il loro lavoro. Due agenti erano fermi ad aspettare l'ascensore e parlavano del fine settimana appena trascorso. "E invece te lo dico. Anche sabato il teatro era pieno e si può dire che la compagnia che inscenava l'Otello sia pressocché sconosciuta. Ormai il pubblico sembra attratto solo dalla 'maledizione' sull'opera. Anche io ero lì per quello, lo sai." "E racconta, com'è successo?" "D'un tratto, così, i ragazzi erano in scena quando un pezzo di scalinata si è ripiegata all'indietro. Il regista ha preso una gran botta in testa e adesso è in ospedale." "Pensi che il fantasma esista davvero?" "Ah, non lo so. Ma sono certo che il caso finirà prima o poi sulla scrivania dello 'Spettrale'." I due uomini si misero a ridere, non si accorsero che alle loro spalle Mulder 'lo Spettrale' aspettava l'ascensore proprio come loro. "Buongiorno, ragazzi, parlavate di me?" chiese ironicamente Mulder mentre li seguiva nell'ascensore ormai arrivato al loro piano. Quello dei due che lo aveva nominato, Kirsby, non sembrò imbarazzato nel rispondergli. "Ma no, Mulder, parlavamo di... fantasmi." I due uomini accennarono una risata alle sue spalle. "Ne avete visto uno?" chiese sempre più ironicamente Mulder. "Lo specialista nel campo sei tu, solo a te sono rivelate certe verità, no?" rispose sempre Kirsby. Mulder rimase in silenzio ma Brithon, l'uomo che fino a quel momento era rimasto zitto, gli rispose più compostamente. "Sembra essercene uno al Rainbow Theater di Atlanta. Mai sentito nominare?" "Il solito fantasma dell'Opera? Troppo scontato." In quel momento l'ascensore si fermò e i due uomini uscirono senza salutare e lasciando Mulder a proseguire verso i sotterranei dell'edificio. Al suo arrivo si accorse che la collega era già arrivata e la salutò. "Buongiorno Mulder. Passato un buon weekend?" chiese Scully appena scorto il suo collega. "Sicuramente migliore del ritorno in ufficio, Scully. A volte avrei proprio voglia di lasciare l'FBI per dedicarmi alla ristorazione." rispose l'uomo, mentre si avvicinava alla sua scrivania. Scully lo guardò sorpresa e con un'espressione incredula sul viso. "Lascia perdere. Che stavi facendo?" Le chiese, glissando sul discorso precedente. "Nulla in particolare, davo uno sguardo al giornale di oggi". La donna glielo porse mentre si allontanava per prendere posto alla sua scrivania. Mulder prese svogliatamente il quotidiano e iniziò a dargli un'occhiata, anch'essa svogliata, finché non notò un articolo a fondo pagina intitolato 'Il mistero dell'Otello: Shakespeare in rivolta?' Il titolo gli ricordava lo strano discorso che aveva ascoltato dai suoi colleghi di fronte all'ascensore e, dopo aver letto l'articolo, guardò Scully e le chiese: "Sei mai stata a teatro?" "Spesso, perché?" "Mai sentito nominare della leggenda del 'fantasma dell'Opera'?" "E' un classico della letteratura e delle storie che si inventano certi teatri per farsi pubblicità. Perché me lo chiedi?" "Perché è strano, Scully. Qui, per una volta, il fantasma non si sceglie il teatro, ma l'opera rappresentata. Ad Atlanta, da cinque anni, qualunque compagnia tenti di inscenare l'Otello, viene colta da sfortuna improvvisa. Ormai c'è una leggenda che parla appunto di..." "Fantasma dell'Opera." finì la frase Scully mentre Mulder annuiva. "Anche sabato sera è successo qualcosa". Mulder si fermò un attimo e guardò Scully con il solito sorriso che gli si stampava in faccia quando fiutava un nuovo x-file. "Mi accompagni a vedere com'è fatto dal vivo un teatro?" "Tu non puoi credere seriamente che esista questo fantasma. Di' la verità, hai solo deciso di andare ad Atlanta, non è così? C'è una qualche partita di baseball laggiù?" chiese Scully guardando Mulder sorridere e annuire. Atlanta, Georgia Lunedì pomeriggio Il viaggio per arrivare in Georgia era stato tranquillo ed ora Mulder e Scully si trovavano di fronte al Rainbow Theater accompagnati dal sergente Jervich, un uomo sui quarant'anni che di quei casi, aveva detto ai due agenti, non ne poteva più. L'uomo aveva accettato la collaborazione offertagli da Mulder per porre la parola fine a quel caso. "Nessun indizio che porti ad un colpevole. Nessuna prova che incastri qualcuno che voglia del male all'opera rappresentata. Brancoliamo nel buio da cinque anni. Intendiamoci, le leggende sui fantasmi sono storielle per spaventare i bambini che fanno i capricci, ma se avete almeno una prova di quello che dite, la polizia di Atlanta potrà evitarsi la farsa di indagare ogni tre mesi sullo stesso caso." disse il sergente mentre tentava di aprire il portello laterale della seconda entrata del teatro. "Avete appurato se tali circostanze si verificano solo nei pressi di Atlanta o anche altrove?" chiese Scully. "Abbiamo condotto delle indagini approfondite e le assicuro che in tutti gli Stati Uniti d'America l'unica città a possedere questa strana nomea è Atlanta. Prego signori, accomodatevi." disse l'uomo quando riuscì ad aprire la porta per entrare "Vi assicuro che qui, a parte la scenografia crollata, non troverete nulla che potrà aiutarvi a condurre le indagini in modo convenzionale." "Sergente Jervich, una visione superficiale di simili casi potrebbe influenzare la soluzione del caso stesso." disse Scully. "Agente Scully, se non esistono prove non posso inventarle per risolvere un caso 'a tutti i costi'. Io vi ho portato qui, voi provate a fare meglio di me." disse il poliziotto mentre usciva dal teatro per lasciare al loro lavoro Mulder e Scully. I due agenti federali iniziarono ad inoltrarsi nel teatro appena illuminato da Jervich al loro ingresso. Tutto sembrava essere rimasto come doveva apparire la scena una settimana prima al momento dell'incidente: le poltrone in disordine, i pavimenti sporchi, la scenografia interrotta a un tratto per la caduta di una parte di essa. Il nastro giallo della polizia delimitava l'area dell'incidente: il palcoscenico. Ed è lì che Mulder e Scully si diressero. "Cosa dovremmo cercare, Mulder?" chiese la donna dopo aver girovagato invano per il teatro in cerca di prove. "Qualcosa che ci dica se l'incidente è dovuto a un essere umano o..." "Sì, ho capito." Mulder guardò Scully con sorpresa. "Non avrai paura dei fantasmi, collega?" "Io credo solo che se per questi strani casi esiste un colpevole, questo è terreno." "Ipotesi, agente Scully?" "La gelosia di un attore che non è riuscito a rappresentare il suo personaggio. L'arte di un mitomane che sente di dover colpire solo l'Otello per... non so, per sentirsi importante. Non è necessariamente un fantasma, Mulder. Credo che questa sia una leggenda che ha preso piede qui solo perché ci troviamo in un teatro. Se fossimo stati in un campo da baseball sarebbe stato il fantasma di Joe di Maggio. Mulder, sii serio. Che ci facciamo qui?" "Cerchiamo il colpevole di questi incidenti, mi sembra ovvio." "E lo cercheremo in carne ed ossa o avremo bisogno dell'aiuto dei ghostbusters?" "Spiritosa. Intanto credo che qui abbiamo cercato abbastanza. Proviamo a dare un'occhiata dove la polizia non ha guardato di sicuro." "Dove?" "Nell'aria, Scully, nell'aria..." Dopo aver lasciato il teatro e non aver trovato alcuna prova 'terrena' che indicasse loro un colpevole, Mulder convinse Scully ad incontrare una persona nel suo appartamento di Atlanta. "Lui è Jamie Anderson, un amico conosciuto anni fa durante l'università che si diverte a spiegare chimicamente tutto ciò che gli capita sotto mano: dal vetro alla plastica, dai suoni alle lampadine, dall'acqua..." "...all'aria." L'uomo interruppe Mulder. "E' un piacere conoscerla, agente Scully, e la mia è più una fissazione che un divertimento. Non posso fare a meno di 'sapere' come funziona ciò che ho attorno e così lo analizzo. Qualcuno mi chiamerebbe maniaco, qualcun altro alchimista, ma in questi casi la gente che 'crede' chiama sempre me." disse l'uomo, rivolgendo un sorriso ironico ai due agenti. Scully sorrise alla battuta dell'uomo e non riuscì a trattenere una domanda "Dunque, lei conosce il motivo che ci ha spinto a venire qui." "Mulder mi ha accennato qualcosa." Anderson si mosse dall'ingresso dove si trovava per accompagnare i due agenti in uno stanzino piccolo e poco illuminato in fondo all'appartamento. "Qui è dove lavoro. Non fate caso a quello che sembra disordine, sono solo strumenti in attesa di sistemazione definitiva." disse l'uomo rivolgendosi ai suoi ospiti. "Peggio di te, Mulder..." sussurrò Scully al collega. "Accomodatevi." disse Anderson, mostrando agli agenti due sedie di fronte a un computer collegato a due strani strumenti a forma di cono. "Quello che vedete è un programma che mi permette di stabilire con assoluta precisione la composizione reale di ogni oggetto. Sappiamo che l'aria è composta prevalentemente da ossigeno e azoto. Quando viene contaminata da sostanze 'estranee' diventa impura e, per farvi un esempio pratico, quando ingloba granuli di polvere o vi si mescolano i gas di scarico di auto e fabbriche, si verifica la fumosità. Quando viene attraversata da più radiazioni monocromatiche dà vita a un bel fascio di luce colorata. In poche parole, le alterazioni nell'aria pura verrebbero prese come riferimento per sondare la composizione dell'aria stessa. Chiaro fin qui?" I due agenti si guardarono all'unisono e annuirono all'uomo, ma stavolta Mulder prese la parola, avvicinandosi al suo amico "Tutto ciò che è estraneo all'aria che respiriamo può essere visto con questo strumento, vero?" "Esatto." rispose Anderson. "La polizia di Atlanta mi ha chiamato per aiutarli a risolvere il caso di questo 'fantomatico fantasma', com'è solito chiamarlo il sergente incaricato delle indagini. Così, negli ultimi tempi, prima dell'ultima messa in scena al teatro Rainbow, ho posizionato un paio di questi rilevatori in alcuni punti strategici del sottopalco e della sala". L'uomo prese da un cassetto della scrivania alcune piccole scatole quadrate e della dimensione di un tappo di penna e le porse a Mulder. "Ovviamente, la mia strumentazione indicava un sacco di gente che andava e veniva dal palcoscenico, dai camerini, dalla sala e tutti, fino a un certo punto, hanno una caratteristica che li accomuna. Voglio farvi vedere la registrazione che ho conservato. In questo modo capirete meglio". Sullo schermo del computer apparvero sagome umane che si muovevano come persone. "Quelli sono gli attori e gli addetti ai lavori nel teatro. Ovviamente, la loro presenza è rilevata termograficamente a seconda di vari fattori: la composizione chimica, la massa del soggetto, il calore, ecc... Cosa notate in comune tra tutti loro in questa termografia?" Chiese l'uomo. "Tutti sono 'colorati' più o meno allo stesso modo. Ci sono chiazze gialle, rosse, verdi. Suppongo quello sia il grado di calore emanato dal corpo." disse Dana. "Perspicace, agente Scully. E' esattamente il tratto che li accomuna tutti. Ora, guardate attentamente ciò che avviene in questo segmento di registrazione. L'ombra che vedete passare manca di due caratteristiche importanti..." "...Calore umano e massa." lo interruppe Mulder. "A casa abbiamo fatto i compiti, eh? Dici bene. La massa è nulla e infatti l'immagine è molto sbiadita. Il calore manca e infatti il colore dell'immagine è scuro." "Potrebbe essere una statua messa lì da un inserviente e che serviva alla rappresentazione." "Non così 'leggera', Scully." disse Mulder. "E comunque non è stata portata lì da qualcuno." disse Anderson. "Cosa intendi dire?" chiese Mulder. "Tra la scena prima e quella successiva, l'immagine si muove ma poi sembra scomparire, non andarsene. Capite cosa intendo, vero?" "Lei cosa pensa che sia, signor Anderson?" chiese Scully. "Io un'idea me la sono fatta. Non sono sicuro che sia uno spettro e non sono riuscito a capire nemmeno la sua composizione chimica. Ma a questo punto dubito di trovare una risposta razionale." rispose Anderson. "Jamie, riusciresti a rintracciare questa presenza in zone del palcoscenico che potrebbero provare la sua 'colpevolezza' nel ferimento di Miller?" "Questa è una domanda che mi spiazza, Mulder. Quell'ombra è comparsa sul video solo due volte: quello che hai visto risale di un mese fa durante una delle tante prove dei ragazzi ed era sul palcoscenico. L'altra è sul palco, lo stesso giorno, dopo che tutti sono andati via. Non ne ho nessuna del giorno del ferimento di Miller." "Nulla di fattibile, dunque." "Tu mi hai chiesto un parere sulla faccenda e questo è tutto ciò che ho, mi spiace". Blackstage Hotel Quel pomeriggio "Dovremmo ricominciare daccapo tralasciando la pista dello spettro, Mulder". I due agenti erano nella hall dell'albergo che avevano prenotato per il loro soggiorno ad Atlanta di fronte alla porta dell'ascensore che tardava ad arrivare. "Proponi di seguire la pista 'regolare', eh?" chiese Mulder alla collega. "Più che altro, direi di prendere le distanze dal ragionamento del sergente Jervich. Lui segue un fantasma da cinque anni senza trovare alcuna soluzione. Penso si sia basato un po' troppo su questa leggenda. Ma soprattutto, direi di tenerci alla larga dalle teorie alchimiste di Anderson. Non credo che il suo approccio sia valido. L'ha detto lui stesso che quelli che si rivolgono a lui sono già 'credenti'." "Uhm... cosa proponi, Scully?" "Di rimetterci a studiare tutti i legami che ci sono tra questa rappresentazione e la città di Atlanta." Nel frattempo i due agenti arrivarono al piano delle loro camere. "Il dossier è in camera. Vado a prenderlo." "No, vengo con te, lo studiamo da te." Una volta entrati nella camera di Scully, i due agenti si sedettero ad un tavolo e iniziarono a studiare la documentazione che era stata fornita loro dal sergente Jervich. Iniziò Scully a parlare, leggendo i fogli che aveva dinanzi a sé. "Dunque, dal 1995 ci sono state cinque rappresentazioni dell'Otello in quattro teatri di questa città. Dodici sono stati gli incidenti totali, ma solo cinque sono stati talmente gravi da portare al ricovero d'urgenza in ospedale. Otto in totale riguardavano le ragazze che impersonavano Desdemona, uno anche ragazze che recitavano ruoli secondari, uno ha preso come punto di riferimento un addetto ai lavori, uno, l'ultimo, un regista. Unico contatto tra loro pare essere Shakespeare." "Cinque incidenti gravi. Modalità?" chiese Mulder a Scully che aveva in mano il dossier del caso. "Tutti e cinque sono ricollegabili al cedimendo della scenografia." "Abbiamo un elenco dei partecipanti a queste rappresentazioni?" "Degli attori, sì." rispose Scully. "E degli addetti ai lavori?" "Uhm... fammi guardare. Dei principali: registi, scenografi, soggettisti... Aspetta, un nome ricorre spesso... Anzi, mi correggo, ritorna in ogni opera rappresentata ad Atlanta negli ultlimi cinque anni. Un certo John Adams, scenografo." "Interessante, cosa dice il dossier?" "Vediamo... John Adams ha curato personalmente tutte le scenografie che hanno accompagnato le opere shakespeariane. I suoi lavori sono sempre stati apprezzati dai committenti che rimanevano sbalorditi dalla bellezza delle sue opere. L'unica particolarità è che durante la messa in scena della prima relegava il lavoro a suoi collaboratori minori non facendosi vedere al teatro se non dopo che gli incidenti avvenivano." disse Scully. "Potrebbe essere il colpevole. Ma io ho ancora un dubbio. Le rilevazioni di Anderson. Mi interessa sapere cosa sono le ombre che ci ha mostrato." "Forse sono degli errori di rilevamento, lo ha detto anche lui che la strumentazione non dà ancora risultati precisi." "D'accordo Scully, tu va' dal sergente a dirgli di interrogare Adams al riguardo." "E tu dove vai?" "Vado a fare un altro giro al teatro." "Per trovare cosa, Mulder?" "Fantasmi." rispose l'uomo con un pizzico di ironia nella voce. Rainbow Theater Lunedì sera La stumentazione che Jamie Anderson aveva mostrato ai due agenti federali quel pomeriggio ora era tra le mani di Mulder. I rilevatori di cui il suo amico gli aveva parlato erano stati riposizionati da Mulder all'interno del teatro in modo strategico. L'uomo si era seduto in una delle poltroncine della sala e tra le mani aveava un piccolo schermo in grado di visualizzare i risultati dei rilevatori che, fino a quel momento, non avevano inviato a Mulder alcuna anomalia. Nessun essere vivente nei dintorni e neppure uno spettro. Tre ore perse ad osservare il nulla. D'un tratto, il suo cellulare squillò: "Mulder." "Mulder dove sei finito? Dovevamo interrogare Adams, ricordi?" "Sono passato da Anderson a farmi dare la strumentazione che avevamo visto da lui. Sono qui da tre ore, Scully, e non si è visto niente. Ho paura che tu abbia ragione." "Anche se ci fosse un fantasma non si farebbe certo vedere a comando, non credi?" "Comunque rimango qui ancora per un po'. Magari mi riferirai il colloquio con Adams, Scully. Ci vediamo più tardi." disse Mulder, dopodiché tolse la comunicazione. In quel momento, un colpo secco provenne alle spalle dell'uomo che si girò di scatto lasciando andare il telefono cellulare e impugnando la pistola. Mulder si alzò dalla poltroncina su cui era seduto nella semioscurità del teatro e si diresse nella direzione da cui era arrivato il rumore. Con estrema cautela si guardò attorno dando ogni tanto uno sguardo al rilevatore termico che aveva in mano e aprì l'unica porta sul retro presente nel teatro. Ma in quel momento, un colpo alla nuca gli fece perdere conoscenza... Più tardi, altrove "Credevo non si svegliasse più. Come si sente, mio giovane amico?" Mulder era steso sul pavimento. Mentre riapriva gli occhi si rese conto di avere un gran mal di testa. Si ricordò di aver ricevuto un gran brutto colpo alla nuca. "Qualcuno mi ha colpito alla testa. Lei..." L'agente si accorse che l'uomo che gli era accanto e che gli offriva una mano per aiutarlo indossava abiti di scena. "Lei lavora al teatro?" chiese, infine. "Possiamo dire di sì. Venga, le dò una mano a rimettersi in piedi." Mulder si alzò, ma nella penombra non riuscì ad inquadrare bene il volto del suo interlocutore. "Il teatro è chiuso, indagini in corso da parte dell'FBI. Che ci fa qui?" chiese Fox mentre si massaggiava la testa. "Una domanda, la sua, davvero interessante. Venga, accomodiamoci. Vorrei raccontarle una storia." L'uomo in abiti di scena e Mulder si avvicinarono ad una fila di vecchie sedie in legno e vi si sedettero. Fu in quel momento che Mulder si ricordò che le sedie erano molto diverse da quelle su cui si era seduto poco prima e a guardare meglio anche il teatro non era affatto lo stesso. D'un tratto fu percorso da brividi di freddo. Si guardò attorno e, non notando alcuna porta aperta, d'istinto alzò gli occhi al cielo. Il teatro non aveva tetto, era all'aperto. Le mura erano perimetrali e su queste si aprivano balconate da cui poter assistere alle rappresentazioni e che si affacciavano sulla sala centrale... all'aperto, appunto. Mulder credette per un attimo di aver preso una botta in testa troppo forte. Quello non era il teatro in cui era entrato e in cui si era seduto aspettando che qualcosa succedesse. "Vorrebbe sapere come ha fatto a trovarsi qui, sbaglio?" chiese l'uomo che gli era seduto accanto. "Non sbaglia. Ma la domanda interessante a questo punto è un'altra: lei chi è?" "Da ciò evinco che lei non si intende affatto di arte classica, mio caro giovanotto. Non vede nulla di familiare nel mio volto o in questo teatro?" "La conosco?" "Dovrebbe... dovrebbe. Mi presento, allora. Lei ha di fronte il più grande drammaturgo inglese di tutti i tempi, membro della Lord Chamberlain's Company e comproprietario di questo teatro meraviglioso: il Globe. Lei ha di fronte William Shakespeare in persona." disse l'uomo che, impettito nei suoi abiti, che ora apparivano più reali che di scena, mostrava certezza assoluta nella sua dichiarazione. Mulder a quel punto si sentì spaesato. Se quello era Shakespeare, lui doveva essere impazzito, oppure era arrivato nel sedicesimo secolo. O, quel che era peggio, era morto! Ma non si fece prendere dallo sconforto. "Shakespeare, eh? E saremmo nell'anno..." "Il suo non è un viaggio temporale, mio caro amico. Consideri tutto questo come un sogno. E ne tragga insegnamento". L'uomo si alzò dalla sedia accanto a Mulder e si incamminò verso il palcoscenico, non molto rialzato rispetto alla sala da cui il pubblico assisteva alle scene e non molto ampio. "Questo è il Globe, il mio teatro. Qui, la mia compagnia ha messo in scena le mie opere più belle: dall'Enrico V, al Giulio Cesare, all'Amleto. Il potere regale durante il Rinascimento è passato tutto di qui attraverso le mie opere e a quelle dei miei colleghi. Ma non siamo qui per parlare di questo". L'uomo si voltò verso Mulder. "Guardi il palco. Nell'immediato, cosa notano i suoi occhi?" Mulder non riusciva a capire in che guaio si fosse cacciato stavolta. Che Shakespeare stesse parlando di Rinascimento proprio a lui non aveva senso. E sì, la botta in testa doveva essere più grave del previsto. "Nulla se non... il palco." "Un po' di fantasia, mio caro, un po' di fantasia. Il teatro è fatto per mettere in scena la vita del popolo. Fantasia e realtà si mescolano e l'uomo assiste alla rappresentazione di se stesso su un palcoscenico. Lo spettatore deve ammirare l'attore, la storia e le emozioni che questi suscitano. E su quel palco l'unico a dover essere ammirato è l'uomo in sé. Voi moderni avete trasformato l'arte teatrale in uno sfoggio di colori e scenografie che fanno apparire futili gli attori e le storie. Scalinate e volte che dimentiche dei drammi di un popolo mostrano solo se stesse. E guardi ora cos'era una messa in scena nel 1600. Guardi e lo riferisca..." "Ma perché lo dice a me? Meglio un regista o uno scenografo o un attore..." "E' lei che è venuto a cercare uno spirito. E io gliene faccio dono. Nelle rappresentazioni d'oggi v'è il fantasma di ciò che il teatro fu. Compagnia! In scena!" Gridò l'uomo verso il palco. Da quel momento si rappresentò, in inglese antico, tutta la tragedia dell'Otello. E Mulder rimase a seguire il tutto con sbigottimento all'inizio e con ammirazione alla fine... quando si sentì chiamare per nome... Qualche ora dopo "Mulder. Mulder, mi senti? Mulder, svegliati". La voce di Scully cercava di svegliare il suo collega dal sonno profondo che lo aveva colto sulla poltroncina del grande teatro. L'uomo si svegliò "Uhm... Scully... che ci fai qui?" "Stanotte non sei tornato in albergo, così sono venuta a cercarti. Tutto bene?" "Credo di aver sbattuto la testa da qualche parte, Scully. Mi fa un male!" "Lasciami dare un'occhiata." "Ahi!" Esclamò Mulder dopo che Scully gli ebbe appena sfiorato un bernoccolo sulla nuca. "Sì, Mulder, hai preso una brutta botta. Com'è successo?" "Te lo racconterò un giorno. Per ora, credo di sapere chi causa gli incidenti nella città di Atlanta." "Anch'io ho un colpevole, collega. Vediamo se le nostre teorie combaciano." "Prima vorrei parlare con Adams, lo scenografo laureato in arti figurative." Scully sembrò sorpresa dall'affermazione di Mulder. "Perché?" "Ricordi quando avevamo iniziato a studiare i nomi di chi lavorava in tutte le compagnie? Mi era venuto un dubbio su di lui quando hai detto che in realtà lui disegnava le scenografie di ogni rappresentazione ma non ha mai assistito di persona a nessuna di loro, preferendo farsi sostituire da un collaboratore. Non riusciva ad assistere alle rappresentazioni perché non considerava le sue scenografie degne dell'autore della rappresentazione. Non è lui il colpevole." "Intanto è alla centrale di polizia per essere interrogato." Mulder e Scully, lentamente si stavano dirigendo verso l'uscita dal teatro per andare ad interrogare Adams. "Scully, ti risulta che Shakespeare fosse il proprietario di un teatro?" "Le mie conoscenze a riguardo sono prettamente scolastiche, ma se non ricordo male, era comproprietario assieme a tutta la sua compagnia di soli uomini del Globe Theatre dal 1598 nella provincia inglese. Perché me lo chiedi?" "Mah, volevo esserne sicuro." disse l'uomo mentre volgeva uno sguardo alle sue spalle, verso il palcoscenico. Al 15° distretto della Polizia di Atlanta "Lo abbiamo rilasciato". L'ispettore Jervich era seduto dietro la sua grande scrivania in legno di noce, quando Mulder e Scully erano appena entrati chiedendo di poter parlare con Adams. "Perché?" chiese Scully. "Non avevamo elementi per trattenerlo e lei lo sa. Non possiamo tenere un uomo per più di ventiquattro ore in una cella senza avere uno straccio di accusa. Ma se vorrete, potrete andare a parlargli voi. L'indirizzo è sulla cartella, ma non vi dirà molto più di quanto ha già detto a noi." "La ringrazio per la collaborazione, sergente. La terremo informato." disse Mulder uscendo assieme a Scully dall'ufficio. "Cosa credi di trovare andando a interrogare Adams?" chiese Scully una volta entrati in macchina. "Io sono convinto che lui sappia cosa succede in realtà, Scully." La donna aprì il file del caso e, scorrendolo, illustrò a Mulder l'interrogatorio che Adams aveva sostenuto presso la polizia. "Qui è scritto che Adams non era presente al momento degli incidenti e ha degli alibi incontrovertibili, Mulder. Era sempre in compagnia e può provarlo con le ricevute di ristoranti, parcheggi e riprese al bancomat. Non è stato lui, o comunque non in prima persona. Ma questo rapporto sostiene anche che gran parte degli incidenti non possono essere neppure imputati alla cattiva dilgenza del suo lavoro. Sono, appunto, incidenti, Mulder. Nessuno è davvero colpevole." "Vedremo, Scully." Residenza Adams Martedì mattina L'appartamento era situato al quarto piano di un vecchio edificio nella periferia di Atlanta. Appena Mulder bussò alla porta, rispose la voce di un uomo: "Chi è?" si sentì dall'interno. "FBI, signor Adams, ci apra." La porta si aprì di fronte a un uomo magro, sulla quarantina, vestito in modo piuttosto bizzarro, non tanto per l'abbigliamento -un pantalone largo almeno il doppio del necessario e una maglietta pulita ma logora-, quanto per l'accostamento degli infiniti colori che aveva addosso. Macchie di pittura. Un attimo dopo le presentazioni, Adams chiuse la porta d'ingresso e si diresse verso un panchetto e una tela volta in modo tale da non mostrare il disegno. "Ho già detto tutto quello che so alla polizia. Ribadisco solo la mia innocenza." disse l'uomo. "Io vorrei farle una domanda che la polizia non le ha posto, signor Adams." disse Mulder. Un attimo di silenzio durante il quale i due uomini si guardarono come se si stessero leggendo reciprocamente nel pensiero, dopodiché Mulder riprese "Uno scenografo, così come un regista, non abbandona la scena nel momento della sua rappresentazione. Perché lei andava via?" "Sapevo che mi avreste posto questa domanda, prima o poi. Io... sapevo che sarebbero avvenuti quegli incidenti. Ho tentato di avvertire le autorità più volte nel corso di questi cinque anni, ma nessuno ha voluto credermi mai. Ho tentato di rifiutare i lavori che mi venivano commissionati, ma senza esito, mi chiamavano comunque." "Cosa intende con 'sapevo che quegli incidenti sarebbero accaduti'?" chiese Scully, ferma accanto a una finestra con le braccia incrociate sul petto. "Che lo sapevo. Vedete, un artista per lavorare segue il suo istinto. Una tela bianca racchiude già il disegno da rappresentare, il pittore lo coglie soltanto. Un foglio contiene già una storia da raccontare, il narratore deve solo metterne i versi per iscritto. Uno scenografo... Io ho una preparazione in materia non indifferente, agenti. Ho una laurea in letteratura classica e una in arti contemporanee. Ma a dire il vero, non amo la scenografia. Quando ho scoperto che la rappresentazione teatrale deve soprattutto riflettersi nella mimica degli attori, nella sceneggiatura, ho iniziato a rifiutarmi di voler 'abbellire' certi teatri. Guardate cosa sono oggi i teatri: la rappresentazione di se stessi. Tutte quelle volte, quei ritratti sfuggono alla ragione della rappresentazione in generale. Shakespeare amava il teatro perché espressione dell'umanità delle persone. I teatri da lui amati non avevano nulla di eccezionale tranne un palcoscenico costruito con poche tavole di legno. E il pubblico interagiva quasi con l'attore, gli era quasi accanto. E ora... ora tutto ha importanza tranne l'opera." "Cosa crede sia successo durante le messe in scena?" "Credo che Shakespeare non voglia che il suo Otello venga rappresentato nel modo in cui si fa qui da cinque anni a questa parte. Motivo banale, lo so, ma credo che la ragione sia questa. Ho chiesto a Stuart di creare una scenografia semplice, ma lui ha voluto in piedi tutta la Venezia del 1600. Che provino a fare come dico e non accadrà nulla. Forse è il classico caso di chi, vista stravolta una sua opera, si rivolta nella tomba. Che dirvi, agenti? Io ho abbandonato definitivamente la professione, preferisco dipingere. Questo non fa male a nessuno." "Posso dare un'occhiata alla sua opera?" chiese Mulder. "Prego, si accomodi". Mulder si avvicinò all'uomo che, accanto al cavalletto, scopriva la tela. Scully, da lontano, notata l'espressione incredula di Mulder, si avvicinò all'uomo. Ciò che tanto aveva stupito Fox era la riproduzione del teatro che aveva sognato la notte precedente. "Cosa c'è, Mulder?" chiese Scully, ma il suo collega non rispose. La donna allora si avvicinò ai due uomini e guardò la tela che credeva aver avuto tanto effetto su Mulder, ma non vide nulla di strano. "Da dove prende le sue ispirazioni, signor Adams?" chiese Mulder. "Ve l'ho detto: ogni opera d'arte è già scritta, va solo catturata." "Sì, ma questa in particolare?" "Ricordi repressi... o forse sogni." "Che intende dire?" chiese Scully "Tutto ciò che avviene ha una ragione. Noi non siamo che il risultato dei desideri e dei sogni dei nostri avi e spesso disattendiamo questi desideri, questi sogni. E quando questo avviene si risveglia la parte di noi che appartiene a loro, dando vita a fenomeni che ci sembrano incomprensibili. Agente Mulder, lei ha capito tutto guardando il mio quadro, vero?" "Signor Adams, io credo solo che lei non sia colpevole degli incidenti avvenuti finora. E visto che non c'è motivo per disturbarla ancora..." "Può tenere il dipinto, se vuole. E' finito, deve solo aspettare che la pittura si asciughi." "La ringrazio, ma è un'opera d'arte, in casa mia non ci starebbe bene, però mi farebbe piacere se lo donasse al Rainbow Theater prima della prossima rappresentazione, signor Adams." disse Mulder. L'uomo sorrise e annuì con la testa. "Ha ragione, quello è il suo posto". Poco dopo aver salutato Adams ed essere entrati in macchina diretti in albergo a fare i bagagli, Scully chiese a Mulder il motivo di quella donazione. "Vedi, Scully, ha ragione quel matto di Adams. Quello che noi facciamo, che ci piaccia o no, è già scritto dai desideri di chi ci ha preceduti. Chiamalo, se vuoi, destino. Adams è una specie di novello Shakespeare che ha compreso la vera dimensione dell'arte teatrale, ma ha guardato superficialmente, ha guardato alla bellezza esteriore. E infatti i suoi studi erano tutti diretti a percepire il bello visibile. Poi, grazie ai suoi studi umanistici forse, in lui si è risvegliata una memoria dimenticata, che appartiene al suo passato più remoto." le rispose l'uomo. "Mulder, scusa ma non riesco a capire il punto." "Appena siamo arrivati da Washington, ho chiesto all'archivio dati anagrafici di Atlanta di fare una ricerca approfondita sui discendenti di Shakespeare. Ebbene Scully, pare che dalla sua primogenita Susan sia derivato un ceppo da cui, nell'albero genealogico, si arriva a tal Baptiste Adams, nonno paterno di John Adams. Quando parla di avi, Adams lo fa con cognizione di causa." "Credi che stia cercando di continuare l'opera di un parente tanto famoso?" "Non ne continua l'opera, semplicemente ha capito cosa potrebbe provare Sir William se solo rinascesse in quest'epoca a vedere una sua opera distrutta e incompresa." "In mezzo a tanta arte la sostanza si perde." disse Scully. "Ehi Scully, anche tu artisti in famiglia?" La donna sorrise "No, ripensavo alla frase scritta sul retro della tela a casa di Adams. Deve essere davvero convinto di ciò che dice." "Scommettiamo che Shakespeare lascerà in pace i teatri di Atlanta per un bel po' di tempo?" "Ancora con la storia del fantasma?" "Non è necessario un fantasma per alterare uno spirito, Scully." Due settimane dopo Rainbow Theater Il sipario si era chiuso, per la prima volta in cinque anni in quella città seguito da un applauso che sanciva il successo della rappresentazione. O forse la gioia per averla vista arrivare alla fine senza incidenti. Sul palcoscenico non risplendera nient'altro se non fasci di luce e attori che avevano illuminato i versi dell'Otello del più famoso drammaturgo inglese degli ultimi quattrocento anni. Nessun affresco, nessuna impalcatura ad abbellire il palco. Solo il quadro di Adams in dono al Teatro posto in fondo alla scena, quasi nascosto. Solo il Teatro, puro e semplice, nella sua vera dimensione del puro essere. Adams era tra il pubblico, per una volta. E quando tutti furono andati via, rimasto da solo, salì sul palcoscenico. "Era così che lo volevamo, vero?" chiese ad alta voce ad un improbabile interlocutore. Ma nessuno rispose. Solo quando l'uomo fu uscito dalla sala, una voce si sentì sussurrare: "Quasi, mio caro." In quel momento il quadro dipinto da Adams cadde sul pavimento in legno. E del palcoscenico rimase solo se stesso in attesa che qualcuno carpisse la successiva storia da raccontare, mentre gli strumenti di Anderson rilevavano un'ombra che camminava su e giù per il palcoscenico e infine si sedeva su una delle tante poltroncine in platea. Un fantasma, avrebbe detto Anderson. Lo spirito di un'epoca destinato a sopravvivere solo nella memoria, avrebbe detto Adams... FINE ______ Note: le notizie sulla biografia di William Shakespeare citate in questo racconto sono contenute nell'introduzione al "Romeo and Juliet - William Shakespeare" edito dalla Penguin Books di Londra nella collana ' Penguin Popular Classics'. Qualunque evento della vita del drammaturgo non riscontrabile nella suddetta biografia e citata in questa storia è da considerarsi pura immaginazione:)