Firenze 12 marzo 1583 'Quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn'altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza: la quale, per operazion de' corpi superiori o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali, alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle d'inumerabile quantità de' viventi avendo private, senza ristare d'un luogo in uno altro continuandosi, verso l'Occidente miserabilmente s'era ampliata.' Così scrisse il Boccaccio or sono tre secoli, mentr'hoggi io son qui a parlar con Vossia di questo morbo che presto finirà l'esistenza mia. I fuor trascorsi tre dì da quando l'Inevitabile Morte colpì il mio diletto figliuolo, ch'era solo alla decima primavera de' sua vita. Hier notte non harrivommi di dormire dal cotanto dolor che mi prendette e dal lamentar che fìa sì forte. Poscia ch'io m'alzasse alla prim'alba io vide che lo volto mio s'era ricoverto da nere e livide macchïe. Tanta fu la Paura a cotal vista che delle mie stesse grida mi percossi. E fu proprio infra 'l terzo giorno dalla apparizione de' sopra detti segni che una mortifera febbre prese il sopravvento. Or non so qual dì sia, ma il mio corpo lasso dimanda solo di poter riposar un poco, e quando le Forze verranno meno pregherò il Signore Iddio di prendermi seco nel Suo Sacro Regno. E si la cagion di tutti li miej malj son io medesimo, implorerò pietade al Signore Nostro, acciò ch'io non finissi nello Inferno laddove il fiorentin Dante e lo suo maestro Virgilio fecer cotal viaggio, loqual tanto hamaj in gioventude. Et si la Sorte vollerà ch'io discendesse nell'Ade ben venga, poiché la Brama di visitar tal Luogho, de loqual cotanto udij parlar, m'assale...et igual di cognoscere lo Caron dimonio Traghettatore infernale, Paolo e Francesca, li due amanti ch'insieme vanno, e paion sì al vento esser leggierj, et Ulisse, eroe greco dalla fiamma celato. Sento le mie gote infiammate, qual calor mi assale, et vedo lo volto mio esser divenuto d'un violaceo color. Non manca più molto horamaj. Il respir mi falla. Gli occhi mi si rinserrano. La man non l'ha più la forza d'iscrivere. Le mie ultime parole prima che l'Oscura Signora mi rapischi.' (sigla!) MORBO AFFECTUS di Francesca Bergamini Washington D.C. FBI Headqurters Lunedì, 7.59 am Erano le otto del mattino e l'agente Scully stava per varcare la soglia dell'ufficio degli X-Files, a lei così familiare. Si diresse verso la scrivania, poggiò borsa e soprabito, e si sedette. Il tavolo non si vedeva tante erano le cianfrusaglie che lo ricoprivano; avrebbe voluto mettere un po' d'ordine in quell'ufficio, ma non le sarebbe bastata una giornata intera, e poi aveva del lavoro che l'aspettava. La settimana si prospettava abbastanza tranquilla, così Mulder ne aveva approfittato per prendersi qualche giorno di vacanza. Aveva optato per l'Europa, e più precisamente la Gran Bretagna. Solo uno come Mulder poteva andare in Scozia in una stagione così piovosa! A lei bastava e avanzava il clima rigido e umido di Washington. Fu il suono del telefono a destarla dai suoi pensieri. "Scully" rispose la donna al terzo squillo. "Ciao, sono io." "Mulder, mi stai controllando?!" ribatté Dana un po' seccata. "Ma figurati, volevo solo sapere se c'erano novità" si giustificò l'uomo. "Sono quattro giorni che sei partito, ed è già la sesta volta che chiami. Cerca di rilassarti...sei in vacanza!" "Sì, va bene. Ci sono novità? Qualcosa di interessante?" "No. A meno che tu non trovi interessante riordinare e archiviare tonnellate di rapporti." "Se dicessi di sì ti consolerebbe?" "No, per niente." "Scully, devo scappare. Ciao, ci sentiamo." "Mul..." non fece in tempo a ribattere che l'altro aveva già riattaccato. Scully aveva da poco poggiato la cornetta, quando il telefono suonò nuovamente. All'altro capo del filo udì la voce di Skinner che la convocava urgentemente nel suo ufficio. Dana richiuse il fascicolo che aveva in mano e si diresse verso la porta. Kimberly, la segretaria del vicedirettore, la fece passare immediatamente. La donna entrò e si accomodò su una delle poltrone di pelle che si trovavano di fronte alla scrivania. "Agente Scully, avrei preferito attendere il ritorno di Mulder, ma questo caso detiene la massima priorità...e riservatezza." "Di cosa si tratta?" chiese Dana incuriosita. "Peste" La donna alzò un sopracciglio con l'intento di ottenere maggiori informazioni e chiarimenti, e l'uomo proseguì. "Richmond è stata teatro di un'insolita morte l'altro giorno. Daniel Lowry, 43 anni, è stato trovato cadavere nel suo negozio, un banco di pegni", Skinner esitò un momento "non è ancora stata effettuata nessuna autopsia, ma il cadavere mostra tutti i segni della peste". Scully assunse un'espressione di puro stupore. "E' risaputo che questa malattia sia pressoché scomparsa, si sono verificati sporadici casi nei paesi del terzo mondo, a causa delle cattive condizioni di igiene, ma..." Dana non fece in tempo a terminare la frase che Skinner la incalzò. "Lo so agente Scully, è proprio per questo motivo che è stata chiamata l'FBI..." "Chi l'ha richiesta?" "L'Unità Batteriologica di Quantico. Ritengo che le sue conoscenze mediche le saranno di grande aiuto in questa indagine." Dana annuì e prese il fascicolo sul caso che Skinner le aveva illustrato, dopodiché si alzò e si diresse verso la porta. "Mi raccomando: massima riservatezza. Non vorrei che scoppiasse il panico" le disse il vicedirettore prima che uscisse. "Non si preoccupi" lo rassicurò Scully. Richmond, Virginia Martedì, 11.21 am L'agente Scully, al volante di una Ford Taurus argento, arrivò sul luogo dell'indagine in tarda mattinata. Scese dall'auto e si diresse, mostrando il distintivo di agente federale, verso il nastro giallo posto dalle autorità locali. Prima che potesse mettere piede nel negozio, un poliziotto imponente la bloccò obbligandola a retrocedere. "Lei chi è?" le chiese una voce alle sue spalle. Dana si girò trovandosi di fronte un uomo di mezz'età, con un completo grigio e un sigaro in bocca. "Sono l'agente Dana Scully dell'FBI." "Ah, mi scusi...io sono il commissario Mackenzie, incaricato dell'indagine. Se vuole davvero entrare lì dentro, deve indossare questa." L'uomo le mostrò una tuta bianca anticontaminazione. Il negozio era già stato messo sotto sopra dalla polizia, il cadavere rimosso, e tutti gli oggetti presenti erano stati catalogati ed etichettati accuratamente. "Avete delle teorie su cosa possa aver ucciso l'uomo?" chiese Dana al commissario che la stava accompagnando. "Pensiamo che possa trattarsi di un qualche agente biologico, ma niente di più", rispose l'uomo. "Ci sono dei testimoni?" "Sì, la moglie. E' stata lei a ritrovare il corpo, entrando in negozio la mattina dopo." "Sarebbe possibile parlarle?" chiese Scully "La Polizia l'ha già interrogata, ma senza trarne nessun aiuto. La donna afferma di aver trovato il marito disteso a terra, e di aver chiamato immediatamente un'ambulanza. Quando la Croce Rossa è arrivata, gli infermieri hanno constatato che l'uomo doveva esser già morto da qualche ora." Dana annuì da dietro la visiera trasparente della tuta, poi pensò che, per il momento, non le sarebbe servito a niente trattenersi ancora in quel posto, così decise di recarsi a Quantico per eseguire l'autopsia. Quantico, Virginia Martedì, 2.23 pm Varcando la soglia dello stabile le tornarono alla mente gli anni in cui, da poco arruolata nell'FBI, aveva insegnato medicina. Le sembrò che fosse passata un'eternità. A quei tempi non conosceva ancora Mulder, e gli X-Files...chissà come sarebbe stata la sua vita se avesse continuato per quella strada: sicuramente meno movimentata, ma... I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di una donna che le domandava se le serviva aiuto. Scully si presentò e chiese informazioni sulla vittima. La donna, dottoressa Melanie Buhman secondo il cartellino che portava, le indicò la strada per l'obitorio che Scully conosceva benissimo. Arrivata nel sotterraneo, raggiunse velocemente la morgue per incontrare il medico legale. Entrò nella stanza scoprendo, con meraviglia, che il patologo era un amico dei tempi dell'Università, nonché sua vecchia fiamma. "Dana?" disse l'uomo incredulo "Jim?" rispose Scully con la medesima espressione. "Ti trovo bene, certo che ne è passato di tempo. Che fai da queste parti?" chiese l'uomo dopo qualche secondo di silenzio, che sembrò un'eternità. "Sono qui per indagare sulla morte di un uomo...ora lavoro a Washington, sono sei anni ormai." "Complimenti! Stai cercando il signor...Daniel Lowry?" lesse il nome nell'archivio. "Quello con una presunta peste?" "Sì...proprio lui. Dovrei eseguire l'autopsia." "Non c'è problema, ti preparo la sala asettica. Ah...dovrai indossare una tuta anti contaminazione, le puoi trovare là dentro" disse Jim indicando una porta alla destra di Dana. Scully entrò nella stanza, era un locale circoscritto da quattro pareti di vetro, e perfettamente sigillato da due porte scorrevoli con chiusura ermetica. Il cadavere era già sistemato sul tavolo in acciaio, affiancato da un vassoio del medesimo materiale contenente gli strumenti chirurgici. Dana si apprestò ad accendere il registratore, quindi cominciò a parlare. 'Maschio, razza bianca, dell'età di 43 anni. Da un'analisi superficiale i tessuti appaiono edematosi: il corpo è completamente ricoperto da macchie e protuberanze di colore violaceo e i linfonodi si presentano tumefatti e arrossati, dando luogo ad ingrossamenti nella zona ascellare. Tutti sintomi che apparentemente richiamano la morfologia della peste. Mi accingo a praticare l'incisione a Y per esaminare gli organi interni' Scully prese in mano il bisturi, scalfì il torace dell'uomo, dopodiché aprì i due lembi di pelle formatasi. Afferrò le tenaglie e, facendo forza con entrambe le mani, ruppe l'osso, rimuovendo così la cassa toracica. Ora si trovava di fronte all'intero insieme degli organi interni. Poté immediatamente notare un considerevole ingrossamento della milza, tipico segno della malattia. Un po' alla volta cominciò ad esaminare tutti gli organi, uno alla volta. Arrivata all'intestino riscontrò una paralisi del suddetto, e in seguito si accorse di un versamento nelle sierose: le pleure, il pericardio e il peritoneo, che rivestono nell'ordine polmoni, cuore e organi addominali, erano stati invasi dal sangue. Finora tutti i dati che aveva rilevato combaciavano perfettamente con i segni della peste. Adesso si trattava di fare alcuni prelievi per poter individuare il bacillo, isolarlo, e accertare così l'effettiva presenza della malattia. Per cominciare era basilare un esame del sangue, dato che il sistema circolatorio rappresenta il fulcro della contaminazione: è proprio da lì, infatti, che i germi vengono distribuiti nei vari organi, fino ad infettare l'intero organismo. Scully riempì una fiala col sangue della vittima, dopodiché, prima di richiudere il torace dell'uomo, fece alcuni prelievi dagli organi più soggetti alla contaminazione: intestino, milza, fegato e polmoni. Dopo aver ricucito l'incisione a Y, ricoprì il corpo col lenzuolo azzurro e, raccogliendo i vari campioni prelevati uscì dalla stanza vetrata. Aveva da poco terminato l'autopsia e poteva finalmente togliersi quella fastidiosa tuta. "E' peste?" Una voce proveniente da dietro la fece sussultare. Si girò di scatto e vide Jim che, accortosi della sua reazione, si scusò. "Probabilmente sì. Con questi esami", disse Dana mostrando i campioni che aveva in mano, "..ne avremo la certezza". "Un caso davvero singolare" commentò l'uomo. "Già..." aggiunse Scully, tralasciando il fatto che quei casi erano di normale amministrazione per lei. Dopo qualche istante di silenzio, che le sembrò non finire più, si pentì di non aver continuato quella frase. Si trovavano faccia a faccia a pochi metri di distanza, e nessuno dei due osava proferire parola. Dana sperò con tutto il cuore che Jim dicesse qualcosa, ma quando lo fece rimpianse il silenzio di un attimo prima. "Dana, quando te ne sei andata..." la situazione si faceva sempre più imbarazzante, ma ad un tratto il telefonino squillò e Dana soffocò un 'grazie'. "Scusa...il cellulare..." farfugliò Scully. Al terzo squillo prese in mano l'apparecchio, guardò il display dove compariva la scritta 'Mulder', quindi rispose. "Scully" "Hey! In ufficio non risponde nessuno...dove sei?" "Sono a Richmond" disse Dana "Richmond?" "Sì, sto seguendo un'indagine" Scully salutò con un gesto della mano Jim, quindi uscì dalla porta per continuare la conversazione nel corridoio. "Un caso interessante? Ti serve una mano?" "No Mulder. Sono perfettamente in grado di cavarmela da sola" disse Dana un po' seccata, ma allo stesso tempo conscia dell'immensa dedizione del suo collega nei confronti del suo lavoro...anche mentre era in vacanza. Dana accennò un lieve sorriso a questo pensiero. "Scully, ci sei?" "Sì, sono qui. Stavo...niente, lascia stare. Goditi la tua vacanza, ciao." Richmond, Virginia Martedì, 5.03 pm Scully tornò al negozio di pegni col referto autoptico per approfondire la faccenda. Quando fu in procinto di varcare la soglia, un uomo dalla robusta corporatura la fermò, Dana mostrò il tesserino dell'FBI e si qualificò come incaricata del caso. "Mi spiace agente...Scully" lesse il nome sul distintivo "nessuno è autorizzato ad entrare: la squadra di decontaminazione è all'opera." "Senta, io devo assolutamente terminare il mio sopralluogo, indosserò la tuta se necessario, ma..." Dana fu interrotta dall'arrivo del commissario Mackenzie. "Non c'è più niente da vedere lì dentro, agente Scully. Tutti gli oggetti sono stati inviati a Quantico per essere esaminati, e per assicurarsi che non siano contaminati." "Potevate almeno avvertirmi. Mi avreste risparmiato un viaggio inutile, dato che mi trovavo già all'Accademia" disse Dana alquanto seccata. "Mi spiace" rispose il commissario. Scully risalì in macchina e si diresse nuovamente verso Quantico. Quantico, Virginia Martedì, 5.53pm La stanza dove erano conservati gli oggetti si trovava nella stessa ala della sala autopsie, che aveva da poco lasciata. Fortunatamente Jim non era più in servizio, al suo posto c'era una donna di colore sulla trentina: Suzanne Wilson. Dana indossò nuovamente la tuta anticontaminazione ed entrò nella stanza, molto simile a quella precedente. Due tavoli d'acciaio, dove solitamente si ponevano i cadaveri, erano ricoperti dalla miriade di oggetti che si trovavano nel negozio. 'Cosa ci sono venuta a fare qui?' si chiese Dana a quella vista. Non sapeva da dove cominciare, e soprattutto cosa cercare. Appoggiato sull'angolo di uno dei due tavoli c'era un fascicolo, che assomigliava tanto ad un rapporto di polizia. Scully lo prese e constatò che era proprio come pensava: era il resoconto del caso Lowry. Sfogliò i pochi fogli di cui era composto soffermandosi sulle foto della Scientifica, le quali mostravano il cadavere appena rinvenuto. Dana notò che vicino al corpo si trovava un libro e, dalla posizione in cui era stato rinvenuto, si poteva presumere che fosse nelle mani della vittima prima che questa cadesse al suolo. Scully osservò ancora per un momento le foto, dopodiché si mise alla caccia del libro. Probabilmente non sarebbe servito a niente, ma in qualche modo doveva pur iniziare. Solamente dopo una ventina di minuti riuscì a scovarlo. Si rese subito conto che si trattava di un diario...e anche piuttosto antico. Lo aprì ad una pagina qualsiasi e lesse quello che vi era scritto: 'Accidenti, deve essere italiano!' fu la constatazione di Scully. Non seppe neanche lei come, ma sentì che quel manoscritto aveva qualcosa a che fare con la morte di Daniel Lowry. Tenendo in una mano il diario e nell'altra il rapporto della polizia, si avvicinò al microfono che permetteva il contatto con l'esterno. Non potendo appropriarsi di una prova del genere, per di più ipoteticamente contaminata, chiese se poteva averne una traduzione, e ovviamente un accurato esame. La donna rispose che conosceva una persona in grado di eseguirla, e che le avrebbe fatto sapere. Intanto Dana era uscita dalla sala vetrata e si era levata il cappuccio. Ringraziò la dottoressa per la disponibilità, quindi, dopo essersi tolta il resto della scomoda tuta, la salutò e uscì dal locale. Numa Inn Motel Martedì, 8.10 pm Scully era seduta a gambe incrociate sul letto, aveva davanti a sé il portatile e stava redigendo il rapporto sul caso. 'Sebbene l'autopsia sul corpo della vittima, Daniel Lowry, riveli tutti i segni della peste, la certezza assoluta si otterrà solamente dopo il risultato degli esami sui tessuti da me prelevati. Rimane ancora da scoprire come sia avvenuto il contagio con questa malattia, ormai debellata da tempo, e soprattutto è ancora da accertarsi la natura del bacillo che ha causato una così rapida morte. E' risaputo che la peste ha un processo e dei tempi di incubazione piuttosto lunghi, mentre il tempo trascorso tra il contagio e la morte della vittima, accertato durante l'autopsia, non supera i due giorni.' Dana salvò le sue considerazioni sul caso, quindi uscì dal programma di scrittura per connettersi alla rete. Mentre il computer verificava l'esattezza dello username e della password, il cellulare squillò. "Scully" "Ciao sono io. Come vanno le cose a Richmond?" "Non puoi proprio farne a meno, eh?" "Di cosa?" "Del tuo lavoro, degli X-Files!" "Ormai dovresti conoscermi, Scully." "Già...comunque, se ti può consolare, non c'è alcuna traccia di bouquet paranormale in questo caso. Rientra tutto nei margini della razionalità." Il computer aveva completato il processo di accesso remoto e il monitor visualizzava la pagina della posta. L'attenzione di Scully fu immediatamente catturata dalla cartella di 'posta in arrivo', dove una mail proveniente da Quantico la informava del contenuto del diario. Il tipo di carta e di inchiostro utilizzato permetteva di datare il manoscritto ai primi del 1600, seguiva una breve descrizione dell'Italia dell'epoca e infine la traduzione di una delle pagine. "Scully, ci sei?" disse Mulder non avendo più udito la voce della collega. Dana però sembrò non sentire le sue parole. "Non è possibile! Si tratta dei pensieri di un uomo ammalato di peste!" Solo dopo aver pronunciato la frase si rese conto che Fox era ancora al telefono, così cominciò a metterlo al corrente del caso per permettergli di comprendere la sua esclamazione, apparentemente senza senso. "Tutto nei margini della razionalità eh!", fu l'ironico commento di Mulder dopo il resoconto della collega. "Cosa mi sai dire sulla peste?" chiese Scully aggirando la battuta di Fox. "Ti risparmio la parte medica, che conoscerai molto meglio di me. Nella letteratura la si ritrova molto spesso: da Boccaccio a Camus, da Daniel Defoe a Edgar Allan Poe e via dicendo...perfino Stephen King ne parlò in un romanzo. La peste è nota da almeno 3000 anni. Due grandi epidemie di cui si è a conoscenza, attraverso gli scritti di Tucidide e Lucrezio, avvennero in Cina e ad Atene intorno al 200-400 a.C., causando la decimazione della popolazione. In seguito, il Medioevo fu teatro di altre enormi pandemie, dopodiché i casi diminuirono notevolmente. Oggi la si può trovare ancora in Africa, Asia, Australia e Sudamerica, mentre nei paesi industrializzati come l'Europa e il Nordamerica è pressoché inesistente. La peste è considerata l'epidemia per eccellenza, portatrice di dolore e morte. Nella Bibbia viene descritta come una punizione, mandata da Dio agli uomini. Mosè, messaggero della volontà divina, la annuncia al Faraone d'Egitto e San Giovanni ne preannuncia l'arrivo nell'Apocalisse. E' tutto quello che ti so dire al riguardo." Scully lo ringraziò e lo salutò, quindi chiuse la conversazione. Quantico, Virginia Mercoledì, 9.14 am Aveva da poco lasciato il motel e si stava dirigendo nuovamente verso l'Accademia di Quantico. La pioggia incessante batteva sui vetri della sua Taurus, e la costringeva a tenere i tergicristalli attivi alla massima velocità. Fortunatamente riuscì a trovare un parcheggio vicino all'entrata. Scese dall'auto e si avviò a passo sostenuto verso lo stabile. Si fermò qualche secondo per scrollarsi la giacca dall'acqua, quindi si diresse nella sala autopsie del giorno prima. All'interno della stanza trovò Jim intento a compilare dei moduli. A quella vista fu sul punto di fare dietro-front per evitare l'incontro, ma cambiò idea immediatamente, dandosi della stupida solo per il fatto di averci pensato. L'uomo era talmente preso dal lavoro che stava svolgendo da non accorgersi della presenza di Scully, che decise di bussare leggermente alla porta per farsi notare. "Dana, non ti ho neanche sentita arrivare!" "Me ne ero accorta...Sai dove si trova la dottoressa Wilson? Mi ha detto che oggi era di turno, ma..." "Sì, è alla sezione analisi in fondo al corridoio." "Grazie", rispose Dana con un sorriso, quindi fece per uscire, ma Jim la fermò. "Ascolta...se non hai impegni per pranzo, ti andrebbe di andare a mangiare un boccone insieme? C'è un buon ristorante qui vicino, niente di impegnativo...ma se non ti va..." "No...sì, cioè...va bene." "Perfetto! All'una stacco, ci vediamo qui." "D'accordo", disse Dana andandosene. 'Certo che con Mulder queste cose non succedono' pensò mentre percorreva il lungo corridoio. Arrivata in fondo, riconobbe la sezione analisi dalla targhetta appesa alla porta, bussò leggermente, quindi abbassò la maniglia e vi entrò. Si ritrovò nuovamente di fronte ad una sala vetrata, e costretta ad indossare per l'ennesima volta una tuta anticontaminazione. La dottoressa Wilson era già al lavoro da un'oretta quando Dana la raggiunse. Questa volta la sala risultava più attrezzata: non più solo un tavolo d'acciaio, ma un ampio bancone, sgabelli e scaffali ingombri di ampolle rigorosamente etichettate secondo il loro contenuto. "La aspettavo, agente Scully. Non so con cosa abbiamo a che fare, ma posso dirle con assoluta certezza che non avevo mai visto una cosa del genere." "Si spieghi." "Ho effettuato io stessa gli esami sui campioni di sangue prelevati dal corpo della vittima, ed effettivamente il batterio trovato assomiglia molto a quello della peste..." "Ma?" tagliò corto Scully. "Guardi lei stessa", la donna indicò un microscopio elettronico sul cui piano stazionava un vetrino contenente sangue. Dana si avvicinò all'oculare dell'apparecchio per osservare ciò che aveva così stupito la dottoressa. "Ho effettuato un esame batterioscopico e successivamente una coltura che ha permesso la riproduzione del batterio, e questo è il risultato" continuò la Wilson. "Si muove!" disse Scully con un'espressione di puro stupore. "Già...e non è tutto." Scully alzò il capo dal microscopio e volse uno sguardo interrogativo in direzione della donna, che proseguì nel suo discorso. "Ho analizzato alcune pagine del diario che mi ha consegnato e ho riscontrato la presenza di un bacillo uguale a questo: in tutto e per tutto identico a quello della peste, ma provvisto di ciglia e in grado di muoversi a qualunque temperatura." "Ma...non è possibile, anche la Pestis Pseudotubercolosis coltivata a 20° C risulta immobile!...Un momento: ha detto che sul diario ha riscontrato lo stesso germe?" "Sì, esatto. Se sta pensando che quel bacillo potrebbe trovarsi lì da quattro secoli, posso dirle che è praticamente impossibile." "Il diario apparteneva ad un uomo ammalato di peste, che potrebbe averlo contaminato e..." "Non sarebbe comunque riuscito a sopravvivere così a lungo, agente Scully." "E se si sbagliasse, se...avesse trovato il modo per mantenersi in vita per tutto questo tempo, mutando per meglio adattarsi all'ambiente in cui si trovava?! Questo spiegherebbe come mai differisce dal bacillo della peste, e come mai sia riuscito ad uccidere in così poco tempo", teorizzò Scully, pensando a quanto cominciava ad assomigliare a Mulder. "No, non può essere..." "Molte specie animali, nel corso dei secoli, si sono modificate per garantirsi la sopravvivenza, nel mondo che le circondava." "Non lo metto in dubbio, ma da qui ad affermare che questo germe risale a 400 anni fa, il passo è lungo." "Ammetto che suoni un po' strano, ma non credo che si debba scartare come ipotesi." La Wilson scosse il capo in un gesto che lasciava intendere la sua disapprovazione riguardo alla teoria di Scully. "Ne riparleremo più tardi, ora mi spetta una pausa pranzo" disse la dottoressa facendo strada a Dana verso la porta, e uscendo a sua volta. Mentre percorreva il corridoio Dana guardò l'orologio con un gesto automatico, ricordandosi solo in quel momento dell'appuntamento con Jim, per il quale era anche in ritardo. Aumentò il passo per raggiungere la sala autopsie nel minor tempo possibile. Jim era seduto alla scrivania a sfogliare alcuni fascicoli, ma senza dimostrare nessun interesse per il loro contenuto. Dana entrò, si scusò per il ritardo, quindi si avviarono al ristorante. Pam Pam Restaurant Mercoledì, 1.31 pm Entrati nel locale si accomodarono al primo tavolo libero che trovarono. Era un posticino accogliente: il pavimento scuro contrastava con la tappezzeria sui toni del giallo e numerosi quadri riempivano le pareti. Un corridoio centrale permetteva l'accesso ai tavoli, divisi da grandi séparé in vetro smerigliato che garantivano una discreta privacy. Jim fece accomodare Dana sul divanetto, quindi si sedette di fronte a lei. "Allora, come vanno le cose nella capitale?" chiese l'uomo per rompere il silenzio. "Non c'è male. Sono ormai nove anni che lavoro per l'FBI e mi trovo bene." "Di cosa ti occupi?" Dana esitò un momento, quindi rispose alla domanda dell'amico. "Hai mai sentito parlare degli X-Files?" "Non dirmi che lavori con lo 'spettrale'?!" sbottò Jim stupito. "Mulder, si chiama Mulder!" precisò Dana infastidita. "...Ed è un ottimo agente, nonché uno dei migliori profiler del Bureau." "Non lo metto in dubbio. E' solo che...non ti vedevo a lavorare con uno come lui...insomma: una persona scettica come te che indaga sui fenomeni paranormali, non..." "Non te l'aspettavi", lo incalzò Dana. "Già..." Seguì un periodo di silenzio, interrotto poi dalla cameriera che veniva a prendere le ordinazioni. "Allora, tu come te la passi a Quantico?" riprese Scully, cercando di allontanarsi il più possibile dall'argomento 'Mulder'. "Benone: vado avanti a tagliuzzare cadaveri, compilare referti autoptici e partecipare a noiosissime riunioni. Cosa vuoi di più?" rispose Jim con la sua consueta vena ironica, che a Dana ricordava molto quella di Mulder. Era sempre stata dell'idea che un uomo, per poterle piacere, doveva saper farla ridere. "Dana?" disse lui vedendola soprappensiero. "Scusa, stavo riflettendo su...sull'indagine che sto svolgendo", mentì Scully. "Caso interessante?" "Sì, abbastanza. Ho elaborato una teoria e vorrei un tuo parere", Jim annuì e Dana proseguì: "Un batterio della peste capace di sopravvivere quattro secoli all'interno di un libro, adattandosi all'ambiente che lo circonda." Tralasciò volutamente i particolari riguardo all'aumento della sua letalità; già così le sembrava abbastanza 'originale'. "Una teoria interessante...dico davvero", aggiunse Jim notando l'espressione da lo-so-che-in-realtà-non-lo-stai-pensando che aveva assunto Dana. "Ammetto che possa sembrare strana come teoria, ma..." "Non poi così tanto", la interruppe lui, dopo aver ingoiato un pezzo di carne. "Che intendi dire?" chiese Dana, sbalordita dall'affermazione fatta da Jim. Lo conosceva bene e sapeva che non era il tipo da 'teorie originali', come poteva essere Mulder. "Se il libro in questione risale al 1500, le sue pagine non sono composte da cellulosa come quelle odierne." "E di cosa sono fatte?" chiese Dana, ricordando la passione di Jim per la paleografia. "In prevalenza di stracci che venivano bagnati, ridotti in coriandoli, quindi mescolati alla colla e pressati. Lascio a te dedurre la fonte di provenienza di parte degli stracci dell'epoca." "Sudari di appestati", disse Scully meravigliandosi della sua stessa risposta. "Esatto!" "Vuoi dire che i batteri, rilasciati dall'autore stesso del manoscritto, si sono in seguito nutriti della peste presente nelle pagine, riuscendo così a sopravvivere per quattro secoli e potenziando la propria letalità?" "La maggior parte è una tua congettura, comunque può essere una possibilità...una remota possibilità, ma pur sempre tale." "Devo andare", concluse Scully dopo la grande scoperta. Quantico, Virginia Mercoledì, ore 2.45 pm Scese velocemente le scale che conducevano alla sezione analisi per comunicare alla dottoressa Wilson la teoria a cui era giunta. La porta era spalancata e alcuni uomini stazionavano sulla soglia. La dottoressa stava discutendo animatamente con uno di questi. Dalle mezze frasi che udì, Dana non riuscì a farsi un'idea del problema. "Buongiorno" esordì rivolgendosi a quegli uomini, che avevano tutta l'aria di essere dei militari, "posso sapere qual è il problema?" "Sicurezza Nazionale. Abbiamo l'ordine di requisire del materiale ad alto rischio di contagio, presente in questo laboratorio." "Di cosa si tratta?" chiese Scully, anche se immaginava già la risposta. "Un manoscritto, signora" rispose l'uomo con fare militare. "E' la prova fondamentale di un'indagine in corso. Non può..." "Con il dovuto rispetto, signora, non ha la possibilità di impedirmelo. Mi è stato dato l'ordine e sono qui per eseguirlo" sentenziò l'uomo con tono autoritario. "Senta, sono un agente federale" disse Scully mostrando il tesserino, "e questo libro, oltre ad essere un elemento d'indagine, potrebbe rappresentare una grande scoperta dal punto di vista medico/biologico." "Il caso non è più di sua competenza, agente. Ora è nelle mani dei militari." "Chi ha dato l'ordine?" "Non sono tenuto a risponderle." L'uomo fece cenno ad alcuni colleghi, che finora erano stati in silenzio, di entrare nella sala asettica e requisire il libro. Questi, con addosso una tuta protettiva, pronunciarono a gran voce un 'signorsì!', e subito si diressero verso la saletta. Scully, visibilmente infastidita dal comportamento dell'agente, riprese la discussione. "Non ha il diritto di appropriarsi di simili prove!" L'uomo estrasse dalla tasca del soprabito un foglio piegato in due: "Questo è un documento, emanato dal Pentagono stesso, che mi autorizza a prelevare il manoscritto, al fine di evitare possibili contagi ed epidemie." "Quest'Accademia è perfettamente in grado di garantire la massima sicurezza in quest'ambito." "A quanto pare c'è chi la pensa diversamente, agente." ribatté prontamente l'uomo. I militari erano nel frattempo usciti dalla sala asettica con in mano un contenitore ermetico, che presumibilmente conteneva il manoscritto. 'Certo, sanno perfettamente con cos'hanno a che fare!' pensò Scully ormai rassegnata. Se l'ordine era arrivato dall'alto, come sosteneva il suo interlocutore, non poteva impedire il sequestro del libro, ma ciò non le vietava di scoprire il perché di quell'azione. La Sicurezza Nazionale, ottenuto ciò che voleva, uscì dalla stanza, e l'uomo indirizzò un impercettibile saluto militare verso Scully e la dottoressa, la quale non si era intromessa nella discussione, lasciando piena parola a Dana. "Incredibile! Non ci posso credere: l'unica prova in nostro possesso sequestrata dai militari!" disse Scully rivolgendosi alla Wilson. "Ci sono sempre rimasti i batteri isolati", rispose l'altra. Le due donne si avvicinarono al microscopio, la dottoressa posizionò il vetrino sull'apposito ripiano e lo osservò. "Non si muove, sembrerebbe morto", fu la sua osservazione. Dana si avvicinò all'oculare per poter dare il suo parere, arrivando alla medesima conclusione. Ora si trovavano completamente a mani vuote. "Cosa intende fare adesso?" chiese la dottoressa a Dana. "Senza quel manoscritto l'indagine non può proseguire. Ci servono esperimenti, confronti, dati sicuri...e l'unica fonte che avevamo ci è stata sottratta." La dottoressa recepì al volo le intenzioni di Scully, ma fece capire che non l'avrebbe aiutata a riottenere quel libro. Dana, d'altro canto, voleva andare a fondo con quell'indagine. Decise allora di fare da sola. Uscì dall'Accademia. Non appena fu salita in macchina, il cellulare squillò. "Scully" "Agente Scully, sono il vicedirettore Skinner, spero di non averla disturbata." "No, si figuri...stavo per...lasciare Quantico." "Mi è giunta notizia che un antico manoscritto, relativo alla sua indagine, è stato requisito." "Sì signore, ma come..." Non fece in tempo a terminare la frase che Skinner riprese: "Abbandoni il caso, agente Scully. I militari hanno in mano la situazione." "Ma, signore..." "Faccia come le dico: è un ordine!" disse il vicedirettore con tono autoritario. "Con il dovuto rispetto, signore, non credo che i militari siano le persone più competenti per questo caso. Il manoscritto contiene una forma di batterio mai vista prima, potrebbe trattarsi di una scoperta di grande valore scientifico!" "Spiacente, agente. Gli ordini arrivano dall'alto. Il suo ritorno a Washington è previsto per questa sera sul volo delle 8.25pm." "Che fine farà il manoscritto?" chiese Dana "Probabilmente verrà bruciato per evitare un'epidemia di massa." "E se non lo facessero...sappiamo tutti e due per cosa se ne serviranno!" "Agente Scully: si rende conto delle sue affermazioni?" "Sì signore. E con il dovuto rispetto non credo che si distacchino molto dalla realtà. Quel libro, se usato impropriamente, è un'arma biologica: può sterminare migliaia di persone se disperso nell'atmosfera, è sufficiente respirare l'aria!" "Agente Scully, il caso non è più di competenza dell'FBI, e di conseguenza la sua presenza a Richmond non è più richiesta. Faccia le valigie e se ne torni a Washington. Chiaro?" "Sì signore" rispose rassegnata Dana. Aeroporto di Washington D.C. Mercoledì, ore 9.14 pm L'aeroporto della capitale era caotico, come al solito. Numerose persone erano accodate al check-in, e i ritardatari percorrevano in tutta fretta i corridoi del locale sperando di non perdere il volo. Scully, ritirata la valigia, si avviò agli ascensori per raggiungere il piano dei parcheggi. Non appena premuto il bottone per prenotarlo, udì alle sue spalle una voce familiare che la stava chiamando. "Mulder! Che ci fai qui?" "Torno adesso dalla Scozia. A dire il vero sarei dovuto arrivare un'ora fa, ma l'aereo ha subito un forte ritardo a causa di un'ipotetica bomba...un falso allarme. Tu che mi dici, hai risolto il caso?" "Non proprio. E' passato nelle mani dei militari che hanno requisito il libro e ogni altro elemento di prova. E per finire Skinner mi ha 'obbligata' a tornare a Washington oggi stesso." "Cosa credi che ne faranno del libro?" "Stando alle loro parole dovrebbero eliminarlo per motivi di sicurezza, ma temo che abbiano in mente fini ben diversi...Ma parliamo d'altro: allora, com'è stata la tua vacanza? Hai acchiappato qualche fantasma infestatore di castelli?" chiese ironicamente Dana. "Scherzi! Ero in vacanza!" rispose Fox a tono, "Però ho qui qualcosa per te." disse Mulder aprendo una tasca della sacca sportiva che aveva con sé. Scully lo guardò stupita: si dimenticava puntualmente del suo compleanno e adesso le aveva portato un souvenir... "Eccolo!" disse Fox dopo aver rivoltato da cima a fondo la tasca ingombra. Dana aprì il pacco che Mulder le aveva porto. "Una tazza?!" "Non è una tazza qualsiasi. E' quella di Nessie.... il mostro del lago!" aggiunse Fox avendo notato l'espressione interrogativa della collega. Scully girò la tazza e vide un simpatico e sorridente dinosauro verde che mandava i suoi saluti dalla Scozia. "Grazie Mulder." "Non c'è di che. Sai, mi ha un po' ricordato quel caso che seguimmo anni fa in Georgia. Big Blue, ricordi?" Dana accennò un sorriso, che in seguito si coprì di un velo di tristezza al ricordo della morte di Queequeg. Mulder se ne accorse e decise di sdrammatizzare la situazione. "Sai, ero indeciso tra la tazza e il pupazzo gonfiabile a grandezza naturale. Poi ho pensato che non avrebbe legato molto con l'arredamento del tuo appartamento, così ho scelto la tazza." "Dài, vieni. Ti do un passaggio" disse Dana ridendo per la battuta del collega. Base militare "Avanti!" disse l'ammiraglio dopo aver udito due sonori colpi alla porta. "Signore, abbiamo eseguito gli ordini e requisito il libro. Vuole che lo faccia distruggere?" "No...lo lasci pure qui, tenente. Me ne occuperò io." "Signorsì!" disse l'uomo portando la mano destra alla fronte in segno di saluto. "Riposo, tenente. Può andare." L'uomo poggiò a terra il contenitore sigillato e uscì dalla stanza. L'ammiraglio si alzò dalla scrivania e si diresse verso il famigerato libro. Se ne sarebbe occupato più avanti, non c'era alcuna fretta... ______________________________FINE_______________________________ _ Ringraziamenti: Alors, le persone che mi hanno aiutato nella stesura di questa fanfic sono tante, spero di non dimenticarne nessuna. Per cominciare un grazie a Numa per aver letto la bozza di questo racconto e per i consigli che mi ha dato, e soprattutto per sopportarmi quando le parlo di X-Files ^___^. Grazie a Rita e Monica per i dati medici/biologici, a Maurizio per avermi dato una mano con la parte iniziale in seicentesco, a mia mamma per le informazioni sui libri antichi, a mio papà per le varie critiche, a tutti gli amici della Virtual Season per la meravigliosa compagnia ^__^, alla mia professoressa di italiano per avermi fatto amare la letteratura, a Dante per aver scritto l'Inferno e a tutti coloro che hanno letto, leggono e leggeranno questo racconto (e mi manderanno tanto bel feedback...spero ^________^) GRAZIE A TUTTI (anche a chi ho dimenticato di citare, scusatemi!)