- Dimmi, dove va a finire l'anima? -

- Dorme tra le piume degli angeli e aspetta che le spuntino le ali -

[da "Gli occhi che vorrei" di S. M.]

- "un angelo senza le ali" -

Stefania Murazio

 

Prefazione

Voglio dedicare questa storia a coloro che hanno vissuto direttamente l'esperienza del 'ritorno' o che l'hanno intravista negli occhi di chi è tornato. Questo racconto vuol essere un inno alla vita per tutti coloro che non possono 'decidere' se vivere o meno.

Sono contraria all'eutanasia forzata, quella che costringe i dottori a 'uccidere' qualcuno considerato morto da una macchina. Nel racconto cerco di esprimerlo senza voler, con questo, offendere nessuno.

In particolar modo, dedico questa storia a T.P. che mi ha insegnato a pesare bene il significato delle parole, a essere tollerante con chi la pensa in modo diverso, a esprimere i miei sentimenti verso le persone a cui tengo. Ma, soprattutto, la ringrazio per avermi insegnato, 'andando via e tornando', quanto preziosa sia la vita di ogni singola persona per tutti gli altri.

S.M.

 

Prologo

Birminghton Lake

Washington D.C.

Caldi raggi di sole di un'estate ormai inoltrata accarezzavano una figura piccola ed esile sulla riva del lago Birminghton. Una bimba dai lunghi capelli biondi, con in dosso una gonnellina rossa a quadri scozzesi e una camicetta bianca, era seduta sotto un salice piangente che sembrava voler abbracciare e difendere quel corpicino dalle scottature del sole. Chiassosi, altri bambini giocavano attorno a lei.

Una giovane donna stava osservando da lontano quella figura di bambina con in volto la tristezza cupa di chi ha già nostalgia del domani. Non aveva mai perso di vista il suo piccolo angelo, aveva semplicemente osservato la bambina abbandonarsi lentamente, di spalle, al suo albero e gli altri non accorgersi di nulla.

Prima di uscire di casa per avvicinarsi ad Amodea, Tessa non fece nulla. Disse solo: 'Grazie'.

***

Amodea Simmons, cinque anni - avrebbe stabilito due giorni dopo l'autopsia -, nessun segno di ferita che potesse far pensare a un incidente al lago, nessuna sostanza estranea nel corpo. Morta, insomma, senza alcun motivo apparente.

***

Al cimitero di Washington D.C.

Due giorni dopo

Tessa era inginocchiata davanti alla piccola bara bianca. Non piangeva. Sembrava assorta in una contemplazione fatta soltanto di bei ricordi. Gli altri erano andati via in fretta. Anche i genitori della bambina, dopo la funzione funebre, erano quasi scappati come a voler dimenticare presto. Il terriccio fresco appena rimosso, che presto avrebbe ricoperto il feretro, si era già scaldato per il forte sole di fine luglio e lei si era alzata finalmente per andare via. Si girò a guardare Fox Mulder e Dana Scully che la osservavano da lontano, con discrezione.

***

St. Joseph's Hospital

Washington D.C.

Tre mesi prima

La camera d'ospedale era immersa nella luce fioca di una lampada al neon sul soffitto. Le finestre chiuse lasciavano fuori il sonnolento sole primaverile e l'unico rumore udibile nella stanza era quello di un monitor che scandiva i battiti del cuore di Tessa.

Bum-bum. Bum-bum. Bum-bum.

Come le lancette di un orologio che segna il trascorrere del tempo. Ma per Tessa il tempo era una nota ferma nell'aria e che aspetta il momento di essere colta da qualcuno in grado di suonarla.

Erano trascorsi già quattro anni dal giorno in cui un incidente l'aveva fatta scivolare in un coma profondo quanto la sua voglia di vivere. Suo fratello Brian le era rimasto accanto prendendosi cura di lei, sperando che potesse svegliarsi, un giorno, nonostante gli scoraggiamenti dei medici.

<Non ce la farà.

Non ha speranze.

Ormai è irreversibile>

Poi, la realtà delle cose gli aveva dato la consapevolezza che niente al mondo avrebbe riportato Tessa alla sua vita di donna il cui futuro era rimasto in bilico, in attesa di essere ripresa. Negli ultimi cinque mesi, gli unici segni vitali di una donna di trentaquattro anni erano poco più di quelli di una macchina che le permetteva di respirare forzatamente.

"E' meglio per tutti. Anche per Tessa. Lo so che per lei è difficile, ma ormai sono trascorsi cinque mesi. Sarebbe un dono che sua sorella..."

"Un dono?! Difficile da pensare che decidere della morte di Tessa sia un dono. Vederla così mi dà la speranza che un giorno o l'altro possa risvegliarsi. Se la lascio morire... dovrei dirle addio per sempre."

Brian e il primario del St. Joseph's Hospital di Washington si scontravano spesso sullo stesso argomento: la donazione degli organi della ragazza in coma avrebbe permesso di salvare altre persone che avevano più possibilità di sopravvivere. Ma quanto è difficile per chi rimane in vita fare scelte del genere! Quanto può essere doloroso rinunciare all'egoistico affetto per qualcuno e decidere della sua morte, dirgli addio. Eppure, quella mattina, Brian aveva deciso di porre fine alla sofferenza di troppe persone con un gesto che sorprese lui per primo.

Ed erano tutti nella camera di rianimazione numero due del St. Joseph's Hospital: il dottor Kinban con due infermieri, pronti a portare la donna in sala operatoria per l'espianto, Brian, Dana e la macchina che permetteva a Tessa di respirare. L'uomo era seduto sul letto della sorella, Dana alle sue spalle.

"Ti voglio bene, Tessa... per questa ragione non posso più vederti così. Non ce la faccio. Non credo che soffrirai, probabilmente sei già andata via tanto tempo fa e noi ora ti lasciamo andare completamente. Ma... in questo modo non andrai via davvero. Tessa, tesoro... lo so che puoi capirci. Ti vogliamo bene." disse Brian con voce spezzata dalla commozione. Poi si chinò sulla donna e le diede un leggero e lungo bacio sulla guancia. Alzandosi, si girò verso Dana che, evidentemente emozionata, si avvicinò al letto. Prese delicatamente una mano di Tessa, gliela strinse e le sussurrò debolmente: "Addio, Tessa..."...

>>non provo niente... assoluta mancanza di sensazioni, dolore, paura, stupore... da quanto tempo sono qui?... da ieri, no... da prima... ma dove sono? Il vecchio clown di Brian! Che ci fa qui?! Che strano posto... perché d'un tratto mi sembra di essere... no... non sono a casa... ma mi sembra... quanta nebbia, non vedo niente... chiederò a loro... no ... non m'importa di sapere in realtà... sto così bene qui... perché nessuno parla... nessuno mi avvicina? Hanno così tanto da fare? Ma cosa? Sono lì che mi osservano... non fanno nulla e vanno via... Ciao... tu sai cos'è questo posto? Tu lo sai? Non credo sia casa mia, non le somiglia... sei l'unica che mi ha parlato finora, sai? ... Cosa?... m'aspettavi?... Perché?... Dimmi, perché ho così sonno? ... Forse abbiamo parlato troppo e mi sono stancata... La tua mano è così calda... no, forse è la mia che è fredda... che strano, prima non provavo nulla... dove andiamo?... perché sorridi?... i miei colori?... ma sono grande, non disegno più... il viola... mi piace il viola... mi insegnerai dopo, adesso voglio solo dormire... ti rivedrò quando mi sveglierò?... perché sorridi?... perché... dammi la mano... dammi la mano... Brian... la mamma... papà... sai... sono a casa, Brian... dammi la mano... perché la lasci? Non farlo... non lasciarmi sola... non conosco la strada... Brian... perché ti sento piangere?... Dove sono ora? Perché è buio...perché ora ho paura?... fa freddo... no... è caldo ora... Brian... la mia musica... le tue poesie... Brian... Brian... Brian... anch'io ti voglio bene... Brian... sono così stanca... sono... stanca... Brian...<<

Sia Dana che il fratello di Tessa si girarono verso il dottore come a dirgli di essere pronti per staccare il respiratore. Ma in quel momento sentirono una voce debole quanto quella di un uccellino che canta il suo ultimo canto: "Brian...". Con gli occhi sgranati, l'uomo si girò verso Tessa. La ragazza, con gli occhi semiaperti, piangeva e gli sorrideva allo stesso tempo. "Tessa...!" Esclamò l'uomo, svenendo tra le braccia del dottore e sotto gli occhi increduli di Scully.

FBI Building,

Washington, D.C.

Ore 10.00 a.m.

'L'utente da lei chiamato potrebbe avere il terminale spento, riprovi più tardi. Grazie'.

Ormai erano le dieci del mattino e Scully non si era ancora fatta vedere in ufficio. Mulder aveva tentato di chiamarla a casa ma rispondeva solo la segreteria telefonica e anche il cellulare sembrava fuori uso. Al quinto tentativo di rintracciare la collega, Fox si era deciso a prendere la giacca e andare a controllare che non fosse accaduto niente a Dana. Ma mentre era in procinto di uscire dalla porta, quasi si scontrò con la donna.

"Mulder! Dove vai?"

L'uomo la guardò sorpreso. "Tu vieni in ritardo in ufficio e chiedi a me dove vado? Venivo a cercarti, Scully. Ho provato a chiamarti per due ore. Lo sai di avere il cellulare spento?"

"E' scarico, non è spento." Senza dare ulteriori spiegazioni, Scully entrò in ufficio, posò la valigetta sulla scrivania e sedette alla poltroncina in similpelle nera. Mulder la osservò perplesso. Si avvicinò alla collega. Aspettò che Scully iniziasse a parlare ma la donna era chiaramente assorta nei suoi pensieri.

"E' successo qualcosa?" Le chiese Mulder.

Scully alzò gli occhi che erano fissi sulle mani irrequiete e guardò il collega.

"No, niente." Poi, però, prese un profondo respiro e: "Be'...stamattina sono stata in ospedale." Scully si fermò un attimo come a cercare le parole per spiegare a Mulder la situazione. Poi riprese "Vedi, tempo fa, quattro anni per l'esattezza, una mia vecchia amica ebbe un incidente stradale. I suoi genitori, che erano in macchina con lei, morirono, invece Tessa entrò in coma. Per un po' i dottori e suo fratello pensarono che avesse qualche possibilità di svegliarsi. Invece, qualche mese fa si sono affievolite sensibilmente anche le attività cerebrali. Brian mi aveva informato che per stamattina era fissata la data per staccarla dal respiratore artificiale. Avrebbero iniziato l'espianto degli organi..." Dana si fermò di nuovo nel racconto.

"Mi dispiace, Scully. Eravate buone amiche?" chiese l'uomo mentre si avvicinava alla scrivania per sedervisi.

"Be'... un tempo era la mia migliore amica, sì. Ma non è questo il punto, Mulder." Scully si alzò dalla sedia, si avvicinò allo schedario e vi si appoggiò incrociando le braccia al petto "Si è svegliata. In quel momento, capisci? Il dottore era pronto a lasciarla morire e lei... lei... Era come se ci avesse sentito e si fosse ribellata a quel gesto non richiesto. E' incredibile, Mulder. Noi eravamo lì a piangere la sua morte sicura e lei..." Scully si fermò scuotendo la testa.

"Be', è una bella storia, Scully. Dovresti essere contenta"

La donna lo guardò perplessa per quell'affermazione. Poi, dopo averci pensato, rispose: "Sì, certo".

Birminghton Lake

Washington D.C.

Tre mesi dopo

Una vecchia casa silenziosa, dal sapore di tempi antichi, può aiutare l'anima ad alleggerirsi di rimpianti e brutti ricordi o a dialogare con se stessi. Per ritrovarsi.

Erano trascorsi quasi tre mesi dal giorno in cui Tessa si era svegliata dal coma. Suo fratello le aveva consigliato di trascorrere un po' di tempo insieme per aiutarla a superare il periodo di riabilitazione. Così, erano andati a cercare un posto tranquillo, lontano dai problemi di una vita normale cui Tessa avrebbe dovuto presto riabituarsi.

Ed ora, dalla spaziosa veranda di una piccola villa in stile coloniale in riva a un lago, la donna stava raccontando a Scully del modo in cui erano riusciti a trovare quella casa.

Sedute a un tavolino, un'incuriosita Dana e un'euforica Tessa si godevano il panorama che l'estate offriva loro.

"E' meraviglioso qui, vero? Non credevo che l'avrei trovata, invece..." Tessa sorrise.

"E' molto bello. Scommetto che il panorama sarà spettacolare anche d'inverno. Sarà difficile stare qui fuori col freddo, ma è l'unico modo per godere appieno questa meraviglia." rispose Scully.

La donna guardò l'amica e le rispose "Oh, Dana, non sai cosa vuol dire avere freddo davvero. Io ne ho sofferto così tanto da tremarne. Per giorni non sono riuscita a credere di essere sfuggita alla morte. Ritrovarmi viva mi ha fatto quasi paura. Addormentarmi, poi! Mi terrorizzava il pensiero di non risvegliarmi più." Tessa si fermò e notando che Scully stava per dire qualcosa la prevenne: "Ma adesso sto bene. Davvero!"

Scully le cercò gli occhi, quando la donna si voltò a guardare di nuovo un salice piangente, e si chiese se il destino non avesse giocato un ruolo importante in tutta quella storia: se avessero deciso di spegnere le macchine un giorno prima cosa sarebbe successo?

D'un tratto Tessa indicò l'albero che stava osservando. "Lo vedi quello? E' lo scenario che mi ha convinto ad affittare questa casa. Quando ero in coma sono stata in un posto... credo che quel posto fosse qui. Non l'ho raccontato a nessuno a parte Brian. Sai, ricordo molte cose del periodo in cui 'dormivo'. All'inizio sentivo i dottori attorno a me che cercavano di salvarmi la vita subito dopo l'incidente. Poi, ricordo di essermi svegliata in una sorta di dimensione parallela. Ho sentito spesso, nelle storie di chi vive esperienze di premorte durante il coma, che alcuni rivedono come in un film tutta la loro vita, altri incontrano i loro cari defunti. Altri ancora si ritrovano immersi in una gran luce. Io non ho visto quella luce e non so se ho incontrato i miei genitori e le persone che ho perso. Ricordo solo un posto uguale a questo con il lago e il salice e una sensazione ovattata di pace immensa. Era un posto pieno di persone che parlavano fra loro e alcuni si rivolgevano anche a me, ma io non li capivo o forse non ricordo. Però ricordo che c'era una bambina seduta sotto quell'albero. Era l'unica bambina e mi chiedevo sempre 'perché sta lì da sola? Chissà se lei conosce questo posto'. Quando ho deciso di avvicinarmi a lei, mi ha guardata con un sorrisetto vispo e mi ha detto 'sapevo che saresti venuta, sai? Vuoi sederti con me?' Abbiamo parlato tanto, io e quella bambina. E mentre parlavamo, tutte le persone che ci stavano intorno scomparivano un po' per volta. Poi lei si è alzata e mi ha detto una cosa. Mi ha detto 'la vita è una casa bianca con tante finestre e tante pareti. Devi colorarle, quelle pareti. La tua casa è ancora così bianca. Ritorna qui quando hai finito il tuo lavoro, Tessa'. E' stato in quel momento che tutti sono scomparsi definitivamente e quella bambina mi ha 'riaccompagnata' per mano alla vita e io mi sono ritrovata in ospedale. E la vuoi sapere la cosa più fantastica qual è? Quella bambina viene a giocare qui tutti i giorni."

Fino a quel momento, Dana aveva ascoltato la sua vecchia amica raccontare la sua esperienza, ma non le aveva ancora detto ciò che pensava. Ovvero, che magari la sua non era stata davvero un'esperienza, ma l'elaborazione di pensieri repressi che durante il coma erano venuti a galla.

D'un tratto, Tessa sorrise. "Dana, guarda laggiù accanto al laghetto. Cosa vedi?"

"Ehm... qualcuno, forse un bambino che gioca. Perché?"

"E' una bambina e si chiama Amodea. Ha cinque anni ed è lei che mi ha fatto risvegliare dal coma."

Scully, è noto, non è propensa a credere a priori a storie bizzarre. La sua mente razionale glielo proibisce anche quando agli occhi è riservata una mezza verità. In quel momento, quindi, si sentì quasi in dovere di fare quella domanda alla sua amica: "Tessa, credi davvero che il tuo non sia stato un sogno? Intendo dire, è probabile che tu abbia visto quella bambina un giorno per caso, prima dell'incidente. Avrai immagazzinato nella mente la sua immagine ed è ritornata a galla. Il fatto che ti sia svegliata dal coma potrebbe essere solo un caso. Non credi?"

Tessa le regalò il suo sorriso più bello, poi le rispose con razionale lealtà. "Ci ho pensato a lungo dopo aver visto Amodea per la prima volta. Poi, però, mi è anche venuto in mente che quella bambina doveva avere più o meno un anno quando ho avuto l'incidente. Io invece l'ho vista grande come ora in quello che tu consideri un sogno. Sai cosa significa?"

Sì, il significato era chiarissimo. Anche avendo visto Amodea all'età di un anno, Tessa non avrebbe certo potuto sognarla a cinque anni.

"Le hai parlato da quando sei qui?" chiese Dana.

"No."

Dopo la sua risposta, Tessa si fermò e non continuò più nel racconto. Forse si era stancata o forse non aveva altro da dire. Durante tutto il pomeriggio che Dana trascorse da lei, e anche dopo la cena, nessuno parlò più del coma di Tessa e della perdita dei suoi genitori durante l'incidente. Soprattutto non si parlò più della bella bambina che abitava nella casa accanto.

Quando arrivò la sera, Scully salutò i suoi ospiti promettendo alla sua ex compagna di scuola che si sarebbe fatta sentire presto. Nemmeno pensò più ad Amodea. Per lo meno, non fino a quando Brian la avvicinò mentre saliva in macchina.

"E' stata una bella giornata. Questo è un posto magnifico per far riprendere Tessa" disse Scully.

"Dana, ho sentito che ti ha parlato di Amodea. Cosa ne pensi?" Chiese l'uomo con tono serio.

"Cosa vuoi che ne pensi? Non credo che quella bambina l'abbia risvegliata dal coma. Penso piuttosto che abbia fatto un sogno, per quanto elaborato fosse, e magari l'ha anche vista una bambina. Ma non credo davvero che sia la vostra vicina di casa."

"Lo penso anch'io. Ma non so come aiutarla. Lei ne è convinta."

"Lascia fare al tempo, Brian. Vedrai che quando riprenderà il controllo della sua vita starà meglio. Io vi chiamo quando posso, va bene?"

"Sei un'amica, Dana."

Scully sorrise e, dopo aver salutato l'uomo, entrò in macchina e mise in moto per ritornare a casa.

FBI Building,

Washington, D.C.

Il giorno dopo

Mulder era seduto alla sua scrivania, con lo sguardo rivolto al cielo e le braccia incrociate dietro la nuca come a contemplare il soffitto. Quando Scully arrivò, al notarlo, la tentazione di una battuta fu troppo forte per trattenerla.

"Che bella scena, Mulder. Ti stai avvicinando a Dio!" disse la donna, fermatasi sulla porta, con in volto un sorriso sarcastico.

Fox non si mosse di un centimetro nel risponderle.

"A dirla tutta, stavo pensando che dovremmo fare una scorta di matite, Scully. Per usarne una non possiamo sempre aspettare che cadano dal soffitto."

Scully represse una risata con un sospiro e scosse la testa, entrando.

"Come è stato l'incontro di ieri con la tua amica?" le chiese Mulder.

"Uhm, bella domanda. E' convinta di essersi svegliata dal coma, chissà come e chissà perché, grazie alla sua vicina di casa, una bimba di 5 anni, Amodea Simmons. Incredibile, eh?"

Mulder, come punto da un insetto, distolse lo sguardo dalle matite attaccate al soffitto per la punta e si avvicinò al suo famoso schedario. Ne estrasse un quotidiano, il Washington Post. Cercò con calma l'articolo che gli interessava e infine lo passò a Scully.

"E' quella la bambina?" Sul giornale, una fotografia a colori, scattata chiaramente di nascosto in beffa alle leggi della privacy sui minori, di una bambina che rispondeva al nome di Amodea Simmons, completava un articolo dedicato alle strane coincidenze che avvenivano nelle vicinanze della bimba.

Dopo aver dato una breve scorsa all'articolo, Scully chiuse il giornale e lo posò sulla scrivania.

"Non dirmi che ci credi!" Esclamò la donna fissando negli occhi il collega.

"Eh Scully, mica mi chiamano Spettrale per niente. Poi, la tua storia non fa che confermare le teorie di quell'articolo."

"Mulder, tu dimentichi una cosa. Tessa è stata in coma per quattro anni. Anche lei ha dei dubbi su quello che realmente ricorda. Quel giornale dice che la bambina ha una specie di 'potere' che le permette di far star meglio la gente. Insomma, a soli 5 anni sarebbe una guaritrice o, come dice il tuo articolo, 'un angelo inviato da Dio a purificare i peccati del mondo'!"

"Perché, non può essere?"

"Mulder! Anche se fosse, ha solo cinque anni!!! Ti rendi conto?" Un attimo di silenzio, poi "Non me lo dire, tu credi che sia un x-file..." disse Scully alzando gli occhi al cielo.

Mulder esordì con un sorriso soddisfatto "Uhm. Vorrei proprio conoscerla questa tua ex compagna di scuola."

"Per interrogarla? Scordatelo!"

"Ma no, che dici? Solo per conoscerla. Dev'essere una persona interessante."

"Non sta ancora bene. Più in là, semmai."

"Quando ci ritorni?"

"Perché?"

Domanda retorica, quella di Dana. Mulder insisté molto per una settimana intera, alla fine della quale una Scully spazientita acconsentì alla sua richiesta.

 

Birminghton Lake

WA, D.C.

Una settimana dopo, giovedì

"Ti prometto, Scully, che non dirò niente che possa traumatizzarla."

"Non ci riusciresti nemmeno volendo. La trovo cambiata. E potrei dirti che è colpa di una serie di problemi o forse l'esperienza del coma, ma Tessa non è come la ricordavo. E' più pacata, più riflessiva. Ed è convinta di avere qualcosa di importante da fare. Comunque, io non credo che lei possa dirti molto di più su Amodea di quando ne sappiamo noi. Dice di non averle ancora parlato... non da quando si è risvegliata dal coma."

Uscirono entrambi dall'auto e si avvicinarono alla veranda della villetta mentre Tessa andava loro incontro.

"Dana, sono contenta di rivederti!"

"Ciao Tessa, come stai? Voglio presentarti una persona. Lui è il mio collega, Fox Mulder. Lui..."

"Lui è qui per curiosità, lo so. Ma entrate, vi prego." Dopo essersi scambiati uno sguardo interrogativo, i due agenti seguirono la donna all'interno della casa.

Anche a Mulder, Tessa raccontò la sua storia. Ma l'uomo le disse qualcosa che Scully non le aveva detto.

"Tessa, lei lo sa che in giro si dice che Amodea possiede strani poteri? Sembra che riesca a guarire la gente."

D'un tratto il sorriso di Tessa si spense per lasciare posto ad un'espressione triste. Abbassò lo sguardo e annuì.

"Come fa a saperlo?" chiese Mulder. La donna osservò Fox per alcuni secondi, poi gli pose una domanda: "Sa quando Amodea compirà i suoi sei anni?"

"Cosa c'entra questo?"

"Lo sa?" Insisté la donna.

"No, perché?" chiese Mulder.

"Il suo compleanno è tra una settimana, giovedì. E io credo che quella sarà la sua ultima festa."

"Perché? Le succederà qualcosa?" chiese Mulder accigliato.

"Purtroppo..."

"E lei, Tessa, come fa a saperlo?"

"Non ci cr... " Non ebbe il tempo di finire la frase che un fracasso all'esterno della casa richiamò l'attenzione di tutti.

"Che succede?" chiese Mulder, avvicinandosi alla finestra che dava sul cortile.

"Altri ospiti per la famiglia Simmons."

"C'è un sacco di gente, Scully, vieni a vedere."

Dana si alzò dalla poltrona e si avvicinò a Mulder. "Tessa, cosa intendi per 'ospiti'?" chiese la donna, mentre guardava fuori dalla finestra.

"Ogni giorno si forma una calca di gente davanti a quella casa. Sono persone che vogliono conoscere Amodea."

"Per cosa?" Chiese Mulder senza distogliere lo sguardo dalla villetta di fronte circondata dalla folla.

"Lei sa benissimo il perché. Per ottenere sollievo."

Detto questo, Tessa uscì dalla casa per andare in veranda. Mulder e Scully la seguirono, osservando per un po' lo scenario. Poi si guardarono a vicenda e decisero di indagare più da vicino. E una volta lì, dai discorsi di quelli che si accalcavano sulla porta di casa dei Simmons, capirono che Tessa non aveva torto. Poche frasi ascoltate di sfuggita bastarono a capire che alla bambina veniva attribuita la capacità di guarire le persone dai loro mali. I due agenti, quasi contemporaneamente, tirarono fuori i loro distintivi, li sventolarono al cielo e: "FBI! Siete pregati di disperdere la folla se non volete essere arrestati per disturbo della quiete pubblica. Non obbligateci a ripeterci una seconda volta. Lasciateci passare!" Gridò Mulder. Ma i suoi incitamenti non servirono a molto. "Ahi!" esclamò d'un tratto.

Scully si girò verso di lui "Cosa c'è?"

"Devo aver sfiorato quel cespuglio... mi sono tagliato." Disse l'uomo.

Scully gli controllò la piccola ferita sanguinante "Non è niente, Mulder. Un po' di disinfettante e non morirai, vedrai." Scherzò lei.

Poi continuarono a dimenarsi tra la folla presentando i tesserini, ma nessuno sembrava curarsi di loro due in quel momento. Dovettero farsi largo a gomitate per arrivare alla porta principale della villetta. Dana bussò accompagnando la sua voce al suono del campanello.

"Signori Simmons, siamo agenti dell'FBI," disse mostrando il distintivo "vorremmo parlare con voi. Apriteci, per favore." Subito la porta si accostò per mostrare un volto di donna

"Di cosa volete parlarci?"

"Non mi dica che non si è accorta della folla qui fuori. La prego, ci faccia entrare." disse Mulder.

La porta si aprì completamente per fare entrare i due agenti, mentre una voce alle loro spalle gridava "Ce la faccia almeno vedere un attimo!!!"

I due agenti furono fatti accomodare in un bel salotto in stile liberty. Dietro le tende della finestra accanto alla porta principale, George Simmons si preoccupava che qualcuno non assumesse un comportamento bizzarro e decidesse, magari, di sfondare la porta per entrare.

"Eravamo nella casa accanto, quando abbiamo visto quella folla. Sa dirci il motivo di tutto questo caos?"

"Non è facile parlarne, sapete... oh, ma lei è ferito." Esclamò la padrona di casa, rivolgendosi a Mulder. "Prendo qualcosa per disinfettarle la mano. Voi intanto accomodatevi. Lui è George, mio marito" disse Linda, facendo segno al marito mentre si allontanava.

"Non l'abbiamo chiesto noi, tutto questo" disse l'uomo. "Ci siamo trasferiti qui da Washington City per sfuggire alle attenzioni della gente. Ma non ci riusciamo. Non sappiamo come, ma Amodea viene riconosciuta subito, indicata come un angelo guaritore e inseguita da quelli che pretendono che la bambina li guarisca da mali incurabili. E ha solo cinque anni!"

"Perché la considerano in questo modo, signor Simmons?" chiese Mulder.

"Non ci crederete. Lo so."

"Provi a farci capire." disse Scully.

"Amodea sembra una calamita. ... Sa, si dice che le persone con un'aura negativa portino malessere a quelli che vivono loro accanto. Il contrario, per le persone cosiddette positive. E Amodea deve far parte di questa seconda categoria. All'inizio, io e mia moglie non volevamo crederci. Pensavamo che Amodea si fosse trovata in situazioni particolari per pura coincidenza. Fino a quando mi diagnosticarono un tumore allo stomaco. Non avevo che un anno di vita. Mi ero licenziato dal lavoro per stare accanto a mia moglie e a nostra figlia. Eravamo convinti che stessi per morire. Ma un giorno, l'anno scorso, decidemmo di fare un picnic proprio in riva a questo lago. Amodea era in braccio a me e d'un tratto disse una cosa incredibile che per una bimba della sua età è piuttosto inconsueta. Disse 'Sai papà, io ho quasi finito di colorare la mia casetta. Presto ci andrò ad abitare. A te invece manca ancora tanto'. Lì per lì non capimmo quello che intendeva. Quando mai si prende sul serio una bimba piccola! Ci convincemmo che Amodea è speciale quando, due settimane dopo, l'oncologo ci disse che il tumore allo stomaco era scomparso. Non voglio insinuare che ci sia qualcosa di vero... ma forse le voci che ci sono in giro..."

"Scomparso?" chiese Scully.

"Esatto. I dottori con cui abbiamo parlato non riescono a spiegarselo. E, in realtà, non abbiamo intenzione di indagare più a fondo. Quando ancora abitavamo a Washington, tutti quelli che ci parlavano della particolarità di Amodea ci portavano quelle che loro chiamavano 'prove': radiografie, cartelle cliniche e tutto attestava la guarigione, se non totale, per lo meno di una buona parte di qualunque malattia o stato fisico menomato. Stavano trasformando mia figlia in un fenomeno da baraccone da adorare e adulare. Ci siamo nascosti per questo e, come per una persecuzione, siamo stati trovati anche qui. Non riusciamo a difenderci e anche chiedere l'aiuto della polizia non servirebbe. L'abbiamo già fatto e ci hanno scambiato per pazzi. Volevano anche toglierci la bambina. Come se tutto questo fosse colpa nostra."

Mulder osservò il signor Simmons per alcuni istanti come a volerlo studiare, dopodiché chiese: "Conoscete la vostra vicina, Tessa Posher?"

"Mah, l'abbiamo vista un paio di volte, ma non le abbiamo mai parlato. Si è trasferita qui da poco."

"Dunque non conoscete la sua storia, vero?"

"No" rispose Linda, tornata nel frattempo a medicare la mano di Mulder "Ma perché, ha qualcosa a che fare con Amodea?"

"In un certo senso." rispose Dana. "E' convinta che sua figlia le abbia permesso di risvegliarsi da un coma profondo."

I due coniugi si guardarono, poi George rispose: "E' la prima volta che capita un caso simile. Di solito si presentano persone che sostengono di essere 'guarite da malattie terminali', come si definiscono loro, non risvegliati da un coma. Non sappiamo quanto di vero ci sia in queste storie, ma per quanto ci riguarda, vogliamo vedere la nostra bambina crescere normalmente, proteggerla da un futuro di curiosità morbose nei suoi confronti."

Mentre Linda parlava, dalle scale si sentì il vociare di una bambina.

"Mammaaa. Voglio andare fuori a giocare, possoooo?!!" Si sentirono dei passi leggeri scendere le scale e nel soggiorno trottò una cascata di riccioli biondi che incorniciava un visino dolce e delicato e due occhi in cui sembrava intravedersi il cielo. "Allora mamma, posso andare fuori?" Chiese ancora Amodea accortasi che Linda non le aveva risposto.

"Vieni qui. Come si dice quando ci sono delle persone in casa?" chiese Linda, avvicinando la bambina a sé.

"Uhm... buongiorno." disse Amodea, rivolta ai due agenti. "Allora mamma, posso?"

"Tesoro, non ora. Va' in camera tua per un po'. Più tardi, se vuoi, usciamo insieme."

"Uhm, va bene... " disse la piccola, delusa di non poter uscire da casa. Poi guardò meglio Mulder, si avvicinò a lui e notò la fasciatura. "Ti sei fatto male?"

L'uomo annuì "Però non fa così male. Poi io esagero sempre, sono un bambinone." disse l'uomo con una voce buffa che fece sorridere la bambina. "Tu devi essere Amodea".

"Ah ah! E tu come ti chiami?"

"Mul... Fox"

"Che strano nome! Non dici ciao a Bubble, Mulfox?" chiese la bambina, riferendosi a un orsacchiotto spelacchiato che aveva in braccio.

"Ciao, Bubble!" esclamò Mulder, sorridendo alla bambina.

"Vuoi venire a giocare con me?" chiese con un fare dolcissimo.

"No, Amodea. Questi signori devono parlare con la mamma. Vai in camera e attenta a salire le scale, d'accordo?"

"Uffa, d'accordo." disse la bambina, voltandosi verso la madre per un attimo. Poi, tornò a guardare Mulder e gli prese la mano fasciata per stringergliela e salutarlo "Ciao Mulfox", disse uscendo, mentre farfugliava qualcosa al suo orsetto e Mulder rideva per il nuovo nome affibbiatogli.

"E' una bambina dolcissima." disse Scully appena Amodea fu tornata in camera sua "Ma lei cosa dice riguardo le voci che la riguardano?" chiese.

"Nulla. Si limita a sorridere, come se non comprendesse."

"E della vostra vicina di casa, Tessa? Non si è mai avvicinata a voi per parlarvi o ha mai parlato con la bambina?"

"No, perché?"

"E' convinta di aver visto sua figlia, quando era in coma, e che l'abbia salvata, conducendola per mano alla vita reale."

La signora Simmons scosse il capo come per non aver creduto alla storia, poi disse: "Io voglio chiedervi solo una cosa. Non divulgate ancora queste notizie. Vorrei riuscire a proteggere mia figlia, per quel po' che ancora posso, fino a quando non riuscirà a farlo da sola."

"Crede che sia giusto? Se Amodea ha simili capacità, le sembra giusto tenerne all'oscuro tutti quelli che la bambina potrebbe aiutare?" chiese Mulder

"Non ora. E' troppo piccola, troppo indifesa. E deve iniziare la scuola quest'anno. Come faremo a proteggerla allora? E poi, perché state indagando su Amodea?"

"Non deve preoccuparsi per noi. L'FBI non è interessata a questo genere di argomenti." disse Scully lanciando uno sguardo a Mulder "Eravamo ospiti in casa Posher quando abbiamo visto la folla davanti casa vostra e siamo venuti a controllare. Nulla di più."

"Non preoccupatevi, capisco il vostro punto di vista, ma tentate di capire anche il mio" disse Linda, accompagnandoli alla porta.

I due agenti rassicurarono la donna, dopodiché uscirono per tornare a casa Posher. Durante il breve tragitto, Scully prese la mano di Fox per controllarla.

"Non sanguina più. Visto, era meno grave di quanto pensassi" disse la donna. Mulder si tolse la fasciatura che Linda Simmons gli aveva fatto e guardò la ferita. Cicatrizzata, come se fosse vecchia di almeno una settimana. Mulder si fermò, si voltò verso la casa dei Simmons e in un sussurro impercettibile per Scully disse: "E' praticamente... guarita..." Ma Scully non l'aveva sentito, aveva continuato a camminare fino ad arrivare quasi da Tessa che stava seduta in veranda a guardare il laghetto.

"Morirà il giorno del suo compleanno, povera piccola." Disse la donna appena scorse Mulder e Scully.

"Tessa! Perché dici questo?!" Chiese Scully.

Senza scomporsi, la donna rispose "E' una sensazione. E so che è vera. Non so da dove derivi questa certezza, forse da un legame incomprensibile"

"Tessa, tu sei davvero sicura di aver sognato quella bambina?" Chiese Scully avvicinandosi alla donna e sedendole accanto.

"Sì. E non importa che mi crediate o no. Non importa se i suoi genitori dicono di volerla proteggere da chi crede che la loro bambina sia un angelo mandato dal Paradiso. Per me lo è. Mi ha salvato la vita e di questo sono felice. Ora ho una domanda: come fare a rendere utile il suo dono sulla Terra."

FBI Building

Washington, D.C.

Venerdì, il giorno dopo.

"Sai, Scully, è vero che ai Simmons volevano togliere la bambina. Leggi qui, è il rapporto dell'assistente sociale che li ha seguiti per due mesi. Dice che hanno iniziato indagini per le voci che si sentivano su di loro dopo strani 'avvenimenti' all'asilo nido e in altri luoghi pubblici. Le perizie mediche e psichiatriche non hanno trovato nessuna anomalia in quella famiglia... a parte, ovviamente, le voci che la gente ha messo in giro riguardo Amodea."

Scully era in piedi accanto ad un cassetto per cambiare la cartuccia della penna stilografica e non si girò nemmeno a guardare Mulder mentre lui parlava. Finita l'operazione, si avvicinò alla scrivania, si sedette e numerò a mano il fascicolo che avevano appena chiuso sull'ultimo caso risolto.

"Mulder, quello di Amodea non è un caso su cui lavorare. Sai benissimo che gli Stati Uniti cercano il loro Dio in Terra in chiunque. Io credo che quella bambina non abbia niente di così particolare e non credo che dietro ci sia un x-file. L'unica cosa che mi auguro è che Tessa si rimetta presto. Anche psicologicamente." Detto questo, Dana si rimise al computer a lavorare e non tornò sull'argomento.

Mulder la osservò e capì che la donna stava prendendo le distanze da una situazione in cui non si trovava a proprio agio e voleva capire il perché. Quindi iniziò il discorso con un tono tranquillo, come se fosse il più innocuo del mondo.

"Anche tu sei stata in coma, Scully. E anche tu stavi molto male."

L'uomo fu sul punto di formulare una domanda, si sentiva dal suo tono di voce, ma si interruppe appena vide Scully distogliere lo sguardo dal video. La osservò togliersi lentamente gli occhiali, massaggiarsi il dorso del naso dove erano stati appoggiati e rispondere: "ho molto lavoro da fare, Mulder". Il che voleva dire 'Non ho alcuna intenzione di toccare l'argomento.'. E Mulder recepì il messaggio. Scully aveva intuito la domanda che lui voleva porle. Anche se non avevano mai affrontato la questione, il suo collega si stava chiedendo se lei, come Tessa, non avesse avuto un'esperienza che l'aveva fatta risvegliare. Ma non era pronta per parlarne. Erano passati anni dal suo 'ritorno' ma non aveva ancora la forza necessaria per ammettere ciò che, forse, aveva vissuto.

Sabato

Durante il week-end, Mulder pensò alla piccola Amodea. No, non aveva niente di così particolare, non ispirava grandi verità. Era una bambina normale, come quelle che fanno i capricci per le bambole, che vogliono giocare fuori con i loro giochi. Normale... non era normale, però, che una folla di persone si ritrovasse davanti a casa sua e solo per 'vederla'. E Tessa? Cosa c'entrava lei nella storia della bambina e perché aveva detto che sarebbe morta entro una settimana? Non sapeva darsi delle risposte. Per la prima volta non aveva una teoria plausibile a ciò che stava succedendo. Di una cosa era certo. Giovedì, sarebbe ritornato a Birminghton Lake. Con o senza Scully.

Birminghton Lake,

Washington D.C.

Martedì

In piedi accanto al camino, Brian parlava da ore con Tessa. "Lo so che vuoi recuperare il tempo che hai perso, ma è ancora troppo presto per tutto quello che vuoi fare."

"Io 'devo' assolutamente farlo. Prima che sia tardi. C'è così tanto da fare."

"Tessa, devi riprenderti tu per prima, non puoi pretendere da te stessa un simile sforzo. Ottenere un diploma di assistente ospedaliera non è uno scherzo. Aspetta di aver finito la riabilitazione, poi sarò il primo ad aiutarti. Te lo prometto."

"Brian, non puoi capire. Smettila, non mi convincerai del contrario."

L'uomo non trovava parole adatte a far tornare Tessa sui suoi passi. Si avviò verso il telefono e, preso il cordless in mano, iniziò a comporre un numero.

"Chi chiami?" chiese Tessa.

"Qualcuno che possa farti ragionare. Chiedo a Dana se può venire qui." La donna si avvicinò al fratello e quasi gli strappò il telefono dalle mani.

"Hai intenzione di chiamarla ogni volta che ci sarà un problema da risolvere, Brian?"

L'uomo la guardò perplesso, poi rispose: "Mi fai paura, Tessa. Io non ti ho mai visto così determinata a fare una cosa... una cosa che nemmeno capisco. Avevi dei sogni, prima. Volevi insegnare, lo ricordi? E volevi imparare a suonare il pianoforte. L'hai dimenticato?"

Tessa abbassò lo sguardo, appoggiò il telefono sul tavolo e si diresse alla finestra che si affacciava sulla casa dei loro vicini.

"Non l'ho dimenticato, Brian. Per me non è passato un solo giorno dal periodo in cui sognavo una vita diversa. Ma adesso le cose sono cambiate e ho altro da fare. E devo farlo io."

"Perché tu? Ci sono altre persone che aiutano chi sta male, perché tu?"

"Perché altrimenti non sarei qui."

Nella stanza piombò un silenzio pesante, la donna si girò appena verso il fratello e gli disse "Ma tu non puoi capire, fratellino. Sarebbe meraviglioso se potessi."

***

Quella notte, Brian non riuscì a dormire. La preoccupazione che la salute mentale di sua sorella non fosse intatta lo tormentava. Ad aggravare la situazione c'era la convinzione della donna che entro un giorno la piccola Amodea sarebbe morta.

'Cosa succederà? Potrebbe comportarsi in modo strano e probabilmente non saprei cosa fare. Devo assolutamente pensare a qualcosa.' E quella mattina non aspettò che la sorella si svegliasse per chiamare Scully.

"No, va tutto bene. C'è solo un problema, Dana. In questi giorni Tessa sembra dare ascolto solo a te. Il motivo non lo conosco, ma forse l'unica che può aiutarla ad affrontare questo momento sei tu."

"Vuoi che venga a parlarle?"

"Sarebbe grandioso."

"Cercherò un momento libero, Brian..."

"Se potessi venire domani..."

"Domani? Magari dopo il lavoro, cosa ne pensi?"

"Dana... domani è giovedì..."

"E cos... oh, capisco. Hai ragione, sarò lì"

"Ci vediamo domani, allora?"

"Contaci" disse Scully interrompendo la linea. Era pronta per uscire di casa e durante tutto il tragitto che l'avrebbe portata in ufficio, non fece che pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni. Prima della telefonata di Brian, Scully aveva dimenticato le parole di Tessa 'morirà il giorno del suo compleanno'. Le aveva dimenticate perché la sua mente si era proiettata in un altro tempo, quando quella in coma era lei. All'epoca, aveva rifiutato l'appoggio di un gruppo di sostegno per le persone uscite dal coma. Si sentiva forte, aveva Mulder accanto a sé e la voglia di recuperare il tempo della vita che aveva perduto. Tessa, però, le aveva ricordato quei giorni, quel volto, quella voce che l'aveva riportata alla vita che l'aspettava. Sarebbe successo qualcosa il giorno dopo? Probabilmente no, ma non poteva non credere, almeno in parte, a Tessa.

FBI Building

Washington, D.C.

Giovedì

La giornata in ufficio trascorse tranquilla. Di tanto in tanto Mulder osservava Scully intenta nel suo lavoro, chiedendosi se il distacco assoluto che dimostrava fosse o no solo un involucro per nascondere l'inquietudine che Tessa le aveva portato. Nel frattempo, Scully si chiedeva come avrebbe fatto a dire a Mulder che sarebbe uscita prima dal lavoro. Ma all'ora di pranzo entrambi iniziarono a parlare in simultanea come colti da telepatia.

"Parla tu per prima" disse allora Mulder.

"Dalla pausa pranzo prenderò un pomeriggio libero, Mulder, quindi non tornerò in ufficio. Forse, sul tardi, ma non credo. Comunque lascerò il cellulare acceso nel caso..."

"Ah, e dove vai, se è lecito chiedere?" la interruppe Mulder.

"Ehm...impegni inderogabili."

"Uhm... nella zona est della città?"

"Mulder..."

"Dài, Scully, lo so che non hai fatto altro che pensarci tutto il giorno. Io ci penso da una settimana. Entrambi abbiamo la necessità di sapere. Chiamala deformazione professionale, se vuoi."

"La mia non è voglia di sapere, Mulder. Brian è preoccupato per sua sorella e mi ha chiesto di essere lì, oggi."

"Ti sembro inopportuno se chiedo di poterti accompagnare?" Scully rimase in silenzio per lunghi attimi durante i quali pensò se non stessero esagerando nelle supposizioni. Fu sul punto di parlare, quando il collega la prevenne.

"Non è esagerato pensare che ci sia una storia incredibilmente vera, Scully. Dopo quello che i nostri occhi hanno visto in tutti questi anni di lavoro, la nostra mente è proiettata oltre. Io e te non vediamo le cose come gli altri le vedono. Noi percepiamo i colori in tutte le sfumature. Niente, per noi, è veramente nero o bianco, Scully. Lo sappiamo entrambi. E allora perché ti poni le stesse domande da sempre?"

Dana alzò lo sguardo verso il collega. "Perché quelle sfumature, Mulder, le percepiamo da due prospettive diverse. La tua sfumatura di rosso non è necessariamente la mia. E stavolta, Mulder, tu non puoi vedere lo stesso ritratto che vedo io."

Entrambi rimasero in silenzio e tornarono al loro lavoro. Solo quando arrivò l'ora di pranzo, Mulder esordì con un "Guido io".

Birminghton Lake

Washington D.C.

Lo strano silenzio, che avvolgeva il quartiere dove risiedevano i Posher e i Simmons, sbalordì i due agenti in procinto di parcheggiare l'auto.

"C'è qualcosa di strano." disse Scully mentre si avvicinava alla porta d'ingresso della casa di Tessa. Mulder si limitò ad annuire e a guardarsi attorno. Bussarono alla porta e fu Brian a far accomodare in casa i due agenti.

"Tessa non sa che ti ho chiamata, Dana."

"Non preoccuparti, Brian. Considerala una visita di cortesia." L'uomo sorrise e andò a chiamare la sorella che arrivò immediatamente al piano di sotto, nel salone, dove c'erano Fox e Dana.

"Non direi di essere sorpresa di vedervi. Non siete qui esattamente per me, vero?" Esclamò Tessa.

A quel punto, rispose Mulder. "Qualcosa mi dice, infatti, che si aspettava una nostra visita proprio oggi." Entrambi sorrisero, ma declinò l'invito ad affrontare l'argomento che tutti e tre conoscevano. "Vorrei che rimaneste per la cena. Se non dovete tornare al lavoro, ovviamente."

I due agenti si guardarono in volto e fu Scully ad accettare. "A patto che noi due parliamo un po', Tessa."

***

Quel primo scorcio di pomeriggio trascorse così tranquillamente da far pensare a Mulder se non era il caso, verso metà pomeriggio, di ritornare in ufficio a riprendere il lavoro dal punto in cui l'avevano interrotto. Lui e Brian erano in soggiorno a fare battutine sui vecchi tempi che Tessa e Scully avevano trascorso alla stessa scuola. Le due donne erano in piedi accanto alla porta-finestra che si affacciava sul retro della casa e parlavano, tranquille.

"Vuole proteggermi. E' convinto che io non stia bene, che la perdita dei nostri genitori mi abbia traumatizzata. Ed è sicuro..." Tessa si interruppe.

"Di cosa?" la spronò a continuare Dana.

"E' sicuro che io abbia vissuto un trauma talmente pesante da doverne parlare con uno specialista o con un gruppo d'appoggio. Io! Mi ci vedi entrare in uno di quei posti?" chiese ironicamente Tessa alla sua amica. Ma Dana, abbassando la testa, le rispose come lei non si sarebbe mai aspettata:

"Forse dovresti andarci. Per un po', almeno. Per sfogarti, condividere la tua esperienza con altre persone che l'hanno vissuta."

"Tu non l'hai fatto, però."

Scully alzò lo sguardo come punta sul vivo. Guardò l'amica con stupore. Deglutì, nervosa, poi le domandò:

"Di che stai parlando?"

Tessa si avvicinò di più a Dana, le prese le mani tra le sue e le sorrise. "Io ti ho vista. Tu no, non lo so il perché, ma io ti ho vista. Il posto in cui sei stata durante il tuo coma è esattamente quello in cui sono stata io. Ma tu per un po' hai preso un'altra strada... " Tessa sorrise di nuovo, abbassando lo sguardo. "Il lago lì fuori non ti ricorda nulla, Dana? Proprio nulla?"

"Tessa..." Scully era confusa "Cosa dovrebbe... ricordarmi?"

"Una corda sottile che hai paura di afferrare e che alla fine si spezza. Non lo ricordi?"

Scully si allontanò dalla finestra per avvicinarsi al camino.

"Tessa, chi ti ha detto queste cose?" Sentì una mano sfiorarle appena la spalla. Poi, un sussurro.

"Ti ho vista. Te l'ho già detto."

Dana si voltò per guardare in volto l'amica. Aveva le lacrime agli occhi

"Mi hai vista..."

Tessa annuì con un sorriso. Poi disse:

"Credo che, in un certo senso, quello dove siamo state sia una specie di... chiamiamola sala d'aspetto... per chi è indeciso se andare via o rimanere. E lì si proiettano le cose che ci sono appartenute, gli oggetti, i ricordi, gli affetti. Non è vita e non è ancora morte, lì. Ci ho pensato tanto, Dana, e forse ho capito il motivo per cui chi entra in coma vive in un posto 'tranquillo' dove tutto è privo di dolore e sofferenza. Quello è il posto in noi dove risiede Dio e solo un motivo che consideriamo buono almeno quanto lui può farci tornare alla vita. Io non voglio raccontare questo a chi vuole 'curarmi', a chi vuole farmi credere che sia stato solo un sogno. Voglio raccontarlo a chi può trarne forza e tranquillità per affrontare la morte."

"Perché non spieghi tutto questo a Brian?"

"Perché non può capire. Perché mi manderebbe in un ospedale psichiatrico, mi farebbe imbottire di sedativi e dimenticherei il mio ruolo in questa storia..."

"Il tuo ruolo? Non capisco."

"Dana, Amodea mi ha accompagnato qui perché io faccia da qui quello che lei ha fatto dall'altra parte..." Le due donne si guardarono negli occhi per lunghi istanti

"Tessa... ma come..."

"Voglio aiutare le persone che devono affrontare la morte. Gli adulti hanno più paura di morire dei bambini. Forse perché credono meno alle figure buone, agli angeli, al Dio con la barba bianca... conoscono la cattiveria, l'odio. Quelli che muoiono, spesso, non vengono accompagnati dall'altra parte. Noi aspettiamo che chi sta per morire lo faccia e basta. Eppure, le morti non violente meritano parole buone, di conforto... Ho bisogno di farlo, Dana. Sento di doverlo fare. E' come se nella parte di memoria che mi manca di quel periodo fosse insita la ragione di tutto questo."

Nel giardino accanto al lago

Nel frattempo...

Era successo tutto talmente in fretta che nessuno ne se accorse. Solo Tessa aveva osservato la scena da lontano mentre dialogava con Scully. Amodea stava giocando con altri bambini, quando d'un tratto s'era allontanata da loro per sedersi ai piedi del suo salice. Si era abbandonata di schiena sul tronco e aveva chiuso gli occhi. I bambini la scuotevano e, non riuscendo a svegliarla, avevano chiamato il padre della piccola. L'uomo pensò stesse dormendo, ma non riuscendo svegliarla iniziò a gridare il suo nome, con disperazione, con paura...

Casa Posher

Scully prese tra le sue le mani dell'amica e le sorrise mentre da fuori si sentivano delle urla.

"Scully!" La chiamò Mulder.

"Che succede?" Chiese la donna avvicinandosi a lui.

"Non lo so, ma qualcosa non va." I due agenti si guardarono in faccia come a chiedersi il da farsi quando sentirono la porta sul retro chiudersi con violenza. Quando i due agenti e Brian si accorsero che Tessa era corsa fuori, la seguirono quasi immediatamente. Raggiuntala, videro la donna inginocchiata sotto il salice che stringeva la piccola in un abbraccio dolcissimo. La testa di Amodea appoggiata sul braccio sinistro di Tessa, la manina tra le mani della mamma e Tessa che le parlava dolcemente, sussurrandole parole che nessuno poté udire. E Amodea le rispose con un filino di voce

"Il viola... è un bel colore, Tessa. Ma è ancora poco, ce ne vuole di più..." Nessuno poté capire quelle parole a parte loro due. Un discorso che apparteneva loro da tanto tempo e a partire da un luogo lontano.

"Tessa, fammi vedere cos'ha. Sono medico, posso aiutarla." disse Dana appena l'ebbe raggiunta. Ma Tessa non rispose. Fu Mulder a toglierle la bambina dalle braccia, la distese sull'erba e iniziò a farle il massaggio cardiaco. Non servì a nulla, il cuore della piccola si fermò. Ma né le lacrime del padre, né le urla della madre poterono impedire a Tessa di sorridere quando accanto all'albero vide, come attraverso una fitta nebbia o un film proiettato da un nastro logoro, una vecchia barchetta in legno che portava via la bambina. La traghettava verso la sua nuova vita mentre sorrideva a Tessa.

Al cimitero di Washington D.C.

Tre giorni dopo

"Perché, secondo te, Tessa era convinta che Amodea sarebbe morta il giorno del suo compleanno? Perché l'ha vista durante il coma? Non riesco a capire, Mulder."

Mulder e Scully erano davanti alla piccola tomba di Amodea Simmons. Tutti erano andati via dopo la funzione funebre e loro si erano avvicinati alla fine per non disturbare nessuno.

"Stavolta non ho una risposta da dare. Forse la più semplice: Amodea non apparteneva a questo mondo. Sai che non fa parte delle mie convinzioni ma forse, se la consideriamo dal tuo punto di vista, era un angelo con un compito: quello di permettere a Tessa di aiutare le altre persone. Aveva compiuto il suo lavoro, Scully, ed è andata via. Non so cosa dirti" concluse Mulder, guardando la collega che si era inginocchiata a posare un mazzo di fiori sulla tomba.

"E le guarigioni?" chiese Dana. Mulder si guardò la mano, di riflesso.

"Parte della storia. E se questo fosse vero, adesso Amodea indosserebbe un bel paio di grandi ali bianche e starebbe sorridendo a due come noi che cercano di spiegare l'inspiegabile" sorrise Mulder.

"Chissà quanti angeli ci camminano accanto e noi non li riconosciamo perché non hanno le ali."

"Parli di Amodea o di Tessa?" chiese Mulder.

"Forse di nessuna delle due..." Rispose Scully.

Fine

Scrivi all'autrice: Steffy <scully.dk@libero.it>