PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO


La nascita del parco - Morfologia - I luoghi da Visitare - Vegetazione e flora - Fauna

I prodotti tipici del parco - I comuni del parco - Bibliografia

Mappa del Parco - Sentieri consigliati


LA NASCITA DEL PARCO

L'istituzione del Parco Nazionale del Vesuvio, avvenuta con decreto del Presidente della repubblica del 5 giugno del 1995, giunge dopo oltre venti anni di iniziative degli ambientalisti italiani volte alla conservazione dell'unico vulcano continentale attivo d'Europa e di uno dei vulcani più famosi del mondo, oggetto dal dopoguerra di aggressioni inaudite fatte di cemento, asfalto, rifiuti, traffico ed incendi.

La prima vittoria di chi vuole salvare il Vesuvio è del 1972, quando 1.005 ettari del vulcano, inclusi i tre quarti del cratere, entrano a far parte della Riserva naturale Tirone-Alto Vesuvio, affidata al Corpo Forestale dello Stato. Nel 1979 il Comitato ecologico pro Vesuvio richiede per primo l'istituzione del parco; l'anno successivo il terremoto dell'Irpinia ( che causa gravi danni anche a Napoli ) fa partire in Italia una seria politica di Protezione Civile.

Nel 1990, in occasione dei mondiali di calcio, Tangentopoli si presenta sul Vesuvio con il progetto di una nuova funicolare del costo di 13 miliardi. Il cantiere viene aperto, ma l'impianto non si farà. A bloccarlo, prima ancora delle preoccupazioni ambientali, sono quelle legate al rischio. Le 4.000 persone trasportate ogni ora dalla funicolare sono troppe per poter essere evacuate in caso di risveglio del vulcano.

Come le altre nuove aree protette italiane, il Parco Nazionale del Vesuvio viene previsto dalla legge quadro n. 394 del 6 dicembre 1991, ma diventa realtà , come detto in apertura, solamente nel 1995. Il direttivo dell'Ente Parco si insedia nell'autunno 1996; il presidente e il direttore (rispettivamente Maurizio Frassinet e Carlo Bifulco) iniziano a lavorare nel gennaio 1997. 

Al momento il Parco Nazionale del Vesuvio, con i suoi 8.482 ettari, è tra i più piccoli d'Italia.

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MORFOLOGIA

La morfologia attuale del Vesuvio è stata determinata dalle eruzioni più recenti, e forse in modo rilevante proprio da quella del 79 d.C. che distrusse Ercolano, Pompei e Stabia. Le eruzioni successive hanno modificato anch'esse il profilo del vulcano, la cui quota è diminuita o aumentata più volte di varie centinaia di metri.

Oggi il Gran Cono è separato dalla cinta craterica del Somma dagli spettacolari solchi dell'Atrio del Cavallo, della Valle del Gigante e della Valle dell'Inferno, che formano uno degli ambienti vulcanici più interessanti ed emozionanti del parco. Il recinto craterico del Somma, ancora ben conservato nel settore settentrionale, domina la valle del Gigante con speroni rocciosi e ripidi pendii di ghiaia e sabbie vulcaniche. ha un tipico andamento a saliscendi e culmina, da nord-ovest a sud-est, nei Cognòli  di Santa Anastasia (1.086 metri), nella Punta del Nasone (1.132 metri) e nei Cognòli di Ottaviano (1.112 metri), cui seguono le modeste elevazioni dei Cognòli di Levante (874 metri), caratterizzati dalle più famose formazioni di lave "a corda" del parco.

Il Vesuvio tocca i 1.281 metri. La vetta si trova nel tratto nord-orientale della cinta craterica, in corrispondenza delle impressionanti pareti di lava che precipitano per quasi 400 metri fino al fondo del cratere. Sul lato più basso, quello affacciato verso Napoli e la costa, l'orlo del cratere arriva a 1.158 metri e il dislivello tra il fondo e l'orlo è di circa 230 metri. 

Sul versante che da sulla costa, ai piedi delle ripide ghiaie del Gran Cono, tra i 600 e i 900 metri di quota, si distendono i pendii occupati dalla foresta demaniale del Vesuvio, cuore della riserva naturale Tirone-Alto Vesuvio. Impiantata sulle lave a partire dal 1912, la foresta fu attraversata dalle colate del 1944, i cui depositi sono ancora chiaramente visibili.

Tra le numerose formazioni laviche minori consolidate sui fianchi del vulcano sono particolarmente evidenti i resti delle colate del 1631 (che raggiunsero il litorale tra Torre del Greco ed Ercolano), e quelle del 1794 e del 1858. Il Colle Umberto, l'altura di 886 metri che sovrasta il Vecchio Osservatorio Vesuviano, è stato creato dalle eruzioni registrate tra il 1895 e il 1899.

Le lave del 1906, che causarono gravi danni a Torre Annunziata, Boscotrecase, San Giuseppe Vesuviano e Ottaviano, si riconoscono ancora facilmente sul versante sud-orientale del vulcano e nella Valle dell'Inferno, dove spicca una cupola creata dall'eruzione del 1937.

Ultime a essere state eruttate dal vulcano, le lave del 1944 si distinguono nell'Atrio del Cavallo, nella foresta demaniale e intorno al Colle Umberto, e sono spesso caratterizzate da belle formazioni "a corda".

Conetti e crateri avventizi si possono osservare a quote molto basse nella zona di Torre del Greco e Boscotrecase. Su uno dei più caratteristici nel Seicento fu innalzato il convento dei Camaldoli della Torre. Altri edifici vulcanici minori, come le bocche Fossamonaca e il Viulo, sono invece stati pesantemente deturpati dallo sviluppo edilizio recente.

Negli ultimi duemila anni il Vesuvio è stato attivo dal 79 al 1139 e dal 1631 al 1944. Quest'ultima epoca è la sola per la quale esistano informazioni precise sull'attività del vulcano. In un arco di tre secoli, venti periodi eruttivi si sono susseguiti ad altrettante fasi di relativo riposo. Ognuno dei periodi eruttivi è iniziato con violenti fenomeni esplosivi nella bocca principale, è proseguito con ulteriori deflagrazioni ed emissioni di lava, è terminato solo dopo altre convulse manifestazioni.

Nel mezzo secolo e più che separa il 9 aprile 1944 dai giorni nostri, l'attività del Vesuvio si è limitata alle fumarole, ben visibili sulle pareti del cratere, e a terremoti di intensità piuttosto modesta. Sessantatre anni, però, sono nulla per i ritmi terrestri. Secondo i geologi il Vesuvio è un vulcano ancora perfettamente attivo. Non serve chiedersi se le eruzioni riprenderanno, occorre domandarsi quando ciò avverrà e se le istituzioni e la popolazione saranno pronte ad affrontarle.   

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I LUOGHI DI DA VISITARE

Piccolo se si bada ai chilometri, il Parco Nazionale del Vesuvio offre una straordinaria varietà di mete, si va dalle rocce vulcaniche ed i fitti boschi ai centri storici e monumenti isolati passando per distese di lava e antiche città rase al suolo dalle eruzioni del passato.  Alcune, per essere apprezzate, richiedono di effettuare delle brevi camminate, altre possono essere visitate senza allontanarsi troppo dall'auto o dai mezzi pubblici (in particolare la Circumvesuviana) che consentono di districarsi nel traffico della "città vesuviana".   

Il Vesuvio

Nelle tradizionali vedute di Napoli presenta sempre lo stesso profilo, ma la sua fisionomia si è modificata nel tempo. Fu probabilmente la deflagrazione del 79 d. C. a far nascere, all'interno del Monte Somma, l'edificio vulcanico del Vesuvio. Da allora varie volte, dopo un'eruzione, la montagna è apparsa diversa per forma ed altezza. Nel 1631 e nel 1906 si abbassò, mentre le lave del 1944 l'alzarono di circa cento metri, provocando anche un approfondimento del cratere e la scomparsa del conetto avventizio immortalato in tutte le fotografie del primo Novecento.

Il cratere oggi ha un diametro di quasi 500 metri e una profondità di 230 metri dal punto più basso dell'orlo, la cui quota oscilla tra 1.150 e i 1281 metri.

Sul lato meridionale, a pochi passi dal sentiero percorso dai turisti, alcune fumarole emettono gas a circa 80 °C di temperatura (erano 400 °C dopo l'eruzione del 1944). Un'altra fumarola più a est ha conservato una temperatura di 500 °C.

L'Osservatorio Vesuviano

Costruito sul Colle Umberto a 609 metri di quota per volere di Ferdinando II di Borbone, fu inaugurato nel 1841 dal fisico Macedonio Melloni.

Oggi l'osservatorio, la cui sede principale è a Napoli, è l'ente di Stato incaricato della sorveglianza sui vulcani italiani: Vesuvio, Campi Flegrei, Epomeo, Etna, Stromboli e Vulcano. L'elegante sede ottocentesca ospita un museo dove si possono osservare lave, "bombe" vulcaniche e una collezione di sismografi del primo novecento.

L'Atrio del Cavallo

Nei pressi dell'Osservatorio, tra gli 800 e gli 850 metri di quota, questo ampio anfiteatro naturale alla base delle pareti laviche del Monte Somma deve il nome ai cavalli e agli asini che venivano lasciati qui dai turisti diretti al cratere.

La Valle del Gigante

Lungo tra i 4 e i 5 chilometri, questo spettacolare solco vulcanico separa i ripidi pendii del Monte Somma, da quelli del Gran Cono, ed include l'Atrio del Cavallo e la Valle dell'Inferno. Offre una piacevole escursione in atmosfera solitaria. Nella Valle, soltanto sfiorata dalle lave del 1944, si distinguono le Bocche del 1906, le lave del 1891-93, quelle del 1926 e la cupola formata dall'eruzione del 1937. Il fondo è formato in buona parte da sabbia. La vegetazione include il lichene, la ginestra dell'Etna, la robinia e la betulla. 

La Valle dell'Inferno

Partendo dall'estremità orientale della Valle del Gigante questa gola è uno dei luoghi più appartati e suggestivi del Parco. Minacciata nei primi anni '80 dall'incredibile progetto di costruirvi un campo da golf, in parte deturpata da un brutto rifugio (oggi in rovina) al termine della strada sterrata che sale da Ottaviano, si può raggiungere a piedi dall'Atrio del Cavallo, dal versante di Ottaviano, da Boscotrecase per la Strada Matrone oppure in discesa dall'orlo del cratere del Vesuvio.

La Riserva Naturale Tirone-Alto Vesuvio

Istituita nel 1972 su una superficie di 1.005 ettari, è stata per 23 anni l'unica forma di tutela della parte alta del vulcano. Comprende l'Atrio del Cavallo, buona parte delle lave del 1944 e tre quarti del cratere del Vesuvio. tra i pini messi a dimora per rimboscare il territorio si è diffuso il leccio.

Il Monte Somma

Il Monte Somma è la parte antica del vulcano, che iniziò ad eruttare circa 300.000 anni fa, e che oggi, nettamente più basso del Vesuvio, raggiunge la sua altezza massima con la Punta del Nasone a 1.132 metri. 

Separato dal Vesuvio dalla profonda incisione della Valle del Gigante, è rivestito, sul versante a settentrione dove troviamo i centri abitati di Sant'Anastasia, Somma Vesuviana e Ottaviano, di fitti boschi attraversati da piacevoli sentieri. La Punta Nasone si raggiunge a piedi da Santa Maria di Castello o dall'Osservatorio Vesuviano. Per salire ai Cognòli di Ottaviano (1.111 metri) si segue invece il percorso che parte da Ottaviano.

Pompei

Fondata dagli Osci, a lungo contesa da Greci, Etruschi e Sanniti e occupata da Roma nell'89 a.C., Pompei fu per secoli uno dei centri agricoli più ricchi della Campania. Scomparve con la terribile eruzione del 79 d. C. . Gli scavi, iniziati nel 1748, fecero affiorare, oltre ai monumenti, residenze, botteghe, fontane e strade lastricate.

Oggi Pompei è uno dei siti archeologici più noti, di straordinario interesse perchè svela gli ambienti e i modi di vita dei pompeiani di duemila anni fa. Completa la conoscenza di Pompei una visita al Museo archeologico di Napoli, dove sono conservati molti degli affreschi più belli. A poche centinaia di metri dagli scavi è l'imponente e frequentatissimo Santuario della Madonna del Rosario.

Ercolano

La cittadina sorge sul litorale dominato dal vulcano, nel sito della città romana distrutta insieme a Pompei dall'eruzione del 79 d. C. . Gli scavi scoprirono le Terme, la Palestra, varie case affrescate, il Porto e il Teatro, che sorge al di sotto della città moderna. Di grande interesse sono le ville settecentesche allineate sul "Miglio d'Oro" (villa Favorita, villa Aprile, villa Campolieto). Da Ercolano inizia la strada più comoda per salire all'Osservatorio e al cratere del Vesuvio. 

Il "Miglio d'Oro"

Fu re Carlo III di Borbone, che nel 1738 ebbe l'idea di farsi costruire la Reggia di Portici, a lanciare tra i nobili napoletani la moda di possedere la residenza proprio ai piedi del Vesuvio. Per emulare i Borbone, infatti, molte delle famiglie più in vista della città alzarono eleganti dimore lungo il primo tratto della strada delle Calabrie, che collegava Napoli con le province più meridionali del Regno. Il  tratto, che attraversa Barra, San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano e Torre del Greco, spesso attraversato dalle carrozze dei nobili,  venne presto soprannominato il "Miglio D'Oro".

Oggi le ville vesuviane sopravvissute all'invasione del cemento sono 121. Della loro tutela si occupa un apposito ente. 

Somma Vesuviana

Ai piedi del versante settentrionale del vulcano, Somma Vesuviana conserva un interessante centro storico e un territorio ancora in buona parte integro. 

In paese meritano una visita il quartiere medievale del Casamale, i ruderi del castello e la chiesa di San Domenico. A valle dell'abitato è la chiesa quattrocentesca di Santa Maria del Pozzo che conserva due cripte affrescate. Da menzionare è anche il museo della vita contadina, che raccoglie 3.200 oggetti di uso quotidiano provenienti da tutta la Campania. Dal santuario di Santa Maria di Castello inizia il ripido sentiero per il Monte Somma. 

Ottaviano

Popoloso centro agricolo ai piedi del Monte Somma, Ottaviano è stata a lungo frequentata per villeggiatura. La cittadina, danneggiata più volte dalle eruzioni, è dominata dall'imponente castello che ospitò nel 1085 papa Gregorio VII. Distrutto nel 1304 da Carlo d'Angiò, il fortilizio fu ricostruito a partire dal 1567 da Bernadetto de' Medici. Nel 1892 vi dimorò Gabriele D'Annunzio.

Da vedere anche le numerose chiese della cittadina, tra cui spicca per importanza quella di San Michele. Alle spalle del castello inizia un'interessante escursione verso il Monte Somma, che toccando i Cognòli di Ottaviano, giunge nella Valle dell'Inferno ed al Gran Cono.

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VEGETAZIONE E FLORA

Grazie al suolo straordinariamente fertile il Vesuvio è rivestito da una vegetazione rigogliosa. nello spazio compreso tra i campi coltivati delle pendici e i licheni che vivono sulle rocce del cratere, la vegetazione vesuviana racchiude affascinanti sorprese. Sulle ampie distese di lava crescono specie pioniere di vario tipo; tra le oltre 100 piante individuate dai botanici sul Gran Cono si nota con più facilità il lichene delle lave (Stereocaulon vesuvianum), un endemismo che ha ricoperto le lave del 1944.

Più in basso del Gran Cono il paesaggio è invece caratterizzato da specie impiantate dall'uomo come la ginestra dell'Etna che è stata introdotta sul vulcano agli inizi del '900. E' più alta e resistente della ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius) e della ginestra odorosa (Spartium junceum), pure presenti sul Vesuvio.

In altre zone del Parco (in particolare nell'Atrio del Cavallo e nella Valle dell'Inferno) la ginestra dell'Etna forma boscaglie quasi impenetrabili. In associazione con le ginestre cresce l'elicriso (helichrysum litoreum) e la valeriana rossa (Centranthus riber). tra gli 800 e i 1000 metri compaiono anche le piante di alto fusto, con popolazioni di betulla verrucosa (Betulla pendula) che rappresentano dei relitti delle ultime glaciazioni.

Sui versanti settentrionali del Monte Somma ci sono boschi di roverella (Quercus pubescens), ontano napoletano (Alnus cordata), acero (Acer pseudoplatanus), carpino bianco (Carpinus betulus) che si alternano al castagno (Castanea sativa) e nocciolo (Corylus avellana), introdotta dall'uomo. Nell'Atrio del Cavallo, nella Valle dell'Inferno e sul Monte Somma è presente anche la robinia (Robinia pseudoacacia) introdotta a scopo di rimboschimento. Sul versante meridionale del vulcano, fino all'istituzione del Parco avvenuta nel 1995, l'originale vegetazione è stata sostituita dall'attuale pino domestico (Pinus pinea); impiantato sulla lava che aveva danneggiato in più punti la giovane foresta. tra le specie appartenenti all'originale vegetazione continua a guadagnare spazio all'interno delle aree protette, il leccio (Quercus ilex) A favorire la sua ripresa sono stati soprattutto numerosi incendi che hanno colpito la riserva nel corso degli anni '90; infatti il leccio è particolarmente veloce a ricolonizzare i terreni attraversati dal fuoco. Il rigoglioso sottobosco include il biancospino (Crataegus monogyna), la fausaggine (Eumonynus europaeus) e lo smilace (Smilax aspera).

La vegetazione mediterranea si compone di lentisco (Pistacia lentiscus), mirto (Myrtus communis), alloro (Laurus nobilis), fillirea (Phillirea latifolia), origano (Origanum vulgare) e rosmarino (Rosmarinus officinalis).

Tra la primavera e l'estate fioriscono sul Vesuvio ben 23 specie di orchidee selvatiche; le più visibili sono: Orchis maculata, Orchis papillonacea e Ophrys aphegodes.

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