'Na urpe vecchia...

e nu lupu minchia !

 

a cura di:   VINCENTI   Silvia

    Le storie raccontate dai nostri nonni sono sicuramente belle e diverse dalle solite.

    Di queste noi ne conosciamo molte, tutte riferite al passato.

Ogni giorno una volpe passava per le vie della città e si fermava ad ascoltare le grida dei "pescialuri".

Uno di questi, ogni mattina, passava per l'abitato con la sua cesta piena di merce e gridava:

"...lo scògliooo !!!…"

In quel tempo non esistevano macchine, c'erano solo cavalli, quindi per strada non c'era pericolo di morte.

Il pescialuru, quando arrivò, la vide e pensò tra sè: "Oggi, insieme al pesce, venderò anche la pelliccia di questa bellissima volpe".

E, più che contento, mise l'animale nella cesta.

Alla volpe, sentendo quelle grida, veniva l'acquolina in bocca e non pensava ad altro che non fosse il come mettere le zampine nella cesta piena di quel ben di dio. Un giorno si svegliò molto presto e andò a rotolarsi nell'erba bagnata. Quando passò il pescialuru lei si mise in mezzo alla strada, facendo finta di essere morta.

Successivamente la volpe, furba, alleggerì la cesta dal suo peso e, quando il pescialuru si dovette fermare per fare dei bisognini, scappò e raccolse tutto il pesce che aveva precedentemente buttato per terra.

Lo portò a casa sua, lo fece a corona e lo appese ad affumicare sulla "ciminìa".

Dopo un po' si mise a piovere ed entrò nella sua casa un lupo che domandò se poteva, da ospite, riscaldarsi  vicino al fuoco.

La volpe disse di si, purchè non guardasse in alto, correndo il rischio di ricevere negli occhi della fuliggine che gli avrebbe, mai sìa, impedito di vedere.

Il lupo, che era un dritto, facendo finta di fare uno sbadiglio, alzò in alto la testa e si accorse della corona di pesce  appesa, come i "chiùppi te pimmitòri", in alto ad affumicare.

Poi disse alla volpe, stropicciandosi gli occhi: "...Mannàggia la  fuliggine..., non è che... non volendo... te àcchi na spina te pesce, ci cu te nfùchi ...ci non dici 'u veru…!

E la volpe rispose: "Di pesce un po'  te ne dò, ma se ne vuoi ancora di più, vieni con me domani al mare, che ti insegno come si pesca, senza misura.

Il lupo, allora, continuò dicendo:"Ah si, e come si fa "?

La volpe disse:"Domani lo saprai, però porta "u mmìle" con una catena e vedrai".

U mmìle era una specie  di termos di terracotta che i contadini riempivano di acqua e dal quale, quando avevano sete, bevevano. Successivamente se lo passavano di bocca in bocca, pulendone la sommità con le mani sporche di terra.

Il lupo, la mattina presto, andò a bussare a casa della volpe e, insieme, andarono al mare per pescare.

Arrivati lì, la volpe prese  "u mmìle" e lo appese con la catena intorno al collo di quel mìnchia di lupo, dicendogli:

"Quantu cchiù intra vai, cchiù pèsci ròssi trovi".

( N.B. Altri dicono che abbia detto:

"Quantu cchiù intra vài, cchiù fèssi ròssi tròvi !!!)

 

Il lupo, con forti bracciate, si addentrò in mare sempre più.

Mentre u mmìle, già pesante,  si riempiva d'acqua nnà bbellèzza, la volpe, premurosa, ogni tanto domandava :

"Stà pìschi, lùpu"?

Ma il lupo non poté mantenere a lungo u mmìle, pieno d'acqua, e affogò.


...Su sta terra fessi 'ncinn'è mùti...

 

Ogni tantu, unu ròssu, vaje mare cu ne trova n'àutru cchiù fèssa te iddhru, ma, alle fiàte, no lù trova,

e rimane futtùtu…!!!

Fìju mèu:"Mare vìti e fùsci,

putèca vìti e tràsi"...!

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