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La tecnica dell'assedio

In caso di assedio il dispositivo romano veniva schierato in funzione dei mezzi di cui disponevano gli assediati.

Tutta una grande varietà di macchine erano utilizzate per aver ragione delle mura più resistenti, e i soldati dovevano effettuare importanti lavori di genio. Il muro della città attaccata rappresentava l'ostacolo principale.

Dall'alto delle mura, protetti dai merli (propugnacula), i difensori della città lanciavano giavellotti, frecce e pietre sugli assalitori prima ancora che questi arrivassero ai piedi del muro. Giunti sotto le mura rischiavano di ricevere una pioggia d'acqua bollente o di olio bruciante.

Il secondo problema che si poneva allo stato maggiore romano erano gli uomini di presidio alla città: essi rappresentavano un pericolo non soltanto quando si riparavano dietro il muro, ma anche quando effettuavano sortite in massa.

La tattica migliore era quella di chiudere gli assediati, tattica che permetteva di aggravare le sofferenze provocate dalla mancanza di viveri e d'acqua impedendo i rifornimenti, e ogni comunicazione con eventuali alleati: nessun messaggero doveva superare le linee romane.

L'effetto psicologico di questo isolamento e le sofferenze causate dalla fame e alla sete indeboliva di assediati. Questa chiusura ermetica impediva dunque anche che fossero chiamati dei rinforzi.

Gli assedianti

Per superare l'ostacolo delle mura come sempre si faceva riferimento all'addestramento dei soldati, ai lavori e alle macchine d'assalto.

Normalmente, la condotta dell'assedio dipendeva dalle competenze del terzo ufficiale della legione, il prefetto.

Il campo di assedio rappresentava l'elemento principale fra i mezzi di investimento messi in opera. Costruito con rapidità, e previsto per una durata limitata, esso assomigliava molto più ai campi allestiti alla sera di una tappa, nel corso di una marcia, che non alle fortezze permanenti; per la cinta di difesa, si utilizzava dunque normalmente del legno, più raramente terriccio o pietra.

Prima di tutto, la città attaccata veniva circondata da diverse postazioni; la principale ospitava il quartier generale, e una serie di punti d'appoggio annessi completavano il dispositivo.

Per isolare completamente gli avversari si circonda la città con una cinta chiamata circonvallazione, che può essere costituita anche semplicemente da un'alzata di terra, un agger.

Questa cinta è accompagnata da un fossato, sormontato da una palizzata a sua volta rinforzata da uno steccato, che riproduce così la "fortificazione elementare" dei campi provvisori. Durante l'assedio di Gerusalemme, Tito fece costruire un muro di 7,85 km, che partiva dal quartier generale e ad esso ritornava.

A Masada (una fortezza) assediata sempre da Tito un'opera analoga per una lunghezza di 3,65 km.

Se c'era il timore che arrivasse un esercito di soccorso, come nel caso di Alesia per Cesare, veniva predisposta una seconda difesa, ancora più lunga della prima, una "controvallazione", che proteggeva i Romani contro l'esterno. Dalla descrizione fatta dallo stesso Cesare il vallo doveva risultare più o meno così costituito ../Immagini/valloalessia.jpg (27933 byte) da notare che le fortificazioni, in quel caso, erano rivolte verso l'esterno a difesa di eventuali soccorsi esterni alla città.

Tanti sforzi mostrano la preoccupazione dello stato maggiore di proteggere gli uomini e di contenerne le perdite. E la protezione dei soldati era prevista anche durante gli assalti alle mura, i Romani dispongono prima di tutto di difese fisse, graticci e pannelli di legno dietro i quali i soldati si riparavano poi utilizzate anche protezioni mobili, che permettono di avvicinarsi al muro della città nemica la "testuggine" (testudo) ../Immagini/testugine.jpg (27933 byte) e "topolino" (musculus): si tratta di gallerie, montate su ruote, il cui tetto era rinforzato con l'aggiunta di placche di metallo e di pezzi di cuoio.

Ma lo scopo principale era la presa della città. Una città fortificata, il più delle volte era dotata di un fossato, per superare il si costruivano una o più terrazze di avvicinamento, una stretta lingua di terra e di pietra e che avanza quanto più in alto e vicino possibile. Nell'assedio di Gerusalemme, Tito ne fece costruire almeno cinque; a Masada (causa l'estrema difficolta del terreno) ce ne fu una soltanto, di cui sono stati ritrovati i resti.

Altrimenti si tentava di abbattere le mura e a questo scopo esistevano diversi mezzi: o degli operai l'attaccano, proteggendosi sotto delle testuggini, con la zappa o con un ariete ../Immagini/arietetestugine.jpg (27933 byte), o si cerca di dargli fuoco riempiendo di trucioli e cespugli dei fori preventivamente praticati nella parete, oppure lo si scalza ricorrendo a uno scavo sotterraneo.

Altrimenti si costruivano delle torri ../Immagini/torre.jpg (27933 byte) a volte ricoperte di ferro e costruite su ruote; esse servivano da osservatori e da postazioni di tiro; ospitavano arieti e portavano appese scale o ponti volanti utilizzati al momento dell'assalto finale, a volte anche queste fornite di arieti. ../Immagini/torreariete.jpg (27933 byte)

Questa diversa varietà di costruzioni conferma l'alto livello dell'abilità tecnica dei romani.

L'assalto

Se la grandiosità di simili lavori non provoca già presso gli assediati uno spavento sufficiente per indurli alla resa, non resta che l'ultima risorsa, il combattimento. Non pare che i Romani abbiano praticato con regolarità l'attacco generalizzato da tutti i lati contemporaneamente: preferivano invece scegliere il punto più debole della difesa e di fronte a quello veniva installata la terrazza d'assalto.

Allora, veniva effettuata un'azione preparatoria di artiglieria che aveva un triplice scopo: provocare ulteriori danni al muro, produrre perdite di uomini presso l'avversario, e indebolirne il morale.

Dopo aver a lungo martellato le mura e gli assediati, e quando si è individuato il punto più debole della difesa si dava il via all'assalto finale.

Si colpisce il muro con delle elepoli o degli arieti; questi ultimi servono anche per cercare di sfondare la porta.

Flavio Giuseppe descrive uno di questi mostri utilizzato nell'assedio di Iotapata:

Questo consiste in una trave di smisurata grandezza, simile a un albero di nave; alla punta è rinforzato da una gran massa di ferro a forma di testa d'ariete, da cui prende il nome. Per mezzo di funi è sospeso nel punto centrale, come l'asta di una bilancia, ad un'altra trave sorretta alle due estremità da cavalletti di sostegno. Tirato indietro da un gran numero di serventi, che poi lo spingono in avanti tutt'insieme, batte le mura con la punta di ferro. E non v'è torre così forte o cinta muraria così spessa che, se anche riesce a sopportare i primi colpi, possa resistere a un martellamento continuato.

Nello stesso tempo, il generale romano dispone le sue truppe davanti al punto considerato più debole. Flavio Giuseppe descrive come Vespasiano procedette all'assedio di Iotapata:

Volendo strappare dalla breccia i difensori, fece smontare i più valorosi dei cavalieri e li dispose in tre gruppi di fronte alla parte del muro che era rovinata, tutti ricoperti dalle armature e con le lance in resta, con l'ordine di cominciare a entrare nella città quando fossero stati sistemati i ponti. Alle loro spalle schierò la parte più valida della fanteria, mentre il resto delle forze a cavallo lo dispose dirimpetto al muro, lungo tutta la montagna, affinché nessuno di quelli che fossero sfuggiti all'espugnazione potesse trovar scampo. Ancora dietro schierò in semicerchio gli arcieri con l'ordine di tener le armi pronte al tiro, e così pure i frombolieri e i serventi delle macchine.

A questo punto l'attacco può cominciare. I legionari, per proteggersi si avvicinano alle mura formando "la testuggine" con i loro scudi. ../Immagini/testuginediscudi.jpg (27933 byte) Arcieri e frombolieri lanciano un'ultima pioggia di ghiande e dardi, i fanti vi aggiungono i loro giavellotti. Le scale d'assalto vengono appoggiate al muro, o cadono dall'alto delle torri mobili, fino a raggiungere la sommità del muro dove inizia lo scontro corpo a corpo. Una volta raggiunta questa posizione, possono considerare la situazione nelle loro mani.

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