Diario di viaggio

 

Venerdì 6 Ottobre 1995

 

Siamo partiti ieri alle undici di mattina dalla stazione di Vigna Clara, ma solo oggi si è raggiunto quel minimo di tranquillità per potersi dedicare al diario di viaggio. Sono le 9 di mattina e ci siamo risvegliati in un campetto di calcio, deve essere opera della comunità di Albanesi che vive qui da presso in alcuni edifici abbandonati.

Andrea, il nostro "sherpa" dovrebbe essere già arrivato, con il suo fiorino rosso, per prendere con se le tende e i sacchi a pelo. Prima che arrivi proverò ad elencare alcune delle cose successe ieri. La partenza da Vigna Clara non ha riservato sorprese, c'era molta soddisfazione per l'articolo con foto pubblicato su Repubblica, anche se i contenuti dell'articolo sono altamente inesatti rispetto all'operazione che abbiamo intrapreso, per non parlare della foto: bambini in un campo nomadi. Eravamo però entusiasti che apparissero, a caratteri cubitali, le parole Arte e Nomadi.

Lasciata la stazione in 10 abbiamo seguito il tratto di anello ferroviario non ancora completato, contavamo di incontrare Gregorio con le sue pecore, ma il pastore non c'era, forse è partito per una transumanza urbana, magari verso Roma sud. Raggiunta la sponda del Tevere, con un fischio, chiamiamo Alfredo il pescatore. Lui appare subito su di un motoscafo, ci chiede mezz'ora di tempo per tornare con la chiatta e traghettarci sull'altra sponda. Torna anche prima e con estrema facilità traversiamo il fiume. Percorriamo l'argine dell'Aniene, ne seguiamo le curve. Tra il fiume e gli argini, sui quali affaccia la città compatta, ci sono solo poche decine di metri ricoperti da un fittissimo canneto, solcato da un sentiero lungo il quale si aprono ambienti più ampi, anch'essi coperti con volte a canne, spazi abitati, qua e là qualche tenda o qualche baracca. Incontriamo solo un piccolo nucleo familiare, salutiamo, chiediamo informazioni che non seguiamo inoltrandoci dritti lì dove ci hanno detto che non si passa. Piccio avanza rapidamente, lo ritroviamo più avanti che spiana farina su dodici grandi cilindri di cemento attraverso i quali avremmo dovuto passare. Quando tutti lo abbiamo raggiunto apre una bottiglia di vino e la versa tracciando una riga attraverso tutti i cilindri di cemento infarinati. Celebrata questa "porta" la attraversiamo cercando di trarre energie dalla sacralità dell'atto appena compiuto, qualcuno non si trattiene dall'esprimere considerazioni smitizzanti sulla qualità del vino. Incontriamo delle vasche da bagno le percuotiamo forsennatamente, suonano come tamburi. Più avanti alcuni cani ci sbarrano la strada, riusciamo a passare ugualmente, non senza un forte spavento si raggiunge il traliccio fognario sul quale abbiamo intenzione di attraversare l'Aniene. L'operazione non è semplicissima bisogna calarsi con le corde. Raggiunta l'altra sponda nuove complicazioni, ci troviamo a cinque metri sopra il piano di terra e non sappiamo come scendere. Si invoca aiuto, da una vicina catapecchia esce un uomo, gli si chiede una scala, con l'aiuto delle corde e della scala tocchiamo terra. E' arrivato Andrea, è ora di ripartire. Un'ultima cosa, ieri all'appuntamento con lui siamo arrivati con un'ora di ritardo, alle 6, era quasi buio, appena in tempo per goderci lo spettacolo di tutti quei cilindroni gialli e blu, bocche di aerazione e ascensori della stazione della metropolitana di Quintiliani, che fuoriescono dal nulla nel bel mezzo di una valle verde e che suonano con ritmo regolare il passaggio veloce dei treni.

Si riparte. (...)

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