Nel 1664 a Versailles ci fu una grandiosa festa d’inaugurazione che fu dedicata, anche se non ufficialmente, a Louise de La Valliere.

 

I festeggiamenti durarono dal 7 a 13 maggio ed ebbero un titolo molto originale, inventato da Moliere: “ Les Plaisirs de l’Ile enchantée – I Piaceri dell’Isola Incantata”.

 

Nei drammi scritti per Versailles Moliere rappresentava sotto falso nome Louise e Luigi e narrava esattamente la loro storia.

 

Alla festa d’inaugurazione Moliere presentò il suo capolavoro: “Il Tartufo”. Vi si narra la vicenda di un perfido opportunista, ingannatore, capace di circuire il suo prossimo. Il re apprezzò moltissimo la creazione del suo autore prediletto.

 

Charles Perrault, grande arredatore, propose a Colbert di decorare gli appartamenti di Versailles, destinati alle feste della corte, seguendo la moda di altre nazioni, con saloni alla turca, alla greca o alla persiana.

 

Colbert diede disposizioni affinché tali idee venissero realizzate.

 

Il re adora Versailles, ma pensa anche al Louvre e a proposito di quest’ultimo si rivolge cosi ai suoi architetti:” Signori, potete giudicare della stima che ripongo in voi, perché vi affido la cosa al mondo che mi è più preziosa, che è tutta la mia gloria. Sono certo che farete delle meraviglie”.

 

Il ministro Colbert voleva l’abbellimento del Louvre e avrebbe dato tutto perché il re abbandonasse Versailles, che giudicava come un inutile e colossale spreco.

 

Inoltre era ossessionato dal tracollo che avrebbe provocato alle finanze regie e disse:” C’è da augurarsi che il palazzo crolli non appena il piacere del re sarà stato soddisfatto”.

 

Eppure Luigi si occupò per trent’ anni esclusivamente della sua reggia e dei due Trianon, quello di porcellana, costruito nel 1670 in stile “cinese” e quello di marmo del 1687 opera di Mansart.

 

La vena artistica del Re Sole raggiunse l’apice della magnificenza con l’invito in Francia di Gian Lorenzo Bernini.

 

Egli andò in Francia nel 1665 e fu il suo unico soggiorno all’estero, purtroppo deludente.

 

Fu chiamato a Parigi dal re e da Colbert per ridisegnare la facciata del Louvre e venne accolto e trattato con tutti gli onori.

 

Bernini era un uomo vivacissimo, altezzoso e intrattabile. Litigava con tutti e, se si sentiva infastidito, minacciava di tornare subito a Roma. Detestava persino Luigi XIV per il fascino sfolgorante e il suo splendore.

 

Gli venne anche chiesto di scolpire un busto del re e una sua statua equestre, da realizzare partendo da un solo blocco di marmo bianco.

 

Alla fine la stupenda statua non piacque al re, che negò il suo placet.

 

L’opera venne poi rielaborata dallo scultore francese François Girardon e convertita nella statua di Marco Curzio.

 

Infine il monumento fu relegato in una posizione infelice presso le Eaux des Suisses.

 

Il re rigettò anche i piani di Bernini per la facciata del Louvre.

 

In questo modo dal punto di vista artistico, alla corte del Re Sole venne bocciato il Barocco e stabilito il dominio della regola classica dell’arte.

 

Secondo Norbert Elias, il sociologo che più ha studiato la filosofia di questa società, Versailles “era” Luigi XIV; l’abitazione del re era anche la “dimora” della società di corte.

 

Nella casa del sovrano, almeno a una parte dei nobili era riservato in permanenza un appartamento.

 

Il re vedeva con gioia la permanenza della nobiltà presso di sé e si rallegrava a ogni nuova richiesta di una residenza a Versailles.

 

Nel ritratto di Luigi tracciato dopo la sua morte, Saint - Simon dice: ”Fece costruire a Versailles un gran numero di abitazioni e quando si desiderava averne una lo si adulava”.

 

Nel 1744, trent’anni dopo la scomparsa del Re Sole, nel castello erano alloggiate oltre 10000 persone.

 

Nel 1668 Luigi si stabilì definitivamente a Versailles, per viverci e lavorare.

 

Per celebrare la data, diede un divertissement, durante il quale Moliere presentò per la prima volta “Le Bourgeois Gentilhomme”.

 

Per Voltaire Versailles era un enorme caravanserraglio carico di miseria e scontento.

 

Ma la miseria non si vedeva, mentre lo splendore e la grandezza erano evidenti.

 

Secondo Norbert Elias con questo tipo di società di corte si realizza, per la prima volta nell’Europa moderna, un esempio perfetto di centralizzazione dello Stato assoluto.

 

La corte del Re Sole implica un processo di maturità, ma pone anche le premesse della disgregazione che si compirà con la Rivoluzione del 1789.

 

Elias è attratto dal fascino della corte del Re Sole, che definisce “il fantomatico perpetuum mobile”. Ognuno è legato all’altro come in un mosaico. Lo stesso re è un prigioniero dorato del suo meccanismo perfetto; non soltanto non lo domina, ma ne è dominato.

 

Nella vita di corte le costrizioni non sono esercitate solo dall’alto verso il basso, ma anche in senso opposto, come nelle società attuali.

 

Il re Sole decide del destino di un ministro o di un gentiluomo, ma a sua volta viene messo in crisi da una dama o da un intendente.

 

Versailles costò a Luigi 400 milioni di franchi e la Francia non glielo perdonò mai, anche se ne trasse una gloria immortale.

 

In quel luogo c’era scarsa igiene, niente riscaldamento, poca acqua e poche candele. L’intera regione intorno a Versailles era paludosa e insalubre; operai e artigiani morivano di febbri.

 

Inoltre Luigi era lontano dalla capitale e dal Parlamento, dunque apparentemente tagliato fuori dalla politica.

 

Versailles fu dunque il suo prodigio, ma anche il suo limite: lo sottrasse alla vita dello Stato e alla logica di una capitale europea, ma gli regalò un giocattolo perfetto: la corte.

 

Luigi XIV si impose al mondo e alla posterità con la sua personalità carismatica, contraddittoria eppure abbagliante e grandiosa come il capolavoro che ha saputo creare dal nulla: Versailles.

 

 

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