I suoi posteri alchemici


In certi ambienti il nome del conte Giovanni Battista Negroni è legato all'occultista principe don Raimondo de Sangro di San Severo, nato nel 1710 e morto nel 1771 d'infarto miocardico, secondo le cronache. Secondo la leggenda, invece, il principe muore nel momento della reincarnazione a causa dell'impazienza di un servo curioso che, dopo averne tagliato il cadavere aRaimondo di Sangro pezzi riponendoli in una bara, non sa attendere i 40 giorni richiesti dalla pratica magica e scoperchia la bara proprio nel momento della ricomposizione del corpo impedendone la rinascita. Duca di Torremaggiore, detto dal popolino u prencepe diavolo, figlio materiale e d'arte degli alchimisti Antonio e Cecilia Caetani dell'Aquila di Aragona, discendenti del cinquecentesco Manuele Caetani, importatore dal Belgio e gran maestro della Massoneria nel regno di Napoli, allievo del veggente svedese Swedenborg. Grande scienziato, inventa cere, vernici che penetrano nel marmo, sistemi di dissalazione e potabilizzazione dell'acqua di mare: tutte formule andate disperse; solo le opere rimaste ricordano e dimostrano tanto ingegno. Gli esperimenti di cristallizzazione dei tessuti umani del principe, compiuti verso la fine del 1739 sui suoi schiavi negri, hanno lasciato memoria su due cadaveri, uno di un uomo ed uno di una donna incinta, con il sistema circolatorio del sangue completamente pietrificato, dalle arterie ai vasi capillari, visibili tutt'oggi nella magica cappella San Severo, in Napoli. In una delle stradicciole nel centro di Napoli, fra piazza San Domenico Maggiore e via Nilo, ove il Sole da secoli penetra con fatica a frugare nei ricordi del passato, esiste la cappella gentilizia di Raimondo di Sangro, discendente dalla gloriosa stirpe dei Carolingi, principe di San Severo, duca di Torremaggiore ed erede di diciotto altri titoli nobiliari. Questa cappella è un vero scrigno di tesori preziosi, vari ed unici. Vi si trova un Cristo ligneo del IX secolo che, secondo la tradizione, parla a San Tommaso d'Aquino; vi è il Disinganno del Quirolo, pregevole figura ad altezza naturale, ove il corpo del personaggio si dibatte nudo in una rete, ed il tutto è ricavato da un solo blocco di marmo; vi è il Pudore del Corradini, scolpito in una particolare vena di marmo tale che se le se avvicina una candela l'intera figura si illumina di luce interna, quasi fosse in alabastro. Infine è notevole la presenza del celebre Cristo morto del Sammartini: tale capolavoro mostra la figura del Signore distesa sotto un sudario bagnato, e tale è la precisione dell'artista, che si notano perfino le vene del corpo al di sotto del marmoreo lenzuolo. Ma il motivo principale per cui la cappella è famosa è dovuto a dei "pezzi unici", opera del principe Raimondo di Sangro, chiamato dal popolino u prencepe diavolo. Lo schiavo con i vasi sanguigni pietrificati Ciò che tocca il culmine dell'incredibile è l'orribile esperimento di pietrificazione del sangue eseguito dal Principe su due suoi schiavi negri. Racchiusi in vetrine poste in una cripta al di sotto della cappella, ed alla quale vi si accede per mezzo di una scaletta, vi sono i corpi, o meglio, quello che resta dei corpi poiché il visitatore si trova dinanzi ad un viluppo di vene, arterie, ultima testimonianza di quelli che sono stati degli uomini. L'impressione che si prova è notevole. Come il Principe abbia concepito un tale orrore e come l'abbia attuato è un mistero. I resti, che originariamente sono esposti senza la protezione delle vetrine, mancano di molti frammenti delle vene degli arti. I visitatori, infatti, per lo più studenti e studiosi in medicina oltre che appassionati d'arte, hanno prelevato di nascosto questi frammenti per poterli agevolmente studiare e comprendere come sia possibile che da duecento anni quella cristallizzata impagliatura purpurea non si sia ridotta in polvere e soprattutto quale sia la tecnica usata. Istituti di tutto il mondo hanno chiesto campioni e quelli che li hanno ottenuti ed analizzati non hanno saputo spiegare il procedimento. Il segreto del metodo non è mai stato rivelato ed è tuttora un enigma indecifrabile per la scienza ufficiale. Questi due "pezzi unici" vengono chiamati anche "Macchine anatomiche", denominazione data dal Canonico Celano (Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, 1792) dei due scheletri maschile e femminile, nei quali si osservano tutte le vene e tutte le arterie, comparsi solo vent’anni dopo il decesso del principe Raimondo di Sangro (1771). Pare siano stati ottenuti per iniezione diretta nel sistema sanguigno di una sostanza imbalsamante a base di mercurio. Oltre a tutti i visceri ed agli organi del torace e dell’addome umano, si osservano i vasi sanguigni del cranio, della bocca, della lingua. Nel torace della femmina è evidente l’esofago (mancante nell’esemplare maschio). Nel suo addome è visibile anche un feto, accanto alla placenta aperta, da cui fuoriesce il cordone ombelicale collegato all’utero. Fin dal 1792 se ne attribuva la paternità ad un medico anatomico palermitano, Giuseppe Salerno, che aveva notoriamente ottenuto risultati simili nella sua famosa scuola di imbalsamazione. Tornando alla cappella, questa non viene eretta per essere destinata al culto, ma per essere l'ultima dimora terrena dei proprietari e per servire, quale testo marmoreo, per le scienze occulte. Infatti, la cappella San Severo si presenta come un monumentale grimoire, un libro magico in marmo, nel quale la magia è esposta per mezzo di simboli e glifi misteriosi. Fra i vari monumenti figurano tredici glifi magici che corrispondono, fra l'altro, ad analoghi Arcani dei Tarocchi; essi costituiscono l'ossatura della cappella ed il suo significato fondamentale, insegnando la magia al visitatore. La schiava incinta con i vasi sanguigni pietrificatiAlle quattro estremità della cappella, compaiono i quattro semi dei Tarocchi: Bastoni, Spade, Coppe e Denari. Le altre figure, come del resto gli stessi Arcani Maggiori, hanno una notevole attinenza con i glifi, i simboli dell'arte reale, della gaia scienza, del ciclo cavalleresco, del ciclo di re Artù. I tredici glifi magici della cappella San Severo comprendono l'altare maggiore e varie statue che sono sistemate lungo la navata e all'estremità dei quattro assi della chiesa. Da destra, entrando, si può osservare l'Amore Divino che corrisponde nei Tarocchi al primo degli Arcani Maggiori: il Bagatto. Questa scultura viene ufficialmente attribuita al Corradini, anche se molti sono propensi a crederla opera di un ignoto che avrebbe agito sotto ipnosi del Principe. Essa, oltre a ricordare nel gesto il Bagatto dei Tarocchi, rappresenta schematicamente la lettera Aleph dell'alfabeto ebraico. Uomo dall'ingegno bizzarro, scienziato poliedrico, scrittore fecondo, occultista insigne, in poco tempo gli viene attribuita la fama di stregone e negromante, ma, alla luce attuale, di questo grande uomo, vissuto tra il 1710 ed il 1771, nato a Torremaggiore e morto a Napoli, si può dire solo che è un chimico per eccellenza. Sua è l'invenzione, la cui documentazione è andata dispersa, per colorare il marmo e il vetro; sua l'invenzione di una speciale carta, in lana da un lato ed in seta dall'altro, che non prende fuoco ed ancora la lampada eterna, ovvero una lampada inestinguibile, che non consuma combustibile e che può essere accesa a distanza. Una lampada della quale si parla a più riprese a proposito dei Rosa Croce del 1600. Si racconta che egli abbia ipnotizzato il Sammartini per fargli scolpire il suo Cristo morto e che, dopo averlo tenuto segregato per tutto il tempo necessario per il compimento dell'opera, lo abbia fatto accecare, così da non poter compiere di nuovo simili prodigi. Tornando alla sconsacrata cappella ci si accorge che le meraviglie non sono terminate. Da duecento anni i dipinti della volta, realizzati con colori elioidrici (eliocromia, riproduzione dei colori sopra uno strato sensibile, oggi si direbbe con processi fotografici), sono lì, senza una screpolatura, lucidi come una cartolina e resistenti all'umidità ed alla luce. I marmi che rivestono la cappella portano delle iscrizioni che non sono scolpite sulla loro superficie, ma che sono state ottenute abbassando la superficie del marmo con degli acidi e lasciando in rilievo solo le lettere delle scritte, preventivamente ricoperte da una speciale pasta a base di paraffina. E' da tener presente che tutto questo viene eseguito nel XVIII secolo. Proseguendo, sempre sulla destra, c'è il glifo magico rappresentante l'Educazione: gruppo scultoreo che corrisponde al secondo Arcano, intitolato la Papessa. Altro glifo magico, sempre procedendo in senso antiorario sul lato destro della cappella, è il dominio di se stesso, la forza, che corrisponde all'undicesimo Arcano intitolato la Forza. A sinistra, un possente e plastico soldato si adagia fiacco su di un sarcofago e stringe in una mano una catena di cui l'altra estremità è tenuta nelle fauci da un leone accovacciato. Anche questa è una ripetizione dell'allegoria della citata undicesima carta dei Tarocchi dove vi è una donna che smascella un leone! Segue, di nuovo sulla destra, La Sincerità. Questa Sincerità è un equivalente del dodicesimo Arcano: L'Appeso. Nel monumento si trova in posizione eretta e non capovolta come nei Tarocchi, molto probabilmente perché l'Alliette, cartomante francese famosissima in quell'epoca, ha raddrizzato questa carta e le ha posto nelle mani un caduceo proprio come si vede nel monumento della cappella. Ancora sul lato destro c'è la figura del disinganno, che rappresenta un uomo avvolto in una fitta rete da pescatore nel tentativo di liberarsene. Accanto vi è un fanciullo con una fiamma che gli arde al centro della fronte ed impugnante uno scettro nella destra. Questo fanciullo lo aiuta a liberarsi dalla rete e a vedere. Alcuni libri sono caduti, come inutili, ai piedi dell'uomo, ed una sfera, che potrebbe essere un mappamondo, figura sotto lo scettro tenuto dal giovanetto. Questa immagine del disinganno rappresenta chiaramente la dealbatio alchemica e corrisponde al glifo magico dei Tarocchi intitolato la Luna: il diciottesimo Arcano. In questa figura appare anche uno dei quattro semi dei Tarocchi: il bastone o scettro, nelle mani del fanciullino alato. Ma, come è stato detto, tutte e quattro le figure dei semi dei Tarocchi compaiono lungo i quattro assi della cappella. Di fronte a questo monumento è, infatti, quello della Pudicizia, e in questo glifo appare la Coppa, invece ai due estremi dell'asse longitudinale della cappella compaiono sull'altare maggiore il Denario, che è un disco raggiato, mentre sull'altro estremo dell'asse, sopra l'ingresso, nel monumento a Cecco de Sangro, figura la Spada. Così disposti, i quattro semi dei Tarocchi rappresentano la croce equinoziale: il Denario che figura sull'altare maggiore è simbolo dell'Inverno, il solstizio d'inverno del 25 dicembre, e la Spada all'opposto rappresenterebbe il solstizio d'estate. Parimenti il Bastone del monumento ad Antonio de Sangro indica l'equinozio di primavera, mentre la Coppa, tradizionale simbolo dell'acqua, l'equinozio di autunno. Ci si trova quindi non soltanto di fronte ad una allegoria filosofica, ma anche ad una rappresentazione liturgica in cui i monumenti sono collegati secondo una precisa disposizione astronomica, significativa per il calendario. Il glifo magico dell'altare maggiore rappresenta la Pietà, cioè la Vergine con il Cristo morto appena deposto. Questa Pietà è una rappresentazione dell'androgino magico. E' un corpo con due teste, una femminile ed una maschile che ha il suo corrispettivo nel diciannovesimo Arcano, quello del Sole dove si vedono due bambini, uno maschio e l'altra femmina, che si tengono per mano. Al di sotto dell'altare è rappresentata la Resurrezione. Vi si vede una pietra cubica rappresentante la tomba o l'apertura della tomba. Questo glifo corrisponde a quello del Giudizio nel ventesimo Arcano dei Tarocchi insieme alla statua del Disinganno: entrambi partecipano al significato della carta dei Tarocchi del Giudizio e del Sole. Sul lato sinistro si trova il monumento alla madre del Principe che tuttavia rappresenta la Pudicizia velata. E' una donna che tiene in mano un festone di rose; questo festone è però incompleto, alcune rose mancano. In magia la rosa è il simbolo della materia prima. Si vuol fare riferimento anche alle rose che l'asino di Apuleio mangia durante la processione di Iside che gli fanno riacquistare la condizione umana. Le rose che mancano, si sottintende, sono state mangiate. Questa carta corrisponde nei Tarocchi alla figura dell'Imperatrice: il terzo Arcano. Sul lato sinistro, tornando verso l'ingresso, si incontra il monumento alla Soavità del giogo maritale corrispondente nei Tarocchi alla sesta carta L'Amoroso. Sempre sul lato sinistro sta Lo zelo della religione corrispondente nei Tarocchi alla nona carta dell'Eremita. Rappresenta un uomo anziano che stringe nella destra un flagello, e nella sinistra porta una lampada nella stessa guisa della figura dei Tarocchi. Ancora sulla sinistra è posta la statua della Liberalità. Si tratta di una figura che con la mano sinistra tiene il corno dell'abbondanza, la cornucopia, dal quale escono gioielli in grande quantità, con la destra porge delle monete; un tempo impugnava un compasso le cui punte attualmente sono spezzate. Questa figura che dona con entrambe le mani, corrisponde esattamente al diciassettesimo Arcano dei Tarocchi intitolato La Stella, dove una fanciulla nuda versa rispettivamente nella terra e nell'acqua il contenuto di due caraffe, l'una d'argento e l'altra d'oro. L'ultimo monumento del lato sinistro è il Decoro che rappresenta la strana caratteristica delle forme anatomiche in parte maschili ed in parte femminili a ricordare l'androgino ermetico. Questa statua è stata, da alcuni, paragonata alla Temperanza, quattordicesimo Arcano dei Tarocchi, da altri è stata ricollegata ad immagini di androgini magici.La cappella San Severo in NapoliAl di sopra della porta dell'ingresso si trova il monumento a Cecco de Sangro, uno zio del Principe. Esso rappresenta un ufficiale spagnolo calzato di borgognotta, un tipo di elmo, che esce da una cassa di munizioni impugnando nella destra una spada. Ai due lati di questa cassa di munizioni figurano due grifoni che ricordano quelli del Carro, la settima carta dei Tarocchi a cui esattamente questo glifo corrisponde. In realtà mancano soltanto le ruote del carro per avere una esatta riproduzione della carta. Questo monumento ha dato al Principe il modo di rappresentare rinnovato il glifo antichissimo del carro col suo cavaliere ed i suoi destrieri. Il glifo del carro che si trova nei Tarocchi risale alla Biga, la famosa biga alata di Platone. L'anima razionale è il cavaliere ed i due grifoni rappresentano l'uno l'anima irascibile e l'altro l'anima concupiscibile. Si nota, infine, al centro della cappella il famosissimo Cristo velato che corrisponde al tredicesimo Arcano dei Tarocchi, intitolato La Morte. Nella cappella vengono rappresentati quindi quattordici Arcani o, come dicono gli adepti, due volte sette: ne vengono, invece, tralasciati sette più il Matto. Per completezza di cronaca e, perché no, di studio, gli Arcani non rappresentati sono: l'Imperatore, 4; il Papa, 5; la Giustizia, 8; la Ruota della Fortuna, 10; il Diavolo, 15; la Torre, 16; il Mondo, 21; il Matto.

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