LETTERA DI LENTULO

 

A

 

"Nei libri annali dei Romani si legge che il Signore nostro Gesù Cristo, detto profeta di verità dalla gente, fu di (una statura...)

 

 

B

"Lentulo preside in Giudea S.P.Q.R.S.

 

 

C

 

"Al tempo di Ottaviano Cesare, quando quelli che presiedevano alle province site in ogni parte del mondo scrivevano ai senatori di Roma le novità che accadevano sotto i vari climi, uno di nome Lentulo in servizio nelle regioni della Giudea del re Erode così scrisse ai senatori:

 

 

 

D

 

"Un ufficiale romano di nome Lentulo allorché si trovava, per i Romani, nella provincia della Giudea all'epoca di Tiberio Cesare vedendo Cristo, le mirabili sue gesta, la sua predicazione, gli infiniti miracoli e varie altre cose stupende, così al senatore romano

scrisse:

 

In quei tempi apparve, e vive tuttora, un uomo dotato di straordinario potere di nome Gesù Cristo. Dalla gente è detto profeta di verità, i suoi discepoli lo chiamano Figlio di Dio, risuscita i morti, e guarisce [tutte] le malattie. E' un uomo dalla

statura alta e ben proporzionata, dallo sguardo improntato a severità; quanti lo guardano lo possono amare e temere. I suoi capelli hanno il colore delle noci di Sorrento molto mature e discendono dritti quasi fino alle orecchie; dalle orecchie in poi sono increspati e a ricci alquanto più chiari e lucenti ondeggianti sulle spalle; nel mezzo ha una riga secondo il costume dei nazarei. La sua fronte è liscia e serenissima, il viso non ha né rughe né macchie, ed è abbellito da un [moderato] rossore Il naso e la bocca sono perfettamente regolari. Ha barba abbondante [e impubere] dello stesso colore dei capelli: non è lunga, e sul mento [in mezzo] è (leggermente) biforcuta. Il suo aspetto è semplice e maturo. I suoi occhi sono azzurri, vivaci e brillanti. Terribile quando rimprovera, accarezzevole e amabile quando insegna, gioviale pur conservando la gravità.

Qualche volta ha pianto, ma non ha mai riso [non fu mai visto ridere, bensì piangere]. La statura del suo corpo è alta e diritta, le mani e le braccia sono graziose alla vista. Parla poco, grave e misurato.

Giustamente fu dunque detto dal profeta: Il più bello dei figli degli uomini [Dall'aspetto più bello dei figli degli uomini] 1.

Costui è il re della gloria, che gli angeli desiderano contemplare, la cui bellezza è ammirata dal sole e dalla luna, il salvatore del mondo, l'autore della vita. A lui onore e gloria in eterno. Amen" 2.

 

 

 

 

 

 

 

CORRISPONDENZA TRA ABGAR E GESU'

(Testo di Eusebio di Cesarea)

 

Copia della lettera scritta dal re Abgar a Gesù e inviata a Gerusalemme per mezzo del corriere Anania

 

[1] Il re Abgar Ukkama a Gesù salvatore buono apparso nella regione di Gerusalemme, salute!

"Ho udito parlare di te e delle guarigioni che tu operi senza alcun medicamento e senza erbe. Giacché, a quanto si dice, tu fai vedere i ciechi e camminare gli storpi; tu purifichi i lebbrosi, scacci gli spiriti impuri e i demoni, guarisci gli oppressi da malattie croniche e risusciti i morti.

[2] Udendo di te tutte queste cose, mi sono ora convinto che una di queste due cose è vera: o tu che operi queste meraviglie sei Dio stesso disceso dal cielo, oppure tu, compiendo queste cose, sei il Figlio di Dio.

[3] Ti ho scritto perciò per supplicarti di venire da me a guarirmi dalla malattia che mi affligge. Ho anche udito che gli Ebrei mormorano contro di te e vogliono farti del male: sebbene la mia città sia molto piccola, è tuttavia onorabile e basterà a tutti e due".

 

 

 

Risposta di Gesù al re Abgar per mezzo del corriere Anania

 

[4] "Tu beato che hai creduto in me, senza avermi visto! A proposito di me sta scritto che coloro che mi hanno visto non crederanno in me affinché coloro che non mi vedranno credano in me e vivano. A proposito dell'invito che mi hai fatto di venire da te, è necessario ch'io compia le cose per cui sono stato mandato e, dopo aver compiuto questo, ch'io salga presso colui che mi ha mandato. Dopo che sarò salito, ti manderò uno dei miei discepoli affinché ti guarisca dalla malattia ed offra a te e ai tuoi la vita".

[5] A queste lettere era annessa anche la seguente narrazione in lingua siriaca.

Dopo l'ascensione di Gesù, Giuda, detto pure Tomaso, gli mandò l'apostolo Taddeo, uno dei settanta. Questi, quando giunse, si fermò presso Tobia, figlio di Tobia. Si divulgò la notizia della sua venuta e fu riferito ad Abgar che era arrivato un apostolo di Gesù, come gli aveva scritto.

[6] Con la virtù divina, Taddeo principiò a guarire ogni genere di malattie e di infermità, sicché tutti si stupivano. Quando Abgar venne a conoscenza delle magnifiche e stupende opere che faceva e delle guarigioni che operava, ebbe il sospetto che fosse davvero colui di cui gli aveva scritto Gesù: "Dopo che sarò salito, ti manderò uno dei miei discepoli affinché ti guarisca dalla malattia".

[7] Chiamò dunque Tobia, presso il quale abitava, e gli disse: "Ho udito che in casa tua è venuto ad abitare un uomo potente. Conducilo da me". Quando tornò, Tobia disse a Taddeo: "Il re Abgar mi ha chiamato e mi ha dato ordine di condurti da lui, affinché tu lo guarisca". Taddeo rispose: "Andrò, giacché sono stato inviato a lui con potenza"

[8] Il giorno seguente, di buon mattino, Tobia prese con sé Taddeo e si recò da Abgar. Quando entrò, attorno al re vi erano tutte le più grandi autorità; e subito, ai primi passi, Abgar vide sul volto dell'apostolo Taddeo qualcosa di divinamente grande e si prostrò davanti a lui. Tutti i presenti si stupivano, non avendo visto nulla di quanto era apparso soltanto ad Abgar.

[9] Questi interrogò così Taddeo: "Sei tu veramente un discepolo di Gesù, Figlio di Dio, che mi disse: "Ti manderò uno dei miei discepoli affinché ti guarisca e ti offra la vita"?". Taddeo rispose: "Sono stato inviato a te perché tu hai creduto. Se continuerai a credere, tutti i desideri del tuo cuore si compiranno secondo la tua fede".

[10] Ed Abgar a lui: "Ho talmente creduto in lui che avrei voluto radunare un esercito per distruggere gli Ebrei, suoi crocifissori, se non fossi stato ostacolato dall'impero romano". Taddeo disse: "Nostro Signore compì la volontà del Padre suo e, dopo averla compiuta, ritornò a lui".

[11] Abgar gli disse: "Ed io ho creduto in lui e nel Padre suo". E Taddeo: "Nel suo nome quindi ti impongo la mano". Subito dopo questo egli fu risanato dal malanno e dalla malattia di cui soffriva.

[12] All'udire che dal suo discepolo Taddeo era realizzato quanto aveva udito di Gesù, il re si stupì: senza medicine, infatti, e senza erbe, non solo aveva risanato lui, ma anche Abdo, figlio di Abdo, sofferente di podagra, che era venuto ai suoi piedi ed era stato guarito dopo avere ricevuto la benedizione con l'imposizione delle mani. Diede la salute a molti altri abitanti di quella città, operò grandi miracoli e annunziò la parola di Dio.

[13] Dopo di questo Abgar disse: "Tu, Taddeo, fai questi prodigi con la potenza di Dio e noi ne siamo ammirati, ma ora ti preghiamo di parlarci della venuta di Gesù, come avvenne, della sua potenza e per quale virtù egli ha compiuto le cose che ho udito raccontare".

[14] Taddeo rispose: "Ora io tacerò. Essendo però stato mandato ad annunziare la parola di Dio, raduna (domani) tutti i cittadini: predicherò a tutti e seminerò nei loro cuori la parola di vita. Dirò ad essi come si realizzò la venuta di Cristo, parlerò della sua missione e del motivo per cui fu mandato dal Padre, della sua potenza, delle sue gesta, delle misteriose verità che rivelò al mondo, e dirò in virtù di quale forza egli ha compiuto tutto questo; parlerò della novità della sua predicazione, della sua umiltà e modestia. Esporrò come egli si sia abbassato, come cioè Ä per così dire Ä depose e diminuì la sua divinità, come fu crocifisso, discese nell'Ade e aperse quella prigione chiusa da molti secoli, come abbia risuscitato dei morti, come sia disceso laggiù solo e sia ritornato al Padre scortato da una grande folla".

[15] Abgar diede poi ordine ai cittadini che si radunassero di buon mattino per ascoltare la predicazione di Taddeo, al quale fece offrire monete e verghe d'oro. Ma egli rifiutò affermando: "Avendo rinunziato ai nostri beni, come prenderemo quelli degli altri?".

Ciò ebbe luogo nell'anno trecento e quaranta.