ATTI DI PIETRO |
ATTI DI PIETRO 1. MS DI VERCELLI * [1, 1] Partenza di Paolo da Roma. Quando Paolo dimorava a
Roma e confermava molti nella fede, avvenne che una donna di nome Candida,
moglie di Quarto, membro della guardia carceraria, udì Paolo, rifletté
sulle sue parole, credette, e a sua volta ammaestrò il marito. Allorché
credette, Quarto permise a Paolo di andarsene via dall'Urbe, dove riteneva
più opportuno. Ma Paolo gli disse: "Se è volontà di Dio, egli me
lo rivelerà". Paolo digiunò per tre giorni domandando a Dio quanto
a lui era più conveniente; ebbe poi una visione nella quale il Signore
gli disse: "Paolo, alzati e sii corporalmente il medico di coloro che
sono in Spagna". [2] Dopo aver riferito ai fratelli ciò che Dio gli aveva
ordinato, non dubitando minimamente, era in procinto di partire dall'Urbe.
Mentre si apprestava ad andarsene, tra tutti i fratelli vi fu un gran
pianto, fino a strappare le loro vesti, poiché credevano che non
avrebbero più visto Paolo; riandavano alle numerose scene nelle quali
Paolo aveva combattuto contro i dottori ebrei e li aveva confutati
asserendo: "Cristo, infatti, contro il quale i vostri padri hanno
alzato le mani, aboliva il loro sabato e i digiuni, le loro feste e la
circoncisione, respingeva le dottrine umane e tutte le loro
tradizioni". In nome della venuta del Signore nostro Gesù Cristo, i
fratelli insistevano affinché Paolo non rimanesse lontano più di un
anno, dicendo: "Ben sappiamo il tuo amore per i tuoi fratelli! Quando
sarai giunto, non ci dimenticare e non iniziare ad abbandonarci, siamo,
infatti, fanciulli senza padre". [3] Tra queste molteplici suppliche e lacrime, si udì un
suono celeste, e una gran voce disse: "Paolo, ministro di Dio, fu
eletto nel ministero per tutto il tempo della sua vita; egli raggiungerà
la perfezione sotto i vostri occhi per mano dell'empio e iniquo
Nerone". A motivo di questa voce venuta dai cieli, colpiti da un
timore ancora più grande, i fratelli furono confermati sempre più nella
fede. [2, 1] Offrirono allora a Paolo pane e acqua per il
sacrificio affinché, dopo la preghiera, li distribuisse ad ognuno. Tra di
essi si trovava una certa Ruffina: anche lei voleva ricevere l'Eucaristia
dalle mani di Paolo. Ma Paolo, pieno dello Spirito di Dio, le disse:
"Tu non sei degna, Ruffina, di avvicinarti all'altare di Dio! Non ti
alzi, infatti, dal fianco di un marito, ma di un adultero, e tenti di
ricevere l'Eucaristia di Dio. Dopo avere sconvolto il tuo cuore, ecco che
Satana ti getterà a terra sotto gli occhi di tutti coloro che credono nel
Signore, affinché a questa vista sappiano che il Dio vivo nel quale hanno
creduto, è scrutatore di cuori. Se però ti pentirai di quanto hai
compiuto, colui che può cancellare i peccati non mancherà di liberarti
da questo peccato. Se invece non ti pentirai, mentre ancora sei in vita un
fuoco devastatore e tenebre esteriori ti afferreranno per sempre". [2] Subito Ruffina cadde, paralizzata in tutta la parte
sinistra del suo corpo, dalla testa fino alle unghie dei piedi. Non le
restò neppure la facoltà di parlare poiché la sua lingua era legata. A questa vista, quanti credevano nella fede e i neofiti
si battevano il petto, ricordando le loro colpe passate, e gemevano
dicendo: [3] "Non sappiamo se Dio ci perdona le colpe
commesse in passato". Paolo chiese, allora, il silenzio e disse:
"Fratelli che or ora avete iniziato a credere in Cristo, se non
persevererete nelle vostre azioni passate e in quelle della tradizione dei
vostri padri, se vi asterrete da ogni inganno, dalla collera, dalla
crudeltà, dall'adulterio, dall'orgoglio, dalla gelosia, dal disprezzo e
dall'odio, Gesù Dio vivo perdonerà quanto avete compiuto nell'ignoranza.
Perciò, servi di Dio, ognuno di voi armi il suo uomo interiore con la
pace, la pazienza, la mansuetudine, la fede, l'amore, la conoscenza, la
sapienza, l'amore dei fratelli, l'ospitalità, la misericordia,
l'astinenza, la castità, la bontà, la giustizia. Allora, come vostra
guida per l'eternità, avrete il primogenito di tutta la creazione e la
vostra forza sarà nella pace con nostro Signore". [4] Udite queste cose da Paolo, lo supplicarono affinché
pregasse per essi; e Paolo alzò la voce dicendo: "Dio eterno, Dio
dei cieli, Dio la cui divinità è ineffabile, tu hai tutto sistemato con
la tua parola, tu che hai avvolto tutto il mondo con il vincolo della tua
grazia, Padre del tuo santo figlio Gesù Cristo, noi ti preghiamo per il
tuo figlio Gesù Cristo di fortificare quelle anime che, una volta
incredule, ora sono nella fede. Un giorno io ero blasfemo, ora sono io che
sono bestemmiato; una volta ero persecutore, ora sono io che soffro la
persecuzione degli altri; una volta ero nemico di Cristo, ora supplico di
essergli amico. Ho, infatti, fiducia nella sua promessa e nella sua
misericordia; ritengo di essere nella fede e di avere ricevuto il perdono
delle mie colpe passate. [5] Perciò, fratelli, vi esorto a credere anche nel
Signore, Padre onnipotente, e a porre tutta la vostra speranza nel Signore
nostro Gesù Cristo, suo Figlio. Se voi credete in lui, nessuno vi potrà
privare delle sue promesse. Piegando tutt'insieme le ginocchia,
raccomandatemi al Signore, mentre sono in procinto di partire verso un
altro popolo, affinché la sua grazia mi preceda e mi dia un felice
viaggio, affinché essa attiri i suoi santi strumenti e i suoi fedeli, ed
essi mi ringrazino per l'aver io predicato loro la parola del Signore e
siano ben fondati nella fede" Allora i fratelli, con molte lacrime, pregarono il
Signore insieme a Paolo dicendo: "Signore Gesù Cristo, sii tu con
Paolo e restituiscilo a noi sano e salvo. Noi sappiamo bene quale
debolezza è tuttora in noi!". [3, 1] Una grande folla di donne, supplicavano, in
ginocchio il beato Paolo e, baciando i suoi piedi, lo accompagnavano al
porto. Intanto, Dionisio e Balbo d'Asia, cavalieri romani e uomini nobili,
ed un senatore di nome Demetrio, stringendo forte la mano destra di Paolo,
gli dissero: "S'io non fossi magistrato, fuggirei dalla città con
te, Paolo, per non separarmi da te". Dissero così anche Cleobio,
Ifito, Lisimaco, Aristea della casa di Cesare, le due matrone Berenice e
Filostrate e il presbitero Narcisso, dopo che l'ebbero accompagnato al
porto. [2] Siccome era imminente una tempesta marina, egli
(Paolo) rinviò a Roma i fratelli affinché discendessero quelli che
volevano poterlo ascoltare fino al suo imbarco. Udito ciò, i fratelli
salirono nell'Urbe e riferirono il fatto ai fratelli che ivi erano
rimasti: la notizia si sparse subito e chi con bestie da soma, chi a
piedi, chi attraverso il Tevere, discesero al porto; qui furono confermati
nella fede per tre giorni interi, fino all'ora quinta del quarto giorno
pregando reciprocamente con Paolo e offrendo l'oblazione. Misero poi sulla
nave tutto ciò di cui poteva avere bisogno, gli diedero pure due giovani
fedeli affinché navigassero con lui, infine lo salutarono nel Signore e
se ne ritornarono a Roma. [4, 1] Arrivo di Simon Mago a Roma. Pochi giorni dopo, la
chiesa fu colpita da un grande turbamento per opera di alcuni che
asserivano di avere visto delle cose mirabili compiute da un uomo in
Ariccia, di nome Simone. Si diceva che si presentasse come la grande
potenza di Dio e che non facesse nulla senza Dio. "E' forse Cristo?
Ma noi crediamo in colui che ci è stato predicato da Paolo. Abbiamo
visto, infatti, che per mezzo suo dei morti sono risorti e dei malati sono
stati liberati da varie malattie. Costui poi è in cerca di discussioni,
lo sappiamo: non è poco, infatti, lo scompiglio che ha sollevato tra noi.
Forse è già entrato in Roma: ieri della gente lo supplicava con grandi
acclamazioni, dicendo: "Tu, dio d'Italia, tu il salvatore dei Romani,
affrettati a venire a Roma"". [2] Egli, rivolgendosi al popolo, disse con voce tenue:
"Domani, verso l'ora settima, mi vedrete volare al di sopra della
porta della città con lo stesso vestito che indosso ora mentre vi
parlo". "Or dunque, fratelli, se lo ritenete opportuno, andiamo
e osserviamo attentamente come andranno a finire le cose". Così si
diressero alla porta, ove giunsero insieme. E tutto ad un tratto, all'ora
settima, lontano, in cielo apparve una polvere come un fumo risplendente
di raggi: si avvicinò alla porta e poi disparve. Poi apparve dritto, in
mezzo alla folla, che lo riconobbe come quello stesso che aveva visto il
giorno prima e l'adorò. [3] Tra i fratelli, lo scandalo non era piccolo, anche
perché a Roma non c'era Paolo e neppure Timoteo e Barnaba, mandati in
Macedonia da Paolo, che ci potessero rafforzare nella fede, soprattutto
quelli che erano stati catechizzati da poco. Simone si esaltava sempre più per le sue azioni, ed
alcuni di essi, nelle conversazioni quotidiane, avevano iniziato a
trattare Paolo come mago e impostore. Sicché la grande folla nella quale
era penetrata la fede si sciolse ad eccezione del presbitero Narcisso, di
due donne dell'ospizio dei Bitini e di quattro altre persone che più non
potevano uscire di casa loro: chiusi giorno e notte, pregavano e
domandavano al Signore il celere ritorno di Paolo o l'arrivo di qualche
altro per visitare i suoi servi che il diavolo aveva trascinato con la sua
malizia. [5, 1] Pietro da Gerusalemme a Roma. Mentre essi
piangevano e digiunavano, a Gerusalemme, Dio preparava Pietro per
l'avvenire. Terminati i dodici anni che gli erano stati imposti dal
Signore Cristo, gli fece vedere questa scena e gli disse: "Pietro, il
mago Simone che tu hai smascherato e scacciato dalla Giudea mi ha ancora
preceduto a Roma. In poche parole: tutti coloro che avevano creduto in me
sono stati trascinati dall'astuzia e dalla decisa azione di Satana del
quale egli manifesta la potenza. Non tardare più: domani va' a Cesarea
ove troverai una nave pronta diretta in Italia. Tra pochi giorni ti
manifesterò la mia grazia che si offre generosamente". [2] Avvertito da questa visione, Pietro ne parlò subito
ai fratelli, dicendo: "E' necessario ch'io salga a Roma per
sconfiggere un nemico e avversario del Signore e dei nostri
fratelli". Discese a Cesarea e si imbarcò immediatamente, senza
prendere provvigioni, dato che era già stata tolta la scala. [3] Il nocchiero, che si chiamava Teone, si rivolse a
Pietro e gli disse: "Tutto ciò che abbiamo è cosa tua! Quale grazia
potremmo noi avere se nell'imbarazzo che sentiamo ricevendo te, nostro
simile, non ti mettessimo a disposizione tutte le cose che abbiamo? Che la
nostra navigazione sia felice!". Pietro ringraziò dell'offerta, ma sulla nave egli digiunò
con l'animo a volte triste a volte rasserenato, al pensiero che Dio
l'aveva ritenuto degno di essere un ministro al suo servizio. [4] Dopo qualche giorno, all'ora di pranzo, il nocchiero
si alzò e pregò Pietro di gustare qualcosa, dicendo: "Chiunque tu
sia, io ti conosco poco; che tu sia Dio o che tu sia un uomo, a mio parere
tu sei un ministro di Dio. Infatti, mentre nel cuore della notte guidavo
la mia nave mi addormentai, udii una voce umana che mi parve venire dal
cielo e mi disse: "Teone! Teone!". Mi chiamò per nome due
volte, ed aggiunse: "Tra coloro che navigano con te, quello che più
devi onorare è Pietro, giacché per mezzo suo, contro ogni aspettativa,
tu e gli altri compirete questa attraversata sani e salvi, senza alcun
danno"". Persuaso che Dio avesse voluto manifestare sul mare la
sua provvidenza ai passeggeri della nave, cominciò ad esporre a Teone le
grandezze di Dio, come il Signore lo aveva scelto tra gli apostoli e il
motivo per cui navigava verso l'Italia. Ogni giorno gli comunicava la
parola di Dio; ed osservandolo nella conversazione s'accorse che
partecipava alla sua fede e che sarebbe stato un degno ministro. [5] Mentre erano nell'Adriatico la nave si trovò in
bonaccia e Teone facendoglielo notare gli disse: "Se tu mi vuoi
ritenere degno di essere intinto nel segno del Signore, ne hai
l'opportunità". Tutti quelli che erano sulla nave si erano infatti
addormentati ubriachi. Pietro allora discese per mezzo di una fune e
battezzò Teone nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo; ed
egli uscì dall'acqua allegro per la grande gioia. Anche Pietro divenne più
sereno per il fatto che Teone era stato considerato degno del suo nome. E avvenne che nel luogo ove fu battezzato Teone apparve
un giovane dall'aspetto splendente e disse loro: "Pace a voi!".
Pietro e Teone salirono ed entrarono in cabina. Preso del pane, Pietro
ringraziò il Signore d'averlo giudicato degno del suo santo ministero e
dell'apparizione del giovane che disse loro: Pace a voi! [6] "Sei tu che ci sei apparso, ottimo e solo santo,
Dio Gesù Cristo, nel tuo nome è stato or ora lavato e segnato con il tuo
santo segno. E così nel tuo nome lo rendo partecipe della tua Eucaristia,
affinché sia per sempre un tuo servo perfetto e senza biasimo".
Mentre mangiavano e godevano nel Signore, un vento non violento, ma
moderato, prese la nave a prua e non smise per sei giorni e altrettante
notti fino a quando non giunsero a Pozzuoli. [6, 1] Appena giunsero a Pozzuoli, Teone corse dalla nave
all'albergo ove soleva andare per prepararlo a ricevere Pietro. L'uomo dal
quale soleva andare si chiamava Ariston: costui temeva sempre il Signore,
e Teone aveva fiducia in lui a causa del nome. [2] Giunto all'albergo e visto Ariston, Teone gli disse:
"Dio che ti ha giudicato degno di servirlo, ha partecipato anche a me
la sua grazia, per mezzo del suo santo servo Pietro, che ebbe dal Signore
nostro l'ordine di venire in Italia e navigò con me dalla Giudea". A
queste parole, Ariston si gettò al collo di Teone, l'abbracciò e lo
supplicò di condurlo alla nave per fargli vedere Pietro. Dopo che Paolo
era partito per la Spagna, diceva Ariston, non aveva più incontrato alcun
fratello presso il quale rinfrescarsi. Inoltre improvvisamente era apparso
in città un Ebreo di nome Simone. Con formule magiche e con la sua
malizia, aveva guastato la comunità da ogni parte tanto che anch'io
fuggii da Roma nella speranza dell'arrivo di Pietro. Paolo, infatti, aveva
parlato di lui, ed una visione mi manifestò molte cose. Ora dunque credo
nel mio Signore, credo che egli riedificherà il suo ministero e che dai
suoi servi sarà estirpata la tentazione. Giacché il Signore nostro Gesù
è fedele e raddrizzerà le nostre menti. [3] Mentre, tra le lacrime, udiva queste cose da Ariston
accresceva sempre più il suo entusiasmo e sempre più era confermato
comprendendo che aveva posto la sua fiducia nel Dio vivo. Quando giunsero insieme alla nave, Pietro Ä pieno di
Spirito santo Ä li guardò e sorrise; e Ariston cadde bocconi ai piedi di
Pietro dicendo: "Fratello e signore tu sei colui che distribuisce i
santi misteri e indica la via retta che si trova in nostro Signore Gesù
Cristo, nostro Dio, che chiaramente ci manifesta la tua venuta; per opera
di Satana, infatti, abbiamo perduto tutti i fratelli che Paolo ci aveva
dato. Ora però spero nel Signore che avendoti mandato un suo messo, ti ha
ordinato di venire da noi, e si è degnato di manifestarci, per mezzo tuo,
le sue grandezze e le sue meraviglie. Ti supplico, dunque, di affrettarti
ad entrare nell'Urbe. Giacché, abbandonando i fratelli, oggetto di
scandalo, che avevo visto soccombere alla tentazione del diavolo, io mi
sono rifugiato qui dicendo loro: "Perseverate nella fede, fratelli;
necessariamente, infatti, in questi due mesi, la misericordia del Signore
ci indirizzerà un suo ministro". Giacché, in visione, mi era
apparso Paolo dicendomi: "Ariston, fuggi dall'Urbe!". Obbedii
subito a queste parole e, sebbene la carne fosse inferma, uscii nel
Signore: giunto qui me ne stavo ogni giorno alla spiaggia e interrogavo i
marinai: "Ha forse navigato con voi Pietro?". Ed ora che la
grazia del Signore è giunta in abbondanza, saliamo ti prego subito a
Roma, affinché l'insegnamento dell'uomo pessimo non guadagni
ulteriormente terreno". [4] Mentre Ariston così parlava tra le lacrime, Pietro
gli diede la mano, lo sollevò da terra e tra gemiti e lacrime gli disse:
"Colui che per mezzo dei suoi angeli tenta l'orbe terrestre, ci ha
preceduto; ma colui che ha la potenza di strappare i suoi servi da ogni
tentazione, annienterà le sue seduzioni e le farà calpestare dai piedi
di coloro che hanno creduto nel Cristo che predichiamo". [5] Mentre si incamminavano verso la porta, Teone supplicò
Pietro dicendo: "Sulla nave, in mezzo a questo vasto mare, non ti sei
mai rifocillato, ed ora, lasciando la nave, vuoi incamminarti lungo una
strada così dura? Fermati, prendi qualcosa e poi partirai. Temo, infatti,
che il lastricato della strada da qui a Roma ti faccia soffrire". Ma
Pietro rispose loro: "Ma, e se mi fosse appesa al collo una pietra
molare come al nemico di nostro Signore e fossi gettato nell'abisso, come
il mio Signore ci diceva a proposito di chi scandalizza i fratelli? E non
è soltanto questa pietra molare che mi minaccia, ma, ciò che è peggio,
lo starmene lontano da coloro che hanno creduto nel Signore Gesù Cristo,
mentre egli mi ha contrapposto ai persecutori dei suoi servi". Nessuna insistenza di Teone riuscì a persuaderlo di
restare anche un solo giorno. Dopo essersi interessato che la merce che
era sulla nave fosse venduta a un prezzo giudicato conveniente, anche
Teone seguì Pietro a Roma, condotto da Ariston nella casa del presbitero
Narcisso. [7, 1] Prima predica di Pietro a Roma. Tra i fratelli
dispersi si sparse nell'Urbe la notizia che era venuto Pietro discepolo
del Signore, a causa di Simone, per additarlo come seduttore e persecutore
dei buoni. Accorse così tutta una folla per vedere l'apostolo del
Signore, fondato in Cristo. Ed il primo giorno della settimana, allorché
la folla era convenuta per vedere Pietro, a gran voce egli prese a dire:
"Uomini qui presenti che sperate in Cristo e che recentemente siete
passati attraverso una prova, imparate quale sia il motivo per cui Dio
mandò suo Figlio nel mondo, quale sia il motivo per cui l'ha fatto
nascere dalla vergine Maria: senza dubbio per farci godere di qualche
grazia e vantaggio. Vuole abbattere ogni scandalo e ogni ignoranza, ogni
potere del diavolo, i suoi tentativi e le sue forze che prevalevano
allorché il nostro Dio non illuminava il mondo. [2] Ebbe misericordia di coloro che, colpiti da numerose
e diverse infermità, per ignoranza precipitavano nella morte, e mandò il
suo Figlio: io vissi con lui e testimonio di avere camminato sulle acque
del mare. Confesso ch'io fui presente a tutti i segni e prodigi che egli
operò in questo mondo. Fratelli carissimi, io rinnegai nostro Signore Gesù
Cristo e non soltanto una volta, ma tre: mi circuivano, infatti, cani
maligni, come fu pure dei profeti del Signore. Ma il Signore non me l'ha
imputato: si è rivolto verso di me, ebbe pietà della debolezza della mia
carne, sicché in seguito ne piansi amaramente deplorando l'instabilità
della mia fede, che fu la causa per cui il diavolo mi rese insensato al
punto che io non conservai nel mio spirito la parola del mio Signore. [3] Ed ora, uomini fratelli, qui convenuti nel nome del
Signore, io dico: Satana ingannatore, dirige le sue frecce anche contro di
voi per distogliervi dalla via. Non deflettete, fratelli! Non perdetevi
d'animo! Fatevi coraggio, state saldi e non abbiate dubbi. Se io, infatti,
che il Signore ebbe in così grande onore, da Satana sono stato fatto
oggetto di scandalo al punto da rinnegare la luce della mia speranza, sono
stato da lui assoggettato e persuaso a fuggire come se la mia fede fosse
riposta in un uomo, che cosa pensate di voi che siete soltanto neofiti?
Pensavate che non vi avrebbe fatto cadere fino al punto da rendervi nemici
del regno di Dio, precipitandovi nella perdizione per opera di un
recentissimo errore? Chiunque, infatti, si allontana dalla speranza del
Signore nostro Gesù Cristo, costui è figlio della perdizione per sempre. [4] Convertitevi, dunque, fratelli eletti del Signore!
Rafforzatevi nel Signore onnipotente, Padre di nostro Signore Gesù
Cristo, che nessuno ha mai visto né può vedere se non colui che avrà
creduto in lui. Ponete mente da dove vi è arrivata la tentazione. Non è
infatti soltanto con le parole ch'io intendo convincervi e che predico
Cristo, ma è anche con fatti e con prodigi stupendi che vi esorto, per
mezzo della fede in Gesù Cristo, affinché nessuno di voi guardi ad altri
all'infuori di lui disprezzato e insultato dagli Ebrei; all'infuori del
Nazareno crocifisso, morto e risorto il terzo giorno". [8, 1] Il senatore Marcello e la comunità di Roma. I
fratelli, pentiti, domandavano a Pietro di vincere Simone, che diceva di
essere la forza di Dio, ed abitava in casa del senatore Marcello da lui
sedotto con i suoi incantesimi. I fratelli dicevano: "Credici, fratello Pietro!
Nessun uomo è così saggio come questo Marcello. Tutte le vedove che
hanno speranza in Cristo, trovavano in lui un rifugio, tutti gli orfani
erano da lui nutriti. Che dire di più? Tutti i poveri chiamavano Marcello
loro patrono, la sua casa era detta casa dei forestieri e dei poveri. A
lui l'imperatore disse: "Ti tengo lontano da ogni incarico per timore
che tu spogli le province per dare ai cristiani". Marcello gli
rispose: "Tutte le cose mie sono tue!". E Cesare:
"Sarebbero mie se tu le custodissi per me. Ma in realtà non sono mie
perché tu le dai a chi credi bene, e a quali infime persone!". [2] Tenendo presenti queste cose, fratello Pietro, ti
facciamo sapere che la grande misericordia di quest'uomo si è mutata in
bestemmia. Giacché se lui non avesse cambiato, anche noi non ci saremmo
allontanati dalla fede santa in Dio nostro Signore. Ed ora Marcello,
furioso, si pente della sua beneficenza asserendo: "Quanti beni ho
sperperato e per quanto tempo! Con molta superficialità pensavo di
distribuire per la conoscenza di Dio!". Giunge fino al punto che se
un forestiero si presenta all'uscio di casa sua, egli lo fa bastonare e
mettere alla porta gridando: "Volesse il cielo ch'io non avessi
dispensato tanti beni agli impostori!". Ed altre bestemmie ancora. Ma
se in te c'è qualcosa della misericordia di nostro Signore e della bontà
dei suoi precetti, soccorri nel suo errore colui che fece l'elemosina ad
un così grande numero di servi di Dio". [3] All'udire questo, Pietro provò un grande dolore, e
disse: "O artifizi e tentazioni molteplici del diavolo! O
macchinazioni e invenzioni perverse! Alimenta, per se stesso, fuoco più
terribile! Sterminio dei semplici, lupo rapace, divoratore e dissipatore
della vita eterna! Hai carpito il primo uomo nella rete della
concupiscenza, l'hai legato con vincoli corporei per mezzo della tua
antica cattiveria! Tu sei il frutto totalmente acerbo e amaro dell'albero
dell'amarezza, ed instilli diverse concupiscenze. Tu hai spinto Giuda, mio
condiscepolo e coapostolo, ad agire empiamente tradendo il Signore nostro
Gesù Cristo, che necessariamente ti punirà. Tu hai reso insensibile il
cuore di Erode, tu hai infiammato il faraone e l'hai costretto a lottare
contro il santo servo di Dio Mosè, ed hai dato a Caifa l'audacia di
consegnare ad una folla iniqua nostro Signore Gesù Cristo. [4] Ancor oggi tu colpisci le anime innocenti con le tue
frecce avvelenate; scellerato, nemico di tutti. Su di te grava l'anatema
della Chiesa del Figlio del Dio santo onnipotente. Come un tizzone gettato
via dal focolare, tu sarai spento dai servi di nostro Signore Gesù Cristo
Su di te e sui tuoi figli ritorni il tuo nero e una discendenza pessima,
le iniquità, le minacce, le tentazioni: su di te e sui tuoi angeli, o
principio della malizia, o abisso di tenebre! Le tenebre che ti avvolgono
siano con te e con gli strumenti che tu possiedi! Allontanati dunque da
quanti sono in procinto di credere in Dio, allontanati dai servi di Cristo
e da quelli che vogliono combattere con lui. Tieni per te i tuoi abiti
tenebrosi! Invano tu batti porte estranee che non sono tue, ma di Gesù
Cristo che le custodisce. Tu, lupo rapace, rubi pecore che non sono tue,
ma di Gesù Cristo, che le custodisce con la più grande cura". [9, 1] Pietro e il senatore Marcello. Mentre Pietro, con
profondo dolore del suo animo, parlava così, un numero di persone ancora
più grande credette nel Signore. I fratelli domandarono però a Pietro di
entrare in lizza con Simone e di non sopportare che egli portasse più
oltre scompiglio tra il popolo. Pietro allora lasciò senza indugio l'adunanza e, seguito
da una grande folla, si recò in casa di Marcello ove dimorava Simone.
Quando giunse alla porta, chiamò il portiere e gli disse: "Va' da
Simone e digli: "Alla porta ti attende Pietro a causa del quale tu
sei fuggito dalla Giudea"". Ma il portiere gli rispose:
"Io, signore, non so se tu sei Pietro. Comunque io ho un ordine.
Ieri, quando seppe che tu eri entrato nell'Urbe, mi disse: "A
qualunque ora egli venga, sia di giorno che di notte, dì ch'io non sono
in casa"". Allora Pietro disse al giovane: "Hai fatto bene
a riferirmi queste cose che egli ti ha imposto". [2] Rivoltosi poi al popolo che lo seguiva Pietro disse:
"State per vedere un miracolo grande e sorprendente". Visto un
grosso cane attaccato a una lunga catena, Pietro si avvicinò e lo slegò.
Una volta sciolto, il cane prese voce umana e disse a Pietro: "Che
cosa mi ordini di fare, servo dell'inenarrabile Dio vivo?". Pietro
gli rispose: "Entra e, in mezzo a quanti lo circondano, dì a Simone:
"Pietro ti dice di farti vedere in pubblico; è infatti per causa
tua, scellerato seduttore delle anime semplici, che sono venuto a
Roma"". Il cane si mise subito a correre, entrò, si precipitò
in mezzo a quelli che circondavano Simone e, alzando le zampe anteriori,
con una grande voce disse: "Pietro, servo di Cristo, sta alla porta e
ti dice: "Fatti vedere in pubblico, poiché è a causa tua,
scellerato seduttore di anime semplici, ch'io sono venuto a
Roma"". All'udire questo e alla vista di questo incredibile
spettacolo, tutti stupirono e Simone dimenticò le parole con le quali
seduceva gli astanti. [10, 1] A questa vista, Marcello si precipitò alla
porta, si gettò ai piedi di Pietro e disse: "Abbraccio i tuoi piedi,
Pietro servo del Dio santo! Ho peccato molto! Non considerare i miei
peccati, se in te c'è la vera fede di Cristo che predichi, se ricordi i
suoi precetti: non odiare nessuno, non essere cattivo verso alcuno; come
ho imparato da Paolo, tuo coapostolo. Non prenderti a cuore le mie
mancanze, ma prega per me il Signore, il santo Figlio di Dio, del quale io
ho suscitato la collera perseguitando i suoi servi. Come buono intendente
di Dio, prega dunque per me, affinché io non sia abbandonato al fuoco
eterno con i peccati di Simone, nonostante sia stato indotto da lui ad
innalzargli una statua con l'iscrizione: "Al giovane dio,
Simone". [2] Se sapessi, Pietro, di poterti persuadere con il
denaro, non esiterei a dartene pur di guadagnare l'anima mia. Se avessi
dei figli, non ne terrei alcun conto, pur di credere nel Signore che vive.
Ti confesso che non mi avrebbe sedotto se non avesse detto di essere la
forza di Dio. Comunque debbo riconoscere, o dolcissimo Pietro, ch'io non
ero degno di ascoltarti, servo di Dio, né ero abbastanza forte nella fede
di Dio che è in Cristo; ed è appunto per questo che mi sono
scandalizzato. Ti prego dunque di non indignarti per quanto ti sto per
dire. Cristo nostro Signore, che tu predichi in verità, disse in tua
presenza ai tuoi coapostoli: "Se avrete una fede grande come un grano
di senape, direte a questo monte: trasferisciti! e subito si trasferirà".
Ora questo Simone ha detto che tu, Pietro, sei stato infedele allorché
hai dubitato quando eri sulle acque. [3] Ho anche udito che egli ha detto: "Coloro che
sono con me non mi hanno compreso". Se dunque voi sul quale egli ha
imposto le mani, se voi da lui scelti, se voi davanti ai quali egli ha
compiuto cose meravigliose, dubitavate, io mi appoggio su questa
testimonianza, faccio penitenza e mi rifugio nelle tue preghiere. Accogli
la mia anima: io, infatti, sono caduto allontanandomi da nostro Signore e
dalla sua promessa. Penso che egli avrà misericordia di me che sono
pentito. Giacché l'Onnipotente è fedele e mi rimetterà i peccati".
Pietro disse a gran voce: "Gloria e splendore a te, Signore nostro,
Dio onnipotente, Padre del Signore nostro Gesù Cristo! A te gloria, lode
e onore nei secoli dei secoli. Amen. Poiché ora tu ci hai fortificato
pienamente e ci hai rafforzato in te al cospetto di tutti i presenti,
Signore santo, rafforza Marcello ed invia oggi la tua pace su di lui e
sulla casa sua. Tu solo puoi fare ritornare quanti sono periti o smarriti.
Ti preghiamo tutti, Signore, pastore delle pecore che una volta erano
disperse ed ora sono da te riunite. Ricevi così anche Marcello, una delle
tue pecore, e non permettere che egli seguiti il suo delirio di errore o
di ignoranza, ma ricevilo nel numero delle tue pecore. Sì, Signore,
ricevilo! Egli ti supplica nel dolore e tra le lacrime". [11, 1] Dopo avere parlato così, Pietro abbracciò
Marcello; si rivolse alla folla che gli stava davanti ed in essa scorse
una persona che era posseduta da un demonio pessimo e sorrideva. Pietro le
disse: "Chiunque tu sia che hai riso, fatti vedere apertamente da
tutti i presenti!". Udito questo, un giovane si precipitò nell'atrio
della casa e, gridando a gran voce, si gettò contro la parete dicendo:
"Pietro, c'è una grande discussione tra Simone e il cane che tu hai
mandato. Simone disse al cane: "Riferisci ch'io non ci sono"; e
il cane gli rispose più cose di quante tu gli hai ordinato. Quando avrà
portato a termine questo mistero che tu gli hai comandato, morirà ai tuoi
piedi". Ma Pietro gli rispose: "E tu, demone, chiunque tu sia,
nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, esci da questo giovane senza
fargli del male, e fatti vedere da tutti i presenti". Udito ciò, il
giovane si spinse in avanti, afferrò una grande statua di marmo che era
nell'atrio della casa e la frantumò a forza di pedate. Si trattava di una
statua di Cesare. [2] Allora Marcello, battendosi la fronte, disse a
Pietro: "E' stato compiuto un grande crimine e se Cesare lo verrà a
sapere, da qualche spia, ci colpirà con duri castighi". Pietro
rispose: "Non ti vedo più come eri un momento addietro! Dicevi di
essere pronto a dare tutto quanto hai per salvare la tua anima! Piuttosto,
se veramente sei pentito e credi in Cristo con tutto il cuore, prendi con
le mani un po' di quest'acqua che zampilla, prega il Signore, e versala in
suo nome sui frammenti della statua: diventerà intatta come prima".
Marcello, senza alcuna esitazione, credendo anzi con tutto il cuore, prima
di prendere l'acqua con le sue mani, guardando verso il cielo, disse:
"Credo in te, Signore Gesù Cristo! Il tuo apostolo Pietro vuole
provare la fermezza della mia fede nel tuo santo nome. Prendo, dunque,
l'acqua nelle mie mani e, nel tuo nome, la verso su queste pietre affinché
questa statua ritorni intatta, come era prima. Se ora, Signore, la tua
volontà è ch'io resti in vita e non abbia a soffrire nulla da parte di
Cesare, questa pietra ridiventi integra come era prima". Asperse le
pietre di acqua e la statua ritornò integra. [3] Pietro fu lieto che Marcello, nella sua domanda al
Signore, non avesse dubitato, e Marcello gioiva in cuor suo perché, per
la prima volta, tra le sue mani si era avverato un miracolo; credette
dunque di tutto cuore nel nome di Gesù Cristo, Figlio di Dio, per mezzo
del quale sono possibili, tutte le cose impossibili. [12, 1] Primo scontro tra Pietro e Simone. Simone, in
casa, così parlava al cane: "Dì a Pietro ch'io non sono in
casa". Ma il cane in presenza di Marcello, rispose:
"Scelleratissimo e sfrontato nemico di tutti coloro che vivono e
credono in Gesù Cristo! Ecco che io, animale muto, mandato a te, ho
ricevuto la parola umana per confonderti e provare la tua impostura e le
tue menzogne; e tu hai riflettuto tante ore per dire: "Dì a Pietro
ch'io non sono in casa". Non ti vergogni di elevare, contro Pietro,
ministro e apostolo di Cristo, la tua voce debole e inutile quasi che tu
possa nasconderti da colui che mi ha ordinato di parlarti di presenza? E
questo non per te, ma per coloro che tu seducevi conducendoli alla rovina
Sarai dunque maledetto, nemico e corruttore della via della verità di
Cristo, il quale punirà con il fuoco eterno le iniquità da te commesse,
e tu sarai nelle tenebre esteriori". [2] Dopo avere detto queste parole, il cane se ne andò
seguito dalla folla, mentre Simone fu lasciato solo. Il cane andò da
Pietro che stava tra la folla, venuta per vedere la sua faccia, e gli
riferì quanto aveva fatto con Simone. All'angelo e apostolo del vero Dio,
il cane disse: "Tu, Pietro, avrai un grande combattimento contro
Simone, nemico di Cristo e dei suoi servi, ma convertirai alla fede anche
molti di coloro che sono stati sedotti da lui. Riceverai perciò da Dio la
ricompensa della tua opera". [3] Dopo aver parlato così, il cane si gettò ai piedi
dell'apostolo Pietro e spirò. Alla vista del cane che parlava, la folla
fu piena di ammirazione: alcuni si prostrarono ai piedi di Pietro, mentre
altri dicevano: "Mostraci ancora un miracolo, e noi crederemo in te
come ministro del Dio vivo. Simone ha compiuto davanti a noi molti
miracoli, ed è per questo che l'abbiamo seguito". [13, 1] Pietro, voltatosi, vide che da una finestra
pendeva una aringa; la prese e disse al popolo: "Se vedrete questa
nuotare immediatamente nell'acqua come un pesce, crederete in colui ch'io
predico?". La risposta unanime fu: "Crederemo veramente in
te!". C'era lì vicino una piscina natatoria, e Pietro disse:
"Nel tuo nome, Gesù Cristo, al quale ancora non si crede, vivi e
nuota come un pesce davanti a tutti costoro!". Mise l'aringa nella
piscina ed essa rivisse e prese a nuotare. La folla vide che il pesce
nuotava; e affinché non si dicesse che si trattava di un fantasma egli lo
fece nuotare non solo in quel momento, ma per lungo tempo, tanto che certi
popolani gli gettarono del cibo e lo si vedeva tutto intero. [2] A questa vista, molti lo seguirono, credettero nel
Signore e si radunavano giorno e notte in casa del presbitero Narcisso.
Pietro parlava loro degli scritti profetici e delle cose che aveva detto e
fatto nostro Signore Gesù Cristo. [14, 1] Ogni giorno Marcello si rafforzava per mezzo dei
segni che vedeva operare da Pietro in virtù della grazia concessagli da
Gesù Cristo. Poi Marcello si scagliò contro Simone mentre era a casa
sua, seduto al triclinio, e lo maledisse dicendo: "Detestabilissimo e
pestilentissimo nemico degli uomini, corruttore dell'anima mia e della mia
casa! Tu avresti voluto farmi allontanare dal Signore Cristo, mio
Salvatore!". Gli pose le mani addosso e ordinò che fosse espulso da
casa sua. Avutone il permesso, i servi lo coprirono di oltraggi, lo
schiaffeggiarono, lo bastonarono, lo lapidarono, mentre altri gli
versarono sul capo vasi pieni di rifiuti: per causa sua, infatti, erano
fuggiti dal loro signore ed erano stati a lungo incatenati; altri servi,
invece, contro i quali egli aveva parlato al loro signore, l'insultavano
dicendo: "Per volere di Dio, che ha avuto misericordia di noi e del
nostro signore, noi oggi ti rendiamo quanto meriti". [2] Così maltrattato e cacciato di casa, Simone corse
alla casa in cui soleva ritornare Pietro, e davanti alla porta del
presbitero Narcisso gridava: "Eccomi, sono Simone! Discendi dunque,
Pietro, ed io ti dimostrerò che hai creduto in un semplice Ebreo e figlio
di artigiano". [15, 1] Quando a Pietro furono riferite queste parole di
Simone, egli gli mandò una donna che stava allattando un bambino
dicendole: "Discendi presto, e vedrai uno che mi cerca Tu non dire
nulla. Stattene zitta, ed ascolta quanto gli dirà il bambino che tu
tieni". La donna, dunque, discese. Il bambino che allattava aveva
sette mesi ma, presa una voce virile, disse a Simone: "Orrore di Dio
e degli uomini, sterminatore della verità, pessimo fermento corruttore,
sterile frutto della natura! Presto apparirai ben piccolo, mentre poi ti
attende una pena eterna! Nato da padre senza pudore, non affondi mai le
tue radici nel bene, ma nel veleno, stirpe incredula, sprovvisto di
speranza! Allorché il cane ti ha rimproverato tu non hai provato
vergogna, ora Dio spinge me a parlare, che sono un bambino, ma tu non
arrossisci. Ma, tuo malgrado, sabato prossimo un altro ti condurrà al
foro Giulio per provare chi sei tu. Lungi ora da questa porta che ha i
segni dei santi! Ormai non corromperai più le anime che rovinavi e
rattristavi a proposito di Cristo. [2] Apparirà la tua pessima natura e le tue
macchinazioni saranno rovesciate. Ed ecco la mia ultima parola: Gesù
Cristo ti dice: "Costretto dal mio nome, taci! Abbandona Roma fino al
sabato prossimo"". E subito restò forzatamente zitto e uscì da
Roma fino al sabato, dimorando in una stalla. La donna ritornò da Pietro con il bambino e riferì a
lui e agli altri fratelli ciò che il bambino aveva detto a Simone. Ed
essi glorificarono il Signore che aveva manifestato agli uomini tali cose. [16, 1] Visione di Pietro e sua relazione su Simone.
Giunta la notte mentre era ancora ben sveglio, Pietro vide Gesù vestito
con un abito splendente che sorridendo gli disse: "Per mezzo mio e
per mezzo di colui in virtù del quale hai operato i segni in nome mio, è
già ritornata una grande folla di fratelli. Ma sabato prossimo avrai una
lotta per la fede, e nel mio nome si convertirà a me, ingiuriato, deriso
e coperto di sputi, un numero assai più grande di gentili e di Ebrei. Ti
darò il mio aiuto, allorché chiederai segni e prodigi, convertirai molti
ma, istigato da suo padre, avrai contro di te Simone. Tuttavia tutto
quello che farà si rivelerà incantesimo e inganno magico. Ora darai
saldo fondamento a tutti coloro ai quali io ti manderò, non ti
arrestare!". Quando si fece luce, riferì ai fratelli che gli era
apparso il Signore e quello che gli aveva ordinato. [17, 1] "Credetemi, uomini miei fratelli, ho
scacciato questo Simone dalla Giudea ove, con il suo incantesimo magico,
faceva molto male. C'era in Giudea una donna, Eubula, molto onorata in
questo mondo, che possedeva oro in abbondanza e pietre preziose di gran
valore. Questo Simone, con due suoi simili, si introdusse presso di lei,
sebbene in casa nessuno abbia visto questi due uomini, ma soltanto Simone.
Con arte magica, restando invisibili, tolsero dalla donna tutto l'oro.
Quando Eubula si accorse di questo fatto prese a tormentare la sua servitù,
dicendo: "Avete visto che egli veniva da me per onorare una semplice
donna, avete preso occasione da quest'uomo divino per derubarmi. Ma il suo
nome è il nome del Signore". [2] Io digiunai tre giorni e pregai affinché si facesse
luce su questo fatto. Mi apparvero allora in visione Italico e Antulo, che
erano stati da me catechizzati nel nome del Signore, e un bambino nudo
incatenato che mi diede del pane di frumento e mi disse: "Aspetta
ancora due giorni, Pietro, e vedrai le grandezze di Dio Giacché quanto è
scomparso dalla casa di Eubula, l'ha asportato Simone con due altri uomini
facendo uso di arti magiche e sortilegi. Dopodomani, all'ora nona, dalla
porta che conduce a Neapoli tu li vedrai mentre vendono ad un orefice di
nome Agripino un satirisco d'oro, del peso di due libbre, sul quale è
pure una pietra preziosa. Non è il caso che tu lo tocchi, per non esserne
contaminato; siano invece con te alcuni servi della matrona. Tu indicherai
loro la bottega dell'orefice e poi te ne andrai. In seguito a ciò, molti
crederanno nel nome del Signore. Apparirà, infatti, pubblicamente quanto
quelli hanno rubato con astuzia e malizia". [3] Ciò udito, mi recai da Eubula che trovai seduta, con
l'abito strappato, la capigliatura in disordine e in lacrime. Le dissi:
"Eubula, sollevati dalla tua tristezza, rasserena il tuo volto,
sistema i tuoi capelli, indossa un abito conveniente, e prega il Signore
Gesù Cristo, giudice di ogni anima; egli è il Figlio del Dio invisibile
nel quale è necessario che tu sia salvata, purché tu ti penta con tutto
il cuore delle colpe passate, riceverai la sua forza. Ecco che, per mezzo
mio, il Signore ti dice: Tutto ciò che hai perduto lo troverai! Quando
l'avrai avuto, fa' in modo che egli ti trovi affinché tu possa rinunziare
al mondo presente e cercare il refrigerio eterno. [4] Ascolta dunque: qualcuno dei tuoi si apposti presso
la porta che dà verso Neapoli; dopodomani, verso l'ora nona, vedranno due
giovani con un satirisco d'oro, del peso di due libbre e ornato di pietre
preziose, come mi è stato mostrato in una visione e l'offriranno in
vendita a un certo Agripino, amico nella pietà e nella fede nel Signore
Gesù Cristo, dal quale ti sarà indicato che devi credere nel Dio vivo e
non nel mago Simone, instabile demone che volle piombarti nel lutto e fare
torturare i tuoi innocenti familiari, che ti ha sedotto con blandi
discorsi e parole ingannevoli: egli aveva il timore di Dio solo sulle
labbra ed era interamente posseduto dall'empietà. [5] Quando, infatti, tu pensavi di passare un giorno
allegro, quando innalzavi l'idolo e l'ornavi di veli, quanto tu mettevi in
pubblico tutti i tuoi ornamenti su di un trepiedi, quello introdusse due
giovani, non visti da alcuno di voi, e con l'aiuto delle sue arti magiche,
portarono via i tuoi ornamenti senza farsi vedere. Ma le sue macchinazioni
non ebbero successo, giacché il mio Dio me le ha fatte conoscere affinché
tu non restassi ingannata, non fossi punita nella geenna con le tue opere
empie e nemiche del Dio pieno di ogni verità, giudice giusto dei vivi e
dei morti al di fuori del quale non c'è speranza di vita, e che ha
salvato tutto ciò che tu avevi perduto. Or dunque salva la tua
anima!"". [6] Lei allora si prostrò ai suoi piedi dicendo: "O
uomo, io non so chi tu sia! Quanto a lui io l'avevo ricevuto come ministro
di Dio, e per mezzo suo ho dato in grande quantità tutto quanto egli mi
domandò per il servizio dei poveri; oltre a questo gli ho offerto molte
cose ancora. Qual male gli ho fatto perché egli macchinasse tanto contro
la casa mia?". Pietro le rispose: "Non bisogna dar credito alle
parole, bensì alle opere e ai fatti. Ma ora bisogna portare a termine la
nostra impresa". [7] "La lasciai, dunque, e mi recai da Agripino con
due familiari di Eubula e gli dissi: Fa' attenzione a costoro per
riconoscerli. Giacché domani verranno da te due giovani per venderti un
satirisco d'oro ornato di pietre preziose appartenenti alla loro padrona.
Tu lo prenderai per osservare e lodare il lavoro dell'artista;
sopraggiungeranno poi questi e Dio porrà in evidenza tutto il resto. [8] Il giorno appresso, verso l'ora nona, giunsero i
familiari della matrona e quei giovani che volevano vendere ad Agripino il
satirisco d'oro. Non appena ci si impadronì di costoro, fu avvertita la
matrona ed essa tutta sconvolta, andò dal legato e a gran voce gli riferì
quanto era accaduto. Il legato Pompeo appena la vide ne fu meravigliato,
dato che lei non si era mai fatta vedere in pubblico, s'alzò subito dal
tribunale, entrò nel pretorio e ordinò che fossero condotti e
interrogati. Ed essi, tra i tormenti, confessarono di avere prestato il
loro aiuto a Simone "perché ci dava del denaro". Dopo un più
lungo interrogatorio, confessarono che tutto ciò che Eubula aveva perso,
e molte altre cose ancora, era stato depositato sotto terra, in una
caverna al di là della porta. Udito ciò, Pompeo s'alzò per andare alla
porta con i due uomini legati ambedue da catene. Ed ecco che Simone stava
entrando per la porta per cercarli, poiché erano in ritardo: vide
giungere una folla ed essi legati da catene. Capì subito: si diede alla
fuga e a tutt'oggi più non si fece vedere nella Giudea. [9] Dopo che Eubula riebbe tutte le cose sue, le offrì
per il servizio dei poveri: credette nel Signore Gesù Cristo, riprese
coraggio e, disprezzando questo mondo e rinunziandovi, le distribuiva alle
vedove e agli orfani, e rivestiva i poveri. Dopo un lungo tempo si
addormentò Ecco, fratelli carissimi, quanto avvenne in Giudea e il motivo
per cui fu scacciato da quel paese colui che è chiamato l'angelo di
Satana. [18, 1] Carissimi e amatissimi fratelli, digiuniamo
insieme e preghiamo il Signore che lo ha scacciato di là e ha il potere
di estirparlo anche di qui. Dia a noi la forza di resistere contro di lui
e contro le sue arti magiche, e di provare che è un angelo di Satana.
Sabato prossimo nostro Signore lo condurrà, suo malgrado, al foro Giulio.
Pieghiamo, dunque, le ginocchia ed egli ci esaudirà anche se non
gridiamo; c'è chi ci vede, anche se non si può vedere con questi occhi:
egli è in noi! Se noi lo vogliamo, egli non si allontanerà da noi!
Purghiamo dunque le nostre anime da ogni malvagia inclinazione, e Dio non
si allontanerà da noi. Anche se faremo soltanto un cenno con gli occhi,
egli è con noi!". [19, 1] Quando Pietro terminò di dire queste cose,
sopraggiunse Marcello e gli disse: "Per te, Pietro, ho purificato
tutta la mia casa, ho eliminato ogni traccia di Simone, anche la perfida
polvere dei suoi piedi. Ho preso dell'acqua e, dopo avere invocato il nome
del Signore, con tutti gli altri suoi servi che gli appartengono, ho
asperso tutta la casa, tutti i triclini, tutti i portici ed anche fuori
della porta, dicendo: "Signore Gesù Cristo, so che tu sei puro ed
esente da ogni macchia, sia scacciato dal tuo cospetto il mio
avversario". Ed ora, beatissimo, ho dato ordine che nella mia casa
purificata vengano a te le vedove e le persone anziane affinché preghino
per noi. [2] Ed acciocché si possano veramente chiamare servi di
Cristo, ognuno riceverà un pezzo d'oro in segno della sua qualità di
ministro. Tutto il resto è pronto per il ministero. Ti prego dunque,
beatissimo Pietro, di porre il tuo sigillo alle loro suppliche, affinché
tu pure onori le loro preghiere per me. Orsù, prendiamo anche Narcisso e
tutti i fratelli che sono qui". Pietro accondiscese alla sua semplicità e, per
realizzare il suo desiderio, se ne partì con lui e con gli altri
fratelli. [20, 1] Quando Pietro entrò vide che tra le vedove
anziane ce n'era una cieca alla quale la figlia dava la mano guidandola in
casa di Marcello. Pietro le disse: "Avvicinati, madre! Da oggi, Gesù
ti dà la sua mano destra! Per mezzo suo abbiamo la luce inaccessibile che
non può essere sovrastata dalla tenebre. Per mezzo mio, egli ti dice:
"Apri gli occhi, vedi, e cammina da sola!"". Subito, la
vedova vide Pietro che le imponeva le mani. Entrato nel triclinio, Pietro vide che si leggeva il
vangelo, ed arrotolandolo disse: "Uomini che credete e operate in
Cristo, imparate come deve essere annunziata la Scrittura di nostro
Signore, ciò che per grazia sua abbiamo scritto, così come l'abbiamo
compreso; sebbene ciò a voi appaia ancora debole, l'abbiamo scritto
secondo le nostre forze, in base alla capacità dell'umana debolezza. [2] Anzitutto dobbiamo conoscere la volontà di Dio, cioè
la sua bontà. Una volta, infatti, si diffuse l'errore e molte migliaia di
uomini venivano immersi nella perdizione. Allora, spinto dalla sua
misericordia, il Signore si mostrò in un'altra forma ed apparve sotto
l'immagine di un uomo, che né gli Ebrei né noi possiamo degnamente
illustrare. Giacché ognuno di noi vedeva come poteva, secondo quanto era
capace di vedere. Ora io vi esporrò quanto avete letto. [3] Nostro Signore volle ch'io vedessi la sua maestà sul
monte santo e, alla vista dello splendore della sua luce, con i figli di
Zebedeo, chiusi gli occhi e caddi come morto: udii la sua voce che non
posso descrivere e, a causa del suo splendore, pensai d'essere cieco. Poi,
ripreso coraggio, pensai: forse il mio Signore volle condurmi qui per
accecarmi; ed ancora: se questa, Signore, è la tua volontà, io non
contraddico! Ma egli mi porse la mano e mi rialzò, e quando fui in piedi
lo vidi nuovamente come poteva reggerlo il mio sguardo. [4] E così, fratelli dilettissimi, il Dio misericordioso
ha portato le nostre debolezze ed ha preso su di sé le nostre colpe, come
dice il profeta: "Egli porta i nostri peccati e soffre per noi;
pensavamo ch'egli fosse nel dolore e coperto di piaghe". Poiché egli
"è nel Padre e il Padre in lui", egli è pure la pienezza di
ogni maestà e ci ha manifestato tutte le sue bontà. Egli pur non avendo né fame né sete, per noi ha mangiato e bevuto; ha sopportato e sofferto per noi gli improperi, per causa nostra morì e risorse; egli, con la sua grandezza, sopportò e difese un
peccatore, consolerà anche voi affinché amiate costui che è grande e piccolissimo, bello e brutto, giovane e vecchio, visibile nel tempo e totalmente invisibile nell'eternità, non è trattenuto da mano umana, ma è tenuto dai suoi servitori; [5] la carne non lo vide, ma lo vede ora, è la parola udita e ora conosciuta; non può soffrire, ma ora conosce la sofferenza, non fu mai punito, ma ora è punito; egli esiste prima di tutti i secoli ed ora è stato compreso nel tempo; è la grande origine di ogni principio ed è stato consegnato ai prìncipi; egli è bello, ma in mezzo a noi apparve umile e brutto; fu visto da tutti, ma prevede tutto: questo, fratelli, è il Gesù che voi avete! Egli è porta, luce, via, pane, acqua, vita, risurrezione, conforto, pietra preziosa, tesoro, seme, abbondanza, grano di senape, vigna, aratro, grazia, fede, parola. Egli è tutto, non c'è alcuno più grande di lui. A lui lode in tutti i secoli dei secoli. Amen". [21, 1] Quando giunse l'ora nona, si alzarono per
pregare. Ma ecco che delle vedove anziane, cieche e non credenti, che
all'insaputa di Pietro erano sedute là alzarono la voce verso Pietro,
dicendo: "Noi sediamo qui tutte insieme sperando e credendo in Cristo
Gesù. Come tu, dunque, hai restituito la vista a una di noi, ti
preghiamo, signore Pietro, di rendere anche noi partecipi della tua
misericordia e del di lui amore". Pietro rispose loro: "Se è in
voi la fede in Cristo, e se essa è solida, voi scorgete con il sentimento
quanto non vedete con gli occhi; le vostre orecchie possono ben essere
chiuse, ma saranno intimamente aperte nell'animo vostro. Questi occhi si
schiuderanno nuovamente, non vedendo che uomini, buoi, muti animali,
pietre e legno; ma non tutti gli occhi scorgono Gesù Cristo. Ma ora,
Signore, il tuo dolce e santo nome soccorra costoro: tocca i loro occhi.
Tu, infatti, puoi far sì che esse vedano con i loro occhi". [2] Dopo che tutti pregarono, il triclinio nel quale
erano risplendette con il bagliore del fulmine che squarcia le nubi. Ma
non era una luce come quella del giorno: era una luce ineffabile,
invisibile, impossibile a descrivere da qualsiasi uomo; questa luce ci
illuminò, gridando verso il Signore: "Abbi pietà di noi tuoi servi,
Signore! Accordaci, Signore, quanto possiamo sopportare: noi, infatti, non
possiamo né sopportare né vedere questo!". [3] Noi eravamo là a terra; solo quelle vedove cieche se
ne stavano in piedi: la luce splendente che ci era apparsa, entrò nei
loro occhi e le fece vedere. Pietro disse loro: "Riferite quanto
avete visto". Esse dissero: "Noi abbiamo visto un vecchio
dall'aspetto che noi non possiamo descrivere". Altre dissero:
"Era un adolescente"; altre: "Abbiamo visto un fanciullo
toccarci delicatamente gli occhi; e così i nostri occhi si sono
aperti". [4] Pietro allora, glorificando il Signore, disse:
"Tu sei il solo Signore Dio! Quante labbra bisognerebbe avere per
lodarti e per poterti ringraziare come merita la tua misericordia!
Fratelli, come vi ho riferito poco fa, Dio è più complesso dei vostri
pensieri: ciò appare manifesto da queste vedove anziane che hanno visto
il Signore sotto forme diverse". [22, 1] Dopo averli esortati tutti affinché mettessero
tutto il loro cuore per comprendere il Signore, con Marcello e altri
fratelli prese a servire le vergini del Signore e poi si riposò fino al
mattino. Marcello disse alle vergini: "Ascoltate, sante e inviolate
vergini del Signore! Avete un luogo ove restare, poiché i cosiddetti miei
beni non appartengono forse a voi? Dunque, non allontanatevi di qui e
rifocillatevi: sabato prossimo, cioè domani, Simone lotterà con Pietro,
il santo di Dio. Come il Signore fu sempre con lui, anche ora sia al suo
fianco Cristo Signore di cui è apostolo. Pietro, infatti, ha seguitato a
non assaggiare nulla e a digiunare ancora un giorno per vincere il pessimo
nemico e persecutore della verità del Signore. Ecco che sono giunti i
miei giovani ad annunziarmi di aver visto nel foro dei palchi e di avere
udito dire dalla folla: "Domani, alla prima luce del giorno, due
Ebrei discuteranno qui sulla denominazione di Dio". Vegliamo dunque
fino a domani mattina supplicando il Signore nostro Gesù Cristo e
domandiamogli di ascoltare le nostre preghiere in favore di Pietro". [2] Dopo essersi brevemente riposato, Marcello si svegliò
e disse a Pietro: "Pietro, apostolo di Cristo, affrontiamo con
coraggio il nostro proposito. Addormentatomi per qualche istante, io
infatti ti ho visto seduto su di un luogo molto alto, di fronte a una
numerosa folla, ed avevi davanti una odiosissima donna dall'aspetto di
Etiope, non di una Egiziana, essendo tutta nera e coperta di sordidi
panni; essa danzava con attorno al collo una collana di ferro, e mani e
piedi stretti da una catena. A questa vista tu mi dicevi: "Marcello,
questa donna che balla è tutta la forza di Simone e del suo dio: troncale
la testa!". Ed io rispondevo: "Fratello Pietro, sono senatore di
nobile famiglia e mai ho macchiato le mie mani, non ho mai ucciso, neppure
un passerotto!". A queste parole tu hai preso a gridare ancora di più:
"Vieni, vera nostra spada, Gesù Cristo, e non troncare soltanto la
testa di questo demone, ma fa' a pezzi anche tutte le sue membra, davanti
a tutti questi ch'io ho sperimentato fare parte della tua milizia". [3] E subito, un uomo che rassomigliava a te, Pietro, ed
aveva una spada, la fece tutta a pezzi; io guardai con grande ammirazione
voi due, tu e quello che fece a pezzi questo demone, ed eravate molto
simili. Al mio risveglio, ti ho narrato questi segni di Cristo". All'udire quanto aveva visto Marcello, Pietro prese
ancora più coraggio, giacché il Signore provvede sempre ai suoi. Pieno,
dunque, di gioia e incoraggiato da queste parole, si alzò per andare al
foro. [23, 1] Incontro e lotta tra Pietro e Simone. I fratelli
e tutti quelli che si trovavano a Roma s'erano adunati comprandosi ognuno
il suo posto con una moneta d'oro. Andarono anche senatori, prefetti e
funzionari. Pietro, appena giunse, stette dritto, in mezzo agli altri,
mentre tutti gridarono: "Pietro, facci vedere chi è il tuo Dio, o
quale sia la maestà che ti ha dato la sua fiducia. Non essere sfavorevole
ai Romani: essi amano gli dèi. Abbiamo avuto i saggi di Simone, vogliamo
avere anche i tuoi: dimostrateci tutti e due a chi dobbiamo prestare
fede". [2] Mentre così parlavano, sopraggiunse anche Simone.
Sconvolto, si pose al fianco di Pietro osservandolo attentamente. Dopo un
lungo silenzio, Pietro disse: "Uomini romani, siate voi i nostri veri
giudici! Asserisco, infatti, di aver creduto nel Dio vivo e vero, e vi
prometto di fornirvene le prove, a me ben note, come molti di voi possono
testimoniare. Ed invero, quest'uomo che vedete tace il fatto che fu da
me ripreso e scacciato via dalla Giudea a causa delle frodi compiute verso
Eubula, donna onorata e semplice, servendosi di arti magiche. [3] Scacciato da me di là, venne qui, pensando di
potersi nascondere in mezzo a voi; ma ecco che è qui presso di me. Parla,
Simone: vedendo le guarigioni compiute per mezzo nostro, a Gerusalemme non
ti sei forse gettato ai miei piedi e a quelli di Paolo? Non hai detto:
"Prendete da me tutto il denaro che volete, ve ne supplico, purché
io possa operare tali prodigi con l'imposizione delle mani"? A queste
parole ti abbiamo maledetto: "Credi tu di tentarci con il desiderio
del denaro?". Ed ora tu non hai paura di nulla? Il mio nome è Pietro
perché Cristo Signore si è degnato di chiamarmi "pronto ad ogni
cosa". Io credo, infatti, nel Dio vivo in virtù del quale demolirò
le tue magie. [4] Ed ora quest'uomo compia in vostra presenza le
mirabilia che faceva. Non volete credere a ciò ch'io vi ho detto?". Simone disse: "Hai il coraggio di parlare di Gesù
Nazareno, figlio di un artigiano ed egli stesso artigiano, di una stirpe
che tuttora abita in Giudea? Ascolta, Pietro: i Romani hanno del buon
senso, non sono gente vuota"; e rivoltosi al popolo, proseguì:
"Uomini romani, forse che un dio può nascere ed essere crocifisso?
Colui che ha un signore non è Dio". Mentre così parlava, molti
dicevano: "Tu parli bene, Simone". [24, 1] Ma Pietro disse: "Anatema alle tue parole su
Cristo! Hai avuto il coraggio di parlare così, nonostante che il profeta
affermi: "Chi potrà narrare la sua generazione?". Ed un altro
profeta dice: "L'abbiamo visto, ma non aveva né forma né
bellezza"; e: "Negli ultimi tempi, nasce un bambino dallo
Spirito santo: sua madre non conosce uomo, e nessuno afferma di essere suo
padre". Ed ancora: "Essa ha generato e non ha generato"; ed
ancora: "Poca cosa è per voi stancare la pazienza degli uomini?
Volete stancare anche la pazienza del Signore? Per questo lo stesso
Signore vi darà un segno: ecco che una vergine concepirà". Per
onorare il Padre, un altro profeta dice: "Non abbiamo udito la sua
voce e non è intervenuta alcuna ostetrica". Un altro profeta dice:
"Non è nato dalla vulva di una donna, ma disceso da un luogo
celeste"; ed ancora: "La pietra s'è staccata senza l'intervento
delle mani ed ha spezzato tutti i regni"; ed ancora: "La pietra,
rifiutata dai costruttori, è diventata la pietra d'angolo", e
afferma che questa pietra è "scelta e preziosa". Il profeta
dice ancora: "Ecco che al di sopra della nube ho visto venire come un
figlio d'uomo". [2] Ma perché proseguire? Se voi, uomini romani,
conosceste le scritture profetiche, vi esporrei ogni cosa; secondo esse è
infatti necessario che del regno di Dio si parli e giunga a compimento in
modo misterioso. Ma questo vi apparirà più tardi. Ed ora a te, Simone! Fa' qualcuna di quelle azioni per
mezzo delle quali seducevi costoro, e in virtù del mio Signore Gesù
Cristo, io la distruggerò". Preso coraggio, Simone disse: "Se
il prefetto lo permette!". [25, 1] Per non sembrare di fare qualcosa di ingiusto, il
prefetto volle mostrare la sua pazienza a tutti e due. Il prefetto fece
dunque avanzare uno dei suoi servi e disse a Simone: "Prendi costui e
fallo morire" A Pietro disse: "E tu risuscitalo". Ed al
popolo disse: "Ora spetta a voi giudicare chi di loro è accetto a
Dio; se chi uccide o chi vivifica". Simone parlò subito all'orecchio
del servo e, senza un grido, lo ammutolì e lo fece morire. [2] Tra la folla si elevò un mormorio, e una delle
vedove che era assistita dalla casa di Marcello, da dietro alla
moltitudine, ove si trovava, gridò: "Pietro, servo di Dio, l'unico
figlio che avevo è morto!". La folla le fece largo, e così fu
condotta da Pietro. Lei si prostrò ai suoi piedi, dicendo. "Avevo un
unico figlio: lui mi nutriva, lui mi sollevava, lui mi sosteneva. Adesso
che è morto, chi mi stenderà la mano?". Pietro le rispose:
"Va' con questi testimoni e porta tuo figlio affinché costoro che
vedono possano credere che risorse per opera di Dio". All'udire questo lei cadde a terra. [3] Pietro disse allora ai giovani: "Qui c'è
bisogno di giovani, oltre a quelli che vogliono credere". Subito si
alzarono trenta giovani pronti tanto a trasportare lei quanto a portare
suo figlio morto. Appena quella vedova ritornò in se stessa, i giovani la
sostennero, ma lei strappandosi i capelli e lacerandosi il viso,
esclamava: "Ecco, figlio, che il servo di Cristo li ha mandati da
te". I giovani che erano andati, osservarono le narici del
fanciullo per vedere se era veramente morto. Constatato che era proprio
morto, consolavano la madre dicendo: "Se credi veramente al Dio di
Pietro, noi prenderemo tuo figlio, lo porteremo a Pietro affinché lo
risusciti, e te lo restituisca". [26, 1] Mentre i giovani parlavano così, al foro il
prefetto si rivolse a Pietro e gli disse: "Che ne dici, Pietro? Ecco
che il servo giace là, morto; l'imperatore gli voleva bene, e tuttavia
non l'ho risparmiato. Certo, io avevo anche molti altri servi, ma ho
fiducia in te e nel tuo Signore che predichi e volli provare se voi siete
proprio sicuri e veridici". Pietro gli disse: "Dio non si deve
tentare né sottovalutare! Ma, amato e invocato, questo Dio esaudisce
coloro che ne sono degni. E poiché ora, qui tra voi, è tentato il Dio e
Signore mio Gesù Cristo, nonostante i molti segni e prodigi da me
compiuti per la conversione dei vostri peccatori, tu Signore, invocato per
mezzo della mia voce, con la tua forza risuscita al cospetto di tutti
colui che Simone uccise toccandolo". Rivolto al padrone del servo, Pietro disse: "Va'
prendigli la destra e lo riavrai vivo che cammina con te". Il
prefetto Agrippa andò di corsa dal servo, gli prese la mano e lo risuscitò.
A questa vista, la folla gridò: "Non c'è che un solo Dio, il Dio di
Pietro!". [27, 1] Mentre si faceva largo ai giovani che portavano
su di una barella il figlio della vedova davanti a Pietro, alzando gli
occhi al cielo e stendendo le mani Pietro disse: "Padre santo del
figlio tuo Gesù Cristo, che ci hai concesso la tua potenza affinché per
mezzo tuo possiamo chiedere ed ottenere, possiamo disprezzare tutte le
cose che sono nel mondo e seguire te solo, che sei visto da pochi uomini,
ma vuoi essere conosciuto da molti: manda i tuoi raggi, Signore, illumina
e mostrati, risuscita il figlio di questa anziana vedova che senza suo
figlio non può sostentarsi. Ed io servendomi della voce di Cristo, mio
Signore, ti dico: giovanotto, alzati e cammina con tua madre fino a quando
le sei utile! [2] Dopo sarai al mio servizio, con un compito più
importante, nelle funzioni di diacono e di vescovo". E subito il
morto si alzò. La folla presente rimase stupita e il popolo gridava:
"Tu, Dio di Pietro, sei il Dio salvatore, tu sei il Dio invisibile e
salvatore!". E parlavano tra di loro pieni di ammirazione per la
parola di un uomo che invoca la potenza del suo Signore; e ne furono
santificati. [28, 1] La fama si diffuse per tutta la città. Fu così
che venne la madre di un senatore, scivolò in mezzo alla folla e cadde ai
piedi di Pietro dicendo: "Ho saputo dai miei che tu sei il ministro
di un Dio misericordioso, che partecipa la sua grazia a quanti desiderano
questa luce. Partecipa, dunque, questa luce anche a mio figlio: so,
infatti, che tu non sei geloso di alcuno; non disdegnare la supplica di
una matrona!". [2] Pietro le rispose: "Credi tu nel mio Dio, per
opera del quale sarà risuscitato tuo figlio?". La madre, piangendo,
disse a gran voce: "Credo, Pietro. Credo!". Tutto il popolo
gridava: "Rendi il figlio a sua madre!". Pietro ordinò:
"Sia portato qui davanti a tutti costoro". E rivolgendosi al
popolo, Pietro disse: "Uomini romani, io sono uno di voi, sono di
carne umana e sono peccatore, ma ho ottenuto misericordia. Non guardatemi,
dunque, come se compissi queste cose con il mio potere; si tratta di opere
del mio Signore Gesù Cristo, giudice dei vivi e dei morti. Credendo in
lui ed essendo io inviato da lui, ho fiducia che invocandolo, egli
risusciti i morti. Va', dunque, donna, e fa' in modo che tuo figlio sia
portato qui e risusciti". [3] La donna scivolò nuovamente in mezzo alla folla,
corse con grande gioia sulla via pubblica e, con animo credente, giunse a
casa; dai suoi servi lo fece prendere e portare al foro. Disse ai servi di
mettersi il pileo sulla testa e di camminare davanti alla barella portando
davanti a questa barella tutto ciò che ella doveva consacrare al cadavere
di suo figlio, affinché Pietro, a questa vista, avesse pietà del
cadavere e di lei; e, tutti in lacrime, giunsero davanti alla folla,
seguiti da una moltitudine di senatori e di matrone che voleva vedere le
meraviglie di Dio. [4] Il morto, Nicostrato, era molto nobile e molto amato
dal senato. Lo posero davanti a Pietro. Chiesto il silenzio, Pietro disse
a grandissima voce: "Uomini romani, vi sia ora giudizio giusto tra me
e Simone: giudicate voi chi di noi due crede nel Dio vivo, se lui o io. Se
egli risuscita il corpo portato qui, credete in lui come all'angelo di
Dio, ma se egli non può, io invocherò il mio Dio e renderò alla madre
il figlio vivo; allora ammetterete che questo vostro ospite è un mago e
seduttore". Udite queste parole, tutti i presenti ritennero giusto
quanto aveva detto Pietro, ed invitavano Simone, dicendo: "Se in te
c'è qualcosa mostralo ora pubblicamente. Convinci, o tu sarai convinto.
Perché resti immobile? Su, incomincia!". [5] Vedendo che tutti lo sollecitavano, Simone se ne
stava immobile e silenzioso. Quando vide che il popolo taceva e lo
guardava, Simone esclamò: "Uomini romani, se vedrete che il morto
risorge, scaccerete Pietro dall'Urbe?". Tutto il popolo rispose:
"Non solo lo scacceremo, ma lo bruceremo tra le fiamme". Simone
allora si avvicinò al corpo del morto, si chinò tre volte e tre volte
s'alzò mostrando al popolo che alzava la testa e l'agitava, apriva gli
occhi e si inchinava verso Simone. [6] Subito essi si misero a cercare legna e fascine per
bruciare Pietro tra le fiamme. Ma Pietro, avendo ricevuto la forza di
Cristo, alzò la voce e disse a coloro che gridavano contro di lui:
"Popolo di Roma, ora vedo che fino a quando i vostri occhi, le vostre
orecchie e il vostro cuore sono ciechi, non mi è lecito chiamarvi fatui e
vuoti. Ma fino a quando i vostri sensi saranno ottenebrati? Non vi
accorgete di essere stregati al punto da considerare risorto un morto che
non s'è alzato? Uomini romani! Io potrei accontentarmi di tacere e di
morire in silenzio, lasciandovi alle menzogne di questo mondo. Ma ho
davanti agli occhi la pena di un fuoco inestinguibile. Se dunque vi pare
giusto, il morto parli e si alzi; se vede, sciolga con le sue mani le
bende che legano il suo mento; chiami sua madre, e dica a voi che gridate:
"Perché gridate?". Vi faccia un cenno con la mano! Volete
vedere, invece, che è morto e voi vi siete ingannati? Si scosti dalla
barella quest'uomo che vi ha indotti ad allontanarvi da Cristo, e vedrete
che questo morto è esattamente tale e quale l'avete visto quando lo
portarono". [7] Il prefetto Agrippa non tollerando più oltre, s'alzò
e di sua mano respinse Simone: il morto giaceva così come era prima.
Disilluso ormai dalla magia di Simone, il popolo infuriato, prese a
gridare: "Ascolta, Cesare! Se il morto non risuscita, Simone sia
bruciato in luogo di Pietro, giacché egli ci ha veramente accecato". Ma Pietro stendendo la mano, disse: "Uomini romani,
abbiate pazienza! Io non vi dico che dopo la risurrezione del giovane,
Simone deve essere bruciato: so che s'io ve lo dicessi, voi lo
fareste". Il popolo gridò: "Lo faremo anche se tu non lo
vuoi". Pietro rispose: "Se seguitate così, il giovane non si
alzerà. Non abbiamo, infatti, imparato a rendere male per male; ci hanno,
invece, insegnato ad amare i nostri nemici e a pregare per i nostri
persecutori. Se costui si può pentire, è meglio. Dio non ricorderà più
il male. Venga, dunque, nella luce di Cristo. Ma se non può, sia
partecipe della sorte di suo padre, il diavolo. Ma le vostre mani non si
contaminino!". [8] Ciò detto si avvicinò al giovane e prima di
risuscitarlo, disse a sua madre: "Questi servi, che tu hai affrancato
in onore di tuo figlio, divenuti liberi possono prestare ancora obbedienza
al loro padrone vivo? So che il cuore di molti resterebbe ferito al vedere
tuo figlio risuscitato, qualora essi dovessero divenire nuovamente
schiavi. Restino piuttosto liberi, ricevano i mezzi per vivere come li
ricevevano prima e seguitino ad abitare con lui: tuo figlio, infatti,
risorgerà". Pietro seguitava ad osservare che cosa lei ne pensasse.
Ma la madre del giovane rispose: "Che altro posso fare? Davanti al
prefetto io assicuro che tutto ciò ch'io volevo consacrare alla sepoltura
di mio figlio sarà dato a loro". Pietro le disse: "Tutto il
resto sarà distribuito alle vedove". E con il cuore pieno di gioia,
Pietro proseguì in spirito: "Signore misericordioso, Gesù Cristo,
appari al tuo Pietro che ti invoca, tu che sempre gli hai dimostrato
misericordia e bontà. Risusciti ora Nicostrato in presenza di tutti
costoro, che hanno ottenuto la libertà, affinché possano servire". [9] Toccando il fianco del giovane, Pietro gli disse:
"Alzati!". Il giovane si alzò, prese i suoi abiti, discese
dalla barella e disse a Pietro: "Uomo, andiamo, te ne supplico, verso
nostro Signore Gesù Cristo che ho visto parlare con te e dirti, indicando
me: "Conducilo a me perché è mio"". Udendo dal giovane queste cose, con l'aiuto del Signore,
Pietro prese ancora più coraggio e disse al popolo: "Uomini romani,
è così che risuscitano i morti, è così che parlano, è così che,
ritornati in vita, camminano e vivono fino a quando Dio vuole. Or dunque,
voi che siete venuti a questo spettacolo, convertitevi dalle vostre colpe,
da tutti i vostri dèi fabbricati, da ogni impurità e concupiscenza:
avrete così la comunione con Cristo per mezzo della fede e conseguirete
la vita eterna". [29, 1] Da quel momento volevano adorarlo come un dio
gettandosi ai suoi piedi domandando la guarigione dei malati che avevano
in famiglia. Ma il prefetto vedendo attorno a Pietro una così grande
moltitudine, fece cenno a Pietro di andarsene. Pietro diceva al popolo di
andare nella casa di Marcello, ma la madre del giovane supplicava Pietro
di mettere piede a casa sua. Ma Pietro aveva deciso di andare a passare il
giorno del Signore presso Marcello per vedere le vedove che Marcello aveva
promesso di servire di sua propria mano. [2] Il giovane risorto diceva perciò: "Io non mi
allontano più da Pietro!". Mentre la madre allegra e piena di gioia
se ne andò a casa sua; e il giorno dopo il sabato, giunse in casa di
Marcello portando a Pietro due mila pezzi d'oro e gli disse: "Dividi
questo tra le vergini che sono al servizio di Cristo". Il giovane
risuscitato dai morti, constatando che non aveva dato nulla ad alcuno, andò
a casa, aprì lo scrigno e offrì quattro mila pezzi d'oro, dicendo a
Pietro: "Io che sono stato risuscitato dai morti compio una duplice
offerta e, da oggi, offro me stesso a Dio quale vittima parlante". [30 (1), 1] Pietro e una peccatrice pubblica. Una
domenica, Pietro parlava ai fratelli e li esortava alla fede in Cristo:
erano presenti molti senatori, molti cavalieri, donne ricche e matrone che
venivano rafforzati nella fede. C'era pure una donna molto ricca di nome Crise, perché
tutte le sue stoviglie erano d'oro: fin dalla nascita non si era mai
servita di stoviglie d'argento e di vetro, ma soltanto d'oro; costei disse
a Pietro: "Pietro, servo di Dio, il Dio del quale tu parli mi apparve
in sogno e mi disse: "Crise, porta al mio ministro Pietro diecimila
pezzi d'oro; tu, infatti glieli devi!". Temendo di dovere andare
incontro a qualche male da parte di colui che ho visto e che poi se n'è
ritornato in cielo, io, dunque, li ho portati". Ciò detto, posò il
denaro e se ne andò. Alla vista di questo, Pietro lodò il Signore,
giacché i bisognosi venivano così sollevati. [2] Alcuni dei presenti gli dissero: "Non hai tu
fatto male a ricevere questo denaro da quella donna? In tutta Roma si
parla male di lei a causa della sua prostituzione e a causa del fatto che
lei non resta unita ad un solo uomo: si accosta persino ai suoi schiavi.
Non essere partecipe della mensa di Crise, ma le sia restituito quanto è
suo". Udite queste parole, Pietro sorrise e disse ai fratelli:
"Chi sia questa donna nel resto della sua vita, io non lo so. Se ho
ricevuto questo denaro, non è senza motivo che l'ho fatto: lei, infatti,
l'offrì come debitrice di Cristo e lo dà ai servi di Cristo, avendo egli
stesso provveduto ai suoi". [31 (2), 1] Guarigioni di San Pietro e ripresa
dell'attività di Simone. Di sabato gli portavano anche i malati
chiedendogli che fossero liberati delle loro malattie: molti paralitici
erano guariti: i gottosi, gli affetti da febbre terzana e quartana e
quanti credevano nel nome di Gesù Cristo erano guariti da ogni corporale
infermità; ed ogni giorno, un grande numero veniva conquistato dalla
grazia del Signore. [2] Ma dopo l'intervallo di pochi giorni, Simone mago
promise alla folla che avrebbe convinto Pietro che la sua fede non era
fondata sul Dio vero, ma su di un dio falso. Egli compiva molte
stregonerie, ma i discepoli già rafforzati si burlavano di lui. Nei triclini, infatti, faceva comparire degli spiriti che
non erano reali, ma soltanto apparenti. Che dire di più? Rendeva la
salute agli zoppi e ai ciechi, ma per breve tempo; ed una volta fece
vedere molti morti che erano diventati vivi e si muovevano, come aveva
fatto con Nicostrato. [3] Ma Pietro lo seguiva e lo confutava davanti a
spettatori. Siccome non faceva una bella figura, era deriso dal popolo di
Roma e suscitava la diffidenza non realizzando quanto prometteva, egli
disse loro: "Uomini romani, sembra che voi attribuiate a Pietro una
superiorità su di me, quasi che sia potente, e gli prestate maggiore
attenzione. Voi vi ingannate. Domani vi abbandonerò, uomini atei ed empi,
e volerò verso Dio del quale sono la forza, sebbene sia diventato debole.
Mentre voi siete caduti, io sto dritto e ritorno verso mio padre e gli dirò:
"Hanno tentato di fare cadere anche me, tuo figlio che stavo dritto,
ma non mi sono lasciato travolgere da loro, e sono ritornato in me
stesso"". [32 (3), 1] Simone vola verso il cielo. Il giorno dopo,
una grande folla si riunì alla via Sacra per vederlo volare; ed anche
Pietro, al quale era apparsa una visione, andò in quel luogo per
confutarlo. Quando era venuto a Roma egli aveva sedotto la folla volando;
Pietro, che doveva confutarlo, allora non abitava ancora a Roma da lui
ingannata con le sue illusioni fino al punto da traviare alcuni. In piedi su di un luogo elevato, guardando Pietro, Simone
prese a dire: "Proprio in questo momento in cui mi sollevo davanti a
tutta questa gente che guarda, ti dico: "Se il tuo Dio messo a morte
dagli Ebrei i quali lapidarono voi, suoi eletti, ne ha la potenza,
dimostri che la fede in lui è la fede in Dio; se questa fede è degna di
Dio, lo faccia vedere ora. Innalzandomi, io dimostrerò, infatti, a tutta
questa gente chi sono"". Ed ecco che, alla presenza di tutti, si innalzava in aria
al di sopra di tutta Roma, dei suoi templi e dei suoi colli, mentre i
fedeli osservavano Pietro. [2] Vedendo questo straordinario spettacolo, Pietro gridò
al Signore Gesù Cristo: "Se tu permetterai che quest'uomo porti a
compimento quanto ha iniziato, tutti coloro che hanno creduto in te ne
resteranno scandalizzati e più non si crederà ai segni e prodigi che tu,
per mezzo mio, hai loro concesso. Manda presto, Signore, la tua grazia:
quest'uomo cada dall'aria e, pur senza morire, resti indebolito e
annichilito spezzandosi una gamba in tre posti". E cadde dall'aria
spezzandosi una gamba in tre punti. Allora gli tirarono addosso delle
pietre e ciascuno se ne ritornò a casa sua; e tutti ormai credettero in
Dio. [3] Uno degli amici di Simone, il cui nome era Gemello,
che aveva una moglie greca e dal quale Simone aveva ricevuto molto,
sopraggiunse poco dopo da un viaggio e, vedendolo con una gamba spezzata,
gli disse: "Simone, se la forza di Dio è spezzata, lo stesso Dio del
quale tu sei la forza non sarà forse un'illusione?". Ed anche Gemello corse al seguito di Pietro, dicendogli:
"Anch'io ti supplico di essere tra coloro che credono in
Cristo". Pietro rispose: "E chi sarà contrario, fratello mio?
Vieni e prendi posto tra noi". [4] Simone, nella sua sciagura, trovò uomini che lo
portarono, su di una lettiga, da Roma ad Ariccia, ove soggiornò e donde
fu poi condotto a Terracina presso un certo Castore, che era stato bandito
da Roma sotto accusa di magia: qui fu amputato, e qui trovò la sua fine
Simone, angelo del diavolo. |
2. MARTIRIO DI PIETRO [33 (4), 1] San Pietro predica la castità. A Roma,
Pietro godeva nel Signore, con i fratelli, e ringraziava giorno e notte
per la moltitudine che ogni giorno era condotta al nome sacro dalla grazia
del Signore. Anche le concubine del prefetto Agrippa andarono da
Pietro. Erano quattro: Agrippina, Nicaria, Eufemia e Doris. Udita la
predicazione della castità e tutte le parole del Signore, ne restarono
colpite e deliberarono di rimanere pure dal letto di Agrippa; ma questi le
molestava. Siccome le amava molto, Agrippa ne fu imbarazzato e
preoccupato; perciò le fece sorvegliare per vedere dove andavano, e seppe
così che andavano da Pietro. Quando ritornarono disse loro: "Questo
cristiano vi insegna a non avere più nulla in comune con me: sappiate
ch'io farò perire voi e brucerò lui vivo". [2] Esse allora accettarono di sopportare tutti i mali da
parte di Agrippa, pur di non essere più soggette ai suoi desideri: erano,
infatti, forti della forza di Gesù. [34 (5), 1] Una donna di nome Santippe, di grande
bellezza, moglie di Albino, amico di Cesare, andò da Pietro insieme ad
altre matrone e si tenne poi lontana da Albino. Costui, folle d'amore per
Santippe, vedendo che lei più non condivideva il suo letto, andò sulle
furie come una belva e voleva uccidere Pietro di proprio pugno: si era,
infatti, reso conto che la causa di questa separazione era lui. Anche molte altre donne, colpite dalla predicazione sulla
castità, si separavano dai loro mariti Così pure degli uomini si
tenevano lontani dalle loro mogli, volendo servire Dio nella santità e
nella castità. [2] Fu così che a Roma si scatenò un grande tumulto.
Albino manifestò ad Agrippa quanto lo riguardava, dicendogli: "O tu
mi vendichi di questo Pietro che mi ha separato da mia moglie, oppure io
stesso mi vendicherò". Agrippa narrò come anch'egli aveva subito la
stessa sorte, avendolo Pietro separato dalle sue concubine. Albino allora
gli disse: "E che aspetti, allora? Cerchiamo di uccidere questo
stregone per riavere le nostre donne e per vendicare quei mariti che non
possono ucciderlo, pur essendo stati da lui separati dalle loro
donne". [35 (6), 1] Fuga di Pietro, suo ritorno e crocifissione.
Mentre complottavano così, Santippe venne a conoscere l'incontro di suo
marito con Agrippa e mandò qualcuno a comunicarlo a Pietro affinché si
allontanasse da Roma. Ed anche gli altri fratelli, compreso Marcello,
l'esortavano ad andarsene. Ma Pietro diceva loro: "Dobbiamo dunque
fuggire, fratelli?". Ma essi gli risposero: "No! Tu però puoi
servire ancora il Signore". E, obbedendo ai fratelli partì da solo,
dicendo: "Nessuno di voi venga via con me! Cambierò il mio vestito e
poi uscirò solo". [2] Ma mentre attraversava la porta, vide il Signore che
entrava in Roma e gli disse: "Signore, dove (vai) così?". Il
Signore gli rispose: "Entro in Roma per esservi crocifisso". E
Pietro a lui: "Signore, per essere nuovamente crocifisso?".
Rispose: "Sì, Pietro, sarò nuovamente crocifisso". Pietro,
entrato in se stesso, vide il Signore salire in cielo e se ne ritornò a
Roma allegro e glorificando il Signore poiché egli stesso aveva detto:
"Sarò crocifisso". Ciò doveva dunque capitare a Pietro. [36 (7), 1] Salito nuovamente dai fratelli, disse loro
quanto aveva visto. Essi rimasero col cuore afflitto e piangevano dicendo:
"Ti preghiamo, Pietro, di pensare a noi così nuovi!". Pietro
rispose: "Se tale è la volontà di Dio, avvenga pure anche se noi
non lo vogliamo! Quanto a voi, il Signore ha la forza di rafforzarvi nella
sua fede, renderà saldo il vostro fondamento in lui, ed estenderà voi
che siete stati piantati da lui, affinché voi per mezzo suo ne piantiate
altri. Fino a quando il Signore vorrà ch'io viva nella carne, non mi
rifiuto; ma se egli vuole riprendermi, gioisco e mi rallegro". [2] Pietro parlava così e tutti i fratelli piangevano,
quand'ecco quattro soldati si impadronirono di lui e lo condussero da
Agrippa il quale, a causa della sua morbosa passione, ordinò che fosse
crocifisso per ateismo. [3] Accorse allora tutta la moltitudine dei fratelli,
ricchi e poveri, orfani e vedove, umili e potenti, nell'intento di vedere
e portare via Pietro. Con un coro unanime ininterrotto il popolo gridava:
"Di che cosa è colpevole Pietro, o Agrippa? Che male ha fatto? Dillo
ai Romani!". Altri dicevano: "Se egli muore c'è da temere che
il suo Signore ci faccia perire tutti quanti". Giunto sul luogo, Pietro calmò la moltitudine dicendo:
"Uomini che militate per Cristo, uomini che sperate in Cristo,
ricordate i segni e i prodigi che avete visto compiere per mezzo mio,
ricordate la misericordia di Dio che operò per voi tante guarigioni!
Aspettate che egli venga e dia a ognuno secondo le sue azioni. Ed ora non
irritatevi contro Agrippa, poiché egli è ministro della potestà di suo
padre, e tutto ciò si compie come il Signore mi aveva rivelato che
sarebbe accaduto. Ma perché tardo e non mi appresso invece alla
croce?". [37 (8), 1] Avvicinatosi, stette presso la croce e prese
a dire: "O nome della croce, mistero nascosto! O grazia ineffabile
espressa nel nome della croce! O natura umana inseparabile da Dio! O amore
indicibile dal quale non ci si può separare e che le labbra contaminate
non possono esprimere! Ora che sono al termine della mia liberazione dalla
terra io ti comprendo! Ora manifesterò chi tu sia; non tacerò questo
mistero della croce da lungo tempo celato nella mia anima. [2] Per voi che sperate in Cristo, la croce non sia ciò
che sembra di essere! Essa è, infatti, completamente diversa dalla
apparenza: anche questa passione, conformemente a quella di Cristo, è
diversa da ciò che appare. Ora soprattutto che potete comprendermi, voi
che ne avete la forza, ascoltatemi nell'ora ultima e suprema della mia
vita. Allontanate le anime vostre da tutto ciò che è materiale, da tutto
ciò che è apparenza, ma non realtà. Distoglietevi da tutti questi modi
di vedere, distoglietevi da tutti questi modi di dare ascolto alle cose
apparenti! E conoscerete ciò che riguarda Cristo e tutt'intero il mistero
della salvezza! Per voi che le udite, queste mie parole siano come se non
fossero dette. Ma per te, Pietro, è giunto il momento di abbandonare alle
tue guardie il tuo corpo: prendetelo dunque voi che avete questo compito.
Io ve lo chiedo, o esecutori! Crocifiggetemi così: con la testa in basso
e non diversamente! Il motivo lo dirò a quelli che mi ascoltano". [38(9), 1] Dopo che fu sospeso come aveva chiesto, prese
nuovamente a dire: "Uomini che avete il compito di ascoltare, udite
ciò ch'io vi annunzio, soprattutto in questo momento in cui sono
crocifisso! Comprendete il mistero di tutta la natura e quale è stato il
principio di ogni cosa! Dunque, il primo uomo, della cui stirpe io,
precipitato con la testa in basso, porto l'immagine, manifestò una natura
diversa da quella che aveva una volta: non avendo movimento, è morta.
Egli aveva gettato a terra il suo stato primitivo e, così rovesciato,
organizzò tutto l'ordine di questo mondo: sospeso secondo l'immagine
della sua vocazione, fece vedere destra la sinistra e la sinistra destra;
cambiò tutti i segni della sua natura tanto da considerare bello ciò che
non lo è, e buono ciò che è cattivo. [2] A questo proposito, il Signore dice in un mistero:
"Se della destra non fate sinistra e della sinistra destra, inferiore
ciò che è superiore, e anteriore ciò che è posteriore, non
comprenderete il regno". Questo è il pensiero ch'io pongo davanti ai
vostri occhi; e la figura che voi vedete, contemplandomi sospeso, è
l'immagine dell'uomo che nacque per primo. [3] Voi, dunque, diletti miei, tanto voi che udite adesso
quanto quelli che vi ascolteranno, dovete abbandonare questo primitivo
errore e rialzarvi. E' giusto, infatti, salire sulla croce di Cristo che
è l'unica e sola parola distesa, della quale lo Spirito dice: "Che
cos'è Cristo, se non la parola, l'eco di Dio?". Sicché la parola è
l'asse dritto della croce, quello al quale sono crocifisso; l'eco è
l'asse trasversale, cioè la natura dell'uomo; il chiodo che unisce l'asse
trasversale a quello dritto è la conversione e la penitenza dell'uomo. [39 (10), 1] Poiché, dunque, o parola di vita, come da
me fu or ora chiamato l'albero, mi hai fatto conoscere e mi hai svelato
queste cose, io ti ringrazio con labbra inchiodate, non con una lingua che
sparge verità e menzogna, né con questa parola che si diffonde per opera
di una natura terrestre, bensì ti ringrazio, o re, con quella voce che è
compresa dal silenzio, che non si ode apertamente, che non è emessa da
organi corporei, che non entra in orecchie di carne, che non è udita da
un essere corruttibile, che non è nel mondo e che non si spande sulla
terra, che non è scritta in libri, che non appartiene a uno ad esclusione
di altri: è con questa voce, Gesù Cristo, ch'io ti ringrazio, con il
silenzio di questa voce con cui lo Spirito che è in me ti ama, ti parla,
ti vede, ti supplica. [2] Tu sei comprensibile soltanto per opera dello
Spirito. Tu sei per me un padre. Tu sei per me una madre. Tu sei per me un
fratello, tu sei un amico, tu sei un servo, tu sei un intendente, tu sei
il tutto, ed il tutto è in te. Tu sei l'essere e non esiste altro
all'infuori di te. [3] Anche voi, fratelli, rifugiatevi in lui; e quando
avrete compreso che tutto sussiste soltanto in lui, otterrete ciò di cui
vi parlo: ciò che occhio non vide, orecchio non udì, né mai entrò nel
cuore dell'uomo. Ti domandiamo dunque ciò che tu hai promesso di darci, o
Gesù senza macchia, noi ti lodiamo, noi ti ringraziamo, noi uomini ancora
deboli, ti confessiamo e glorifichiamo. Poiché tu solo sei Dio e non
altri: al quale sia gloria, ora e in tutti i secoli dei secoli.
Amen". [40 (11), 1] Ed allorché la moltitudine presente
ripeteva ad alta voce questo "Amen", insieme
all'"Amen", Pietro rese lo spirito al Signore. Sepoltura di Pietro e pace nella chiesa di Roma. Allora
Marcello, senza domandare il parere ad alcuno, non essendo ciò possibile,
vedendo che il beato Pietro era spirato, con le sue proprie mani lo tolse
dalla croce e lo lavò con latte e vino; tritò poi sette mine di gomma di
mastice, ed altre cinquanta di mirra, di aloe, di aromi, e imbalsamò il
suo corpo; riempì un sarcofago di marmo di gran pregio con miele attico e
lo depose nella sua propria tomba. [2] Nel pieno della notte, Pietro apparve a Marcello e
gli disse: "Marcello hai tu udito che il Signore ha detto:
"Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti""?
Marcello rispose: "Sì!". Pietro seguitò: "Tu dunque hai
perduto quanto hai consacrato al morto! Giacché tu, che sei vivo, hai
avuto cura di un morto come se tu fossi un morto". Risvegliatosi, Marcello narrò ai fratelli l'apparizione
di Pietro e rimase con coloro che per opera di Pietro avevano perseverato
nella fede in Cristo: corroborandosi egli stesso sempre più fino al
ritorno di Paolo a Roma. [41 (12), 1] In seguito, essendo Nerone venuto a
conoscenza della dipartita di Pietro da questa vita, biasimò il prefetto
Agrippa che l'aveva fatto morire senza comunicarglielo: egli, infatti,
avrebbe voluto punirlo con un tormento più doloroso e più duro. Giacché
Pietro, facendo discepoli alcuni dei suoi servi, li aveva fatti
allontanare da lui: restò perciò in collera contro Agrippa e non gli
parlò per molto tempo. Cercava di fare perire tutti i fratelli che erano
stati fatti discepoli di Pietro. [2] Ma nella notte vide un uomo che lo fustigava dicendo:
"Nerone, tu non puoi ora perseguitare o fare perire i servi di
Cristo! Astieniti dunque dallo stendere la mano contro di essi".
Spaventato da una tale visione, Nerone lasciò stare i fratelli anche nel
tempo in cui Pietro aveva abbandonato la vita. Perciò i fratelli, con un solo cuore, gioivano ed erano
felici nel Signore, glorificando il Dio e salvatore nostro Gesù Cristo,
con lo Spirito santo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen. 3. FRAMMENTI COPTI DEL MUSEO BORGIANO (Mss. 128, 129 e 130) Pietro predica la castità. Anche questo brucerò vivo.
Ed esse stabilirono nell'animo di sopportare ogni tortura che avrebbe loro
inflitta, pur di non contaminare il loro corpo con Agrippa, da allora in
poi, in forza della potenza di Gesù Cristo. Un'altra donna bellissima, di nome Santippe, moglie di
Albino, compagno del re, insieme con altre matrone, andò da Pietro, ed
anch'essa abbandonò il letto di Albino, come le altre matrone avevano
abbandonato quello dei mariti. Albino, divenne furioso, amandola assai ed
essendo essa bellissima, perché non dormiva più con lui. Il suo animo
s'infuriò contro lui come una fiera, e voleva ucciderlo perché sapeva
che a causa sua essa aveva abbandonato il suo letto. Anche molte altre donne si compiacquero della parola di
purità e così abbandonarono i loro mariti. Gli uomini ugualmente
abbandonarono i letti delle loro mogli. C'era in Roma un grande turbamento
e Albino informò il re in merito a lui, e a tutto ciò che aveva fatto,
dicendo: "Re Agrippa, o tu mi vendichi di Pietro, che ha diviso mia
moglie da me, o mi vendicherò da solo". Il prefetto Agrippa gli
disse: "Anch'io mi trovo nella stessa tribolazione nella quale sei
tu, per colui che ha separate le mie concubine da me". Albino gli
domandò: "E perché te ne stai così neghittoso, Agrippa?
Prendiamolo ed uccidiamolo, come mago e sacrilego, affinché le nostre
donne tornino ad esser nostre. Vendichiamo gli altri, che da soli non
hanno la forza di vendicarsi, e dai quali ha diviso le mogli". Fuga di Pietro, suo ritorno e crocifissione. Concertavano
queste cose. Ma Santippe conobbe i progetti che Albino, suo marito,
preparava insieme col re Agrippa contro Pietro e mandò ad annunziargli le
loro macchinazioni, pregandolo che per alcuni giorni si allontanasse da
Roma. Gli altri fratelli, con Marcello, udendo queste cose, lo
pregarono anch'essi di uscire da Roma; ma Pietro disse loro:
"Fuggiremo dunque, miei fratelli, come servi fuggitivi?". Essi
risposero: "No! Ma finché ne hai la forza, servi il Signore".
Porse ascolto pertanto ai fratelli, si levò e uscì solo, dicendo:
"Nessuno venga con me! Andrò solo e cambierò il mio abito". Ma
mentre usciva dalla porta, vide il Signore Gesù che entrava in Roma.
Vedendolo, Pietro gli disse: "Signore, perché tu sei qua? Dove
vai?". Il Signore rispose a Pietro: "Entrerò a Roma per essere
crocifisso!". Pietro domandò al Signore: "Signore, sarai
un'altra volta crocifisso?". Rispose il Signore: "Sì, o Pietro,
mi crocifiggeranno un'altra volta". Pietro tornato in sé, vide il
Signore che ascendeva al cielo. Pietro tornò in Roma esultando e lodando
il Signore, ripensando che ciò che il Signore gli aveva detto: "Sarò
di nuovo crocifisso" doveva compiersi in lui. Tornò presso i fratelli, annunziando le cose che aveva
vedute. I fratelli gemettero nel loro animo e piangevano dicendogli:
"Ti preghiamo, padre nostro, Pietro, di avere misericordia e di te
stesso e di noi piccini". Ma Pietro disse loro: "Se questa è la
volontà del Signore così sarà, quand'anche noi non lo volessimo. Quanto
a voi, Dio ha il potere di fortificarvi nella sua fede, conformarvi a lui,
corroborare quelli che egli ha piantato, e voi ne pianterete altri per suo
mezzo. Per quel tempo che il Signore vorrà farmi restare in vita, io non
mi opporrò, ma se vorrà trarmi fuori dal corpo, ne sono lieto e ne
gioisco". Mentre Pietro diceva queste cose i fratelli piangevano. Ed ecco quattro soldati della coorte che stava al
cospetto del re mandati per condurlo ad Agrippa; il quale per la malattia
che aveva, comandò di crocifiggerlo sotto l'accusa di empietà. La
moltitudine dei fratelli ricchi e poveri, orfani e vedove, deboli e robusti,
corsero a un tratto per vedere Pietro, e strapparlo dalle mani dei
carnefici. Ciascuno gridava dicendo: "Quale scelleraggine Pietro ha
commesso, o Agrippa, e che male ti ha fatto? Dillo a noi Romani".
Alcuni dicevano: "Non far morire costui per timore che il suo Dio
abbia a far perire noi tutti. Ma san Pietro parlò al popolo e lo fece
star tranquillo". Mentre andava al luogo ove doveva essere
crocifisso, disse a tutti i fratelli: "O soldati, che sperate in
Cristo, ricordate i segni e i miracoli che per mezzo mio avete veduti.
Ricordate le misericordie di Cristo, che per la vostra salute operò fra
voi: aspettate la sua venuta ed egli darà a ciascuno secondo le sue
opere. Non vi adirate e non vi indignate contro Agrippa, il quale compie
le opere del padre suo, il diavolo. Ciò avverrà come ha detto il
Signore, annunziandomi in antecedenza ciò che sarebbe avvenuto. Ma perché
indugio ad andare verso la croce?". Mentre andava verso la croce, si arrestò e cominciò a
dire così: "O nome della croce, mistero occulto, o grazia ineffabile
che si dice sul nome della croce! O natura umana impotente a dividersi da
Dio! Io ti prendo a forza, o croce: essendo agli estremi, in questo luogo,
che si scioglierà affinché tu manifesti che cosa sei. O mistero della
croce fin da principio nascosto nell'anima mia e che io partorirò, né
tacerò fino a quando non l'avrò detto. Non sia a voi la croce solamente
apparenza! Voi che avete la forza d'intendermi, ascoltate ora che sono
all'ultima mia ora: oltre questo apparente, la croce ha pure un altro
significato. Voi che siete venuti nell'ultima mia ora prima che io esca di
questa vita, lo potete udire. Il vostro animo s'innalzi sopra ogni senso,
per separarsi dal re visibile. Fatevi stranieri ad ogni opera che passa,
essa veramente non esiste. Chiudete la vista degli occhi esteriori: i
vostri occhi esterni divengano ciechi! Chiudete le orecchie della carne,
eliminate da voi ogni opera del corpo, conoscete ciò che Cristo ha
sopportato e saprete il mistero della vostra salvezza. E' questo il tempo,
o Pietro, per consegnare il tuo proprio corpo a coloro che lo vorranno.
Prendetevi ora ciò che è vostro! Vi prego, o carnefici, di crocifiggermi
con il capo all'ingiù, e non in altra guisa: quale sia il motivo, io lo
manifesterò a chi mi ascolterà allorché sarò crocifisso". Ed essendo crocifisso nel modo che egli avea richiesto,
cominciò a dire così: "Uomini, cui è proprio l'udire, ascoltate
attentamente ciò che ora io vi dirò, crocifisso, con il capo all'ingiù.
Conoscete il mistero di tutta l'umana natura e quale sia stato il
principio della creazione dell'universo. Perocché il primo uomo dal quale
tolsi il genere secondo la sua specie, cadendo con il capo all'ingiù,
manifestò fin da principio che la sua generazione non si muoveva poiché
era morta e non avea il moto. Tratto giù, egli che aveva gettato il suo
principio sulla terra, fece sì che tutte le cose a noi visibili nella
creazione cambiassero posto, a sua somiglianza che era appeso con il capo
all'ingiù. Fece sì che quelli che erano nella destra, fossero nella
sinistra, e quelli che erano nella sinistra, fossero nella destra,
cambiando tutti i segni della natura, tanto da fargli reputare le cose
buone come cattive, e le cose veramente cattive come misteriosamente
buone. Di queste cose dice misteriosamente il Signore: "Se non fate
che le cose che sono alla destra siano come quelle alla sinistra, e quelle
che sono alla sinistra come quelle che sono alla destra, ciò che è in
cielo come ciò che è in basso, e ciò che è innanzi come ciò che è
dietro, non entrerete nel regno dei cieli". Questo pensiero, nella
forma che ora vi ho manifestato, corrisponde alla maniera nella quale mi
vedete crocifisso ed è il tipo del primo uomo, nel quale si manifestò la
specie umana". ...i grandi, e ai deboli senza forza, si radunarono tutti
e convennero nel medesimo luogo, desiderando di vedere Pietro, e di
strapparlo dalle loro mani. Il popolo gridava: "Qual è la violenza
che Pietro ha commessa; dillo a noi Romani". Altri poi dicevano:
"Non ucciderlo, per timore che il suo Dio non abbia a perdere noi
tutti. Pietro, andando al luogo ove stava per essere crocifisso, trattenne
la moltitudine, dicendo: "State tranquilli, miei figli!". E
prese a dir loro: "Uomini, che diveniste soldati di Gesù, uomini che
credeste in Cristo, ricordate i segni e i miracoli che vedeste compiere
per mezzo mio; ricordate le misericordie di Dio, le guarigioni che ha
operate fra voi; aspettatelo, non temete, poiché viene a remunerare
ciascuno secondo le sue opere. Non vi adirate contro Agrippa re, a mio
motivo: egli serve il suo padre, Satana. Quanto a me, è necessario che ciò
mi avvenga. Poiché il Signore lo ha già manifestato dicendo:
"Questo è quanto è stabilito che debba avvenire a te!". E
perché non mi affretto ad andare verso la croce?". Pietro si fermò
e cominciò a dire: "O nome della croce, mistero nascosto! O grazia
ineffabile che narrerò sulla croce". Pietro proseguì verso la croce
ed esclamò: "O mistero nascosto fin dal principio, e che ora si
manifestò per mezzo del corpo del mio Salvatore! Possa io ora esser fatto
degno di procedere verso te; poiché ora ne è venuto il tempo. O croce
santa, fin dal principio nascosta nel mio animo! E voi, che avete creduto
nella croce di Cristo, fate che la croce non sia per voi solamente
apparenza. Ascoltate, voi che avete potere di ascoltarmi; sono all'ultima
ora". Pregò poi i soldati di crocifiggerlo capovolto, ed
essendo crocifisso nel modo che aveva chiesto, cominciò a dir loro:
"Uomini, cui è dato udire, ascoltate le cose che io vi dirò, e
conoscete il mistero della natura, e quello che fu il principio della
creazione. Possa la vostra mente illuminarsi, non guardare solamente a ciò
che appare. I vostri occhi esteriori divengano ciechi, si chiudano le
orecchie del vostro cuore, allontanate da voi ogni pensiero terreno e le
opere della carne, imparate tutto ciò che avvenne a Cristo, e conoscete
tutto il mistero della nostra salvezza. Non dite che non è veritiero o
che non esiste; poiché io vi mostrerò la forza di Cristo e la sua santa
croce. Poiché il primo uomo dal cui genere ho tolto la
somiglianza, cadde con il capo all'ingiù: non conosceva la dignità,
poiché reputava le cose cattive come buone e le buone come cattive. Dopo
essere stato tratto in giù, gettò via il suo principio. La sua natura si
trasportò a capo ingiù, facendo cambiare tutte le cose esistenti; come
il Signore aveva indicato misteriosamente, dicendo: "Se non portate
ciò che è a destra alla sinistra, ciò che è a sinistra alla destra, in
basso ciò che è in cielo, e indietro ciò che è avanti, non entrerete
nel regno dei cieli". Ecco, miei figli, che vi ho mostrato perché
questo è il modo che io mi scelsi per essere crocifisso, a capo ingiù,
nella forma del primo uomo...". "E voi, miei diletti, che ora mi ascoltate, e quelli
che udranno in seguito, abbandonate il primo errore che fu commesso e
tornate al vostro principio: cioè quello che conviene a voi che sperate
nel Signore e nella sua croce. La croce è figura del verbo diritto, è
solo questo che riempie il tutto, è questo di cui ha parlato lo Spirito
affermando che l'interpretazione della croce è il verbo, la voce di Dio,
affinché il verbo sia simile al legno dritto che viene dal cielo in giù
e sul quale dobbiamo venire crocifissi. La voce è il legno che sta nel mezzo, inchiodato sul
legno che va di qua e di là e che è la natura umana; mentre il chiodo
che tiene ferma sul legno dritto il legno che è nel mezzo, è la
conversione a Dio e la penitenza. Queste cose avendomi rivelato e
manifestato, o parola di vita, o legno del quale ora parlo, che è legno
dritto, io ti ringrazio non con queste labbra infisse con chiodi, né con
questa lingua dalla quale esce tanto la verità quanto la menzogna, né
con queste parole che escono per arte di natura e materiale. Ti ringrazio, o re, con quella voce che si intende nel
silenzio, che non si ascolta manifestatamente, che non esce da organi
corporei i quali si corrompono, che non entra in orecchie carnali, che non
si ode nella natura corruttibile, che non dimora in questo mondo, non si
pone sulla terra, e non è scritta nei libri, che è con uno, e non è con
altri. Io ti ringrazio, o Cristo Gesù, nel silenzio che è la tua voce,
la quale è lo spirito che è in me, che ti ama e parla con te, ti guarda
e appare al tuo cospetto, e per mezzo del quale si pensa a te. Esso solo
è lo spirito, che è pensato in te. Tu sei mio padre, tu mia madre, tu mio fratello, tu mio
compagno, tu mio Signore, io tuo servo; tu mio dispensatore, tu il tutto e
il tutto è Voi, miei diletti, e miei fratelli, rifugiandovi in
questo, e conoscendo che esiste solo lui, possederete i beni, che ha
promesso di darvi dicendo così: "Quello che occhio non ha mai veduto
e orecchio non ha mai udito e non è salito in cuor d'uomo, queste cose ha
preparato a coloro che lo amano". Ti preghiamo, Gesù immacolato, per ciò che hai promesso
di darci, ti lodiamo, ti ringraziamo, t'invochiamo, ti preghiamo, ti
confessiamo, noi uomini deboli. Tu solo sei Dio, insieme col tuo Padre
buono e lo Spirito santo; a te la gloria nei secoli dei secoli.
Amen!". Mentre la moltitudine con lui pronunziava
"amen" ad alta voce, improvvisamente san Pietro rese lo spirito
nelle mani del Signore. Sepoltura di Pietro e pace nella chiesa di Roma Marcello non prese da veruno alcun parere o comando, e
quantunque non gli fosse stato lecito, come conobbe che il beato aveva
reso lo spirito, lo depose giù dalla croce con le sue mani, lo lavò con
latte e vino, e avendo macinato cinquanta mine di mirra ed aloe e di
foglia indica, unse con esse il suo corpo, ed empì una grande cassa di
miele attico di molto prezzo, vi pose il suo corpo, e lo mise nel suo
stesso sepolcro. Pietro quella notte stette in apparizione sopra Marcello,
dicendo: "Marcello non udisti il Signore che dice: "Lasciate che
i morti seppelliscano i loro morti?"". E voi, miei diletti, restate in lui e custodite i suoi
precetti, affinché per suo mezzo otteniate i beni, che egli ha promesso a
coloro che opereranno secondo la. sua volontà. Ed io non cesserò
d'invocarlo per voi tutti! Io do gloria e benedico la sua grandezza, poiché egli
solo è il Dio vero, che ha creato tutte le cose. A lui gloria e potenza
per i secoli dei secoli. Amen". E mentre la grande moltitudine, con i fratelli fedeli che
circondavano la sua croce, diceva ad alta voce l'amen, l'apostolo Pietro
rese lo spirito nella pace di Dio. La sua santa benedizione sia con tutti noi in perpetuo.
Amen. Marcello senza aver preso ordine o comando da alcuno,
vedendo che il beato aveva reso lo spirito, si fece innanzi, e con le sue
proprie mani lo tolse giù dalla croce, lo lavò con vino e latte odorosi.
Macinò cinquanta mine di mastice e venti libbre di mirra e aloe, foglia
indica e malobatro, e la pose sul corpo venerato di san Pietro. Empì una
grande cassa di miele attico, di molto prezzo, lo gettò sul corpo del
beato Pietro, dentro la cassa, e lo pose nel suo proprio sepolcro. Pietro apparve a Marcello in visione, gli stette sopra e
gli disse: "Marcello che ne dici? Non avevi udito che il
Signore disse: "Lasciate che i morti seppelliscano i loro
morti?"" E Marcello rispose:... Marcello rispose di sì, e Pietro proseguì: "Le
cose che hai poste sul mio corpo morto, le hai sciupate, e tu ancora vivo,
ti dài cura di un morto come se tu fossi morto". Marcello s'alzò e narrò la visione ai compagni, che
erano stati confermati nella fede di Gesù Cristo da Pietro e che lui
stesso avea confermato finché Paolo non venne in Roma. Nerone quando venne a sapere che Pietro aveva terminato
la vita, biasimò il prefetto che prima di farlo morire non aveva udito il
suo giudizio; perocché avrebbe voluto castigarlo e punirlo con una grave
pena. Ammaestrando, infatti, alcuni che appartenevano a lui, Pietro fece sì
che lo abbandonassero. Nerone si adirò, per molto tempo non parlò ad
Agrippa, e cercava tutti i fratelli che erano stati istruiti da Pietro per
ucciderli. Ma nella notte vide uno che lo flagellava, dicendo:
"Nerone, tu non hai per ora la forza di far uccidere i servi di
Cristo, perseguitandoli; desisti da loro". E subito, conturbato,
Nerone desistette lasciando i discepoli di Cristo, nel tempo nel quale
Pietro finì la vita, nella pace di Dio. Amen. FRAMMENTO COPTO DI BERLINO * [1] La figlia di Pietro. Il primo giorno della settimana,
cioè il giorno del Signore, si radunò una folla e furono portati a
Pietro dei malati affinché li guarisse. Qualcuno della folla giunse a dirgli: "Pietro,
davanti a noi hai dato la vista a molti ciechi, e l'udito ai sordi, hai
fatto camminare gli zoppi e soccorso i deboli dando loro forza. [2] Ma perché non hai aiutato tua figlia, vergine, che
è cresciuta bella e crede nel nome di Dio? Ha un lato interamente
paralizzato ed è là in quell'angolo, curva e impotente. Si vedono quelli
che tu hai guarito, ma non ti curi di tua figlia". [3] Pietro sorrise e rispose: "Figlio mio, Dio solo
sa perché il corpo di mia figlia è infermo. Sappi che non è per
debolezza o impotenza che egli non le concede i suoi doni, bensì per
convincere il tuo spirito e per aumentare la fede dei presenti". Poi
guardò sua figlia e le disse: "Alzati dal tuo posto senza che alcuno
ti aiuti all'infuori di Gesù, cammina sana davanti a tutti costoro, e
vieni qui da me". Lei si alzò e andò da lui. La folla si rallegrò
all'accaduto. E Pietro disse: "Il vostro cuore sia convinto che,
qualsiasi cosa gli domandiamo, Dio non è impotente". Essi allora si rallegrarono ancora di più e lodarono
Dio. [4] Pietro disse a sua figlia: "Ritorna al tuo posto, adagiati e
ricadi nella tua infermità, giacché ciò è utile a te e a me". La
giovane ritornò sui suoi passi, si distese al suo posto e riprese il suo
primitivo stato. Tutta la folla piangeva e supplicava Pietro di guarirla.
Ma Pietro rispose: "Per la vita del Signore, ciò è utile a lei e a
me. Poiché quando nacque ebbi una visione in cui il Signore mi disse:
"Pietro, ti è nata oggi una grande prova [5] Costei, infatti, farà
del male a molte anime se il suo corpo sarà sano". Pensai però che
la visione si giocasse di me. Ma quando la giovinetta ebbe dieci anni fu
per molti causa di scandalo. Un uomo molto ricco, di nome Tolomeo, avendola vista al
bagno con sua madre, la fece chiedere in sposa; ma la madre non acconsentì.
La richiese più volte e non potendo più oltre attendere... [6] (I servi di) Tolomeo portarono via la giovinetta, la
lasciarono davanti alla porta di casa e se ne andarono. Appena sua madre
ed io ce ne siamo accorti, siamo discesi e ci accorgemmo che tutto un lato
del suo corpo, dalle dita del piede alla testa, era paralizzato e
inaridito; la portammo via lodando il Signore che aveva preservato la sua
serva dalla contaminazione e dalla vergogna... Questo è il motivo per cui
la giovane è, a tutt'oggi, in questo stato. [7] E' bene ora che sappiate ciò che è capitato a
Tolomeo. Rientrato in se stesso, si dolse notte e giorno di quanto gli era
capitato e versò tante lacrime che divenne cieco, e si era deciso ad
alzarsi per andare a impiccarsi. Era l'ora nona del giorno, e mentre era
solo nella sua camera da letto, una grande luce illuminò tutta la casa ed
egli udì una voce che gli disse: [8] "Tolomeo, i suoi vasi Dio non
li ha dati per la perdizione e la vergogna! Soprattutto per te che hai
creduto in me non è decoroso contaminare una vergine! In lei tu devi
vedere una sorella, poiché per te come per lei io sono un solo Spirito.
Alzati, dunque, e va' subito dall'apostolo Pietro: contemplerai la mia
gloria ed egli ti spiegherà le disposizioni". [9] Senza esitare, Tolomeo ordinò alla sua gente di
indicargli la strada per giungere a me. E quando fu presso di me, mi riferì
tutto ciò che era avvenuto per opera della potenza di Gesù Cristo,
Signore nostro. Fu allora che egli vide con gli occhi della sua carne e
con gli occhi della sua anima. Fece del bene a molti che sperano in
Cristo, ed elargì loro il dono di Dio. [10] Poi Tolomeo morì. Lasciò la vita e se ne andò dal
suo Signore. Nel suo testamento lasciò a mia figlia un appezzamento di
terreno, perché è per mezzo di lei che egli credette in Dio e fu
guarito. Essendone passata a me la cura, io l'esercitai con grande
attenzione: vendetti il campo (Dio solo lo sa, né io né mia figlia),
vendetti il campo senza trattenere nulla del suo prezzo, avendone dato
tutto il denaro ai poveri. [11] Sappi dunque, o servo di Gesù Cristo, che Dio ha
cura dei suoi, e prepara ad ognuno ciò che è bene per lui, mentre noi
crediamo che Dio ci abbia dimenticato. Ed ora, fratelli, dobbiamo dolerci,
vegliare e pregare affinché la bontà di Dio getti uno sguardo su di noi.
Noi l'aspettiamo!". [12] Pietro, alla loro presenza, tenne ancora altri
discorsi e, nella lode di Cristo Signore, ATTI DEI BEATI APOSTOLI PIETRO E PAOLO dello Ps.ÄMarcello * [1] Paolo in viaggio per Roma. Quando san Paolo uscì
dall'isola di Gaudomelete si diresse in Italia. Gli Ebrei che si trovavano
nella metropoli romana vennero a sapere che Paolo aveva chiesto udienza a
Cesare. [2] Colpiti da grande dolore e da profondo dispiacere,
dissero tra di loro: "Non gli basta l'avere afflitto tutti i fratelli
ed anche i nostri parenti nella Giudea, nella Samaria e in tutta la
Palestina; tutto questo non gli basta, ed ecco che viene anche qui, dopo
aver chiesto a Cesare il permesso di mandarci in rovina". [3] Tutti gli Ebrei dunque si unirono in consiglio contro
Paolo e, dopo molte discussioni, giudicarono opportuno presentarsi al re
Nerone, allora regnante, per supplicarlo di non permettere che Paolo
venisse a Roma. Prepararono non pochi doni che portarono con sé con la
supplica seguente: "Ti supplichiamo, re buono, di inviare ordini in
tutte le province soggette alla tua pietà affinché sia impedito che
Paolo si avvicini a questi luoghi. Questo Paolo, infatti, dopo aver
afflitto la nostra patria, ha chiesto di venire qui per rovinare anche
noi. A noi basta, piissimo re, l'afflizione causataci da Pietro". [4] Udito ciò, il re Nerone rispose loro: "Sia
fatto secondo la vostra volontà! Scriveremo a tutte le nostre province
affinché gli sia assolutamente vietato di approdare alle regioni
italiane". Sobillarono anche Simone Mago, pregandolo di ostacolargli
in ogni modo l'approdo nelle regioni italiane. [5] Mentre le cose stavano così, alcuni gentili che si
erano convertiti ed erano stati battezzati durante la predicazione di
Pietro, inviarono a Paolo una lettera di questo tenore: "Paolo, vero
servo del nostro padrone Gesù Cristo e fratello di Pietro, primo degli
apostoli! Abbiamo udito dai maestri ebrei, abitanti in questa grandissima
città di Roma, che hanno pregato Cesare di inviare messaggi in tutte le
sue province, affinché ovunque tu sia trovato sia ucciso. Noi tuttavia
abbiamo creduto e crediamo che come Dio non separa i due grandi luminari
da lui creati, così non vi dividerà l'uno dall'altro, cioè né Pietro
da Paolo, né Paolo da Pietro. Bensì, nel Signore nostro Gesù Cristo,
nel quale siamo stati battezzati, crediamo che saremo degni anche del tuo
insegnamento". [6] Paolo, il venti del mese di maggio, ricevette i due
uomini inviati con la lettera e, pieno di coraggio, ringraziò il Signore
e padrone nostro Gesù Cristo. Salpato da Gaudomelete per approdare alla
costa italiana, non toccò più l'Africa, ma si diresse alla volta della
Sicilia, e giunse nella città di Siracusa con i due uomini che gli erano
stati mandati da Roma. [7] Di là salpò per Reggio Calabria e da Reggio passò
a Messina, ove ordinò vescovo una persona di nome Bacchilo; da Messina
salpò per Didimo, dove rimase una notte, donde salpò per Pozzuoli ove
giunse il giorno dopo. [8] Dioscoro, il padrone della nave che lo aveva
trasportato fino a Siracusa, simpatizzando per Paolo, che gli aveva
liberato il figlio dalla morte, lasciata la propria nave a Siracusa, lo
aveva seguito fino a Pozzuoli. Qui si trovavano alcuni discepoli di
Pietro, che accolsero Paolo e lo pregarono di restare da loro; vi rimase
una settimana, nascosto a causa degli ordini di Cesare. [9] Tutti i prefetti vigilavano per arrestarlo e
ucciderlo. Ma Dioscoro, il padrone della nave, che era calvo sul davanti,
uscì pubblicamente per la città di Pozzuoli fin dal primo giorno,
indossando la tunica di capitano di mare; credendo che fosse Paolo, lo
presero, lo decapitarono e ne mandarono la testa a Cesare. [10] Convocati dunque i capi degli Ebrei, Cesare comunicò
loro la notizia, dicendo: "Rallegratevi grandemente, giacché Paolo,
il vostro nemico, è morto!". E mostrò loro la sua testa. In quel
giorno essi fecero una grande festa: era il quattordici di giugno, ed ogni
Ebreo fu pienamente soddisfatto. [11] Paolo, a Pozzuoli, udito che Dioscoro era stato
decapitato, ne fu grandemente rattristato; alzati gli occhi al cielo,
disse: "Signore onnipotente e celeste, che mi sei apparso ovunque
sono andato per mezzo del tuo Verbo unigenito, Signore nostro Gesù
Cristo, punisci questa città, dopo avere fatto uscire tutti coloro che
hanno creduto in Dio e hanno seguito la sua parola". [12] Disse dunque loro: "Seguitemi". E uscì da
Pozzuoli insieme a quelli che avevano creduto nella parola di Dio. Giunto
nel luogo detto Baia, tutti alzarono gli occhi e videro la città detta
Pozzuoli sprofondarsi per circa due braccia sulla via del mare; e ancor
oggi si trova là sotto il mare a memoria di questo fatto. [13] Partiti da Baia, giunsero a Gaeta, ove insegnò la
parola di Dio: rimase infatti per tre giorni in casa di Erasmo, che Pietro
aveva mandato da Roma a insegnare il vangelo di Dio. Partito da Gaeta,
arrivò in una borgata, detta Terracina, ove rimase sette giorni in casa
del diacono Cesario, sul quale Pietro aveva imposto le mani; di qui navigò
lungo il fiume fino a un luogo detto Tre Taverne. [14] Quelli che si erano salvati dal cataclisma della
città di Pozzuoli annunziarono a Cesare, in Roma, che Pozzuoli si era
sprofondata con tutta la sua gente. Profondamente addolorato a causa della
città, il re convocò i capi degli Ebrei e disse loro: "Ecco, vi ho
dato ascolto facendo decapitare Paolo. Per questo la città si è
sprofondata". [15] I capi degli Ebrei risposero a Cesare:
"Piissimo re, non ti abbiamo detto, forse, che egli ha sconvolto
tutta la regione dell'Oriente e rovinato i nostri padri? E' meglio,
piissimo re, che perisca una città che tutto il tuo regno. Questo,
infatti, è quanto doveva capitare a Roma". All'udire queste parole,
il re si fece animo. [16] Fermatosi quattro giorni a Tre Taverne, Paolo
proseguì per il Foro Appio, detto Vicusarape. E quivi, durante la notte,
mentre riposava, vide una persona seduta su di un sedile d'oro circondato
da una folla di neri che dicevano: "Oggi io ho istigato un figlio a
uccidere suo padre". Un altro diceva "Io ho fatto cadere una
casa provocando la morte dei genitori e dei figli". E si raccontavano
gli uni agli altri molte altre malefatte. Giunse poi un altro che annunziò:
"Io ho istigato il vescovo Giovenale, sul quale aveva imposto le mani
Pietro, a dormire con la superiora Giuliana". [17] Udito tutto ciò mentre dormiva nel Foro Appio,
presso Vicusarape, mandò subito a Roma dal vescovo Giovenale uno di
quelli che l'avevano seguito da Pozzuoli per dirgli ciò che aveva appena
compiuto. [18] Il giorno appresso, Giovenale corse a gettarsi ai
piedi di Pietro e, gemendo e piangendo, gli disse quanto era appena
accaduto. Aggiunse poi: "Credo che questo è proprio il luminare che
tu aspettavi". Pietro gli rispose: "Come può essere lui, dato
che egli è morto?". [19] Allora il vescovo Giovenale condusse da Pietro colui
che era stato mandato da Paolo, il quale gli annunziò che era vivo, in
viaggio e si trovava al Foro Appio. Pietro ringraziò e glorificò Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo. [20] Convocati poi i credenti suoi discepoli, li mandò a
Tre Taverne, da Paolo. Tra Tre Taverne e Roma v'è la distanza di
trentotto miglia. Paolo appena li vide ringraziò il Signore nostro Gesù
Cristo e prese coraggio. Poi si mossero di là per pernottare nella città
di Ariccia. [21] Intanto, a Roma si sparse la notizia che stava
arrivando Paolo, il fratello di Pietro, e i credenti in Dio ne furono
oltremodo lieti. Ma tra gli Ebrei vi fu un grande subbuglio e mandarono a
dire a Simone Mago: "Comunica al re che Paolo non è morto, bensì
vive ed è arrivato!". Simone rispose agli Ebrei: "Di chi era
dunque la testa giunta a Cesare da Pozzuoli? Non era anch'essa
calva?". [22] Pietro e Paolo a Roma. Quando Paolo giunse a Roma,
gli Ebrei furono assaliti da un grande timore; si radunarono presso di lui
e lo pregarono dicendo: "E' la fede nella quale sei nato, che tu devi
vendicare! Non è giusto, infatti, che tu, Ebreo e figlio di Ebrei, ti
chiami maestro dei gentili e vindice degli incirconcisi: tu, circonciso,
annienti la fede della circoncisione. Or dunque, quando vedrai Pietro,
lotta contro la sua dottrina; egli, infatti, ha rovinato tutta la difesa
della nostra legge". [23] Paolo rispose loro: "Se la sua dottrina è
veritiera, convalidata dalla testimonianza dei libri degli Ebrei, è
giusto che noi tutti siamo ossequienti". [24] Mentre Paolo esponeva loro queste e altre simili
cose, fu notificato a Pietro l'arrivo di Paolo a Roma: subito egli s'alzò
e andò da lui. Quando si videro piansero dalla gioia e, abbracciatisi a
lungo, si bagnarono reciprocamente di lacrime. [25] Paolo raccontò a Pietro la trama di tutte le sue
vicissitudini e le fatiche subite nel viaggio marittimo; Pietro gli
raccontò quanto aveva sofferto a causa di Simone Mago e di tutte le sue
insidie; così parlando, giunse la sera ed egli si ritirò. [26] Il giorno appresso quando (Pietro) arrivò trovò
una moltitudine di Ebrei davanti alla porta di Paolo. Tra i cristiani
ebrei e quelli provenienti dai gentili era sorto un grande turbamento. Gli
Ebrei dicevano: "Noi siamo una gente eletta, un sacerdozio regale,
della stirpe di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di tutti i profeti con i
quali parlò Dio, ai quali svelò i suoi misteri e le sue grandi
meraviglie. Mentre voi, provenienti dai gentili, non avete nulla di grande
nella vostra stirpe, salvo l'essere divenuti impuri e abominevoli a causa
degli idoli e delle sculture". [27] Agli Ebrei che asserivano queste e altre simili
cose, i provenienti dai gentili rispondevano dicendo: "Non appena
udimmo la verità, noi subito l'abbiamo seguita abbandonando il nostro
errore. Mentre voi, pur conoscendo i prodigi in favore dei vostri padri,
pur vedendo i segni profetici, pur avendo accolto la legge, pur avendo
passato il mare a piedi asciutti e pur avendo visto immersi i vostri
nemici, pur avendo avuto una colonna di fuoco, di notte, e una nube di
giorno, la manna dal cielo e l'acqua che sgorgava dalla roccia, vi siete
fatto un vitello idolatrico e avete adorato una scultura. Noi, invece,
senza aver visto alcun prodigio crediamo nel Dio salvatore, colui che,
nella vostra disobbedienza, avete abbandonato". [28] Queste e altre simili erano le loro discussioni,
quando l'apostolo Paolo disse loro che non era conveniente che sorgessero
tra loro alterchi del genere, e che invece ciò che conta è il fatto che
Dio abbia adempiuto le sue promesse giurate ad Abramo, nostro padre, che
cioè nella sua discendenza sarebbero state benedette tutte le genti, non
essendovi, davanti a Dio, eccezione di persona. [29] Dopo che Paolo disse queste cose, tanto gli Ebrei
quanto gli oriundi pagani si quietarono. Ma i capi degli Ebrei attaccarono
Pietro. A quelli che lo rimproveravano per il fatto che interdiva le loro
sinagoghe, Pietro disse: "Ascoltate, fratelli, lo Spirito santo che
promise al patriarca David: "Tra la tua discendenza, uno si siederà
sul tuo trono". Orbene colui al quale il Padre disse: "Tu sei
mio figlio, io oggi ti ho generato" fu crocifisso, per invidia, dai
pontefici. Per compiere la salvezza del mondo, egli acconsentì di
soffrire tutte queste cose. Come dunque dal costato di Adamo fu formata
Eva, così dal costato di Cristo fu formata la Chiesa senza macchia e
immacolata. [30] In tal modo Dio aprì a tutti i figli di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe l'ingresso alla fede della Chiesa, non all'infedeltà
per mezzo della sinagoga. Convertitevi perciò ed entrate nella gioia del
padre vostro Abramo, giacché Dio ha mantenuto quanto gli aveva promesso.
Perciò anche il profeta dice: "Il Signore ha giurato e non si pentirà:
Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec". Egli,
infatti, divenne sacerdote sulla croce, quando offrì l'olocausto del
proprio corpo e del proprio sangue quale vittima per tutto il mondo". [31] Mentre Pietro diceva queste e altre simili cose, una
grandissima parte del popolo credette. Accadde così che credettero anche Livia, moglie di
Nerone, e la moglie del prefetto Agrippa, tanto che si separarono dal
fianco dei loro mariti. E a motivo dell'insegnamento di Paolo, molti
disprezzavano la vita militare e si davano a Dio; andarono da lui persino
alcuni addetti al servizio personale del re, e divenuti cristiani, si
rifiutarono tanto di ritornare nell'esercito quanto al palazzo. [32] Simone Mago da Nerone. Allora Simone, spinto
dall'invidia, prese a parlare molto male di Pietro presentandolo come mago
e impostore. Quanti ammiravano i suoi segni, gli credevano. Egli faceva
muovere un serpente di bronzo, faceva ridere statue di pietra e le metteva
in movimento; mentre egli stesso riusciva a correre e a sollevarsi
improvvisamente in aria. [33] Pietro invece curava gli infermi, con la preghiera
faceva vedere i ciechi, ordinava ai demoni di fuggire e risuscitava i
morti. Esortava il popolo sia a guardarsi dall'inganno di Simone, sia a
smascherarlo per sfuggire ogni forma di servitù demoniaca. [34] Fu così che tutte le persone per bene abominarono
Simone e lo descrivevano come mago ed empio. D'altra parte i seguaci di
Simone affermavano che Pietro era mago, come erano loro stessi con Simone.
E così la parola giunse al Cesare Nerone il quale ordinò di condurre da
lui Simone Mago. [35] Entrato si pose davanti a lui e, essendogli complice
il diavolo, cominciò a cambiare forma tanto che divenne improvvisamente
un bambino, poi, dopo un poco un vecchio, e quindi un giovane. A tal vista
Nerone ritenne che fosse davvero figlio di Dio. Ma l'apostolo Pietro insegnava che era bugiardo, un mago
turpe, un empio apostata e in tutto contrario alla volontà di Dio. [36] Allora Simone si presentò a Nerone e gli disse:
"Ascolta, re! Se tu non scaccerai subito questi uomini, il tuo regno
non potrà più sussistere" [37] Pietro, Paolo e Simone da Nerone. Nerone,
preoccupato, ordinò subito che gli fossero condotti davanti. Il giorno
appresso entrarono da Nerone Pietro e Paolo, apostoli di Cristo e Simone
disse: "Questi sono i discepoli del Nazareno i quali non ritengono
decoroso appartenere al popolo degli Ebrei". Nerone domandò:
"Chi è il Nazareno?". Simone rispose: "Nella Giudea c'è
una città, che è sempre stata vostra nemica, detta Nazaret; il loro
maestro viene di là". [38] Allora Pietro disse a Simone: "Mi meraviglio
come mai davanti al re ti vanti in modo così sfacciato e affermi di poter
stravincere i discepoli di Cristo con la tua arte magica" [39] Nerone domandò: "Chi è Cristo?". Pietro
gli rispose: "Se vuoi conoscere, o re, chi è Cristo e i fatti
avvenuti nella Giudea a proposito di Cristo, prendi le lettere di Ponzio
Pilato inviate a Claudio e saprai tutto". Nerone allora ordinò che
gli fossero portate e lette davanti a loro. Eccone il contenuto: [40] "Ponzio Pilato a Claudio, salute! Poco fa è
accaduto quanto ho potuto mettere in chiaro. Che cioè gli Ebrei per
invidia si sono preparata una terribile rovina per sé e per i loro
discendenti. I loro padri avevano la promessa che Dio dal cielo avrebbe
mandato loro il suo Santo che sarebbe stato giustamente chiamato loro re:
costui, che era stato promesso, fu inviato sulla terra per mezzo di una
vergine. Egli pertanto venne nella Giudea mentre io ero governatore. [41] Lo videro illuminare i ciechi, purificare i
lebbrosi, guarire i paralitici, scacciare i demoni dagli uomini,
risuscitare i morti, comandare ai venti, camminare sulle onde del mare e
compiere molti altri prodigi, mentre tutto il popolo dei Giudei lo
chiamava figlio di Dio. Mossi da invidia contro di lui, i pontefici me lo
consegnarono con accuse: con ogni sorta di false testimonianze, asserivano
che era un mago e che agiva contro la loro legge. [42] Io credetti che fosse così. Perciò lo feci
flagellare e lo consegnai alla loro volontà. Essi lo crocifissero e
posero delle guardie là ove fu sepolto. Ma il terzo giorno, mentre i miei
soldati facevano la guardia, egli risuscitò. La malizia degli Ebrei si
accese al punto da offrire ai soldati del denaro affinché asserissero che
i suoi discepoli ne avevano rapito il corpo. Ma essi, pur avendo ricevuto
il denaro, non furono capaci di tacere l'accaduto e testimoniarono di
averlo visto risorto e di aver ricevuto del denaro dagli Ebrei. Ho voluto riferirti quanto sopra, affinché nessuno
asserisca diversamente o ritenga di dover credere alle parole menzognere
degli Ebrei". [43] Letta la lettera, Nerone domandò: "Dimmi,
Pietro, stanno proprio così le cose?". Pietro rispose: "Sì,
proprio così, o re. Questo Simone infatti è pieno di menzogne e di
inganno anche se crede di essere ciò che non è, vale a dire Dio. Nel
Signore mio Gesù Cristo, si trova invece tutta quella somma vittoria che
egli, in virtù dell'economia divina per la salvezza degli uomini, volle
benevolmente comunicare all'umanità". [44] Simone rispose: "Non ti tollero più, Pietro!
Ora comanderò ai miei angeli che vengano a vendicarmi di te". Pietro
rispose: "Non temo i tuoi angeli, essi avranno piuttosto paura di me,
in forza del mio Signore Gesù Cristo". [45] Nerone disse: "Pietro, non temi Simone, il
quale comprova la sua divinità con le opere?". Pietro rispose:
"La divinità, o re, è in colui che scruta i segreti del cuore. Or
dunque mi dica che cosa penso. Prima che costui mentisca io manifesterò
il mio pensiero alle tue orecchie, affinché egli non osi poi asserire il
falso circa la mia mente". Nerone gli disse: "Vieni qui e dimmi
che cosa pensi". Pietro rispose: "Ordina che mi sia portato un
pane d'orzo e mi sia dato di nascosto". Disse poi nuovamente Pietro:
"Dì, Simone, qual è il mio pensiero, che cosa è stato detto, che
cosa è accaduto?". [46] Mancante. [47] Simone disse: "Sappi, o re, che nessuno
all'infuori di Dio conosce i pensieri degli uomini". Pietro gli
rispose: "Tu dunque, che dici di essere figlio di Dio, dimmi che cosa
penso, manifesta che cosa ho fatto or ora di nascosto?". Pietro aveva
benedetto il pane d'orzo ricevuto e, spezzatolo con la destra e con la
sinistra, lo aveva raccolto nelle maniche. [48] Allora Simone, adirato di non sapere rispondere
all'occulta domanda dell'apostolo, si mise a gridare dicendo: "Escano
grandi cani e lo divorino alla presenza di Cesare". E all'istante
apparvero dei cani grandi che si gettarono su Pietro. Ma Pietro stese le
mani in preghiera e mostrò ai cani il pane che aveva benedetto. A quella
vista i cani fuggirono e da quel momento non si fecero più vedere. Allora
Pietro disse a Nerone "Ecco, o re, che ti ho fatto conoscere non con
parole, ma con opere, come Simone sia un mago e un ingannatore. Dopo avere
promesso infatti che contro di me si sarebbero gettati degli angeli, ha
fatto venire invece dei cani, mostrando così di non disporre di angeli
celesti, ma di cagnetti demoniaci". [49] Allora Nerone disse a Simone: "Che ne dici,
Simone; Penso che siamo sconfitti". Simone rispose: "Costui si
è comportato con me allo stesso modo nella Giudea, in tutta la Palestina
e a Cesarea". [50] Nerone allora domandò, rivolto a Paolo: "Tu,
perché non parli, Paolo?". Paolo rispose e disse: "Sappi, o re,
che se tu mandi libero questo mago, lasciandolo compiere simili azioni,
causerà un gravissimo male alla tua patria e sconvolgerà il regno con
una guerra intestina". Nerone domandò a Simone "Tu, Simone, che
rispondi a queste cose?". Simone rispose "Se io non mi manifesto
chiaramente facendo vedere che sono un dio, nessuno mi presterà il culto
dovuto". Nerone gli domandò: "E ora che aspetti, per dimostrare
che sei un dio e far così punire costoro?". [51] Simone disse: "Ordina di farmi costruire
un'alta torre di legno. Salirò su di essa, chiamerò i miei angeli e,
sotto gli occhi di tutti, ordinerò loro di trasportarmi in cielo da mio
padre. Costoro non potranno fare questo, e apparirà come siano semplici
uomini". Nerone domandò a Pietro: "Hai udito, Pietro, ciò
che ha detto Simone? Da ciò apparirà chi ha più forza, se lui o il
vostro Dio". Pietro rispose: "Eccellentissimo re, se vuoi, puoi
ben comprendere come non sia altro che impasto demoniaco". Nerone
rispose: "Che cosa intendi con questo giro di parole? Il domani vi
metterà alla prova". [52] Simone disse: "O buon re, se credi che io sono
un mago, fammi decapitare in un luogo oscuro e lasciami là ucciso; se nel
terzo giorno io non risorgerò, saprai che io sono un mago, ma se risorgerò,
sappi che io sono figlio di Dio". [53] Così avvenne. Nerone comandò, ed egli, con la sua
arte magica, fece in modo che al buio venisse decapitato un ariete, che,
nel buio fino al momento della decapitazione, era apparso come Simone.
Dopo averlo decapitato ne cercò la testa, la portò alla luce e si
accorse che era quella di un ariete. Non volle però dire nulla al re, per
non essere fustigato, dato che gli aveva comandato di agire all'oscuro. Il terzo giorno, dopo avere rimosso, con la sua magia, le
membra e la testa dell'ariete, Simone andava dicendo di essere risorto.
Intanto il sangue si era coagulato sul posto. Nel terzo giorno si presentò
a Nerone e gli disse: "Fa' pulire il mio sangue che è stato sparso!
Ecco infatti che, io, decollato, nel terzo giorno sono risorto, come avevo
promesso". [54] Dottrina di Pietro e Paolo. Siccome Nerone aveva
detto: "Il domani vi metterà alla prova", rivolto a Paolo,
disse: "Tu, Paolo, perché non fiati?". [55] Paolo rispose e disse: "Non ascoltare le parole
di costui, o re. Egli infatti è un ingannatore e un mago e vuol portare
alla rovina la tua anima e il tuo regno. Come i maghi egiziani Ianne e
Iambre sedussero il faraone e il suo esercito fino a farli sprofondare in
mare, così costui a causa della formazione ricevuta da suo padre, il
diavolo, induce gli uomini a procurarsi molti mali. Tanti ingenui vengono
così adescati ed è messo alla prova il tuo regno. [56] Io confido nella potenza del mio Signore Gesù
Cristo che presto manifesterà chi egli è. Quanto crede di innalzarsi
fino in cielo, altrettanto sarà sprofondato nell'abisso infernale, dov'è
pianto e stridore di denti". [57] Nerone domandò: "Qual è la dottrina di
Cristo, tuo maestro?". Paolo rispose: "Circa la dottrina del mio
maestro, sulla quale mi interroghi, essa non è compresa se non da quelli
che si rivolgono alla fede con cuore puro. Ciò che egli ha insegnato, non
è altro che pace e amore. E anch'io, da Gerusalemme fino all'Illirio ho
diffuso la parola della pace, come avevo da lui imparato. [58] Ho insegnato infatti a prevenirsi reciprocamente con
il rispetto; ho insegnato alle persone eminenti e ai ricchi a non
insuperbirsi e non riporre la loro fiducia nell'incertezza delle
ricchezze, ma a porre la loro speranza in Dio; ho insegnato ai poveri a
godere della loro povertà; ho insegnato ai padri a educare i loro figli
nel timore di Dio; ho insegnato ai figli a obbedire a genitori con
comprensione salvifica; ho insegnato alle chiese dei credenti a credere in
un solo Dio, padre onnipotente, invisibile e imperscrutabile, e nel suo
Figlio unigenito, mio Signore Gesù Cristo. [59] Questa è la mia dottrina, che non ricevetti da
uomo, né per mezzo di un uomo, ma mi fu data da Gesù Cristo, che mi ha
parlato dal cielo e mi ha mandato (affidandomi) il k‚rigma, dicendomi:
"Va'! Io infatti sarò con te e giustificherò tutto ciò che farai e
dirai!"". [60] All'udire ciò, Nerone fu fuori di sé e, rivolto a
Pietro domandò: "Tu che dici?". Pietro rispose: "Tutto ciò
che ha detto Paolo è vero. E da molte lettere che abbiamo ricevuto dai
nostri episcopi che si trovano in tutta l'ecumene, siamo venuti a
conoscenza di quanto è accaduto e di quanto si diceva di lui. Essendo
infatti egli difensore della legge, una voce di Cristo lo chiamò dal
cielo e gli insegnò la verità. Egli non perseguitava la nostra fede per
invidia, ma per ignoranza. Prima di noi c'erano stati infatti degli
pseudocristi, come Simone, degli pseudoapostoli e degli pseudoprofeti i
quali, agendo contro le Scritture, avevano tentato di annientare la verità.
A causa di questi fu necessaria la scelta di quest'uomo che, fin da
fanciullo, altro non aveva fatto che scrutare i misteri della legge
divina: fondandosi su di essi sarebbe diventato vindice della verità e
persecutore della menzogna. Non essendo la sua lotta mossa dall'invidia,
ma dalla difesa della legge, la stessa verità parlò con lui dal cielo,
dicendogli: "Io sono Gesù che tu perseguiti! Cessa dunque dal
perseguitarmi, perché io sono la verità per la quale tu ti accanisci
nella lotta contro i nemici della verità". Quando dunque egli conobbe che le cose stavano così,
abbandonò la causa che vendicava e cominciò a patrocinare il sentiero di
Cristo, che è la via della verità per tutti coloro che in essa camminano
con semplicità". [61] Mentre Pietro così parlava, Simone disse a Nerone:
"Comprendi, o buon re, che questi due si sono messi d'accordo contro
di me. Io, infatti, sono la verità e costoro mi sono contrari".
Pietro disse: "In te non c'è alcuna verità! Non fai che proferire
menzogne". [62Ä66] Mancanti. [67] Simone disse: "Buon re, questi uomini si
giocano della tua bontà e ti hanno ingannato". Nerone rispose:
"Ma anche tu non mi hai ancora totalmente rassicurato a tuo
riguardo". Simone rispose: "Dopo tante belle azioni e prodigi
che ti ho mostrato, mi meraviglio che tu dubiti". Nerone rispose:
"Io non concordo con alcuno di voi! Rispondi piuttosto a quello che
ti domando". [68] Simone rispose: "D'ora in poi non ti risponderò
più!". Nerone rispose: "Parli così perché sei menzognero.
D'ora in poi non ti parlerò più, avendo constatato che sei bugiardo in
tutto. Ma perché seguito a dire tante cose? Tutti e tre mi siete apparsi
dubbi in tutto, tanto che non so più a che cosa credere". [69] Pietro disse: "Noi predichiamo un unico Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ha fatto il cielo e la terra e
il mare e quanto si trova in essi: egli è vero re e il suo regno non avrà
fine!". Nerone domandò: "Chi è questo re?". Paolo
rispose: "Il Signore e salvatore di tutte le genti". Simone
disse: "Quello di cui parlate sono io e voi lo sapete, Paolo e
Pietro, non vi è nascosto. Fate così solo perché io vi giudichi degni
del martirio". Pietro e Paolo risposero: "Non ti accada mai
nulla di bene, Simone mago, impasto di amarezza!". [70] Simone disse: "Ascolta, Cesare Nerone! Affinché
tu conosca ch'io sono stato mandato dal cielo, domani salirò nei cieli e
renderò beati coloro che credono in me, ma mostrerò la mia ira contro
tutti coloro che mi hanno rinnegato". Pietro e Paolo risposero:
"Da molto tempo Dio ci ha chiamato nella sua gloria. Tu invece sei
stato chiamato dal diavolo e ti affretti verso il castigo". [71] Simone disse: "Buon re, ascoltami! Manda via da
te questi pazzi, affinché, andato in cielo dal padre mio, io ti sia
propizio". Nerone rispose: "Come sapremo che te ne vai in
cielo?". Simone rispose: "Ordina di costruirmi una alta torre di
legno, con travi lunghi, affinché, quand'io salirò su di essa, i miei
angeli vengano a raggiungermi nell'aria; non possono infatti venire da me,
sulla terra, tra i peccatori". [72] Volo di Simone. Allora Nerone ordinò che fosse
costruita una torre alta nel Campo Marzio. Qui doveva convenire tutto il
popolo e le autorità militari per contemplare lo spettacolo. Nerone ordinò
che anche Pietro e Paolo fossero presenti a questa adunanza, dicendo loro:
"Ora deve manifestarsi la verità". Pietro e Paolo risposero:
"Non saremo noi a svergognarlo, ma il Signore nostro Gesù Cristo,
Figlio del Dio vivo, quello che egli asserisce falsamente di essere". [73] Paolo allora disse a Pietro: "A me spetta
piegare le ginocchia e pregare Dio. A te, invece, intervenire se vedrai
che pone mano a qualcosa. Tu infatti sei stato scelto per primo dal
Signore". Paolo piegò le ginocchia e pregava, mentre Pietro disse a
Simone: "Porta a compimento quanto hai iniziato! E' giunto, infatti,
il tempo della tua infamia e della nostra chiamata: vedo infatti il mio
Cristo che chiama me e Paolo". [74] Nerone disse: "E dove andrete senza la mia
volontà?". Pietro rispose: "Dove ci chiamerà il Signore
nostro". Nerone domandò: "Chi è il vostro Signore?".
Pietro rispose: "Gesù Cristo che io ho visto chiamarci". Nerone
disse: "Anche voi dunque siete in procinto di salire in cielo?".
Pietro rispose: "Se piace a colui che ci chiama". Simone disse: "Affinché tu sappia, o re, che questi
sono impostori, non appena sarò salito in cielo, ti manderò i miei
angeli e ti farò venire da me". Nerone rispose: "Fa' presto!
Voglio infatti vedere se adempi ciò che dici". [75] Allora, dinanzi a tutti, Simone salì sulla torre
con la testa incoronata di alloro, stese le mani e cominciò a volare.
Vedendolo volare, Nerone disse a Pietro: "Simone è un uomo
veritiero, mentre tu e Paolo siete ingannatori". Pietro gli rispose:
"Presto saprai, o re, che noi siamo veri discepoli di Cristo, e che
costui non è Cristo, ma mago e malfattore". Nerone disse: "E
ancora insistete? Ecco, contemplatelo, mentre sta salendo in cielo". [76] Allora Pietro si rivolse a Paolo e disse:
"Paolo, alza gli occhi e guarda". Paolo alzò gli occhi pieni di
lacrime alla vista di Simone che volava, e disse: "Pietro, che
aspetti? Compi l'opera intrapresa! Il Signore nostro Gesù Cristo,
infatti, ci chiama". Udendoli, Nerone sorrise e disse: "Costoro
ormai si vedono vinti e delirano!". Pietro rispose: "Ora saprai
che noi non deliriamo". Paolo disse a Pietro: "Fai pure ciò che
vuoi fare!". [77] Allora Pietro guardò verso Simone e disse:
"Angeli di Satana che lo portate nell'aria, per sedurre il cuore
degli uomini increduli, vi scongiuro per il Dio che ha creato tutto e per
Gesù Cristo, che egli ha risuscitato da morte nel terzo giorno! Da questo
momento non trasportatelo più, ma lasciatelo cadere!". All'istante,
abbandonato, precipitò in un luogo detto via Sacra, si divise in quattro
parti, unì insieme quattro selci rimaste unite fino a oggi, a
testimonianza della vittoria degli apostoli. [78] Martirio di Pietro e Paolo. Nerone, pieno d'ira,
fece catturare Pietro e Paolo e li mise ai ceppi. Ordinò di conservare
con cura per tre giorni il corpo di Simone, ritenendo che nel terzo giorno
sarebbe risorto. Ma Pietro gli disse: "Costui non risorgerà più,
essendo veramente morto e condannato al supplizio eterno". Nerone gli domandò: "Chi ti ha permesso di compiere
un tale misfatto?". Pietro rispose: "La sua contenzione, la sua
mentalità malvagia e le sue bestemmie lo hanno condotto alla
rovina". Nerone disse: "Mi siete persone sospette, perciò vi
farò perire malamente". Pietro rispose: "Ciò che avviene non
è quanto tu desideri, bensì è necessario che si adempia quanto ci ha
promesso Cristo". [79] Nerone, allora, chiamò il prefetto Agrippa e gli
disse: "Bisogna far morire malamente gli uomini irreligiosi. Ordino
dunque di fustigarli con cardi di ferro, di farli perire nella naumachia e
di eliminare malamente tutti quelli dello stesso genere". Il prefetto
Agrippa disse: "Non sembra conveniente, re buono, quanto comandi a
proposito di questi irreligiosi". Nerone domandò: "E perché?".
Agrippa rispose: "Perché Paolo pare innocente, mentre Pietro è reo
di omicidio e di irreligiosità". Nerone domandò: "Come li
faremo perire allora?". Il prefetto Agrippa rispose: "A quanto
mi pare, ritengo giusto che a Paolo sia recisa la testa come irreligioso,
mentre Pietro, che è anche reo di omicidio, sia innalzato in croce".
Nerone rispose: "Hai giudicato egregiamente". [80] Udita la sentenza, Pietro e Paolo furono allontanati
dal cospetto di Nerone. Paolo fu condotto incatenato sul luogo della
decapitazione, a tre miglia dalla città, sotto la scorta di tre soldati,
di nobile stirpe. Allontanatisi dalla porta lo spazio del tiro di una
freccia, andò loro incontro una pia donna, la quale, vedendo Paolo in
catene, si sentì commuovere e scoppiò in lacrime. Il nome della donna
era Perpetua e aveva un occhio solo. Vedendola piangere, Paolo le disse:
"Dammi il tuo sudario; al mio ritorno, te lo restituirò". Lei
prese il sudario, e subito glielo diede. I soldati si avvicinarono alla
donna e le dissero: "Perché vuoi perdere il tuo fazzoletto, donna?
Non sai che va alla decapitazione?". Ma Perpetua rispose loro:
"Vi scongiuro per la salvezza di Cesare, quando lo decapiterete
coprite i suoi occhi con quel fazzoletto". E così fu fatto. Lo decapitarono presso il fondo delle Acque Salvie,
vicino all'albero di pino. Secondo il volere di Dio, prima che i soldati
ritornassero, il fazzoletto intriso di sangue fu restituito alla donna; e
non appena lo portò, subito le si aprì l'occhio. [81] I soldati presero poi san Pietro, e quando giunsero
al luogo della crocifissione, il beato disse loro: "Il mio Signore
Gesù Cristo, discese dal cielo in terra, fu crocifisso su di una croce
diritta; siccome adesso si degna di chiamare in cielo me che provengo
dalla terra, la mia croce deve essere piantata con la testa in giù,
affinché io diriga i miei piedi verso il cielo. Non sono degno, infatti,
di venire crocifisso come il mio Signore". Essi voltarono subito la
croce e gli inchiodarono i piedi in alto. [82] Si radunò una folla che sparlava di Cesare e di
come farlo fuori. Ma Pietro li dissuadeva, dicendo: "Non adiratevi
contro di lui, egli infatti è servo di suo padre, il diavolo. Io devo
portare a compimento l'ordine del mio Signore. Alcuni giorni fa Agrippa si
era sollevato contro di me: invitato dai fratelli sono uscito dalla città;
ma mi venne incontro il Signore mio Gesù Cristo. Io lo adorai e gli
dissi: "Signore, dove vai?". Mi rispose: "Seguimi, poiché
a Roma debbo essere nuovamente crocifisso". E, seguendolo, ritornai a
Roma. Ed egli mi disse: "Non temere, poiché io sono con te fino a
quando ti avrò introdotto in casa del Padre mio". [83] Perciò, figli miei, non impeditemi di seguire la
mia via! I miei piedi sono già sulla via del cielo. Non affliggetevi,
anzi rallegratevi, poiché oggi riceverò il premio delle mie
fatiche". Ciò detto, proseguì così: "Ti ringrazio, buon
pastore, poiché mi hai giudicato degno di questa ora. Ti supplico però,
per le pecore che mi hai affidato e partecipano al mio dolore. Ti prego
affinché abbiano parte con me nel tuo regno e non si accorgano di essere
senza di me, avendo te come pastore per mezzo del quale io ho potuto
pascere questo gregge". E così dicendo, spirò. [84] Sepoltura e custodia dei corpi. Apparvero
improvvisamente persone illustri, dall'aspetto forestiero che dicevano fra
loro: "Siamo venuti da Gerusalemme per i santi prìncipi degli
apostoli". Insieme a Marcello, persona distinta che aveva creduto a
Pietro dopo aver abbandonato Simone, di nascosto ne presero il corpo e lo
deposero sotto il terebinto, accanto al luogo della naumachia in Vaticano. Intanto i tre soldati che avevano decapitato san Paolo,
nello stesso giorno, dopo tre ore, stavano recando il decreto a Nerone
allorché incontrarono Perpetua. Le dissero: "Che c'è, signora? Ti
sei lasciata sottrarre il sudario". Ma lei rispose: "Me lo hanno
restituito e il mio occhio si è riaperto. Quant'è vero che vive il
Signore Dio di Paolo! L'ho supplicato anch'io, affinché mi sia concesso
di diventare serva del Signore". Allora i soldati che avevano il
decreto riconobbero il sudario e, constatando che il suo occhio si era
riaperto, gridarono tutti insieme ad alta voce dicendo: "Anche noi
siamo servi del Signore di Paolo!". Perpetua allora andò a riferire al palazzo del re Nerone
che i soldati che avevano decapitato Paolo dicevano: "Noi non
entriamo più in città! Crediamo in Cristo e siamo cristiani!". Allora Nerone, molto adirato, ordinò di incatenare e di
imprigionare Perpetua, la quale aveva riferito a proposito dei soldati.
Uno di questi egli lo fece decapitare, l'altro lo fece segare in due, il
terzo lo fece lapidare ad un miglio circa dalla città, fuori della porta. Perpetua si trovava in prigione; nella stessa prigione si
trovava pure Potenziana, fanciulla timorata di Dio, perché aveva detto:
"Abbandono i miei genitori e tutta la sostanza di mio padre e voglio
diventare cristiana!". Unita a Perpetua, le narrò le cose
riguardanti Paolo, e lei, all'udire ciò, lottò con ancora maggiore
decisione per la fede di Cristo. La moglie di Nerone era sorella di Potenziana la quale
l'istruì segretamente su Cristo; sul fatto che chi crede in lui è reso
partecipe di una gioia eterna, e che tutte le cose di quaggiù sono
transitorie, mentre quelle di là sono eterne. E così anche lei fuggì
dal palazzo insieme ad alcune mogli di senatori. Allora Nerone punì
Perpetua con molti tormenti; infine le legò un macigno al collo e la fece
gettare giù da un precipizio. Il suo corpo si trova alla porta Nomentana. Potenziana passò poi molti supplizi; alla fine le
prepararono una graticola e fecero fuoco per un intero giorno. [85] Gli uomini che avevano detto di venire da
Gerusalemme, dissero al popolo: "Gioite ed esultate giacché vi è
concesso di avere grandi protettori, i santi apostoli e amici del Signore
Gesù Cristo. Sappiate che il pessimo Nerone, dopo l'uccisione dei santi
apostoli, non riuscirà più a mantenere il regno". [86] Dopo di ciò,
per odio contro Nerone, si sollevò l'esercito e il popolo dei Romani.
Nerone, appena se ne accorse, ebbe paura e fuggì in luoghi solitari e non
fu più visto. Alcuni dissero che morì di fame e di freddo, e che il suo
corpo fu sbranato dai lupi. [87] Persone pie vennero dall'Oriente con l'intenzione di
rapire i corpi dei santi apostoli e trasportarli in Oriente. Ma in città
ci fu un grande terremoto; allora il popolo romano scappò e li pose in un
luogo detto Catacomba, sulla via Appia, al terzo miglio. Quivi furono
custoditi i corpi dei santi per un anno e sei mesi, fino a quando
costruirono per loro i luoghi ove deporli. Il corpo del beato Pietro fu
posto, con gloria e inni, in Vaticano, luogo vicino alla naumachia, quello
invece del beato Paolo fu posto sulla via Ostiense, al secondo miglio
della città. Per le preghiere dei fedeli, avvengono in quei luoghi
molti favori a quanti credono nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. [88] Il cammino dei santi apostoli e martiri di Cristo
Pietro e Paolo ebbe fine il 29 giugno, quello dei tre soldati il 2 luglio,
e quello di Perpetua e Potenziana il giorno 8 dello stesso mese di luglio. Per la grazia e l'amore verso gli uomini del Signore
nostro Gesù Cristo al quale con il Padre e lo Spirito santo, sia gloria,
potenza e onore adesso e in eterno, nei secoli dei secoli. Amen.
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