ATTI DI PIETRO

 

ATTI DI PIETRO

 

 

1. MS DI VERCELLI *  

[1, 1] Partenza di Paolo da Roma. Quando Paolo dimorava a Roma e confermava molti nella fede, avvenne che una donna di nome Candida, moglie di Quarto, membro della guardia carceraria, udì Paolo, rifletté sulle sue parole, credette, e a sua volta ammaestrò il marito. Allorché credette, Quarto permise a Paolo di andarsene via dall'Urbe, dove riteneva più opportuno.

Ma Paolo gli disse: "Se è volontà di Dio, egli me lo rivelerà". Paolo digiunò per tre giorni domandando a Dio quanto a lui era più conveniente; ebbe poi una visione nella quale il Signore gli disse: "Paolo, alzati e sii corporalmente il medico di coloro che sono in Spagna".

[2] Dopo aver riferito ai fratelli ciò che Dio gli aveva ordinato, non dubitando minimamente, era in procinto di partire dall'Urbe. Mentre si apprestava ad andarsene, tra tutti i fratelli vi fu un gran pianto, fino a strappare le loro vesti, poiché credevano che non avrebbero più visto Paolo; riandavano alle numerose scene nelle quali Paolo aveva combattuto contro i dottori ebrei e li aveva confutati asserendo: "Cristo, infatti, contro il quale i vostri padri hanno alzato le mani, aboliva il loro sabato e i digiuni, le loro feste e la circoncisione, respingeva le dottrine umane e tutte le loro tradizioni". In nome della venuta del Signore nostro Gesù Cristo, i fratelli insistevano affinché Paolo non rimanesse lontano più di un anno, dicendo: "Ben sappiamo il tuo amore per i tuoi fratelli! Quando sarai giunto, non ci dimenticare e non iniziare ad abbandonarci, siamo, infatti, fanciulli senza padre".

[3] Tra queste molteplici suppliche e lacrime, si udì un suono celeste, e una gran voce disse: "Paolo, ministro di Dio, fu eletto nel ministero per tutto il tempo della sua vita; egli raggiungerà la perfezione sotto i vostri occhi per mano dell'empio e iniquo Nerone".

A motivo di questa voce venuta dai cieli, colpiti da un timore ancora più grande, i fratelli furono confermati sempre più nella fede.

[2, 1] Offrirono allora a Paolo pane e acqua per il sacrificio affinché, dopo la preghiera, li distribuisse ad ognuno. Tra di essi si trovava una certa Ruffina: anche lei voleva ricevere l'Eucaristia dalle mani di Paolo. Ma Paolo, pieno dello Spirito di Dio, le disse: "Tu non sei degna, Ruffina, di avvicinarti all'altare di Dio! Non ti alzi, infatti, dal fianco di un marito, ma di un adultero, e tenti di ricevere l'Eucaristia di Dio. Dopo avere sconvolto il tuo cuore, ecco che Satana ti getterà a terra sotto gli occhi di tutti coloro che credono nel Signore, affinché a questa vista sappiano che il Dio vivo nel quale hanno creduto, è scrutatore di cuori. Se però ti pentirai di quanto hai compiuto, colui che può cancellare i peccati non mancherà di liberarti da questo peccato. Se invece non ti pentirai, mentre ancora sei in vita un fuoco devastatore e tenebre esteriori ti afferreranno per sempre".

[2] Subito Ruffina cadde, paralizzata in tutta la parte sinistra del suo corpo, dalla testa fino alle unghie dei piedi. Non le restò neppure la facoltà di parlare poiché la sua lingua era legata.

A questa vista, quanti credevano nella fede e i neofiti si battevano il petto, ricordando le loro colpe passate, e gemevano dicendo:

[3] "Non sappiamo se Dio ci perdona le colpe commesse in passato". Paolo chiese, allora, il silenzio e disse: "Fratelli che or ora avete iniziato a credere in Cristo, se non persevererete nelle vostre azioni passate e in quelle della tradizione dei vostri padri, se vi asterrete da ogni inganno, dalla collera, dalla crudeltà, dall'adulterio, dall'orgoglio, dalla gelosia, dal disprezzo e dall'odio, Gesù Dio vivo perdonerà quanto avete compiuto nell'ignoranza. Perciò, servi di Dio, ognuno di voi armi il suo uomo interiore con la pace, la pazienza, la mansuetudine, la fede, l'amore, la conoscenza, la sapienza, l'amore dei fratelli, l'ospitalità, la misericordia, l'astinenza, la castità, la bontà, la giustizia. Allora, come vostra guida per l'eternità, avrete il primogenito di tutta la creazione e la vostra forza sarà nella pace con nostro Signore".

[4] Udite queste cose da Paolo, lo supplicarono affinché pregasse per essi; e Paolo alzò la voce dicendo: "Dio eterno, Dio dei cieli, Dio la cui divinità è ineffabile, tu hai tutto sistemato con la tua parola, tu che hai avvolto tutto il mondo con il vincolo della tua grazia, Padre del tuo santo figlio Gesù Cristo, noi ti preghiamo per il tuo figlio Gesù Cristo di fortificare quelle anime che, una volta incredule, ora sono nella fede. Un giorno io ero blasfemo, ora sono io che sono bestemmiato; una volta ero persecutore, ora sono io che soffro la persecuzione degli altri; una volta ero nemico di Cristo, ora supplico di essergli amico. Ho, infatti, fiducia nella sua promessa e nella sua misericordia; ritengo di essere nella fede e di avere ricevuto il perdono delle mie colpe passate.

[5] Perciò, fratelli, vi esorto a credere anche nel Signore, Padre onnipotente, e a porre tutta la vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, suo Figlio. Se voi credete in lui, nessuno vi potrà privare delle sue promesse. Piegando tutt'insieme le ginocchia, raccomandatemi al Signore, mentre sono in procinto di partire verso un altro popolo, affinché la sua grazia mi preceda e mi dia un felice viaggio, affinché essa attiri i suoi santi strumenti e i suoi fedeli, ed essi mi ringrazino per l'aver io predicato loro la parola del Signore e siano ben fondati nella fede"

Allora i fratelli, con molte lacrime, pregarono il Signore insieme a Paolo dicendo: "Signore Gesù Cristo, sii tu con Paolo e restituiscilo a noi sano e salvo. Noi sappiamo bene quale debolezza è tuttora in noi!".

[3, 1] Una grande folla di donne, supplicavano, in ginocchio il beato Paolo e, baciando i suoi piedi, lo accompagnavano al porto. Intanto, Dionisio e Balbo d'Asia, cavalieri romani e uomini nobili, ed un senatore di nome Demetrio, stringendo forte la mano destra di Paolo, gli dissero: "S'io non fossi magistrato, fuggirei dalla città con te, Paolo, per non separarmi da te". Dissero così anche Cleobio, Ifito, Lisimaco, Aristea della casa di Cesare, le due matrone Berenice e Filostrate e il presbitero Narcisso, dopo che l'ebbero accompagnato al porto.

[2] Siccome era imminente una tempesta marina, egli (Paolo) rinviò a Roma i fratelli affinché discendessero quelli che volevano poterlo ascoltare fino al suo imbarco. Udito ciò, i fratelli salirono nell'Urbe e riferirono il fatto ai fratelli che ivi erano rimasti: la notizia si sparse subito e chi con bestie da soma, chi a piedi, chi attraverso il Tevere, discesero al porto; qui furono confermati nella fede per tre giorni interi, fino all'ora quinta del quarto giorno pregando reciprocamente con Paolo e offrendo l'oblazione. Misero poi sulla nave tutto ciò di cui poteva avere bisogno, gli diedero pure due giovani fedeli affinché navigassero con lui, infine lo salutarono nel Signore e se ne ritornarono a Roma.

[4, 1] Arrivo di Simon Mago a Roma. Pochi giorni dopo, la chiesa fu colpita da un grande turbamento per opera di alcuni che asserivano di avere visto delle cose mirabili compiute da un uomo in Ariccia, di nome Simone. Si diceva che si presentasse come la grande potenza di Dio e che non facesse nulla senza Dio. "E' forse Cristo? Ma noi crediamo in colui che ci è stato predicato da Paolo. Abbiamo visto, infatti, che per mezzo suo dei morti sono risorti e dei malati sono stati liberati da varie malattie. Costui poi è in cerca di discussioni, lo sappiamo: non è poco, infatti, lo scompiglio che ha sollevato tra noi. Forse è già entrato in Roma: ieri della gente lo supplicava con grandi acclamazioni, dicendo: "Tu, dio d'Italia, tu il salvatore dei Romani, affrettati a venire a Roma"".

[2] Egli, rivolgendosi al popolo, disse con voce tenue: "Domani, verso l'ora settima, mi vedrete volare al di sopra della porta della città con lo stesso vestito che indosso ora mentre vi parlo". "Or dunque, fratelli, se lo ritenete opportuno, andiamo e osserviamo attentamente come andranno a finire le cose". Così si diressero alla porta, ove giunsero insieme. E tutto ad un tratto, all'ora settima, lontano, in cielo apparve una polvere come un fumo risplendente di raggi: si avvicinò alla porta e poi disparve. Poi apparve dritto, in mezzo alla folla, che lo riconobbe come quello stesso che aveva visto il giorno prima e l'adorò.

[3] Tra i fratelli, lo scandalo non era piccolo, anche perché a Roma non c'era Paolo e neppure Timoteo e Barnaba, mandati in Macedonia da Paolo, che ci potessero rafforzare nella fede, soprattutto quelli che erano stati catechizzati da poco.

Simone si esaltava sempre più per le sue azioni, ed alcuni di essi, nelle conversazioni quotidiane, avevano iniziato a trattare Paolo come mago e impostore. Sicché la grande folla nella quale era penetrata la fede si sciolse ad eccezione del presbitero Narcisso, di due donne dell'ospizio dei Bitini e di quattro altre persone che più non potevano uscire di casa loro: chiusi giorno e notte, pregavano e domandavano al Signore il celere ritorno di Paolo o l'arrivo di qualche altro per visitare i suoi servi che il diavolo aveva trascinato con la sua malizia.

[5, 1] Pietro da Gerusalemme a Roma. Mentre essi piangevano e digiunavano, a Gerusalemme, Dio preparava Pietro per l'avvenire. Terminati i dodici anni che gli erano stati imposti dal Signore Cristo, gli fece vedere questa scena e gli disse: "Pietro, il mago Simone che tu hai smascherato e scacciato dalla Giudea mi ha ancora preceduto a Roma. In poche parole: tutti coloro che avevano creduto in me sono stati trascinati dall'astuzia e dalla decisa azione di Satana del quale egli manifesta la potenza. Non tardare più: domani va' a Cesarea ove troverai una nave pronta diretta in Italia. Tra pochi giorni ti manifesterò la mia grazia che si offre generosamente".

[2] Avvertito da questa visione, Pietro ne parlò subito ai fratelli, dicendo: "E' necessario ch'io salga a Roma per sconfiggere un nemico e avversario del Signore e dei nostri fratelli". Discese a Cesarea e si imbarcò immediatamente, senza prendere provvigioni, dato che era già stata tolta la scala.

[3] Il nocchiero, che si chiamava Teone, si rivolse a Pietro e gli disse: "Tutto ciò che abbiamo è cosa tua! Quale grazia potremmo noi avere se nell'imbarazzo che sentiamo ricevendo te, nostro simile, non ti mettessimo a disposizione tutte le cose che abbiamo? Che la nostra navigazione sia felice!".

Pietro ringraziò dell'offerta, ma sulla nave egli digiunò con l'animo a volte triste a volte rasserenato, al pensiero che Dio l'aveva ritenuto degno di essere un ministro al suo servizio.

[4] Dopo qualche giorno, all'ora di pranzo, il nocchiero si alzò e pregò Pietro di gustare qualcosa, dicendo: "Chiunque tu sia, io ti conosco poco; che tu sia Dio o che tu sia un uomo, a mio parere tu sei un ministro di Dio. Infatti, mentre nel cuore della notte guidavo la mia nave mi addormentai, udii una voce umana che mi parve venire dal cielo e mi disse: "Teone! Teone!". Mi chiamò per nome due volte, ed aggiunse: "Tra coloro che navigano con te, quello che più devi onorare è Pietro, giacché per mezzo suo, contro ogni aspettativa, tu e gli altri compirete questa attraversata sani e salvi, senza alcun danno"".

Persuaso che Dio avesse voluto manifestare sul mare la sua provvidenza ai passeggeri della nave, cominciò ad esporre a Teone le grandezze di Dio, come il Signore lo aveva scelto tra gli apostoli e il motivo per cui navigava verso l'Italia. Ogni giorno gli comunicava la parola di Dio; ed osservandolo nella conversazione s'accorse che partecipava alla sua fede e che sarebbe stato un degno ministro.

[5] Mentre erano nell'Adriatico la nave si trovò in bonaccia e Teone facendoglielo notare gli disse: "Se tu mi vuoi ritenere degno di essere intinto nel segno del Signore, ne hai l'opportunità". Tutti quelli che erano sulla nave si erano infatti addormentati ubriachi. Pietro allora discese per mezzo di una fune e battezzò Teone nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo; ed egli uscì dall'acqua allegro per la grande gioia. Anche Pietro divenne più sereno per il fatto che Teone era stato considerato degno del suo nome.

E avvenne che nel luogo ove fu battezzato Teone apparve un giovane dall'aspetto splendente e disse loro: "Pace a voi!". Pietro e Teone salirono ed entrarono in cabina. Preso del pane, Pietro ringraziò il Signore d'averlo giudicato degno del suo santo ministero e dell'apparizione del giovane che disse loro: Pace a voi!

[6] "Sei tu che ci sei apparso, ottimo e solo santo, Dio Gesù Cristo, nel tuo nome è stato or ora lavato e segnato con il tuo santo segno. E così nel tuo nome lo rendo partecipe della tua Eucaristia, affinché sia per sempre un tuo servo perfetto e senza biasimo". Mentre mangiavano e godevano nel Signore, un vento non violento, ma moderato, prese la nave a prua e non smise per sei giorni e altrettante notti fino a quando non giunsero a Pozzuoli.

[6, 1] Appena giunsero a Pozzuoli, Teone corse dalla nave all'albergo ove soleva andare per prepararlo a ricevere Pietro. L'uomo dal quale soleva andare si chiamava Ariston: costui temeva sempre il Signore, e Teone aveva fiducia in lui a causa del nome.

[2] Giunto all'albergo e visto Ariston, Teone gli disse: "Dio che ti ha giudicato degno di servirlo, ha partecipato anche a me la sua grazia, per mezzo del suo santo servo Pietro, che ebbe dal Signore nostro l'ordine di venire in Italia e navigò con me dalla Giudea". A queste parole, Ariston si gettò al collo di Teone, l'abbracciò e lo supplicò di condurlo alla nave per fargli vedere Pietro. Dopo che Paolo era partito per la Spagna, diceva Ariston, non aveva più incontrato alcun fratello presso il quale rinfrescarsi. Inoltre improvvisamente era apparso in città un Ebreo di nome Simone. Con formule magiche e con la sua malizia, aveva guastato la comunità da ogni parte tanto che anch'io fuggii da Roma nella speranza dell'arrivo di Pietro. Paolo, infatti, aveva parlato di lui, ed una visione mi manifestò molte cose. Ora dunque credo nel mio Signore, credo che egli riedificherà il suo ministero e che dai suoi servi sarà estirpata la tentazione. Giacché il Signore nostro Gesù è fedele e raddrizzerà le nostre menti.

[3] Mentre, tra le lacrime, udiva queste cose da Ariston accresceva sempre più il suo entusiasmo e sempre più era confermato comprendendo che aveva posto la sua fiducia nel Dio vivo.

Quando giunsero insieme alla nave, Pietro Ä pieno di Spirito santo Ä li guardò e sorrise; e Ariston cadde bocconi ai piedi di Pietro dicendo: "Fratello e signore tu sei colui che distribuisce i santi misteri e indica la via retta che si trova in nostro Signore Gesù Cristo, nostro Dio, che chiaramente ci manifesta la tua venuta; per opera di Satana, infatti, abbiamo perduto tutti i fratelli che Paolo ci aveva dato. Ora però spero nel Signore che avendoti mandato un suo messo, ti ha ordinato di venire da noi, e si è degnato di manifestarci, per mezzo tuo, le sue grandezze e le sue meraviglie. Ti supplico, dunque, di affrettarti ad entrare nell'Urbe. Giacché, abbandonando i fratelli, oggetto di scandalo, che avevo visto soccombere alla tentazione del diavolo, io mi sono rifugiato qui dicendo loro: "Perseverate nella fede, fratelli; necessariamente, infatti, in questi due mesi, la misericordia del Signore ci indirizzerà un suo ministro". Giacché, in visione, mi era apparso Paolo dicendomi: "Ariston, fuggi dall'Urbe!". Obbedii subito a queste parole e, sebbene la carne fosse inferma, uscii nel Signore: giunto qui me ne stavo ogni giorno alla spiaggia e interrogavo i marinai: "Ha forse navigato con voi Pietro?". Ed ora che la grazia del Signore è giunta in abbondanza, saliamo ti prego subito a Roma, affinché l'insegnamento dell'uomo pessimo non guadagni ulteriormente terreno".

[4] Mentre Ariston così parlava tra le lacrime, Pietro gli diede la mano, lo sollevò da terra e tra gemiti e lacrime gli disse: "Colui che per mezzo dei suoi angeli tenta l'orbe terrestre, ci ha preceduto; ma colui che ha la potenza di strappare i suoi servi da ogni tentazione, annienterà le sue seduzioni e le farà calpestare dai piedi di coloro che hanno creduto nel Cristo che predichiamo".

[5] Mentre si incamminavano verso la porta, Teone supplicò Pietro dicendo: "Sulla nave, in mezzo a questo vasto mare, non ti sei mai rifocillato, ed ora, lasciando la nave, vuoi incamminarti lungo una strada così dura? Fermati, prendi qualcosa e poi partirai. Temo, infatti, che il lastricato della strada da qui a Roma ti faccia soffrire". Ma Pietro rispose loro: "Ma, e se mi fosse appesa al collo una pietra molare come al nemico di nostro Signore e fossi gettato nell'abisso, come il mio Signore ci diceva a proposito di chi scandalizza i fratelli? E non è soltanto questa pietra molare che mi minaccia, ma, ciò che è peggio, lo starmene lontano da coloro che hanno creduto nel Signore Gesù Cristo, mentre egli mi ha contrapposto ai persecutori dei suoi servi".

Nessuna insistenza di Teone riuscì a persuaderlo di restare anche un solo giorno. Dopo essersi interessato che la merce che era sulla nave fosse venduta a un prezzo giudicato conveniente, anche Teone seguì Pietro a Roma, condotto da Ariston nella casa del presbitero Narcisso.

[7, 1] Prima predica di Pietro a Roma. Tra i fratelli dispersi si sparse nell'Urbe la notizia che era venuto Pietro discepolo del Signore, a causa di Simone, per additarlo come seduttore e persecutore dei buoni. Accorse così tutta una folla per vedere l'apostolo del Signore, fondato in Cristo. Ed il primo giorno della settimana, allorché la folla era convenuta per vedere Pietro, a gran voce egli prese a dire: "Uomini qui presenti che sperate in Cristo e che recentemente siete passati attraverso una prova, imparate quale sia il motivo per cui Dio mandò suo Figlio nel mondo, quale sia il motivo per cui l'ha fatto nascere dalla vergine Maria: senza dubbio per farci godere di qualche grazia e vantaggio. Vuole abbattere ogni scandalo e ogni ignoranza, ogni potere del diavolo, i suoi tentativi e le sue forze che prevalevano allorché il nostro Dio non illuminava il mondo.

[2] Ebbe misericordia di coloro che, colpiti da numerose e diverse infermità, per ignoranza precipitavano nella morte, e mandò il suo Figlio: io vissi con lui e testimonio di avere camminato sulle acque del mare. Confesso ch'io fui presente a tutti i segni e prodigi che egli operò in questo mondo. Fratelli carissimi, io rinnegai nostro Signore Gesù Cristo e non soltanto una volta, ma tre: mi circuivano, infatti, cani maligni, come fu pure dei profeti del Signore. Ma il Signore non me l'ha imputato: si è rivolto verso di me, ebbe pietà della debolezza della mia carne, sicché in seguito ne piansi amaramente deplorando l'instabilità della mia fede, che fu la causa per cui il diavolo mi rese insensato al punto che io non conservai nel mio spirito la parola del mio Signore.

[3] Ed ora, uomini fratelli, qui convenuti nel nome del Signore, io dico: Satana ingannatore, dirige le sue frecce anche contro di voi per distogliervi dalla via. Non deflettete, fratelli! Non perdetevi d'animo! Fatevi coraggio, state saldi e non abbiate dubbi. Se io, infatti, che il Signore ebbe in così grande onore, da Satana sono stato fatto oggetto di scandalo al punto da rinnegare la luce della mia speranza, sono stato da lui assoggettato e persuaso a fuggire come se la mia fede fosse riposta in un uomo, che cosa pensate di voi che siete soltanto neofiti? Pensavate che non vi avrebbe fatto cadere fino al punto da rendervi nemici del regno di Dio, precipitandovi nella perdizione per opera di un recentissimo errore? Chiunque, infatti, si allontana dalla speranza del Signore nostro Gesù Cristo, costui è figlio della perdizione per sempre.

[4] Convertitevi, dunque, fratelli eletti del Signore! Rafforzatevi nel Signore onnipotente, Padre di nostro Signore Gesù Cristo, che nessuno ha mai visto né può vedere se non colui che avrà creduto in lui. Ponete mente da dove vi è arrivata la tentazione. Non è infatti soltanto con le parole ch'io intendo convincervi e che predico Cristo, ma è anche con fatti e con prodigi stupendi che vi esorto, per mezzo della fede in Gesù Cristo, affinché nessuno di voi guardi ad altri all'infuori di lui disprezzato e insultato dagli Ebrei; all'infuori del Nazareno crocifisso, morto e risorto il terzo giorno".

[8, 1] Il senatore Marcello e la comunità di Roma. I fratelli, pentiti, domandavano a Pietro di vincere Simone, che diceva di essere la forza di Dio, ed abitava in casa del senatore Marcello da lui sedotto con i suoi incantesimi.

I fratelli dicevano: "Credici, fratello Pietro! Nessun uomo è così saggio come questo Marcello. Tutte le vedove che hanno speranza in Cristo, trovavano in lui un rifugio, tutti gli orfani erano da lui nutriti. Che dire di più? Tutti i poveri chiamavano Marcello loro patrono, la sua casa era detta casa dei forestieri e dei poveri. A lui l'imperatore disse: "Ti tengo lontano da ogni incarico per timore che tu spogli le province per dare ai cristiani". Marcello gli rispose: "Tutte le cose mie sono tue!". E Cesare: "Sarebbero mie se tu le custodissi per me. Ma in realtà non sono mie perché tu le dai a chi credi bene, e a quali infime persone!".

[2] Tenendo presenti queste cose, fratello Pietro, ti facciamo sapere che la grande misericordia di quest'uomo si è mutata in bestemmia. Giacché se lui non avesse cambiato, anche noi non ci saremmo allontanati dalla fede santa in Dio nostro Signore. Ed ora Marcello, furioso, si pente della sua beneficenza asserendo: "Quanti beni ho sperperato e per quanto tempo! Con molta superficialità pensavo di distribuire per la conoscenza di Dio!". Giunge fino al punto che se un forestiero si presenta all'uscio di casa sua, egli lo fa bastonare e mettere alla porta gridando: "Volesse il cielo ch'io non avessi dispensato tanti beni agli impostori!". Ed altre bestemmie ancora. Ma se in te c'è qualcosa della misericordia di nostro Signore e della bontà dei suoi precetti, soccorri nel suo errore colui che fece l'elemosina ad un così grande numero di servi di Dio".

[3] All'udire questo, Pietro provò un grande dolore, e disse: "O artifizi e tentazioni molteplici del diavolo! O macchinazioni e invenzioni perverse! Alimenta, per se stesso, fuoco più terribile! Sterminio dei semplici, lupo rapace, divoratore e dissipatore della vita eterna! Hai carpito il primo uomo nella rete della concupiscenza, l'hai legato con vincoli corporei per mezzo della tua antica cattiveria! Tu sei il frutto totalmente acerbo e amaro dell'albero dell'amarezza, ed instilli diverse concupiscenze. Tu hai spinto Giuda, mio condiscepolo e coapostolo, ad agire empiamente tradendo il Signore nostro Gesù Cristo, che necessariamente ti punirà. Tu hai reso insensibile il cuore di Erode, tu hai infiammato il faraone e l'hai costretto a lottare contro il santo servo di Dio Mosè, ed hai dato a Caifa l'audacia di consegnare ad una folla iniqua nostro Signore Gesù Cristo.

[4] Ancor oggi tu colpisci le anime innocenti con le tue frecce avvelenate; scellerato, nemico di tutti. Su di te grava l'anatema della Chiesa del Figlio del Dio santo onnipotente. Come un tizzone gettato via dal focolare, tu sarai spento dai servi di nostro Signore Gesù Cristo Su di te e sui tuoi figli ritorni il tuo nero e una discendenza pessima, le iniquità, le minacce, le tentazioni: su di te e sui tuoi angeli, o principio della malizia, o abisso di tenebre! Le tenebre che ti avvolgono siano con te e con gli strumenti che tu possiedi! Allontanati dunque da quanti sono in procinto di credere in Dio, allontanati dai servi di Cristo e da quelli che vogliono combattere con lui. Tieni per te i tuoi abiti tenebrosi! Invano tu batti porte estranee che non sono tue, ma di Gesù Cristo che le custodisce. Tu, lupo rapace, rubi pecore che non sono tue, ma di Gesù Cristo, che le custodisce con la più grande cura".

[9, 1] Pietro e il senatore Marcello. Mentre Pietro, con profondo dolore del suo animo, parlava così, un numero di persone ancora più grande credette nel Signore. I fratelli domandarono però a Pietro di entrare in lizza con Simone e di non sopportare che egli portasse più oltre scompiglio tra il popolo.

Pietro allora lasciò senza indugio l'adunanza e, seguito da una grande folla, si recò in casa di Marcello ove dimorava Simone. Quando giunse alla porta, chiamò il portiere e gli disse: "Va' da Simone e digli: "Alla porta ti attende Pietro a causa del quale tu sei fuggito dalla Giudea"". Ma il portiere gli rispose: "Io, signore, non so se tu sei Pietro. Comunque io ho un ordine. Ieri, quando seppe che tu eri entrato nell'Urbe, mi disse: "A qualunque ora egli venga, sia di giorno che di notte, dì ch'io non sono in casa"". Allora Pietro disse al giovane: "Hai fatto bene a riferirmi queste cose che egli ti ha imposto".

[2] Rivoltosi poi al popolo che lo seguiva Pietro disse: "State per vedere un miracolo grande e sorprendente". Visto un grosso cane attaccato a una lunga catena, Pietro si avvicinò e lo slegò. Una volta sciolto, il cane prese voce umana e disse a Pietro: "Che cosa mi ordini di fare, servo dell'inenarrabile Dio vivo?". Pietro gli rispose: "Entra e, in mezzo a quanti lo circondano, dì a Simone: "Pietro ti dice di farti vedere in pubblico; è infatti per causa tua, scellerato seduttore delle anime semplici, che sono venuto a Roma"". Il cane si mise subito a correre, entrò, si precipitò in mezzo a quelli che circondavano Simone e, alzando le zampe anteriori, con una grande voce disse: "Pietro, servo di Cristo, sta alla porta e ti dice: "Fatti vedere in pubblico, poiché è a causa tua, scellerato seduttore di anime semplici, ch'io sono venuto a Roma"". All'udire questo e alla vista di questo incredibile spettacolo, tutti stupirono e Simone dimenticò le parole con le quali seduceva gli astanti.

[10, 1] A questa vista, Marcello si precipitò alla porta, si gettò ai piedi di Pietro e disse: "Abbraccio i tuoi piedi, Pietro servo del Dio santo! Ho peccato molto! Non considerare i miei peccati, se in te c'è la vera fede di Cristo che predichi, se ricordi i suoi precetti: non odiare nessuno, non essere cattivo verso alcuno; come ho imparato da Paolo, tuo coapostolo. Non prenderti a cuore le mie mancanze, ma prega per me il Signore, il santo Figlio di Dio, del quale io ho suscitato la collera perseguitando i suoi servi. Come buono intendente di Dio, prega dunque per me, affinché io non sia abbandonato al fuoco eterno con i peccati di Simone, nonostante sia stato indotto da lui ad innalzargli una statua con l'iscrizione: "Al giovane dio, Simone".

[2] Se sapessi, Pietro, di poterti persuadere con il denaro, non esiterei a dartene pur di guadagnare l'anima mia. Se avessi dei figli, non ne terrei alcun conto, pur di credere nel Signore che vive. Ti confesso che non mi avrebbe sedotto se non avesse detto di essere la forza di Dio. Comunque debbo riconoscere, o dolcissimo Pietro, ch'io non ero degno di ascoltarti, servo di Dio, né ero abbastanza forte nella fede di Dio che è in Cristo; ed è appunto per questo che mi sono scandalizzato. Ti prego dunque di non indignarti per quanto ti sto per dire. Cristo nostro Signore, che tu predichi in verità, disse in tua presenza ai tuoi coapostoli: "Se avrete una fede grande come un grano di senape, direte a questo monte: trasferisciti! e subito si trasferirà". Ora questo Simone ha detto che tu, Pietro, sei stato infedele allorché hai dubitato quando eri sulle acque.

[3] Ho anche udito che egli ha detto: "Coloro che sono con me non mi hanno compreso". Se dunque voi sul quale egli ha imposto le mani, se voi da lui scelti, se voi davanti ai quali egli ha compiuto cose meravigliose, dubitavate, io mi appoggio su questa testimonianza, faccio penitenza e mi rifugio nelle tue preghiere. Accogli la mia anima: io, infatti, sono caduto allontanandomi da nostro Signore e dalla sua promessa. Penso che egli avrà misericordia di me che sono pentito. Giacché l'Onnipotente è fedele e mi rimetterà i peccati". Pietro disse a gran voce: "Gloria e splendore a te, Signore nostro, Dio onnipotente, Padre del Signore nostro Gesù Cristo! A te gloria, lode e onore nei secoli dei secoli. Amen. Poiché ora tu ci hai fortificato pienamente e ci hai rafforzato in te al cospetto di tutti i presenti, Signore santo, rafforza Marcello ed invia oggi la tua pace su di lui e sulla casa sua. Tu solo puoi fare ritornare quanti sono periti o smarriti. Ti preghiamo tutti, Signore, pastore delle pecore che una volta erano disperse ed ora sono da te riunite. Ricevi così anche Marcello, una delle tue pecore, e non permettere che egli seguiti il suo delirio di errore o di ignoranza, ma ricevilo nel numero delle tue pecore. Sì, Signore, ricevilo! Egli ti supplica nel dolore e tra le lacrime".

[11, 1] Dopo avere parlato così, Pietro abbracciò Marcello; si rivolse alla folla che gli stava davanti ed in essa scorse una persona che era posseduta da un demonio pessimo e sorrideva. Pietro le disse: "Chiunque tu sia che hai riso, fatti vedere apertamente da tutti i presenti!". Udito questo, un giovane si precipitò nell'atrio della casa e, gridando a gran voce, si gettò contro la parete dicendo: "Pietro, c'è una grande discussione tra Simone e il cane che tu hai mandato. Simone disse al cane: "Riferisci ch'io non ci sono"; e il cane gli rispose più cose di quante tu gli hai ordinato. Quando avrà portato a termine questo mistero che tu gli hai comandato, morirà ai tuoi piedi". Ma Pietro gli rispose: "E tu, demone, chiunque tu sia, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, esci da questo giovane senza fargli del male, e fatti vedere da tutti i presenti". Udito ciò, il giovane si spinse in avanti, afferrò una grande statua di marmo che era nell'atrio della casa e la frantumò a forza di pedate. Si trattava di una statua di Cesare.

[2] Allora Marcello, battendosi la fronte, disse a Pietro: "E' stato compiuto un grande crimine e se Cesare lo verrà a sapere, da qualche spia, ci colpirà con duri castighi". Pietro rispose: "Non ti vedo più come eri un momento addietro! Dicevi di essere pronto a dare tutto quanto hai per salvare la tua anima! Piuttosto, se veramente sei pentito e credi in Cristo con tutto il cuore, prendi con le mani un po' di quest'acqua che zampilla, prega il Signore, e versala in suo nome sui frammenti della statua: diventerà intatta come prima". Marcello, senza alcuna esitazione, credendo anzi con tutto il cuore, prima di prendere l'acqua con le sue mani, guardando verso il cielo, disse: "Credo in te, Signore Gesù Cristo! Il tuo apostolo Pietro vuole provare la fermezza della mia fede nel tuo santo nome. Prendo, dunque, l'acqua nelle mie mani e, nel tuo nome, la verso su queste pietre affinché questa statua ritorni intatta, come era prima. Se ora, Signore, la tua volontà è ch'io resti in vita e non abbia a soffrire nulla da parte di Cesare, questa pietra ridiventi integra come era prima". Asperse le pietre di acqua e la statua ritornò integra.

[3] Pietro fu lieto che Marcello, nella sua domanda al Signore, non avesse dubitato, e Marcello gioiva in cuor suo perché, per la prima volta, tra le sue mani si era avverato un miracolo; credette dunque di tutto cuore nel nome di Gesù Cristo, Figlio di Dio, per mezzo del quale sono possibili, tutte le cose impossibili.

[12, 1] Primo scontro tra Pietro e Simone. Simone, in casa, così parlava al cane: "Dì a Pietro ch'io non sono in casa". Ma il cane in presenza di Marcello, rispose: "Scelleratissimo e sfrontato nemico di tutti coloro che vivono e credono in Gesù Cristo! Ecco che io, animale muto, mandato a te, ho ricevuto la parola umana per confonderti e provare la tua impostura e le tue menzogne; e tu hai riflettuto tante ore per dire: "Dì a Pietro ch'io non sono in casa". Non ti vergogni di elevare, contro Pietro, ministro e apostolo di Cristo, la tua voce debole e inutile quasi che tu possa nasconderti da colui che mi ha ordinato di parlarti di presenza? E questo non per te, ma per coloro che tu seducevi conducendoli alla rovina Sarai dunque maledetto, nemico e corruttore della via della verità di Cristo, il quale punirà con il fuoco eterno le iniquità da te commesse, e tu sarai nelle tenebre esteriori".

[2] Dopo avere detto queste parole, il cane se ne andò seguito dalla folla, mentre Simone fu lasciato solo. Il cane andò da Pietro che stava tra la folla, venuta per vedere la sua faccia, e gli riferì quanto aveva fatto con Simone. All'angelo e apostolo del vero Dio, il cane disse: "Tu, Pietro, avrai un grande combattimento contro Simone, nemico di Cristo e dei suoi servi, ma convertirai alla fede anche molti di coloro che sono stati sedotti da lui. Riceverai perciò da Dio la ricompensa della tua opera".

[3] Dopo aver parlato così, il cane si gettò ai piedi dell'apostolo Pietro e spirò. Alla vista del cane che parlava, la folla fu piena di ammirazione: alcuni si prostrarono ai piedi di Pietro, mentre altri dicevano: "Mostraci ancora un miracolo, e noi crederemo in te come ministro del Dio vivo. Simone ha compiuto davanti a noi molti miracoli, ed è per questo che l'abbiamo seguito".

[13, 1] Pietro, voltatosi, vide che da una finestra pendeva una aringa; la prese e disse al popolo: "Se vedrete questa nuotare immediatamente nell'acqua come un pesce, crederete in colui ch'io predico?". La risposta unanime fu: "Crederemo veramente in te!". C'era lì vicino una piscina natatoria, e Pietro disse: "Nel tuo nome, Gesù Cristo, al quale ancora non si crede, vivi e nuota come un pesce davanti a tutti costoro!". Mise l'aringa nella piscina ed essa rivisse e prese a nuotare. La folla vide che il pesce nuotava; e affinché non si dicesse che si trattava di un fantasma egli lo fece nuotare non solo in quel momento, ma per lungo tempo, tanto che certi popolani gli gettarono del cibo e lo si vedeva tutto intero.

[2] A questa vista, molti lo seguirono, credettero nel Signore e si radunavano giorno e notte in casa del presbitero Narcisso. Pietro parlava loro degli scritti profetici e delle cose che aveva detto e fatto nostro Signore Gesù Cristo.

[14, 1] Ogni giorno Marcello si rafforzava per mezzo dei segni che vedeva operare da Pietro in virtù della grazia concessagli da Gesù Cristo.

Poi Marcello si scagliò contro Simone mentre era a casa sua, seduto al triclinio, e lo maledisse dicendo: "Detestabilissimo e pestilentissimo nemico degli uomini, corruttore dell'anima mia e della mia casa! Tu avresti voluto farmi allontanare dal Signore Cristo, mio Salvatore!". Gli pose le mani addosso e ordinò che fosse espulso da casa sua. Avutone il permesso, i servi lo coprirono di oltraggi, lo schiaffeggiarono, lo bastonarono, lo lapidarono, mentre altri gli versarono sul capo vasi pieni di rifiuti: per causa sua, infatti, erano fuggiti dal loro signore ed erano stati a lungo incatenati; altri servi, invece, contro i quali egli aveva parlato al loro signore, l'insultavano dicendo: "Per volere di Dio, che ha avuto misericordia di noi e del nostro signore, noi oggi ti rendiamo quanto meriti".

[2] Così maltrattato e cacciato di casa, Simone corse alla casa in cui soleva ritornare Pietro, e davanti alla porta del presbitero Narcisso gridava: "Eccomi, sono Simone! Discendi dunque, Pietro, ed io ti dimostrerò che hai creduto in un semplice Ebreo e figlio di artigiano".

[15, 1] Quando a Pietro furono riferite queste parole di Simone, egli gli mandò una donna che stava allattando un bambino dicendole: "Discendi presto, e vedrai uno che mi cerca Tu non dire nulla. Stattene zitta, ed ascolta quanto gli dirà il bambino che tu tieni".

La donna, dunque, discese. Il bambino che allattava aveva sette mesi ma, presa una voce virile, disse a Simone: "Orrore di Dio e degli uomini, sterminatore della verità, pessimo fermento corruttore, sterile frutto della natura! Presto apparirai ben piccolo, mentre poi ti attende una pena eterna! Nato da padre senza pudore, non affondi mai le tue radici nel bene, ma nel veleno, stirpe incredula, sprovvisto di speranza! Allorché il cane ti ha rimproverato tu non hai provato vergogna, ora Dio spinge me a parlare, che sono un bambino, ma tu non arrossisci. Ma, tuo malgrado, sabato prossimo un altro ti condurrà al foro Giulio per provare chi sei tu. Lungi ora da questa porta che ha i segni dei santi! Ormai non corromperai più le anime che rovinavi e rattristavi a proposito di Cristo.

[2] Apparirà la tua pessima natura e le tue macchinazioni saranno rovesciate. Ed ecco la mia ultima parola: Gesù Cristo ti dice: "Costretto dal mio nome, taci! Abbandona Roma fino al sabato prossimo"". E subito restò forzatamente zitto e uscì da Roma fino al sabato, dimorando in una stalla.

La donna ritornò da Pietro con il bambino e riferì a lui e agli altri fratelli ciò che il bambino aveva detto a Simone. Ed essi glorificarono il Signore che aveva manifestato agli uomini tali cose.

[16, 1] Visione di Pietro e sua relazione su Simone. Giunta la notte mentre era ancora ben sveglio, Pietro vide Gesù vestito con un abito splendente che sorridendo gli disse: "Per mezzo mio e per mezzo di colui in virtù del quale hai operato i segni in nome mio, è già ritornata una grande folla di fratelli. Ma sabato prossimo avrai una lotta per la fede, e nel mio nome si convertirà a me, ingiuriato, deriso e coperto di sputi, un numero assai più grande di gentili e di Ebrei. Ti darò il mio aiuto, allorché chiederai segni e prodigi, convertirai molti ma, istigato da suo padre, avrai contro di te Simone. Tuttavia tutto quello che farà si rivelerà incantesimo e inganno magico. Ora darai saldo fondamento a tutti coloro ai quali io ti manderò, non ti arrestare!". Quando si fece luce, riferì ai fratelli che gli era apparso il Signore e quello che gli aveva ordinato.

[17, 1] "Credetemi, uomini miei fratelli, ho scacciato questo Simone dalla Giudea ove, con il suo incantesimo magico, faceva molto male. C'era in Giudea una donna, Eubula, molto onorata in questo mondo, che possedeva oro in abbondanza e pietre preziose di gran valore. Questo Simone, con due suoi simili, si introdusse presso di lei, sebbene in casa nessuno abbia visto questi due uomini, ma soltanto Simone. Con arte magica, restando invisibili, tolsero dalla donna tutto l'oro. Quando Eubula si accorse di questo fatto prese a tormentare la sua servitù, dicendo: "Avete visto che egli veniva da me per onorare una semplice donna, avete preso occasione da quest'uomo divino per derubarmi. Ma il suo nome è il nome del Signore".

[2] Io digiunai tre giorni e pregai affinché si facesse luce su questo fatto. Mi apparvero allora in visione Italico e Antulo, che erano stati da me catechizzati nel nome del Signore, e un bambino nudo incatenato che mi diede del pane di frumento e mi disse: "Aspetta ancora due giorni, Pietro, e vedrai le grandezze di Dio Giacché quanto è scomparso dalla casa di Eubula, l'ha asportato Simone con due altri uomini facendo uso di arti magiche e sortilegi. Dopodomani, all'ora nona, dalla porta che conduce a Neapoli tu li vedrai mentre vendono ad un orefice di nome Agripino un satirisco d'oro, del peso di due libbre, sul quale è pure una pietra preziosa. Non è il caso che tu lo tocchi, per non esserne contaminato; siano invece con te alcuni servi della matrona. Tu indicherai loro la bottega dell'orefice e poi te ne andrai. In seguito a ciò, molti crederanno nel nome del Signore. Apparirà, infatti, pubblicamente quanto quelli hanno rubato con astuzia e malizia".

[3] Ciò udito, mi recai da Eubula che trovai seduta, con l'abito strappato, la capigliatura in disordine e in lacrime. Le dissi: "Eubula, sollevati dalla tua tristezza, rasserena il tuo volto, sistema i tuoi capelli, indossa un abito conveniente, e prega il Signore Gesù Cristo, giudice di ogni anima; egli è il Figlio del Dio invisibile nel quale è necessario che tu sia salvata, purché tu ti penta con tutto il cuore delle colpe passate, riceverai la sua forza. Ecco che, per mezzo mio, il Signore ti dice: Tutto ciò che hai perduto lo troverai! Quando l'avrai avuto, fa' in modo che egli ti trovi affinché tu possa rinunziare al mondo presente e cercare il refrigerio eterno.

[4] Ascolta dunque: qualcuno dei tuoi si apposti presso la porta che dà verso Neapoli; dopodomani, verso l'ora nona, vedranno due giovani con un satirisco d'oro, del peso di due libbre e ornato di pietre preziose, come mi è stato mostrato in una visione e l'offriranno in vendita a un certo Agripino, amico nella pietà e nella fede nel Signore Gesù Cristo, dal quale ti sarà indicato che devi credere nel Dio vivo e non nel mago Simone, instabile demone che volle piombarti nel lutto e fare torturare i tuoi innocenti familiari, che ti ha sedotto con blandi discorsi e parole ingannevoli: egli aveva il timore di Dio solo sulle labbra ed era interamente posseduto dall'empietà.

[5] Quando, infatti, tu pensavi di passare un giorno allegro, quando innalzavi l'idolo e l'ornavi di veli, quanto tu mettevi in pubblico tutti i tuoi ornamenti su di un trepiedi, quello introdusse due giovani, non visti da alcuno di voi, e con l'aiuto delle sue arti magiche, portarono via i tuoi ornamenti senza farsi vedere. Ma le sue macchinazioni non ebbero successo, giacché il mio Dio me le ha fatte conoscere affinché tu non restassi ingannata, non fossi punita nella geenna con le tue opere empie e nemiche del Dio pieno di ogni verità, giudice giusto dei vivi e dei morti al di fuori del quale non c'è speranza di vita, e che ha salvato tutto ciò che tu avevi perduto. Or dunque salva la tua anima!"".

[6] Lei allora si prostrò ai suoi piedi dicendo: "O uomo, io non so chi tu sia! Quanto a lui io l'avevo ricevuto come ministro di Dio, e per mezzo suo ho dato in grande quantità tutto quanto egli mi domandò per il servizio dei poveri; oltre a questo gli ho offerto molte cose ancora. Qual male gli ho fatto perché egli macchinasse tanto contro la casa mia?". Pietro le rispose: "Non bisogna dar credito alle parole, bensì alle opere e ai fatti. Ma ora bisogna portare a termine la nostra impresa".

[7] "La lasciai, dunque, e mi recai da Agripino con due familiari di Eubula e gli dissi: Fa' attenzione a costoro per riconoscerli. Giacché domani verranno da te due giovani per venderti un satirisco d'oro ornato di pietre preziose appartenenti alla loro padrona. Tu lo prenderai per osservare e lodare il lavoro dell'artista; sopraggiungeranno poi questi e Dio porrà in evidenza tutto il resto.

[8] Il giorno appresso, verso l'ora nona, giunsero i familiari della matrona e quei giovani che volevano vendere ad Agripino il satirisco d'oro. Non appena ci si impadronì di costoro, fu avvertita la matrona ed essa tutta sconvolta, andò dal legato e a gran voce gli riferì quanto era accaduto. Il legato Pompeo appena la vide ne fu meravigliato, dato che lei non si era mai fatta vedere in pubblico, s'alzò subito dal tribunale, entrò nel pretorio e ordinò che fossero condotti e interrogati. Ed essi, tra i tormenti, confessarono di avere prestato il loro aiuto a Simone "perché ci dava del denaro". Dopo un più lungo interrogatorio, confessarono che tutto ciò che Eubula aveva perso, e molte altre cose ancora, era stato depositato sotto terra, in una caverna al di là della porta. Udito ciò, Pompeo s'alzò per andare alla porta con i due uomini legati ambedue da catene. Ed ecco che Simone stava entrando per la porta per cercarli, poiché erano in ritardo: vide giungere una folla ed essi legati da catene. Capì subito: si diede alla fuga e a tutt'oggi più non si fece vedere nella Giudea.

[9] Dopo che Eubula riebbe tutte le cose sue, le offrì per il servizio dei poveri: credette nel Signore Gesù Cristo, riprese coraggio e, disprezzando questo mondo e rinunziandovi, le distribuiva alle vedove e agli orfani, e rivestiva i poveri. Dopo un lungo tempo si addormentò Ecco, fratelli carissimi, quanto avvenne in Giudea e il motivo per cui fu scacciato da quel paese colui che è chiamato l'angelo di Satana.

[18, 1] Carissimi e amatissimi fratelli, digiuniamo insieme e preghiamo il Signore che lo ha scacciato di là e ha il potere di estirparlo anche di qui. Dia a noi la forza di resistere contro di lui e contro le sue arti magiche, e di provare che è un angelo di Satana. Sabato prossimo nostro Signore lo condurrà, suo malgrado, al foro Giulio. Pieghiamo, dunque, le ginocchia ed egli ci esaudirà anche se non gridiamo; c'è chi ci vede, anche se non si può vedere con questi occhi: egli è in noi! Se noi lo vogliamo, egli non si allontanerà da noi! Purghiamo dunque le nostre anime da ogni malvagia inclinazione, e Dio non si allontanerà da noi. Anche se faremo soltanto un cenno con gli occhi, egli è con noi!".

[19, 1] Quando Pietro terminò di dire queste cose, sopraggiunse Marcello e gli disse: "Per te, Pietro, ho purificato tutta la mia casa, ho eliminato ogni traccia di Simone, anche la perfida polvere dei suoi piedi. Ho preso dell'acqua e, dopo avere invocato il nome del Signore, con tutti gli altri suoi servi che gli appartengono, ho asperso tutta la casa, tutti i triclini, tutti i portici ed anche fuori della porta, dicendo: "Signore Gesù Cristo, so che tu sei puro ed esente da ogni macchia, sia scacciato dal tuo cospetto il mio avversario". Ed ora, beatissimo, ho dato ordine che nella mia casa purificata vengano a te le vedove e le persone anziane affinché preghino per noi.

[2] Ed acciocché si possano veramente chiamare servi di Cristo, ognuno riceverà un pezzo d'oro in segno della sua qualità di ministro. Tutto il resto è pronto per il ministero. Ti prego dunque, beatissimo Pietro, di porre il tuo sigillo alle loro suppliche, affinché tu pure onori le loro preghiere per me. Orsù, prendiamo anche Narcisso e tutti i fratelli che sono qui".

Pietro accondiscese alla sua semplicità e, per realizzare il suo desiderio, se ne partì con lui e con gli altri fratelli.

[20, 1] Quando Pietro entrò vide che tra le vedove anziane ce n'era una cieca alla quale la figlia dava la mano guidandola in casa di Marcello. Pietro le disse: "Avvicinati, madre! Da oggi, Gesù ti dà la sua mano destra! Per mezzo suo abbiamo la luce inaccessibile che non può essere sovrastata dalla tenebre. Per mezzo mio, egli ti dice: "Apri gli occhi, vedi, e cammina da sola!"". Subito, la vedova vide Pietro che le imponeva le mani.

Entrato nel triclinio, Pietro vide che si leggeva il vangelo, ed arrotolandolo disse: "Uomini che credete e operate in Cristo, imparate come deve essere annunziata la Scrittura di nostro Signore, ciò che per grazia sua abbiamo scritto, così come l'abbiamo compreso; sebbene ciò a voi appaia ancora debole, l'abbiamo scritto secondo le nostre forze, in base alla capacità dell'umana debolezza.

[2] Anzitutto dobbiamo conoscere la volontà di Dio, cioè la sua bontà. Una volta, infatti, si diffuse l'errore e molte migliaia di uomini venivano immersi nella perdizione. Allora, spinto dalla sua misericordia, il Signore si mostrò in un'altra forma ed apparve sotto l'immagine di un uomo, che né gli Ebrei né noi possiamo degnamente illustrare. Giacché ognuno di noi vedeva come poteva, secondo quanto era capace di vedere. Ora io vi esporrò quanto avete letto.

[3] Nostro Signore volle ch'io vedessi la sua maestà sul monte santo e, alla vista dello splendore della sua luce, con i figli di Zebedeo, chiusi gli occhi e caddi come morto: udii la sua voce che non posso descrivere e, a causa del suo splendore, pensai d'essere cieco. Poi, ripreso coraggio, pensai: forse il mio Signore volle condurmi qui per accecarmi; ed ancora: se questa, Signore, è la tua volontà, io non contraddico! Ma egli mi porse la mano e mi rialzò, e quando fui in piedi lo vidi nuovamente come poteva reggerlo il mio sguardo.

[4] E così, fratelli dilettissimi, il Dio misericordioso ha portato le nostre debolezze ed ha preso su di sé le nostre colpe, come dice il profeta: "Egli porta i nostri peccati e soffre per noi; pensavamo ch'egli fosse nel dolore e coperto di piaghe". Poiché egli "è nel Padre e il Padre in lui", egli è pure la pienezza di ogni maestà e ci ha manifestato tutte le sue bontà.

 

Egli pur non avendo né fame né sete,

per noi ha mangiato e bevuto;

ha sopportato e sofferto per noi gli improperi,

per causa nostra morì e risorse;

egli, con la sua grandezza, sopportò e difese un peccatore,

consolerà anche voi affinché amiate

costui che è grande e piccolissimo,

bello e brutto, giovane e vecchio,

visibile nel tempo e totalmente invisibile nell'eternità,

non è trattenuto da mano umana,

ma è tenuto dai suoi servitori;

[5] la carne non lo vide, ma lo vede ora,

è la parola udita e ora conosciuta;

non può soffrire, ma ora conosce la sofferenza,

non fu mai punito, ma ora è punito;

egli esiste prima di tutti i secoli

ed ora è stato compreso nel tempo;

è la grande origine di ogni principio

ed è stato consegnato ai prìncipi;

egli è bello, ma in mezzo a noi

apparve umile e brutto;

fu visto da tutti, ma prevede tutto:

questo, fratelli, è il Gesù che voi avete!

Egli è porta, luce, via,

pane, acqua, vita, risurrezione,

conforto, pietra preziosa, tesoro, seme,

abbondanza, grano di senape, vigna, aratro,

grazia, fede, parola.

Egli è tutto, non c'è alcuno più grande di lui.

A lui lode in tutti i secoli dei secoli.

Amen".

 

[21, 1] Quando giunse l'ora nona, si alzarono per pregare. Ma ecco che delle vedove anziane, cieche e non credenti, che all'insaputa di Pietro erano sedute là alzarono la voce verso Pietro, dicendo: "Noi sediamo qui tutte insieme sperando e credendo in Cristo Gesù. Come tu, dunque, hai restituito la vista a una di noi, ti preghiamo, signore Pietro, di rendere anche noi partecipi della tua misericordia e del di lui amore". Pietro rispose loro: "Se è in voi la fede in Cristo, e se essa è solida, voi scorgete con il sentimento quanto non vedete con gli occhi; le vostre orecchie possono ben essere chiuse, ma saranno intimamente aperte nell'animo vostro. Questi occhi si schiuderanno nuovamente, non vedendo che uomini, buoi, muti animali, pietre e legno; ma non tutti gli occhi scorgono Gesù Cristo. Ma ora, Signore, il tuo dolce e santo nome soccorra costoro: tocca i loro occhi. Tu, infatti, puoi far sì che esse vedano con i loro occhi".

[2] Dopo che tutti pregarono, il triclinio nel quale erano risplendette con il bagliore del fulmine che squarcia le nubi. Ma non era una luce come quella del giorno: era una luce ineffabile, invisibile, impossibile a descrivere da qualsiasi uomo; questa luce ci illuminò, gridando verso il Signore: "Abbi pietà di noi tuoi servi, Signore! Accordaci, Signore, quanto possiamo sopportare: noi, infatti, non possiamo né sopportare né vedere questo!".

[3] Noi eravamo là a terra; solo quelle vedove cieche se ne stavano in piedi: la luce splendente che ci era apparsa, entrò nei loro occhi e le fece vedere. Pietro disse loro: "Riferite quanto avete visto". Esse dissero: "Noi abbiamo visto un vecchio dall'aspetto che noi non possiamo descrivere". Altre dissero: "Era un adolescente"; altre: "Abbiamo visto un fanciullo toccarci delicatamente gli occhi; e così i nostri occhi si sono aperti".

[4] Pietro allora, glorificando il Signore, disse: "Tu sei il solo Signore Dio! Quante labbra bisognerebbe avere per lodarti e per poterti ringraziare come merita la tua misericordia! Fratelli, come vi ho riferito poco fa, Dio è più complesso dei vostri pensieri: ciò appare manifesto da queste vedove anziane che hanno visto il Signore sotto forme diverse".

[22, 1] Dopo averli esortati tutti affinché mettessero tutto il loro cuore per comprendere il Signore, con Marcello e altri fratelli prese a servire le vergini del Signore e poi si riposò fino al mattino. Marcello disse alle vergini: "Ascoltate, sante e inviolate vergini del Signore! Avete un luogo ove restare, poiché i cosiddetti miei beni non appartengono forse a voi? Dunque, non allontanatevi di qui e rifocillatevi: sabato prossimo, cioè domani, Simone lotterà con Pietro, il santo di Dio. Come il Signore fu sempre con lui, anche ora sia al suo fianco Cristo Signore di cui è apostolo. Pietro, infatti, ha seguitato a non assaggiare nulla e a digiunare ancora un giorno per vincere il pessimo nemico e persecutore della verità del Signore. Ecco che sono giunti i miei giovani ad annunziarmi di aver visto nel foro dei palchi e di avere udito dire dalla folla: "Domani, alla prima luce del giorno, due Ebrei discuteranno qui sulla denominazione di Dio". Vegliamo dunque fino a domani mattina supplicando il Signore nostro Gesù Cristo e domandiamogli di ascoltare le nostre preghiere in favore di Pietro".

[2] Dopo essersi brevemente riposato, Marcello si svegliò e disse a Pietro: "Pietro, apostolo di Cristo, affrontiamo con coraggio il nostro proposito. Addormentatomi per qualche istante, io infatti ti ho visto seduto su di un luogo molto alto, di fronte a una numerosa folla, ed avevi davanti una odiosissima donna dall'aspetto di Etiope, non di una Egiziana, essendo tutta nera e coperta di sordidi panni; essa danzava con attorno al collo una collana di ferro, e mani e piedi stretti da una catena. A questa vista tu mi dicevi: "Marcello, questa donna che balla è tutta la forza di Simone e del suo dio: troncale la testa!". Ed io rispondevo: "Fratello Pietro, sono senatore di nobile famiglia e mai ho macchiato le mie mani, non ho mai ucciso, neppure un passerotto!". A queste parole tu hai preso a gridare ancora di più: "Vieni, vera nostra spada, Gesù Cristo, e non troncare soltanto la testa di questo demone, ma fa' a pezzi anche tutte le sue membra, davanti a tutti questi ch'io ho sperimentato fare parte della tua milizia".

[3] E subito, un uomo che rassomigliava a te, Pietro, ed aveva una spada, la fece tutta a pezzi; io guardai con grande ammirazione voi due, tu e quello che fece a pezzi questo demone, ed eravate molto simili. Al mio risveglio, ti ho narrato questi segni di Cristo".

All'udire quanto aveva visto Marcello, Pietro prese ancora più coraggio, giacché il Signore provvede sempre ai suoi. Pieno, dunque, di gioia e incoraggiato da queste parole, si alzò per andare al foro.

[23, 1] Incontro e lotta tra Pietro e Simone. I fratelli e tutti quelli che si trovavano a Roma s'erano adunati comprandosi ognuno il suo posto con una moneta d'oro. Andarono anche senatori, prefetti e funzionari. Pietro, appena giunse, stette dritto, in mezzo agli altri, mentre tutti gridarono: "Pietro, facci vedere chi è il tuo Dio, o quale sia la maestà che ti ha dato la sua fiducia. Non essere sfavorevole ai Romani: essi amano gli dèi. Abbiamo avuto i saggi di Simone, vogliamo avere anche i tuoi: dimostrateci tutti e due a chi dobbiamo prestare fede".

[2] Mentre così parlavano, sopraggiunse anche Simone. Sconvolto, si pose al fianco di Pietro osservandolo attentamente. Dopo un lungo silenzio, Pietro disse: "Uomini romani, siate voi i nostri veri giudici! Asserisco, infatti, di aver creduto nel Dio vivo e vero, e vi prometto di fornirvene le prove, a me ben note, come molti di voi possono testimoniare.

Ed invero, quest'uomo che vedete tace il fatto che fu da me ripreso e scacciato via dalla Giudea a causa delle frodi compiute verso Eubula, donna onorata e semplice, servendosi di arti magiche.

[3] Scacciato da me di là, venne qui, pensando di potersi nascondere in mezzo a voi; ma ecco che è qui presso di me. Parla, Simone: vedendo le guarigioni compiute per mezzo nostro, a Gerusalemme non ti sei forse gettato ai miei piedi e a quelli di Paolo? Non hai detto: "Prendete da me tutto il denaro che volete, ve ne supplico, purché io possa operare tali prodigi con l'imposizione delle mani"? A queste parole ti abbiamo maledetto: "Credi tu di tentarci con il desiderio del denaro?". Ed ora tu non hai paura di nulla? Il mio nome è Pietro perché Cristo Signore si è degnato di chiamarmi "pronto ad ogni cosa". Io credo, infatti, nel Dio vivo in virtù del quale demolirò le tue magie.

[4] Ed ora quest'uomo compia in vostra presenza le mirabilia che faceva. Non volete credere a ciò ch'io vi ho detto?".

Simone disse: "Hai il coraggio di parlare di Gesù Nazareno, figlio di un artigiano ed egli stesso artigiano, di una stirpe che tuttora abita in Giudea? Ascolta, Pietro: i Romani hanno del buon senso, non sono gente vuota"; e rivoltosi al popolo, proseguì: "Uomini romani, forse che un dio può nascere ed essere crocifisso? Colui che ha un signore non è Dio". Mentre così parlava, molti dicevano: "Tu parli bene, Simone".

[24, 1] Ma Pietro disse: "Anatema alle tue parole su Cristo! Hai avuto il coraggio di parlare così, nonostante che il profeta affermi: "Chi potrà narrare la sua generazione?". Ed un altro profeta dice: "L'abbiamo visto, ma non aveva né forma né bellezza"; e: "Negli ultimi tempi, nasce un bambino dallo Spirito santo: sua madre non conosce uomo, e nessuno afferma di essere suo padre". Ed ancora: "Essa ha generato e non ha generato"; ed ancora: "Poca cosa è per voi stancare la pazienza degli uomini? Volete stancare anche la pazienza del Signore? Per questo lo stesso Signore vi darà un segno: ecco che una vergine concepirà". Per onorare il Padre, un altro profeta dice: "Non abbiamo udito la sua voce e non è intervenuta alcuna ostetrica". Un altro profeta dice: "Non è nato dalla vulva di una donna, ma disceso da un luogo celeste"; ed ancora: "La pietra s'è staccata senza l'intervento delle mani ed ha spezzato tutti i regni"; ed ancora: "La pietra, rifiutata dai costruttori, è diventata la pietra d'angolo", e afferma che questa pietra è "scelta e preziosa". Il profeta dice ancora: "Ecco che al di sopra della nube ho visto venire come un figlio d'uomo".

[2] Ma perché proseguire? Se voi, uomini romani, conosceste le scritture profetiche, vi esporrei ogni cosa; secondo esse è infatti necessario che del regno di Dio si parli e giunga a compimento in modo misterioso. Ma questo vi apparirà più tardi.

Ed ora a te, Simone! Fa' qualcuna di quelle azioni per mezzo delle quali seducevi costoro, e in virtù del mio Signore Gesù Cristo, io la distruggerò". Preso coraggio, Simone disse: "Se il prefetto lo permette!".

[25, 1] Per non sembrare di fare qualcosa di ingiusto, il prefetto volle mostrare la sua pazienza a tutti e due. Il prefetto fece dunque avanzare uno dei suoi servi e disse a Simone: "Prendi costui e fallo morire" A Pietro disse: "E tu risuscitalo". Ed al popolo disse: "Ora spetta a voi giudicare chi di loro è accetto a Dio; se chi uccide o chi vivifica". Simone parlò subito all'orecchio del servo e, senza un grido, lo ammutolì e lo fece morire.

[2] Tra la folla si elevò un mormorio, e una delle vedove che era assistita dalla casa di Marcello, da dietro alla moltitudine, ove si trovava, gridò: "Pietro, servo di Dio, l'unico figlio che avevo è morto!". La folla le fece largo, e così fu condotta da Pietro. Lei si prostrò ai suoi piedi, dicendo. "Avevo un unico figlio: lui mi nutriva, lui mi sollevava, lui mi sosteneva. Adesso che è morto, chi mi stenderà la mano?". Pietro le rispose: "Va' con questi testimoni e porta tuo figlio affinché costoro che vedono possano credere che risorse per opera di Dio".

All'udire questo lei cadde a terra.

[3] Pietro disse allora ai giovani: "Qui c'è bisogno di giovani, oltre a quelli che vogliono credere". Subito si alzarono trenta giovani pronti tanto a trasportare lei quanto a portare suo figlio morto.

Appena quella vedova ritornò in se stessa, i giovani la sostennero, ma lei strappandosi i capelli e lacerandosi il viso, esclamava: "Ecco, figlio, che il servo di Cristo li ha mandati da te".

I giovani che erano andati, osservarono le narici del fanciullo per vedere se era veramente morto. Constatato che era proprio morto, consolavano la madre dicendo: "Se credi veramente al Dio di Pietro, noi prenderemo tuo figlio, lo porteremo a Pietro affinché lo risusciti, e te lo restituisca".

[26, 1] Mentre i giovani parlavano così, al foro il prefetto si rivolse a Pietro e gli disse: "Che ne dici, Pietro? Ecco che il servo giace là, morto; l'imperatore gli voleva bene, e tuttavia non l'ho risparmiato. Certo, io avevo anche molti altri servi, ma ho fiducia in te e nel tuo Signore che predichi e volli provare se voi siete proprio sicuri e veridici". Pietro gli disse: "Dio non si deve tentare né sottovalutare! Ma, amato e invocato, questo Dio esaudisce coloro che ne sono degni. E poiché ora, qui tra voi, è tentato il Dio e Signore mio Gesù Cristo, nonostante i molti segni e prodigi da me compiuti per la conversione dei vostri peccatori, tu Signore, invocato per mezzo della mia voce, con la tua forza risuscita al cospetto di tutti colui che Simone uccise toccandolo".

Rivolto al padrone del servo, Pietro disse: "Va' prendigli la destra e lo riavrai vivo che cammina con te". Il prefetto Agrippa andò di corsa dal servo, gli prese la mano e lo risuscitò. A questa vista, la folla gridò: "Non c'è che un solo Dio, il Dio di Pietro!".

[27, 1] Mentre si faceva largo ai giovani che portavano su di una barella il figlio della vedova davanti a Pietro, alzando gli occhi al cielo e stendendo le mani Pietro disse: "Padre santo del figlio tuo Gesù Cristo, che ci hai concesso la tua potenza affinché per mezzo tuo possiamo chiedere ed ottenere, possiamo disprezzare tutte le cose che sono nel mondo e seguire te solo, che sei visto da pochi uomini, ma vuoi essere conosciuto da molti: manda i tuoi raggi, Signore, illumina e mostrati, risuscita il figlio di questa anziana vedova che senza suo figlio non può sostentarsi. Ed io servendomi della voce di Cristo, mio Signore, ti dico: giovanotto, alzati e cammina con tua madre fino a quando le sei utile!

[2] Dopo sarai al mio servizio, con un compito più importante, nelle funzioni di diacono e di vescovo". E subito il morto si alzò. La folla presente rimase stupita e il popolo gridava: "Tu, Dio di Pietro, sei il Dio salvatore, tu sei il Dio invisibile e salvatore!". E parlavano tra di loro pieni di ammirazione per la parola di un uomo che invoca la potenza del suo Signore; e ne furono santificati.

[28, 1] La fama si diffuse per tutta la città. Fu così che venne la madre di un senatore, scivolò in mezzo alla folla e cadde ai piedi di Pietro dicendo: "Ho saputo dai miei che tu sei il ministro di un Dio misericordioso, che partecipa la sua grazia a quanti desiderano questa luce. Partecipa, dunque, questa luce anche a mio figlio: so, infatti, che tu non sei geloso di alcuno; non disdegnare la supplica di una matrona!".

[2] Pietro le rispose: "Credi tu nel mio Dio, per opera del quale sarà risuscitato tuo figlio?". La madre, piangendo, disse a gran voce: "Credo, Pietro. Credo!". Tutto il popolo gridava: "Rendi il figlio a sua madre!". Pietro ordinò: "Sia portato qui davanti a tutti costoro". E rivolgendosi al popolo, Pietro disse: "Uomini romani, io sono uno di voi, sono di carne umana e sono peccatore, ma ho ottenuto misericordia. Non guardatemi, dunque, come se compissi queste cose con il mio potere; si tratta di opere del mio Signore Gesù Cristo, giudice dei vivi e dei morti. Credendo in lui ed essendo io inviato da lui, ho fiducia che invocandolo, egli risusciti i morti. Va', dunque, donna, e fa' in modo che tuo figlio sia portato qui e risusciti".

[3] La donna scivolò nuovamente in mezzo alla folla, corse con grande gioia sulla via pubblica e, con animo credente, giunse a casa; dai suoi servi lo fece prendere e portare al foro. Disse ai servi di mettersi il pileo sulla testa e di camminare davanti alla barella portando davanti a questa barella tutto ciò che ella doveva consacrare al cadavere di suo figlio, affinché Pietro, a questa vista, avesse pietà del cadavere e di lei; e, tutti in lacrime, giunsero davanti alla folla, seguiti da una moltitudine di senatori e di matrone che voleva vedere le meraviglie di Dio.

[4] Il morto, Nicostrato, era molto nobile e molto amato dal senato. Lo posero davanti a Pietro. Chiesto il silenzio, Pietro disse a grandissima voce: "Uomini romani, vi sia ora giudizio giusto tra me e Simone: giudicate voi chi di noi due crede nel Dio vivo, se lui o io. Se egli risuscita il corpo portato qui, credete in lui come all'angelo di Dio, ma se egli non può, io invocherò il mio Dio e renderò alla madre il figlio vivo; allora ammetterete che questo vostro ospite è un mago e seduttore".

Udite queste parole, tutti i presenti ritennero giusto quanto aveva detto Pietro, ed invitavano Simone, dicendo: "Se in te c'è qualcosa mostralo ora pubblicamente. Convinci, o tu sarai convinto. Perché resti immobile? Su, incomincia!".

[5] Vedendo che tutti lo sollecitavano, Simone se ne stava immobile e silenzioso. Quando vide che il popolo taceva e lo guardava, Simone esclamò: "Uomini romani, se vedrete che il morto risorge, scaccerete Pietro dall'Urbe?". Tutto il popolo rispose: "Non solo lo scacceremo, ma lo bruceremo tra le fiamme". Simone allora si avvicinò al corpo del morto, si chinò tre volte e tre volte s'alzò mostrando al popolo che alzava la testa e l'agitava, apriva gli occhi e si inchinava verso Simone.

[6] Subito essi si misero a cercare legna e fascine per bruciare Pietro tra le fiamme. Ma Pietro, avendo ricevuto la forza di Cristo, alzò la voce e disse a coloro che gridavano contro di lui: "Popolo di Roma, ora vedo che fino a quando i vostri occhi, le vostre orecchie e il vostro cuore sono ciechi, non mi è lecito chiamarvi fatui e vuoti. Ma fino a quando i vostri sensi saranno ottenebrati? Non vi accorgete di essere stregati al punto da considerare risorto un morto che non s'è alzato? Uomini romani! Io potrei accontentarmi di tacere e di morire in silenzio, lasciandovi alle menzogne di questo mondo. Ma ho davanti agli occhi la pena di un fuoco inestinguibile. Se dunque vi pare giusto, il morto parli e si alzi; se vede, sciolga con le sue mani le bende che legano il suo mento; chiami sua madre, e dica a voi che gridate: "Perché gridate?". Vi faccia un cenno con la mano! Volete vedere, invece, che è morto e voi vi siete ingannati? Si scosti dalla barella quest'uomo che vi ha indotti ad allontanarvi da Cristo, e vedrete che questo morto è esattamente tale e quale l'avete visto quando lo portarono".

[7] Il prefetto Agrippa non tollerando più oltre, s'alzò e di sua mano respinse Simone: il morto giaceva così come era prima. Disilluso ormai dalla magia di Simone, il popolo infuriato, prese a gridare: "Ascolta, Cesare! Se il morto non risuscita, Simone sia bruciato in luogo di Pietro, giacché egli ci ha veramente accecato".

Ma Pietro stendendo la mano, disse: "Uomini romani, abbiate pazienza! Io non vi dico che dopo la risurrezione del giovane, Simone deve essere bruciato: so che s'io ve lo dicessi, voi lo fareste". Il popolo gridò: "Lo faremo anche se tu non lo vuoi". Pietro rispose: "Se seguitate così, il giovane non si alzerà. Non abbiamo, infatti, imparato a rendere male per male; ci hanno, invece, insegnato ad amare i nostri nemici e a pregare per i nostri persecutori. Se costui si può pentire, è meglio. Dio non ricorderà più il male. Venga, dunque, nella luce di Cristo. Ma se non può, sia partecipe della sorte di suo padre, il diavolo. Ma le vostre mani non si contaminino!".

[8] Ciò detto si avvicinò al giovane e prima di risuscitarlo, disse a sua madre: "Questi servi, che tu hai affrancato in onore di tuo figlio, divenuti liberi possono prestare ancora obbedienza al loro padrone vivo? So che il cuore di molti resterebbe ferito al vedere tuo figlio risuscitato, qualora essi dovessero divenire nuovamente schiavi. Restino piuttosto liberi, ricevano i mezzi per vivere come li ricevevano prima e seguitino ad abitare con lui: tuo figlio, infatti, risorgerà".

Pietro seguitava ad osservare che cosa lei ne pensasse. Ma la madre del giovane rispose: "Che altro posso fare? Davanti al prefetto io assicuro che tutto ciò ch'io volevo consacrare alla sepoltura di mio figlio sarà dato a loro". Pietro le disse: "Tutto il resto sarà distribuito alle vedove". E con il cuore pieno di gioia, Pietro proseguì in spirito: "Signore misericordioso, Gesù Cristo, appari al tuo Pietro che ti invoca, tu che sempre gli hai dimostrato misericordia e bontà. Risusciti ora Nicostrato in presenza di tutti costoro, che hanno ottenuto la libertà, affinché possano servire".

[9] Toccando il fianco del giovane, Pietro gli disse: "Alzati!". Il giovane si alzò, prese i suoi abiti, discese dalla barella e disse a Pietro: "Uomo, andiamo, te ne supplico, verso nostro Signore Gesù Cristo che ho visto parlare con te e dirti, indicando me: "Conducilo a me perché è mio"".

Udendo dal giovane queste cose, con l'aiuto del Signore, Pietro prese ancora più coraggio e disse al popolo: "Uomini romani, è così che risuscitano i morti, è così che parlano, è così che, ritornati in vita, camminano e vivono fino a quando Dio vuole. Or dunque, voi che siete venuti a questo spettacolo, convertitevi dalle vostre colpe, da tutti i vostri dèi fabbricati, da ogni impurità e concupiscenza: avrete così la comunione con Cristo per mezzo della fede e conseguirete la vita eterna".

[29, 1] Da quel momento volevano adorarlo come un dio gettandosi ai suoi piedi domandando la guarigione dei malati che avevano in famiglia. Ma il prefetto vedendo attorno a Pietro una così grande moltitudine, fece cenno a Pietro di andarsene. Pietro diceva al popolo di andare nella casa di Marcello, ma la madre del giovane supplicava Pietro di mettere piede a casa sua. Ma Pietro aveva deciso di andare a passare il giorno del Signore presso Marcello per vedere le vedove che Marcello aveva promesso di servire di sua propria mano.

[2] Il giovane risorto diceva perciò: "Io non mi allontano più da Pietro!". Mentre la madre allegra e piena di gioia se ne andò a casa sua; e il giorno dopo il sabato, giunse in casa di Marcello portando a Pietro due mila pezzi d'oro e gli disse: "Dividi questo tra le vergini che sono al servizio di Cristo". Il giovane risuscitato dai morti, constatando che non aveva dato nulla ad alcuno, andò a casa, aprì lo scrigno e offrì quattro mila pezzi d'oro, dicendo a Pietro: "Io che sono stato risuscitato dai morti compio una duplice offerta e, da oggi, offro me stesso a Dio quale vittima parlante".

[30 (1), 1] Pietro e una peccatrice pubblica. Una domenica, Pietro parlava ai fratelli e li esortava alla fede in Cristo: erano presenti molti senatori, molti cavalieri, donne ricche e matrone che venivano rafforzati nella fede.

C'era pure una donna molto ricca di nome Crise, perché tutte le sue stoviglie erano d'oro: fin dalla nascita non si era mai servita di stoviglie d'argento e di vetro, ma soltanto d'oro; costei disse a Pietro: "Pietro, servo di Dio, il Dio del quale tu parli mi apparve in sogno e mi disse: "Crise, porta al mio ministro Pietro diecimila pezzi d'oro; tu, infatti glieli devi!". Temendo di dovere andare incontro a qualche male da parte di colui che ho visto e che poi se n'è ritornato in cielo, io, dunque, li ho portati". Ciò detto, posò il denaro e se ne andò. Alla vista di questo, Pietro lodò il Signore, giacché i bisognosi venivano così sollevati.

[2] Alcuni dei presenti gli dissero: "Non hai tu fatto male a ricevere questo denaro da quella donna? In tutta Roma si parla male di lei a causa della sua prostituzione e a causa del fatto che lei non resta unita ad un solo uomo: si accosta persino ai suoi schiavi. Non essere partecipe della mensa di Crise, ma le sia restituito quanto è suo". Udite queste parole, Pietro sorrise e disse ai fratelli: "Chi sia questa donna nel resto della sua vita, io non lo so. Se ho ricevuto questo denaro, non è senza motivo che l'ho fatto: lei, infatti, l'offrì come debitrice di Cristo e lo dà ai servi di Cristo, avendo egli stesso provveduto ai suoi".

[31 (2), 1] Guarigioni di San Pietro e ripresa dell'attività di Simone. Di sabato gli portavano anche i malati chiedendogli che fossero liberati delle loro malattie: molti paralitici erano guariti: i gottosi, gli affetti da febbre terzana e quartana e quanti credevano nel nome di Gesù Cristo erano guariti da ogni corporale infermità; ed ogni giorno, un grande numero veniva conquistato dalla grazia del Signore.

[2] Ma dopo l'intervallo di pochi giorni, Simone mago promise alla folla che avrebbe convinto Pietro che la sua fede non era fondata sul Dio vero, ma su di un dio falso. Egli compiva molte stregonerie, ma i discepoli già rafforzati si burlavano di lui.

Nei triclini, infatti, faceva comparire degli spiriti che non erano reali, ma soltanto apparenti. Che dire di più? Rendeva la salute agli zoppi e ai ciechi, ma per breve tempo; ed una volta fece vedere molti morti che erano diventati vivi e si muovevano, come aveva fatto con Nicostrato.

[3] Ma Pietro lo seguiva e lo confutava davanti a spettatori. Siccome non faceva una bella figura, era deriso dal popolo di Roma e suscitava la diffidenza non realizzando quanto prometteva, egli disse loro: "Uomini romani, sembra che voi attribuiate a Pietro una superiorità su di me, quasi che sia potente, e gli prestate maggiore attenzione. Voi vi ingannate. Domani vi abbandonerò, uomini atei ed empi, e volerò verso Dio del quale sono la forza, sebbene sia diventato debole. Mentre voi siete caduti, io sto dritto e ritorno verso mio padre e gli dirò: "Hanno tentato di fare cadere anche me, tuo figlio che stavo dritto, ma non mi sono lasciato travolgere da loro, e sono ritornato in me stesso"".

[32 (3), 1] Simone vola verso il cielo. Il giorno dopo, una grande folla si riunì alla via Sacra per vederlo volare; ed anche Pietro, al quale era apparsa una visione, andò in quel luogo per confutarlo. Quando era venuto a Roma egli aveva sedotto la folla volando; Pietro, che doveva confutarlo, allora non abitava ancora a Roma da lui ingannata con le sue illusioni fino al punto da traviare alcuni.

In piedi su di un luogo elevato, guardando Pietro, Simone prese a dire: "Proprio in questo momento in cui mi sollevo davanti a tutta questa gente che guarda, ti dico: "Se il tuo Dio messo a morte dagli Ebrei i quali lapidarono voi, suoi eletti, ne ha la potenza, dimostri che la fede in lui è la fede in Dio; se questa fede è degna di Dio, lo faccia vedere ora. Innalzandomi, io dimostrerò, infatti, a tutta questa gente chi sono"".

Ed ecco che, alla presenza di tutti, si innalzava in aria al di sopra di tutta Roma, dei suoi templi e dei suoi colli, mentre i fedeli osservavano Pietro.

[2] Vedendo questo straordinario spettacolo, Pietro gridò al Signore Gesù Cristo: "Se tu permetterai che quest'uomo porti a compimento quanto ha iniziato, tutti coloro che hanno creduto in te ne resteranno scandalizzati e più non si crederà ai segni e prodigi che tu, per mezzo mio, hai loro concesso. Manda presto, Signore, la tua grazia: quest'uomo cada dall'aria e, pur senza morire, resti indebolito e annichilito spezzandosi una gamba in tre posti". E cadde dall'aria spezzandosi una gamba in tre punti. Allora gli tirarono addosso delle pietre e ciascuno se ne ritornò a casa sua; e tutti ormai credettero in Dio.

[3] Uno degli amici di Simone, il cui nome era Gemello, che aveva una moglie greca e dal quale Simone aveva ricevuto molto, sopraggiunse poco dopo da un viaggio e, vedendolo con una gamba spezzata, gli disse: "Simone, se la forza di Dio è spezzata, lo stesso Dio del quale tu sei la forza non sarà forse un'illusione?".

Ed anche Gemello corse al seguito di Pietro, dicendogli: "Anch'io ti supplico di essere tra coloro che credono in Cristo". Pietro rispose: "E chi sarà contrario, fratello mio? Vieni e prendi posto tra noi".

[4] Simone, nella sua sciagura, trovò uomini che lo portarono, su di una lettiga, da Roma ad Ariccia, ove soggiornò e donde fu poi condotto a Terracina presso un certo Castore, che era stato bandito da Roma sotto accusa di magia: qui fu amputato, e qui trovò la sua fine Simone, angelo del diavolo.

 

2. MARTIRIO DI PIETRO  

[33 (4), 1] San Pietro predica la castità. A Roma, Pietro godeva nel Signore, con i fratelli, e ringraziava giorno e notte per la moltitudine che ogni giorno era condotta al nome sacro dalla grazia del Signore.

Anche le concubine del prefetto Agrippa andarono da Pietro. Erano quattro: Agrippina, Nicaria, Eufemia e Doris. Udita la predicazione della castità e tutte le parole del Signore, ne restarono colpite e deliberarono di rimanere pure dal letto di Agrippa; ma questi le molestava. Siccome le amava molto, Agrippa ne fu imbarazzato e preoccupato; perciò le fece sorvegliare per vedere dove andavano, e seppe così che andavano da Pietro. Quando ritornarono disse loro: "Questo cristiano vi insegna a non avere più nulla in comune con me: sappiate ch'io farò perire voi e brucerò lui vivo".

[2] Esse allora accettarono di sopportare tutti i mali da parte di Agrippa, pur di non essere più soggette ai suoi desideri: erano, infatti, forti della forza di Gesù.

[34 (5), 1] Una donna di nome Santippe, di grande bellezza, moglie di Albino, amico di Cesare, andò da Pietro insieme ad altre matrone e si tenne poi lontana da Albino. Costui, folle d'amore per Santippe, vedendo che lei più non condivideva il suo letto, andò sulle furie come una belva e voleva uccidere Pietro di proprio pugno: si era, infatti, reso conto che la causa di questa separazione era lui.

Anche molte altre donne, colpite dalla predicazione sulla castità, si separavano dai loro mariti Così pure degli uomini si tenevano lontani dalle loro mogli, volendo servire Dio nella santità e nella castità.

[2] Fu così che a Roma si scatenò un grande tumulto. Albino manifestò ad Agrippa quanto lo riguardava, dicendogli: "O tu mi vendichi di questo Pietro che mi ha separato da mia moglie, oppure io stesso mi vendicherò". Agrippa narrò come anch'egli aveva subito la stessa sorte, avendolo Pietro separato dalle sue concubine. Albino allora gli disse: "E che aspetti, allora? Cerchiamo di uccidere questo stregone per riavere le nostre donne e per vendicare quei mariti che non possono ucciderlo, pur essendo stati da lui separati dalle loro donne".

[35 (6), 1] Fuga di Pietro, suo ritorno e crocifissione. Mentre complottavano così, Santippe venne a conoscere l'incontro di suo marito con Agrippa e mandò qualcuno a comunicarlo a Pietro affinché si allontanasse da Roma. Ed anche gli altri fratelli, compreso Marcello, l'esortavano ad andarsene. Ma Pietro diceva loro: "Dobbiamo dunque fuggire, fratelli?". Ma essi gli risposero: "No! Tu però puoi servire ancora il Signore". E, obbedendo ai fratelli partì da solo, dicendo: "Nessuno di voi venga via con me! Cambierò il mio vestito e poi uscirò solo".

[2] Ma mentre attraversava la porta, vide il Signore che entrava in Roma e gli disse: "Signore, dove (vai) così?". Il Signore gli rispose: "Entro in Roma per esservi crocifisso". E Pietro a lui: "Signore, per essere nuovamente crocifisso?". Rispose: "Sì, Pietro, sarò nuovamente crocifisso". Pietro, entrato in se stesso, vide il Signore salire in cielo e se ne ritornò a Roma allegro e glorificando il Signore poiché egli stesso aveva detto: "Sarò crocifisso". Ciò doveva dunque capitare a Pietro.

[36 (7), 1] Salito nuovamente dai fratelli, disse loro quanto aveva visto. Essi rimasero col cuore afflitto e piangevano dicendo: "Ti preghiamo, Pietro, di pensare a noi così nuovi!". Pietro rispose: "Se tale è la volontà di Dio, avvenga pure anche se noi non lo vogliamo! Quanto a voi, il Signore ha la forza di rafforzarvi nella sua fede, renderà saldo il vostro fondamento in lui, ed estenderà voi che siete stati piantati da lui, affinché voi per mezzo suo ne piantiate altri. Fino a quando il Signore vorrà ch'io viva nella carne, non mi rifiuto; ma se egli vuole riprendermi, gioisco e mi rallegro".

[2] Pietro parlava così e tutti i fratelli piangevano, quand'ecco quattro soldati si impadronirono di lui e lo condussero da Agrippa il quale, a causa della sua morbosa passione, ordinò che fosse crocifisso per ateismo.

[3] Accorse allora tutta la moltitudine dei fratelli, ricchi e poveri, orfani e vedove, umili e potenti, nell'intento di vedere e portare via Pietro. Con un coro unanime ininterrotto il popolo gridava: "Di che cosa è colpevole Pietro, o Agrippa? Che male ha fatto? Dillo ai Romani!". Altri dicevano: "Se egli muore c'è da temere che il suo Signore ci faccia perire tutti quanti".

Giunto sul luogo, Pietro calmò la moltitudine dicendo: "Uomini che militate per Cristo, uomini che sperate in Cristo, ricordate i segni e i prodigi che avete visto compiere per mezzo mio, ricordate la misericordia di Dio che operò per voi tante guarigioni! Aspettate che egli venga e dia a ognuno secondo le sue azioni. Ed ora non irritatevi contro Agrippa, poiché egli è ministro della potestà di suo padre, e tutto ciò si compie come il Signore mi aveva rivelato che sarebbe accaduto. Ma perché tardo e non mi appresso invece alla croce?".

[37 (8), 1] Avvicinatosi, stette presso la croce e prese a dire: "O nome della croce, mistero nascosto! O grazia ineffabile espressa nel nome della croce! O natura umana inseparabile da Dio! O amore indicibile dal quale non ci si può separare e che le labbra contaminate non possono esprimere! Ora che sono al termine della mia liberazione dalla terra io ti comprendo! Ora manifesterò chi tu sia; non tacerò questo mistero della croce da lungo tempo celato nella mia anima.

[2] Per voi che sperate in Cristo, la croce non sia ciò che sembra di essere! Essa è, infatti, completamente diversa dalla apparenza: anche questa passione, conformemente a quella di Cristo, è diversa da ciò che appare. Ora soprattutto che potete comprendermi, voi che ne avete la forza, ascoltatemi nell'ora ultima e suprema della mia vita. Allontanate le anime vostre da tutto ciò che è materiale, da tutto ciò che è apparenza, ma non realtà. Distoglietevi da tutti questi modi di vedere, distoglietevi da tutti questi modi di dare ascolto alle cose apparenti! E conoscerete ciò che riguarda Cristo e tutt'intero il mistero della salvezza! Per voi che le udite, queste mie parole siano come se non fossero dette. Ma per te, Pietro, è giunto il momento di abbandonare alle tue guardie il tuo corpo: prendetelo dunque voi che avete questo compito. Io ve lo chiedo, o esecutori! Crocifiggetemi così: con la testa in basso e non diversamente! Il motivo lo dirò a quelli che mi ascoltano".

[38(9), 1] Dopo che fu sospeso come aveva chiesto, prese nuovamente a dire: "Uomini che avete il compito di ascoltare, udite ciò ch'io vi annunzio, soprattutto in questo momento in cui sono crocifisso! Comprendete il mistero di tutta la natura e quale è stato il principio di ogni cosa! Dunque, il primo uomo, della cui stirpe io, precipitato con la testa in basso, porto l'immagine, manifestò una natura diversa da quella che aveva una volta: non avendo movimento, è morta. Egli aveva gettato a terra il suo stato primitivo e, così rovesciato, organizzò tutto l'ordine di questo mondo: sospeso secondo l'immagine della sua vocazione, fece vedere destra la sinistra e la sinistra destra; cambiò tutti i segni della sua natura tanto da considerare bello ciò che non lo è, e buono ciò che è cattivo.

[2] A questo proposito, il Signore dice in un mistero: "Se della destra non fate sinistra e della sinistra destra, inferiore ciò che è superiore, e anteriore ciò che è posteriore, non comprenderete il regno". Questo è il pensiero ch'io pongo davanti ai vostri occhi; e la figura che voi vedete, contemplandomi sospeso, è l'immagine dell'uomo che nacque per primo.

[3] Voi, dunque, diletti miei, tanto voi che udite adesso quanto quelli che vi ascolteranno, dovete abbandonare questo primitivo errore e rialzarvi. E' giusto, infatti, salire sulla croce di Cristo che è l'unica e sola parola distesa, della quale lo Spirito dice: "Che cos'è Cristo, se non la parola, l'eco di Dio?". Sicché la parola è l'asse dritto della croce, quello al quale sono crocifisso; l'eco è l'asse trasversale, cioè la natura dell'uomo; il chiodo che unisce l'asse trasversale a quello dritto è la conversione e la penitenza dell'uomo.

[39 (10), 1] Poiché, dunque, o parola di vita, come da me fu or ora chiamato l'albero, mi hai fatto conoscere e mi hai svelato queste cose, io ti ringrazio con labbra inchiodate, non con una lingua che sparge verità e menzogna, né con questa parola che si diffonde per opera di una natura terrestre, bensì ti ringrazio, o re, con quella voce che è compresa dal silenzio, che non si ode apertamente, che non è emessa da organi corporei, che non entra in orecchie di carne, che non è udita da un essere corruttibile, che non è nel mondo e che non si spande sulla terra, che non è scritta in libri, che non appartiene a uno ad esclusione di altri: è con questa voce, Gesù Cristo, ch'io ti ringrazio, con il silenzio di questa voce con cui lo Spirito che è in me ti ama, ti parla, ti vede, ti supplica.

[2] Tu sei comprensibile soltanto per opera dello Spirito. Tu sei per me un padre. Tu sei per me una madre. Tu sei per me un fratello, tu sei un amico, tu sei un servo, tu sei un intendente, tu sei il tutto, ed il tutto è in te. Tu sei l'essere e non esiste altro all'infuori di te.

[3] Anche voi, fratelli, rifugiatevi in lui; e quando avrete compreso che tutto sussiste soltanto in lui, otterrete ciò di cui vi parlo: ciò che occhio non vide, orecchio non udì, né mai entrò nel cuore dell'uomo. Ti domandiamo dunque ciò che tu hai promesso di darci, o Gesù senza macchia, noi ti lodiamo, noi ti ringraziamo, noi uomini ancora deboli, ti confessiamo e glorifichiamo. Poiché tu solo sei Dio e non altri: al quale sia gloria, ora e in tutti i secoli dei secoli. Amen".

[40 (11), 1] Ed allorché la moltitudine presente ripeteva ad alta voce questo "Amen", insieme all'"Amen", Pietro rese lo spirito al Signore.

Sepoltura di Pietro e pace nella chiesa di Roma. Allora Marcello, senza domandare il parere ad alcuno, non essendo ciò possibile, vedendo che il beato Pietro era spirato, con le sue proprie mani lo tolse dalla croce e lo lavò con latte e vino; tritò poi sette mine di gomma di mastice, ed altre cinquanta di mirra, di aloe, di aromi, e imbalsamò il suo corpo; riempì un sarcofago di marmo di gran pregio con miele attico e lo depose nella sua propria tomba.

[2] Nel pieno della notte, Pietro apparve a Marcello e gli disse: "Marcello hai tu udito che il Signore ha detto: "Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti""? Marcello rispose: "Sì!". Pietro seguitò: "Tu dunque hai perduto quanto hai consacrato al morto! Giacché tu, che sei vivo, hai avuto cura di un morto come se tu fossi un morto".

Risvegliatosi, Marcello narrò ai fratelli l'apparizione di Pietro e rimase con coloro che per opera di Pietro avevano perseverato nella fede in Cristo: corroborandosi egli stesso sempre più fino al ritorno di Paolo a Roma.

[41 (12), 1] In seguito, essendo Nerone venuto a conoscenza della dipartita di Pietro da questa vita, biasimò il prefetto Agrippa che l'aveva fatto morire senza comunicarglielo: egli, infatti, avrebbe voluto punirlo con un tormento più doloroso e più duro. Giacché Pietro, facendo discepoli alcuni dei suoi servi, li aveva fatti allontanare da lui: restò perciò in collera contro Agrippa e non gli parlò per molto tempo. Cercava di fare perire tutti i fratelli che erano stati fatti discepoli di Pietro.

[2] Ma nella notte vide un uomo che lo fustigava dicendo: "Nerone, tu non puoi ora perseguitare o fare perire i servi di Cristo! Astieniti dunque dallo stendere la mano contro di essi". Spaventato da una tale visione, Nerone lasciò stare i fratelli anche nel tempo in cui Pietro aveva abbandonato la vita.

Perciò i fratelli, con un solo cuore, gioivano ed erano felici nel Signore, glorificando il Dio e salvatore nostro Gesù Cristo, con lo Spirito santo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

3. FRAMMENTI COPTI DEL MUSEO BORGIANO

 

(Mss. 128, 129 e 130)  

Pietro predica la castità. Anche questo brucerò vivo. Ed esse stabilirono nell'animo di sopportare ogni tortura che avrebbe loro inflitta, pur di non contaminare il loro corpo con Agrippa, da allora in poi, in forza della potenza di Gesù Cristo.

Un'altra donna bellissima, di nome Santippe, moglie di Albino, compagno del re, insieme con altre matrone, andò da Pietro, ed anch'essa abbandonò il letto di Albino, come le altre matrone avevano abbandonato quello dei mariti. Albino, divenne furioso, amandola assai ed essendo essa bellissima, perché non dormiva più con lui. Il suo animo s'infuriò contro lui come una fiera, e voleva ucciderlo perché sapeva che a causa sua essa aveva abbandonato il suo letto.

Anche molte altre donne si compiacquero della parola di purità e così abbandonarono i loro mariti. Gli uomini ugualmente abbandonarono i letti delle loro mogli. C'era in Roma un grande turbamento e Albino informò il re in merito a lui, e a tutto ciò che aveva fatto, dicendo: "Re Agrippa, o tu mi vendichi di Pietro, che ha diviso mia moglie da me, o mi vendicherò da solo". Il prefetto Agrippa gli disse: "Anch'io mi trovo nella stessa tribolazione nella quale sei tu, per colui che ha separate le mie concubine da me". Albino gli domandò: "E perché te ne stai così neghittoso, Agrippa? Prendiamolo ed uccidiamolo, come mago e sacrilego, affinché le nostre donne tornino ad esser nostre. Vendichiamo gli altri, che da soli non hanno la forza di vendicarsi, e dai quali ha diviso le mogli".

Fuga di Pietro, suo ritorno e crocifissione. Concertavano queste cose. Ma Santippe conobbe i progetti che Albino, suo marito, preparava insieme col re Agrippa contro Pietro e mandò ad annunziargli le loro macchinazioni, pregandolo che per alcuni giorni si allontanasse da Roma.

Gli altri fratelli, con Marcello, udendo queste cose, lo pregarono anch'essi di uscire da Roma; ma Pietro disse loro: "Fuggiremo dunque, miei fratelli, come servi fuggitivi?". Essi risposero: "No! Ma finché ne hai la forza, servi il Signore". Porse ascolto pertanto ai fratelli, si levò e uscì solo, dicendo: "Nessuno venga con me! Andrò solo e cambierò il mio abito". Ma mentre usciva dalla porta, vide il Signore Gesù che entrava in Roma. Vedendolo, Pietro gli disse: "Signore, perché tu sei qua? Dove vai?". Il Signore rispose a Pietro: "Entrerò a Roma per essere crocifisso!". Pietro domandò al Signore: "Signore, sarai un'altra volta crocifisso?". Rispose il Signore: "Sì, o Pietro, mi crocifiggeranno un'altra volta". Pietro tornato in sé, vide il Signore che ascendeva al cielo. Pietro tornò in Roma esultando e lodando il Signore, ripensando che ciò che il Signore gli aveva detto: "Sarò di nuovo crocifisso" doveva compiersi in lui.

Tornò presso i fratelli, annunziando le cose che aveva vedute. I fratelli gemettero nel loro animo e piangevano dicendogli: "Ti preghiamo, padre nostro, Pietro, di avere misericordia e di te stesso e di noi piccini". Ma Pietro disse loro: "Se questa è la volontà del Signore così sarà, quand'anche noi non lo volessimo. Quanto a voi, Dio ha il potere di fortificarvi nella sua fede, conformarvi a lui, corroborare quelli che egli ha piantato, e voi ne pianterete altri per suo mezzo. Per quel tempo che il Signore vorrà farmi restare in vita, io non mi opporrò, ma se vorrà trarmi fuori dal corpo, ne sono lieto e ne gioisco". Mentre Pietro diceva queste cose i fratelli piangevano.

Ed ecco quattro soldati della coorte che stava al cospetto del re mandati per condurlo ad Agrippa; il quale per la malattia che aveva, comandò di crocifiggerlo sotto l'accusa di empietà. La moltitudine dei fratelli

 

ricchi e poveri, orfani e vedove, deboli e robusti, corsero a un tratto per vedere Pietro, e strapparlo dalle mani dei carnefici. Ciascuno gridava dicendo: "Quale scelleraggine Pietro ha commesso, o Agrippa, e che male ti ha fatto? Dillo a noi Romani". Alcuni dicevano: "Non far morire costui per timore che il suo Dio abbia a far perire noi tutti. Ma san Pietro parlò al popolo e lo fece star tranquillo". Mentre andava al luogo ove doveva essere crocifisso, disse a tutti i fratelli: "O soldati, che sperate in Cristo, ricordate i segni e i miracoli che per mezzo mio avete veduti. Ricordate le misericordie di Cristo, che per la vostra salute operò fra voi: aspettate la sua venuta ed egli darà a ciascuno secondo le sue opere. Non vi adirate e non vi indignate contro Agrippa, il quale compie le opere del padre suo, il diavolo. Ciò avverrà come ha detto il Signore, annunziandomi in antecedenza ciò che sarebbe avvenuto. Ma perché indugio ad andare verso la croce?".

Mentre andava verso la croce, si arrestò e cominciò a dire così: "O nome della croce, mistero occulto, o grazia ineffabile che si dice sul nome della croce! O natura umana impotente a dividersi da Dio! Io ti prendo a forza, o croce: essendo agli estremi, in questo luogo, che si scioglierà affinché tu manifesti che cosa sei. O mistero della croce fin da principio nascosto nell'anima mia e che io partorirò, né tacerò fino a quando non l'avrò detto. Non sia a voi la croce solamente apparenza! Voi che avete la forza d'intendermi, ascoltate ora che sono all'ultima mia ora: oltre questo apparente, la croce ha pure un altro significato. Voi che siete venuti nell'ultima mia ora prima che io esca di questa vita, lo potete udire. Il vostro animo s'innalzi sopra ogni senso, per separarsi dal re visibile. Fatevi stranieri ad ogni opera che passa, essa veramente non esiste. Chiudete la vista degli occhi esteriori: i vostri occhi esterni divengano ciechi! Chiudete le orecchie della carne, eliminate da voi ogni opera del corpo, conoscete ciò che Cristo ha sopportato e saprete il mistero della vostra salvezza. E' questo il tempo, o Pietro, per consegnare il tuo proprio corpo a coloro che lo vorranno. Prendetevi ora ciò che è vostro! Vi prego, o carnefici, di crocifiggermi con il capo all'ingiù, e non in altra guisa: quale sia il motivo, io lo manifesterò a chi mi ascolterà allorché sarò crocifisso".

Ed essendo crocifisso nel modo che egli avea richiesto, cominciò a dire così: "Uomini, cui è proprio l'udire, ascoltate attentamente ciò che ora io vi dirò, crocifisso, con il capo all'ingiù. Conoscete il mistero di tutta l'umana natura e quale sia stato il principio della creazione dell'universo. Perocché il primo uomo dal quale tolsi il genere secondo la sua specie, cadendo con il capo all'ingiù, manifestò fin da principio che la sua generazione non si muoveva poiché era morta e non avea il moto. Tratto giù, egli che aveva gettato il suo principio sulla terra, fece sì che tutte le cose a noi visibili nella creazione cambiassero posto, a sua somiglianza che era appeso con il capo all'ingiù. Fece sì che quelli che erano nella destra, fossero nella sinistra, e quelli che erano nella sinistra, fossero nella destra, cambiando tutti i segni della natura, tanto da fargli reputare le cose buone come cattive, e le cose veramente cattive come misteriosamente buone. Di queste cose dice misteriosamente il Signore: "Se non fate che le cose che sono alla destra siano come quelle alla sinistra, e quelle che sono alla sinistra come quelle che sono alla destra, ciò che è in cielo come ciò che è in basso, e ciò che è innanzi come ciò che è dietro, non entrerete nel regno dei cieli". Questo pensiero, nella forma che ora vi ho manifestato, corrisponde alla maniera nella quale mi vedete crocifisso ed è il tipo del primo uomo, nel quale si manifestò la specie umana".

 

...i grandi, e ai deboli senza forza, si radunarono tutti e convennero nel medesimo luogo, desiderando di vedere Pietro, e di strapparlo dalle loro mani. Il popolo gridava: "Qual è la violenza che Pietro ha commessa; dillo a noi Romani". Altri poi dicevano: "Non ucciderlo, per timore che il suo Dio non abbia a perdere noi tutti. Pietro, andando al luogo ove stava per essere crocifisso, trattenne la moltitudine, dicendo: "State tranquilli, miei figli!". E prese a dir loro: "Uomini, che diveniste soldati di Gesù, uomini che credeste in Cristo, ricordate i segni e i miracoli che vedeste compiere per mezzo mio; ricordate le misericordie di Dio, le guarigioni che ha operate fra voi; aspettatelo, non temete, poiché viene a remunerare ciascuno secondo le sue opere. Non vi adirate contro Agrippa re, a mio motivo: egli serve il suo padre, Satana. Quanto a me, è necessario che ciò mi avvenga. Poiché il Signore lo ha già manifestato dicendo: "Questo è quanto è stabilito che debba avvenire a te!". E perché non mi affretto ad andare verso la croce?". Pietro si fermò e cominciò a dire: "O nome della croce, mistero nascosto! O grazia ineffabile che narrerò sulla croce". Pietro proseguì verso la croce ed esclamò: "O mistero nascosto fin dal principio, e che ora si manifestò per mezzo del corpo del mio Salvatore! Possa io ora esser fatto degno di procedere verso te; poiché ora ne è venuto il tempo. O croce santa, fin dal principio nascosta nel mio animo! E voi, che avete creduto nella croce di Cristo, fate che la croce non sia per voi solamente apparenza. Ascoltate, voi che avete potere di ascoltarmi; sono all'ultima ora".

Pregò poi i soldati di crocifiggerlo capovolto, ed essendo crocifisso nel modo che aveva chiesto, cominciò a dir loro: "Uomini, cui è dato udire, ascoltate le cose che io vi dirò, e conoscete il mistero della natura, e quello che fu il principio della creazione. Possa la vostra mente illuminarsi, non guardare solamente a ciò che appare. I vostri occhi esteriori divengano ciechi, si chiudano le orecchie del vostro cuore, allontanate da voi ogni pensiero terreno e le opere della carne, imparate tutto ciò che avvenne a Cristo, e conoscete tutto il mistero della nostra salvezza. Non dite che non è veritiero o che non esiste; poiché io vi mostrerò la forza di Cristo e la sua santa croce.

Poiché il primo uomo dal cui genere ho tolto la somiglianza, cadde con il capo all'ingiù: non conosceva la dignità, poiché reputava le cose cattive come buone e le buone come cattive. Dopo essere stato tratto in giù, gettò via il suo principio. La sua natura si trasportò a capo ingiù, facendo cambiare tutte le cose esistenti; come il Signore aveva indicato misteriosamente, dicendo: "Se non portate ciò che è a destra alla sinistra, ciò che è a sinistra alla destra, in basso ciò che è in cielo, e indietro ciò che è avanti, non entrerete nel regno dei cieli". Ecco, miei figli, che vi ho mostrato perché questo è il modo che io mi scelsi per essere crocifisso, a capo ingiù, nella forma del primo uomo...".

   

"E voi, miei diletti, che ora mi ascoltate, e quelli che udranno in seguito, abbandonate il primo errore che fu commesso e tornate al vostro principio: cioè quello che conviene a voi che sperate nel Signore e nella sua croce. La croce è figura del verbo diritto, è solo questo che riempie il tutto, è questo di cui ha parlato lo Spirito affermando che l'interpretazione della croce è il verbo, la voce di Dio, affinché il verbo sia simile al legno dritto che viene dal cielo in giù e sul quale dobbiamo venire crocifissi.

La voce è il legno che sta nel mezzo, inchiodato sul legno che va di qua e di là e che è la natura umana; mentre il chiodo che tiene ferma sul legno dritto il legno che è nel mezzo, è la conversione a Dio e la penitenza. Queste cose avendomi rivelato e manifestato, o parola di vita, o legno del quale ora parlo, che è legno dritto, io ti ringrazio non con queste labbra infisse con chiodi, né con questa lingua dalla quale esce tanto la verità quanto la menzogna, né con queste parole che escono per arte di natura e materiale.

Ti ringrazio, o re, con quella voce che si intende nel silenzio, che non si ascolta manifestatamente, che non esce da organi corporei i quali si corrompono, che non entra in orecchie carnali, che non si ode nella natura corruttibile, che non dimora in questo mondo, non si pone sulla terra, e non è scritta nei libri, che è con uno, e non è con altri. Io ti ringrazio, o Cristo Gesù, nel silenzio che è la tua voce, la quale è lo spirito che è in me, che ti ama e parla con te, ti guarda e appare al tuo cospetto, e per mezzo del quale si pensa a te. Esso solo è lo spirito, che è pensato in te.

Tu sei mio padre, tu mia madre, tu mio fratello, tu mio compagno, tu mio Signore, io tuo servo; tu mio dispensatore, tu il tutto e il tutto è in te: tu sei colui che è, e nessun altro è fuori di te.

Voi, miei diletti, e miei fratelli, rifugiandovi in questo, e conoscendo che esiste solo lui, possederete i beni, che ha promesso di darvi dicendo così: "Quello che occhio non ha mai veduto e orecchio non ha mai udito e non è salito in cuor d'uomo, queste cose ha preparato a coloro che lo amano".

Ti preghiamo, Gesù immacolato, per ciò che hai promesso di darci, ti lodiamo, ti ringraziamo, t'invochiamo, ti preghiamo, ti confessiamo, noi uomini deboli. Tu solo sei Dio, insieme col tuo Padre buono e lo Spirito santo; a te la gloria nei secoli dei secoli. Amen!".

Mentre la moltitudine con lui pronunziava "amen" ad alta voce, improvvisamente san Pietro rese lo spirito nelle mani del Signore.

   

 

Sepoltura di Pietro e pace nella chiesa di Roma  

Marcello non prese da veruno alcun parere o comando, e quantunque non gli fosse stato lecito, come conobbe che il beato aveva reso lo spirito, lo depose giù dalla croce con le sue mani, lo lavò con latte e vino, e avendo macinato cinquanta mine di mirra ed aloe e di foglia indica, unse con esse il suo corpo, ed empì una grande cassa di miele attico di molto prezzo, vi pose il suo corpo, e lo mise nel suo stesso sepolcro.

Pietro quella notte stette in apparizione sopra Marcello, dicendo: "Marcello non udisti il Signore che dice: "Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti?"".

  ...te, e per tuo mezzo, tu sei colui che è, né conosciamo altri fuori di te.

E voi, miei diletti, restate in lui e custodite i suoi precetti, affinché per suo mezzo otteniate i beni, che egli ha promesso a coloro che opereranno secondo la. sua volontà. Ed io non cesserò d'invocarlo per voi tutti!

Io do gloria e benedico la sua grandezza, poiché egli solo è il Dio vero, che ha creato tutte le cose. A lui gloria e potenza per i secoli dei secoli. Amen".

E mentre la grande moltitudine, con i fratelli fedeli che circondavano la sua croce, diceva ad alta voce l'amen, l'apostolo Pietro rese lo spirito nella pace di Dio.

La sua santa benedizione sia con tutti noi in perpetuo. Amen.

Marcello senza aver preso ordine o comando da alcuno, vedendo che il beato aveva reso lo spirito, si fece innanzi, e con le sue proprie mani lo tolse giù dalla croce, lo lavò con vino e latte odorosi. Macinò cinquanta mine di mastice e venti libbre di mirra e aloe, foglia indica e malobatro, e la pose sul corpo venerato di san Pietro. Empì una grande cassa di miele attico, di molto prezzo, lo gettò sul corpo del beato Pietro, dentro la cassa, e lo pose nel suo proprio sepolcro.

Pietro apparve a Marcello in visione, gli stette sopra e gli

disse: "Marcello che ne dici? Non avevi udito che il Signore disse: "Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti?"" E Marcello rispose:...

 

Marcello rispose di sì, e Pietro proseguì: "Le cose che hai poste sul mio corpo morto, le hai sciupate, e tu ancora vivo, ti dài cura di un morto come se tu fossi morto".

Marcello s'alzò e narrò la visione ai compagni, che erano stati confermati nella fede di Gesù Cristo da Pietro e che lui stesso avea confermato finché Paolo non venne in Roma.

Nerone quando venne a sapere che Pietro aveva terminato la vita, biasimò il prefetto che prima di farlo morire non aveva udito il suo giudizio; perocché avrebbe voluto castigarlo e punirlo con una grave pena. Ammaestrando, infatti, alcuni che appartenevano a lui, Pietro fece sì che lo abbandonassero. Nerone si adirò, per molto tempo non parlò ad Agrippa, e cercava tutti i fratelli che erano stati istruiti da Pietro per ucciderli.

Ma nella notte vide uno che lo flagellava, dicendo: "Nerone, tu non hai per ora la forza di far uccidere i servi di Cristo, perseguitandoli; desisti da loro". E subito, conturbato, Nerone desistette lasciando i discepoli di Cristo, nel tempo nel quale Pietro finì la vita, nella pace di Dio. Amen.

 

 

FRAMMENTO COPTO DI BERLINO *  

[1] La figlia di Pietro. Il primo giorno della settimana, cioè il giorno del Signore, si radunò una folla e furono portati a Pietro dei malati affinché li guarisse.

Qualcuno della folla giunse a dirgli: "Pietro, davanti a noi hai dato la vista a molti ciechi, e l'udito ai sordi, hai fatto camminare gli zoppi e soccorso i deboli dando loro forza.

[2] Ma perché non hai aiutato tua figlia, vergine, che è cresciuta bella e crede nel nome di Dio? Ha un lato interamente paralizzato ed è là in quell'angolo, curva e impotente. Si vedono quelli che tu hai guarito, ma non ti curi di tua figlia".

[3] Pietro sorrise e rispose: "Figlio mio, Dio solo sa perché il corpo di mia figlia è infermo. Sappi che non è per debolezza o impotenza che egli non le concede i suoi doni, bensì per convincere il tuo spirito e per aumentare la fede dei presenti". Poi guardò sua figlia e le disse: "Alzati dal tuo posto senza che alcuno ti aiuti all'infuori di Gesù, cammina sana davanti a tutti costoro, e vieni qui da me". Lei si alzò e andò da lui. La folla si rallegrò all'accaduto. E Pietro disse: "Il vostro cuore sia convinto che, qualsiasi cosa gli domandiamo, Dio non è impotente".

Essi allora si rallegrarono ancora di più e lodarono Dio. [4] Pietro disse a sua figlia: "Ritorna al tuo posto, adagiati e ricadi nella tua infermità, giacché ciò è utile a te e a me". La giovane ritornò sui suoi passi, si distese al suo posto e riprese il suo primitivo stato.

Tutta la folla piangeva e supplicava Pietro di guarirla. Ma Pietro rispose: "Per la vita del Signore, ciò è utile a lei e a me. Poiché quando nacque ebbi una visione in cui il Signore mi disse: "Pietro, ti è nata oggi una grande prova [5] Costei, infatti, farà del male a molte anime se il suo corpo sarà sano". Pensai però che la visione si giocasse di me. Ma quando la giovinetta ebbe dieci anni fu per molti causa di scandalo.

Un uomo molto ricco, di nome Tolomeo, avendola vista al bagno con sua madre, la fece chiedere in sposa; ma la madre non acconsentì. La richiese più volte e non potendo più oltre attendere...

[6] (I servi di) Tolomeo portarono via la giovinetta, la lasciarono davanti alla porta di casa e se ne andarono. Appena sua madre ed io ce ne siamo accorti, siamo discesi e ci accorgemmo che tutto un lato del suo corpo, dalle dita del piede alla testa, era paralizzato e inaridito; la portammo via lodando il Signore che aveva preservato la sua serva dalla contaminazione e dalla vergogna... Questo è il motivo per cui la giovane è, a tutt'oggi, in questo stato.

[7] E' bene ora che sappiate ciò che è capitato a Tolomeo. Rientrato in se stesso, si dolse notte e giorno di quanto gli era capitato e versò tante lacrime che divenne cieco, e si era deciso ad alzarsi per andare a impiccarsi. Era l'ora nona del giorno, e mentre era solo nella sua camera da letto, una grande luce illuminò tutta la casa ed egli udì una voce che gli disse: [8] "Tolomeo, i suoi vasi Dio non li ha dati per la perdizione e la vergogna! Soprattutto per te che hai creduto in me non è decoroso contaminare una vergine! In lei tu devi vedere una sorella, poiché per te come per lei io sono un solo Spirito. Alzati, dunque, e va' subito dall'apostolo Pietro: contemplerai la mia gloria ed egli ti spiegherà le disposizioni".

[9] Senza esitare, Tolomeo ordinò alla sua gente di indicargli la strada per giungere a me. E quando fu presso di me, mi riferì tutto ciò che era avvenuto per opera della potenza di Gesù Cristo, Signore nostro. Fu allora che egli vide con gli occhi della sua carne e con gli occhi della sua anima. Fece del bene a molti che sperano in Cristo, ed elargì loro il dono di Dio.

[10] Poi Tolomeo morì. Lasciò la vita e se ne andò dal suo Signore. Nel suo testamento lasciò a mia figlia un appezzamento di terreno, perché è per mezzo di lei che egli credette in Dio e fu guarito. Essendone passata a me la cura, io l'esercitai con grande attenzione: vendetti il campo (Dio solo lo sa, né io né mia figlia), vendetti il campo senza trattenere nulla del suo prezzo, avendone dato tutto il denaro ai poveri.

[11] Sappi dunque, o servo di Gesù Cristo, che Dio ha cura dei suoi, e prepara ad ognuno ciò che è bene per lui, mentre noi crediamo che Dio ci abbia dimenticato. Ed ora, fratelli, dobbiamo dolerci, vegliare e pregare affinché la bontà di Dio getti uno sguardo su di noi. Noi l'aspettiamo!".

[12] Pietro, alla loro presenza, tenne ancora altri discorsi e, nella lode di Cristo Signore,

  

 

ATTI DEI BEATI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

 

dello Ps.ÄMarcello *  

[1] Paolo in viaggio per Roma. Quando san Paolo uscì dall'isola di Gaudomelete si diresse in Italia. Gli Ebrei che si trovavano nella metropoli romana vennero a sapere che Paolo aveva chiesto udienza a Cesare.

[2] Colpiti da grande dolore e da profondo dispiacere, dissero tra di loro: "Non gli basta l'avere afflitto tutti i fratelli ed anche i nostri parenti nella Giudea, nella Samaria e in tutta la Palestina; tutto questo non gli basta, ed ecco che viene anche qui, dopo aver chiesto a Cesare il permesso di mandarci in rovina".

[3] Tutti gli Ebrei dunque si unirono in consiglio contro Paolo e, dopo molte discussioni, giudicarono opportuno presentarsi al re Nerone, allora regnante, per supplicarlo di non permettere che Paolo venisse a Roma. Prepararono non pochi doni che portarono con sé con la supplica seguente: "Ti supplichiamo, re buono, di inviare ordini in tutte le province soggette alla tua pietà affinché sia impedito che Paolo si avvicini a questi luoghi. Questo Paolo, infatti, dopo aver afflitto la nostra patria, ha chiesto di venire qui per rovinare anche noi. A noi basta, piissimo re, l'afflizione causataci da Pietro".

[4] Udito ciò, il re Nerone rispose loro: "Sia fatto secondo la vostra volontà! Scriveremo a tutte le nostre province affinché gli sia assolutamente vietato di approdare alle regioni italiane". Sobillarono anche Simone Mago, pregandolo di ostacolargli in ogni modo l'approdo nelle regioni italiane.

[5] Mentre le cose stavano così, alcuni gentili che si erano convertiti ed erano stati battezzati durante la predicazione di Pietro, inviarono a Paolo una lettera di questo tenore: "Paolo, vero servo del nostro padrone Gesù Cristo e fratello di Pietro, primo degli apostoli! Abbiamo udito dai maestri ebrei, abitanti in questa grandissima città di Roma, che hanno pregato Cesare di inviare messaggi in tutte le sue province, affinché ovunque tu sia trovato sia ucciso. Noi tuttavia abbiamo creduto e crediamo che come Dio non separa i due grandi luminari da lui creati, così non vi dividerà l'uno dall'altro, cioè né Pietro da Paolo, né Paolo da Pietro. Bensì, nel Signore nostro Gesù Cristo, nel quale siamo stati battezzati, crediamo che saremo degni anche del tuo insegnamento".

[6] Paolo, il venti del mese di maggio, ricevette i due uomini inviati con la lettera e, pieno di coraggio, ringraziò il Signore e padrone nostro Gesù Cristo. Salpato da Gaudomelete per approdare alla costa italiana, non toccò più l'Africa, ma si diresse alla volta della Sicilia, e giunse nella città di Siracusa con i due uomini che gli erano stati mandati da Roma.

[7] Di là salpò per Reggio Calabria e da Reggio passò a Messina, ove ordinò vescovo una persona di nome Bacchilo; da Messina salpò per Didimo, dove rimase una notte, donde salpò per Pozzuoli ove giunse il giorno dopo.

[8] Dioscoro, il padrone della nave che lo aveva trasportato fino a Siracusa, simpatizzando per Paolo, che gli aveva liberato il figlio dalla morte, lasciata la propria nave a Siracusa, lo aveva seguito fino a Pozzuoli. Qui si trovavano alcuni discepoli di Pietro, che accolsero Paolo e lo pregarono di restare da loro; vi rimase una settimana, nascosto a causa degli ordini di Cesare.

[9] Tutti i prefetti vigilavano per arrestarlo e ucciderlo. Ma Dioscoro, il padrone della nave, che era calvo sul davanti, uscì pubblicamente per la città di Pozzuoli fin dal primo giorno, indossando la tunica di capitano di mare; credendo che fosse Paolo, lo presero, lo decapitarono e ne mandarono la testa a Cesare.

[10] Convocati dunque i capi degli Ebrei, Cesare comunicò loro la notizia, dicendo: "Rallegratevi grandemente, giacché Paolo, il vostro nemico, è morto!". E mostrò loro la sua testa. In quel giorno essi fecero una grande festa: era il quattordici di giugno, ed ogni Ebreo fu pienamente soddisfatto.

[11] Paolo, a Pozzuoli, udito che Dioscoro era stato decapitato, ne fu grandemente rattristato; alzati gli occhi al cielo, disse: "Signore onnipotente e celeste, che mi sei apparso ovunque sono andato per mezzo del tuo Verbo unigenito, Signore nostro Gesù Cristo, punisci questa città, dopo avere fatto uscire tutti coloro che hanno creduto in Dio e hanno seguito la sua parola".

[12] Disse dunque loro: "Seguitemi". E uscì da Pozzuoli insieme a quelli che avevano creduto nella parola di Dio. Giunto nel luogo detto Baia, tutti alzarono gli occhi e videro la città detta Pozzuoli sprofondarsi per circa due braccia sulla via del mare; e ancor oggi si trova là sotto il mare a memoria di questo fatto.

[13] Partiti da Baia, giunsero a Gaeta, ove insegnò la parola di Dio: rimase infatti per tre giorni in casa di Erasmo, che Pietro aveva mandato da Roma a insegnare il vangelo di Dio. Partito da Gaeta, arrivò in una borgata, detta Terracina, ove rimase sette giorni in casa del diacono Cesario, sul quale Pietro aveva imposto le mani; di qui navigò lungo il fiume fino a un luogo detto Tre Taverne.

[14] Quelli che si erano salvati dal cataclisma della città di Pozzuoli annunziarono a Cesare, in Roma, che Pozzuoli si era sprofondata con tutta la sua gente. Profondamente addolorato a causa della città, il re convocò i capi degli Ebrei e disse loro: "Ecco, vi ho dato ascolto facendo decapitare Paolo. Per questo la città si è sprofondata".

[15] I capi degli Ebrei risposero a Cesare: "Piissimo re, non ti abbiamo detto, forse, che egli ha sconvolto tutta la regione dell'Oriente e rovinato i nostri padri? E' meglio, piissimo re, che perisca una città che tutto il tuo regno. Questo, infatti, è quanto doveva capitare a Roma". All'udire queste parole, il re si fece animo.

[16] Fermatosi quattro giorni a Tre Taverne, Paolo proseguì per il Foro Appio, detto Vicusarape. E quivi, durante la notte, mentre riposava, vide una persona seduta su di un sedile d'oro circondato da una folla di neri che dicevano: "Oggi io ho istigato un figlio a uccidere suo padre". Un altro diceva "Io ho fatto cadere una casa provocando la morte dei genitori e dei figli". E si raccontavano gli uni agli altri molte altre malefatte. Giunse poi un altro che annunziò: "Io ho istigato il vescovo Giovenale, sul quale aveva imposto le mani Pietro, a dormire con la superiora Giuliana".

[17] Udito tutto ciò mentre dormiva nel Foro Appio, presso Vicusarape, mandò subito a Roma dal vescovo Giovenale uno di quelli che l'avevano seguito da Pozzuoli per dirgli ciò che aveva appena compiuto.

[18] Il giorno appresso, Giovenale corse a gettarsi ai piedi di Pietro e, gemendo e piangendo, gli disse quanto era appena accaduto. Aggiunse poi: "Credo che questo è proprio il luminare che tu aspettavi". Pietro gli rispose: "Come può essere lui, dato che egli è morto?".

[19] Allora il vescovo Giovenale condusse da Pietro colui che era stato mandato da Paolo, il quale gli annunziò che era vivo, in viaggio e si trovava al Foro Appio. Pietro ringraziò e glorificò Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo.

[20] Convocati poi i credenti suoi discepoli, li mandò a Tre Taverne, da Paolo. Tra Tre Taverne e Roma v'è la distanza di trentotto miglia.

Paolo appena li vide ringraziò il Signore nostro Gesù Cristo e prese coraggio. Poi si mossero di là per pernottare nella città di Ariccia.

[21] Intanto, a Roma si sparse la notizia che stava arrivando Paolo, il fratello di Pietro, e i credenti in Dio ne furono oltremodo lieti. Ma tra gli Ebrei vi fu un grande subbuglio e mandarono a dire a Simone Mago: "Comunica al re che Paolo non è morto, bensì vive ed è arrivato!". Simone rispose agli Ebrei: "Di chi era dunque la testa giunta a Cesare da Pozzuoli? Non era anch'essa calva?".

[22] Pietro e Paolo a Roma. Quando Paolo giunse a Roma, gli Ebrei furono assaliti da un grande timore; si radunarono presso di lui e lo pregarono dicendo: "E' la fede nella quale sei nato, che tu devi vendicare! Non è giusto, infatti, che tu, Ebreo e figlio di Ebrei, ti chiami maestro dei gentili e vindice degli incirconcisi: tu, circonciso, annienti la fede della circoncisione. Or dunque, quando vedrai Pietro, lotta contro la sua dottrina; egli, infatti, ha rovinato tutta la difesa della nostra legge".

[23] Paolo rispose loro: "Se la sua dottrina è veritiera, convalidata dalla testimonianza dei libri degli Ebrei, è giusto che noi tutti siamo ossequienti".

[24] Mentre Paolo esponeva loro queste e altre simili cose, fu notificato a Pietro l'arrivo di Paolo a Roma: subito egli s'alzò e andò da lui. Quando si videro piansero dalla gioia e, abbracciatisi a lungo, si bagnarono reciprocamente di lacrime.

[25] Paolo raccontò a Pietro la trama di tutte le sue vicissitudini e le fatiche subite nel viaggio marittimo; Pietro gli raccontò quanto aveva sofferto a causa di Simone Mago e di tutte le sue insidie; così parlando, giunse la sera ed egli si ritirò.

[26] Il giorno appresso quando (Pietro) arrivò trovò una moltitudine di Ebrei davanti alla porta di Paolo. Tra i cristiani ebrei e quelli provenienti dai gentili era sorto un grande turbamento. Gli Ebrei dicevano: "Noi siamo una gente eletta, un sacerdozio regale, della stirpe di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di tutti i profeti con i quali parlò Dio, ai quali svelò i suoi misteri e le sue grandi meraviglie. Mentre voi, provenienti dai gentili, non avete nulla di grande nella vostra stirpe, salvo l'essere divenuti impuri e abominevoli a causa degli idoli e delle sculture".

[27] Agli Ebrei che asserivano queste e altre simili cose, i provenienti dai gentili rispondevano dicendo: "Non appena udimmo la verità, noi subito l'abbiamo seguita abbandonando il nostro errore. Mentre voi, pur conoscendo i prodigi in favore dei vostri padri, pur vedendo i segni profetici, pur avendo accolto la legge, pur avendo passato il mare a piedi asciutti e pur avendo visto immersi i vostri nemici, pur avendo avuto una colonna di fuoco, di notte, e una nube di giorno, la manna dal cielo e l'acqua che sgorgava dalla roccia, vi siete fatto un vitello idolatrico e avete adorato una scultura. Noi, invece, senza aver visto alcun prodigio crediamo nel Dio salvatore, colui che, nella vostra disobbedienza, avete abbandonato".

[28] Queste e altre simili erano le loro discussioni, quando l'apostolo Paolo disse loro che non era conveniente che sorgessero tra loro alterchi del genere, e che invece ciò che conta è il fatto che Dio abbia adempiuto le sue promesse giurate ad Abramo, nostro padre, che cioè nella sua discendenza sarebbero state benedette tutte le genti, non essendovi, davanti a Dio, eccezione di persona.

[29] Dopo che Paolo disse queste cose, tanto gli Ebrei quanto gli oriundi pagani si quietarono. Ma i capi degli Ebrei attaccarono Pietro. A quelli che lo rimproveravano per il fatto che interdiva le loro sinagoghe, Pietro disse: "Ascoltate, fratelli, lo Spirito santo che promise al patriarca David: "Tra la tua discendenza, uno si siederà sul tuo trono". Orbene colui al quale il Padre disse: "Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato" fu crocifisso, per invidia, dai pontefici. Per compiere la salvezza del mondo, egli acconsentì di soffrire tutte queste cose. Come dunque dal costato di Adamo fu formata Eva, così dal costato di Cristo fu formata la Chiesa senza macchia e immacolata.

[30] In tal modo Dio aprì a tutti i figli di Abramo, di Isacco e di Giacobbe l'ingresso alla fede della Chiesa, non all'infedeltà per mezzo della sinagoga. Convertitevi perciò ed entrate nella gioia del padre vostro Abramo, giacché Dio ha mantenuto quanto gli aveva promesso. Perciò anche il profeta dice: "Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec". Egli, infatti, divenne sacerdote sulla croce, quando offrì l'olocausto del proprio corpo e del proprio sangue quale vittima per tutto il mondo".

[31] Mentre Pietro diceva queste e altre simili cose, una grandissima parte del popolo credette.

Accadde così che credettero anche Livia, moglie di Nerone, e la moglie del prefetto Agrippa, tanto che si separarono dal fianco dei loro mariti. E a motivo dell'insegnamento di Paolo, molti disprezzavano la vita militare e si davano a Dio; andarono da lui persino alcuni addetti al servizio personale del re, e divenuti cristiani, si rifiutarono tanto di ritornare nell'esercito quanto al palazzo.

[32] Simone Mago da Nerone. Allora Simone, spinto dall'invidia, prese a parlare molto male di Pietro presentandolo come mago e impostore. Quanti ammiravano i suoi segni, gli credevano. Egli faceva muovere un serpente di bronzo, faceva ridere statue di pietra e le metteva in movimento; mentre egli stesso riusciva a correre e a sollevarsi improvvisamente in aria.

[33] Pietro invece curava gli infermi, con la preghiera faceva vedere i ciechi, ordinava ai demoni di fuggire e risuscitava i morti. Esortava il popolo sia a guardarsi dall'inganno di Simone, sia a smascherarlo per sfuggire ogni forma di servitù demoniaca.

[34] Fu così che tutte le persone per bene abominarono Simone e lo descrivevano come mago ed empio. D'altra parte i seguaci di Simone affermavano che Pietro era mago, come erano loro stessi con Simone. E così la parola giunse al Cesare Nerone il quale ordinò di condurre da lui Simone Mago.

[35] Entrato si pose davanti a lui e, essendogli complice il diavolo, cominciò a cambiare forma tanto che divenne improvvisamente un bambino, poi, dopo un poco un vecchio, e quindi un giovane. A tal vista Nerone ritenne che fosse davvero figlio di Dio.

Ma l'apostolo Pietro insegnava che era bugiardo, un mago turpe, un empio apostata e in tutto contrario alla volontà di Dio.

[36] Allora Simone si presentò a Nerone e gli disse: "Ascolta, re! Se tu non scaccerai subito questi uomini, il tuo regno non potrà più sussistere"

[37] Pietro, Paolo e Simone da Nerone. Nerone, preoccupato, ordinò subito che gli fossero condotti davanti. Il giorno appresso entrarono da Nerone Pietro e Paolo, apostoli di Cristo e Simone disse: "Questi sono i discepoli del Nazareno i quali non ritengono decoroso appartenere al popolo degli Ebrei". Nerone domandò: "Chi è il Nazareno?". Simone rispose: "Nella Giudea c'è una città, che è sempre stata vostra nemica, detta Nazaret; il loro maestro viene di là".

[38] Allora Pietro disse a Simone: "Mi meraviglio come mai davanti al re ti vanti in modo così sfacciato e affermi di poter stravincere i discepoli di Cristo con la tua arte magica"

[39] Nerone domandò: "Chi è Cristo?". Pietro gli rispose: "Se vuoi conoscere, o re, chi è Cristo e i fatti avvenuti nella Giudea a proposito di Cristo, prendi le lettere di Ponzio Pilato inviate a Claudio e saprai tutto". Nerone allora ordinò che gli fossero portate e lette davanti a loro. Eccone il contenuto:

[40] "Ponzio Pilato a Claudio, salute! Poco fa è accaduto quanto ho potuto mettere in chiaro. Che cioè gli Ebrei per invidia si sono preparata una terribile rovina per sé e per i loro discendenti. I loro padri avevano la promessa che Dio dal cielo avrebbe mandato loro il suo Santo che sarebbe stato giustamente chiamato loro re: costui, che era stato promesso, fu inviato sulla terra per mezzo di una vergine. Egli pertanto venne nella Giudea mentre io ero governatore.

[41] Lo videro illuminare i ciechi, purificare i lebbrosi, guarire i paralitici, scacciare i demoni dagli uomini, risuscitare i morti, comandare ai venti, camminare sulle onde del mare e compiere molti altri prodigi, mentre tutto il popolo dei Giudei lo chiamava figlio di Dio. Mossi da invidia contro di lui, i pontefici me lo consegnarono con accuse: con ogni sorta di false testimonianze, asserivano che era un mago e che agiva contro la loro legge.

[42] Io credetti che fosse così. Perciò lo feci flagellare e lo consegnai alla loro volontà. Essi lo crocifissero e posero delle guardie là ove fu sepolto. Ma il terzo giorno, mentre i miei soldati facevano la guardia, egli risuscitò. La malizia degli Ebrei si accese al punto da offrire ai soldati del denaro affinché asserissero che i suoi discepoli ne avevano rapito il corpo. Ma essi, pur avendo ricevuto il denaro, non furono capaci di tacere l'accaduto e testimoniarono di averlo visto risorto e di aver ricevuto del denaro dagli Ebrei.

Ho voluto riferirti quanto sopra, affinché nessuno asserisca diversamente o ritenga di dover credere alle parole menzognere degli Ebrei".

[43] Letta la lettera, Nerone domandò: "Dimmi, Pietro, stanno proprio così le cose?". Pietro rispose: "Sì, proprio così, o re. Questo Simone infatti è pieno di menzogne e di inganno anche se crede di essere ciò che non è, vale a dire Dio. Nel Signore mio Gesù Cristo, si trova invece tutta quella somma vittoria che egli, in virtù dell'economia divina per la salvezza degli uomini, volle benevolmente comunicare all'umanità".

[44] Simone rispose: "Non ti tollero più, Pietro! Ora comanderò ai miei angeli che vengano a vendicarmi di te". Pietro rispose: "Non temo i tuoi angeli, essi avranno piuttosto paura di me, in forza del mio Signore Gesù Cristo".

[45] Nerone disse: "Pietro, non temi Simone, il quale comprova la sua divinità con le opere?". Pietro rispose: "La divinità, o re, è in colui che scruta i segreti del cuore. Or dunque mi dica che cosa penso. Prima che costui mentisca io manifesterò il mio pensiero alle tue orecchie, affinché egli non osi poi asserire il falso circa la mia mente". Nerone gli disse: "Vieni qui e dimmi che cosa pensi". Pietro rispose: "Ordina che mi sia portato un pane d'orzo e mi sia dato di nascosto". Disse poi nuovamente Pietro: "Dì, Simone, qual è il mio pensiero, che cosa è stato detto, che cosa è accaduto?".

[46] Mancante.

[47] Simone disse: "Sappi, o re, che nessuno all'infuori di Dio conosce i pensieri degli uomini". Pietro gli rispose: "Tu dunque, che dici di essere figlio di Dio, dimmi che cosa penso, manifesta che cosa ho fatto or ora di nascosto?". Pietro aveva benedetto il pane d'orzo ricevuto e, spezzatolo con la destra e con la sinistra, lo aveva raccolto nelle maniche.

[48] Allora Simone, adirato di non sapere rispondere all'occulta domanda dell'apostolo, si mise a gridare dicendo: "Escano grandi cani e lo divorino alla presenza di Cesare". E all'istante apparvero dei cani grandi che si gettarono su Pietro. Ma Pietro stese le mani in preghiera e mostrò ai cani il pane che aveva benedetto. A quella vista i cani fuggirono e da quel momento non si fecero più vedere. Allora Pietro disse a Nerone "Ecco, o re, che ti ho fatto conoscere non con parole, ma con opere, come Simone sia un mago e un ingannatore. Dopo avere promesso infatti che contro di me si sarebbero gettati degli angeli, ha fatto venire invece dei cani, mostrando così di non disporre di angeli celesti, ma di cagnetti demoniaci".

[49] Allora Nerone disse a Simone: "Che ne dici, Simone; Penso che siamo sconfitti". Simone rispose: "Costui si è comportato con me allo stesso modo nella Giudea, in tutta la Palestina e a Cesarea".

[50] Nerone allora domandò, rivolto a Paolo: "Tu, perché non parli, Paolo?". Paolo rispose e disse: "Sappi, o re, che se tu mandi libero questo mago, lasciandolo compiere simili azioni, causerà un gravissimo male alla tua patria e sconvolgerà il regno con una guerra intestina". Nerone domandò a Simone "Tu, Simone, che rispondi a queste cose?". Simone rispose "Se io non mi manifesto chiaramente facendo vedere che sono un dio, nessuno mi presterà il culto dovuto". Nerone gli domandò: "E ora che aspetti, per dimostrare che sei un dio e far così punire costoro?".

[51] Simone disse: "Ordina di farmi costruire un'alta torre di legno. Salirò su di essa, chiamerò i miei angeli e, sotto gli occhi di tutti, ordinerò loro di trasportarmi in cielo da mio padre. Costoro non potranno fare questo, e apparirà come siano semplici uomini".

Nerone domandò a Pietro: "Hai udito, Pietro, ciò che ha detto Simone? Da ciò apparirà chi ha più forza, se lui o il vostro Dio". Pietro rispose: "Eccellentissimo re, se vuoi, puoi ben comprendere come non sia altro che impasto demoniaco". Nerone rispose: "Che cosa intendi con questo giro di parole? Il domani vi metterà alla prova".

[52] Simone disse: "O buon re, se credi che io sono un mago, fammi decapitare in un luogo oscuro e lasciami là ucciso; se nel terzo giorno io non risorgerò, saprai che io sono un mago, ma se risorgerò, sappi che io sono figlio di Dio".

[53] Così avvenne. Nerone comandò, ed egli, con la sua arte magica, fece in modo che al buio venisse decapitato un ariete, che, nel buio fino al momento della decapitazione, era apparso come Simone. Dopo averlo decapitato ne cercò la testa, la portò alla luce e si accorse che era quella di un ariete. Non volle però dire nulla al re, per non essere fustigato, dato che gli aveva comandato di agire all'oscuro.

Il terzo giorno, dopo avere rimosso, con la sua magia, le membra e la testa dell'ariete, Simone andava dicendo di essere risorto. Intanto il sangue si era coagulato sul posto. Nel terzo giorno si presentò a Nerone e gli disse: "Fa' pulire il mio sangue che è stato sparso! Ecco infatti che, io, decollato, nel terzo giorno sono risorto, come avevo promesso".

[54] Dottrina di Pietro e Paolo. Siccome Nerone aveva detto: "Il domani vi metterà alla prova", rivolto a Paolo, disse: "Tu, Paolo, perché non fiati?".

[55] Paolo rispose e disse: "Non ascoltare le parole di costui, o re. Egli infatti è un ingannatore e un mago e vuol portare alla rovina la tua anima e il tuo regno. Come i maghi egiziani Ianne e Iambre sedussero il faraone e il suo esercito fino a farli sprofondare in mare, così costui a causa della formazione ricevuta da suo padre, il diavolo, induce gli uomini a procurarsi molti mali. Tanti ingenui vengono così adescati ed è messo alla prova il tuo regno.

[56] Io confido nella potenza del mio Signore Gesù Cristo che presto manifesterà chi egli è. Quanto crede di innalzarsi fino in cielo, altrettanto sarà sprofondato nell'abisso infernale, dov'è pianto e stridore di denti".

[57] Nerone domandò: "Qual è la dottrina di Cristo, tuo maestro?". Paolo rispose: "Circa la dottrina del mio maestro, sulla quale mi interroghi, essa non è compresa se non da quelli che si rivolgono alla fede con cuore puro. Ciò che egli ha insegnato, non è altro che pace e amore. E anch'io, da Gerusalemme fino all'Illirio ho diffuso la parola della pace, come avevo da lui imparato.

[58] Ho insegnato infatti a prevenirsi reciprocamente con il rispetto; ho insegnato alle persone eminenti e ai ricchi a non insuperbirsi e non riporre la loro fiducia nell'incertezza delle ricchezze, ma a porre la loro speranza in Dio; ho insegnato ai poveri a godere della loro povertà; ho insegnato ai padri a educare i loro figli nel timore di Dio; ho insegnato ai figli a obbedire a genitori con comprensione salvifica; ho insegnato alle chiese dei credenti a credere in un solo Dio, padre onnipotente, invisibile e imperscrutabile, e nel suo Figlio unigenito, mio Signore Gesù Cristo.

[59] Questa è la mia dottrina, che non ricevetti da uomo, né per mezzo di un uomo, ma mi fu data da Gesù Cristo, che mi ha parlato dal cielo e mi ha mandato (affidandomi) il k‚rigma, dicendomi: "Va'! Io infatti sarò con te e giustificherò tutto ciò che farai e dirai!"".

[60] All'udire ciò, Nerone fu fuori di sé e, rivolto a Pietro domandò: "Tu che dici?". Pietro rispose: "Tutto ciò che ha detto Paolo è vero. E da molte lettere che abbiamo ricevuto dai nostri episcopi che si trovano in tutta l'ecumene, siamo venuti a conoscenza di quanto è accaduto e di quanto si diceva di lui. Essendo infatti egli difensore della legge, una voce di Cristo lo chiamò dal cielo e gli insegnò la verità. Egli non perseguitava la nostra fede per invidia, ma per ignoranza. Prima di noi c'erano stati infatti degli pseudocristi, come Simone, degli pseudoapostoli e degli pseudoprofeti i quali, agendo contro le Scritture, avevano tentato di annientare la verità. A causa di questi fu necessaria la scelta di quest'uomo che, fin da fanciullo, altro non aveva fatto che scrutare i misteri della legge divina: fondandosi su di essi sarebbe diventato vindice della verità e persecutore della menzogna. Non essendo la sua lotta mossa dall'invidia, ma dalla difesa della legge, la stessa verità parlò con lui dal cielo, dicendogli: "Io sono Gesù che tu perseguiti! Cessa dunque dal perseguitarmi, perché io sono la verità per la quale tu ti accanisci nella lotta contro i nemici della verità".

Quando dunque egli conobbe che le cose stavano così, abbandonò la causa che vendicava e cominciò a patrocinare il sentiero di Cristo, che è la via della verità per tutti coloro che in essa camminano con semplicità".

[61] Mentre Pietro così parlava, Simone disse a Nerone: "Comprendi, o buon re, che questi due si sono messi d'accordo contro di me. Io, infatti, sono la verità e costoro mi sono contrari". Pietro disse: "In te non c'è alcuna verità! Non fai che proferire menzogne".

[62Ä66] Mancanti.

[67] Simone disse: "Buon re, questi uomini si giocano della tua bontà e ti hanno ingannato". Nerone rispose: "Ma anche tu non mi hai ancora totalmente rassicurato a tuo riguardo". Simone rispose: "Dopo tante belle azioni e prodigi che ti ho mostrato, mi meraviglio che tu dubiti". Nerone rispose: "Io non concordo con alcuno di voi! Rispondi piuttosto a quello che ti domando".

[68] Simone rispose: "D'ora in poi non ti risponderò più!".

Nerone rispose: "Parli così perché sei menzognero. D'ora in poi non ti parlerò più, avendo constatato che sei bugiardo in tutto. Ma perché seguito a dire tante cose? Tutti e tre mi siete apparsi dubbi in tutto, tanto che non so più a che cosa credere".

[69] Pietro disse: "Noi predichiamo un unico Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto si trova in essi: egli è vero re e il suo regno non avrà fine!". Nerone domandò: "Chi è questo re?". Paolo rispose: "Il Signore e salvatore di tutte le genti". Simone disse: "Quello di cui parlate sono io e voi lo sapete, Paolo e Pietro, non vi è nascosto. Fate così solo perché io vi giudichi degni del martirio". Pietro e Paolo risposero: "Non ti accada mai nulla di bene, Simone mago, impasto di amarezza!".

[70] Simone disse: "Ascolta, Cesare Nerone! Affinché tu conosca ch'io sono stato mandato dal cielo, domani salirò nei cieli e renderò beati coloro che credono in me, ma mostrerò la mia ira contro tutti coloro che mi hanno rinnegato". Pietro e Paolo risposero: "Da molto tempo Dio ci ha chiamato nella sua gloria. Tu invece sei stato chiamato dal diavolo e ti affretti verso il castigo".

[71] Simone disse: "Buon re, ascoltami! Manda via da te questi pazzi, affinché, andato in cielo dal padre mio, io ti sia propizio". Nerone rispose: "Come sapremo che te ne vai in cielo?". Simone rispose: "Ordina di costruirmi una alta torre di legno, con travi lunghi, affinché, quand'io salirò su di essa, i miei angeli vengano a raggiungermi nell'aria; non possono infatti venire da me, sulla terra, tra i peccatori".

[72] Volo di Simone. Allora Nerone ordinò che fosse costruita una torre alta nel Campo Marzio. Qui doveva convenire tutto il popolo e le autorità militari per contemplare lo spettacolo. Nerone ordinò che anche Pietro e Paolo fossero presenti a questa adunanza, dicendo loro: "Ora deve manifestarsi la verità". Pietro e Paolo risposero: "Non saremo noi a svergognarlo, ma il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, quello che egli asserisce falsamente di essere".

[73] Paolo allora disse a Pietro: "A me spetta piegare le ginocchia e pregare Dio. A te, invece, intervenire se vedrai che pone mano a qualcosa. Tu infatti sei stato scelto per primo dal Signore". Paolo piegò le ginocchia e pregava, mentre Pietro disse a Simone: "Porta a compimento quanto hai iniziato! E' giunto, infatti, il tempo della tua infamia e della nostra chiamata: vedo infatti il mio Cristo che chiama me e Paolo".

[74] Nerone disse: "E dove andrete senza la mia volontà?". Pietro rispose: "Dove ci chiamerà il Signore nostro". Nerone domandò: "Chi è il vostro Signore?". Pietro rispose: "Gesù Cristo che io ho visto chiamarci". Nerone disse: "Anche voi dunque siete in procinto di salire in cielo?". Pietro rispose: "Se piace a colui che ci chiama".

Simone disse: "Affinché tu sappia, o re, che questi sono impostori, non appena sarò salito in cielo, ti manderò i miei angeli e ti farò venire da me". Nerone rispose: "Fa' presto! Voglio infatti vedere se adempi ciò che dici".

[75] Allora, dinanzi a tutti, Simone salì sulla torre con la testa incoronata di alloro, stese le mani e cominciò a volare. Vedendolo volare, Nerone disse a Pietro: "Simone è un uomo veritiero, mentre tu e Paolo siete ingannatori". Pietro gli rispose: "Presto saprai, o re, che noi siamo veri discepoli di Cristo, e che costui non è Cristo, ma mago e malfattore". Nerone disse: "E ancora insistete? Ecco, contemplatelo, mentre sta salendo in cielo".

[76] Allora Pietro si rivolse a Paolo e disse: "Paolo, alza gli occhi e guarda". Paolo alzò gli occhi pieni di lacrime alla vista di Simone che volava, e disse: "Pietro, che aspetti? Compi l'opera intrapresa! Il Signore nostro Gesù Cristo, infatti, ci chiama". Udendoli, Nerone sorrise e disse: "Costoro ormai si vedono vinti e delirano!". Pietro rispose: "Ora saprai che noi non deliriamo". Paolo disse a Pietro: "Fai pure ciò che vuoi fare!".

[77] Allora Pietro guardò verso Simone e disse: "Angeli di Satana che lo portate nell'aria, per sedurre il cuore degli uomini increduli, vi scongiuro per il Dio che ha creato tutto e per Gesù Cristo, che egli ha risuscitato da morte nel terzo giorno! Da questo momento non trasportatelo più, ma lasciatelo cadere!". All'istante, abbandonato, precipitò in un luogo detto via Sacra, si divise in quattro parti, unì insieme quattro selci rimaste unite fino a oggi, a testimonianza della vittoria degli apostoli.

[78] Martirio di Pietro e Paolo. Nerone, pieno d'ira, fece catturare Pietro e Paolo e li mise ai ceppi. Ordinò di conservare con cura per tre giorni il corpo di Simone, ritenendo che nel terzo giorno sarebbe risorto. Ma Pietro gli disse: "Costui non risorgerà più, essendo veramente morto e condannato al supplizio eterno".

Nerone gli domandò: "Chi ti ha permesso di compiere un tale misfatto?". Pietro rispose: "La sua contenzione, la sua mentalità malvagia e le sue bestemmie lo hanno condotto alla rovina". Nerone disse: "Mi siete persone sospette, perciò vi farò perire malamente". Pietro rispose: "Ciò che avviene non è quanto tu desideri, bensì è necessario che si adempia quanto ci ha promesso Cristo".

[79] Nerone, allora, chiamò il prefetto Agrippa e gli disse: "Bisogna far morire malamente gli uomini irreligiosi. Ordino dunque di fustigarli con cardi di ferro, di farli perire nella naumachia e di eliminare malamente tutti quelli dello stesso genere". Il prefetto Agrippa disse: "Non sembra conveniente, re buono, quanto comandi a proposito di questi irreligiosi". Nerone domandò: "E perché?". Agrippa rispose: "Perché Paolo pare innocente, mentre Pietro è reo di omicidio e di irreligiosità". Nerone domandò: "Come li faremo perire allora?". Il prefetto Agrippa rispose: "A quanto mi pare, ritengo giusto che a Paolo sia recisa la testa come irreligioso, mentre Pietro, che è anche reo di omicidio, sia innalzato in croce". Nerone rispose: "Hai giudicato egregiamente".

[80] Udita la sentenza, Pietro e Paolo furono allontanati dal cospetto di Nerone. Paolo fu condotto incatenato sul luogo della decapitazione, a tre miglia dalla città, sotto la scorta di tre soldati, di nobile stirpe. Allontanatisi dalla porta lo spazio del tiro di una freccia, andò loro incontro una pia donna, la quale, vedendo Paolo in catene, si sentì commuovere e scoppiò in lacrime. Il nome della donna era Perpetua e aveva un occhio solo. Vedendola piangere, Paolo le disse: "Dammi il tuo sudario; al mio ritorno, te lo restituirò". Lei prese il sudario, e subito glielo diede. I soldati si avvicinarono alla donna e le dissero: "Perché vuoi perdere il tuo fazzoletto, donna? Non sai che va alla decapitazione?". Ma Perpetua rispose loro: "Vi scongiuro per la salvezza di Cesare, quando lo decapiterete coprite i suoi occhi con quel fazzoletto". E così fu fatto.

Lo decapitarono presso il fondo delle Acque Salvie, vicino all'albero di pino. Secondo il volere di Dio, prima che i soldati ritornassero, il fazzoletto intriso di sangue fu restituito alla donna; e non appena lo portò, subito le si aprì l'occhio.

[81] I soldati presero poi san Pietro, e quando giunsero al luogo della crocifissione, il beato disse loro: "Il mio Signore Gesù Cristo, discese dal cielo in terra, fu crocifisso su di una croce diritta; siccome adesso si degna di chiamare in cielo me che provengo dalla terra, la mia croce deve essere piantata con la testa in giù, affinché io diriga i miei piedi verso il cielo. Non sono degno, infatti, di venire crocifisso come il mio Signore". Essi voltarono subito la croce e gli inchiodarono i piedi in alto.

[82] Si radunò una folla che sparlava di Cesare e di come farlo fuori. Ma Pietro li dissuadeva, dicendo: "Non adiratevi contro di lui, egli infatti è servo di suo padre, il diavolo. Io devo portare a compimento l'ordine del mio Signore. Alcuni giorni fa Agrippa si era sollevato contro di me: invitato dai fratelli sono uscito dalla città; ma mi venne incontro il Signore mio Gesù Cristo. Io lo adorai e gli dissi: "Signore, dove vai?". Mi rispose: "Seguimi, poiché a Roma debbo essere nuovamente crocifisso". E, seguendolo, ritornai a Roma. Ed egli mi disse: "Non temere, poiché io sono con te fino a quando ti avrò introdotto in casa del Padre mio".

[83] Perciò, figli miei, non impeditemi di seguire la mia via! I miei piedi sono già sulla via del cielo. Non affliggetevi, anzi rallegratevi, poiché oggi riceverò il premio delle mie fatiche". Ciò detto, proseguì così: "Ti ringrazio, buon pastore, poiché mi hai giudicato degno di questa ora. Ti supplico però, per le pecore che mi hai affidato e partecipano al mio dolore. Ti prego affinché abbiano parte con me nel tuo regno e non si accorgano di essere senza di me, avendo te come pastore per mezzo del quale io ho potuto pascere questo gregge". E così dicendo, spirò.

[84] Sepoltura e custodia dei corpi. Apparvero improvvisamente persone illustri, dall'aspetto forestiero che dicevano fra loro: "Siamo venuti da Gerusalemme per i santi prìncipi degli apostoli". Insieme a Marcello, persona distinta che aveva creduto a Pietro dopo aver abbandonato Simone, di nascosto ne presero il corpo e lo deposero sotto il terebinto, accanto al luogo della naumachia in Vaticano.

Intanto i tre soldati che avevano decapitato san Paolo, nello stesso giorno, dopo tre ore, stavano recando il decreto a Nerone allorché incontrarono Perpetua. Le dissero: "Che c'è, signora? Ti sei lasciata sottrarre il sudario". Ma lei rispose: "Me lo hanno restituito e il mio occhio si è riaperto. Quant'è vero che vive il Signore Dio di Paolo! L'ho supplicato anch'io, affinché mi sia concesso di diventare serva del Signore". Allora i soldati che avevano il decreto riconobbero il sudario e, constatando che il suo occhio si era riaperto, gridarono tutti insieme ad alta voce dicendo: "Anche noi siamo servi del Signore di Paolo!".

Perpetua allora andò a riferire al palazzo del re Nerone che i soldati che avevano decapitato Paolo dicevano: "Noi non entriamo più in città! Crediamo in Cristo e siamo cristiani!".

Allora Nerone, molto adirato, ordinò di incatenare e di imprigionare Perpetua, la quale aveva riferito a proposito dei soldati. Uno di questi egli lo fece decapitare, l'altro lo fece segare in due, il terzo lo fece lapidare ad un miglio circa dalla città, fuori della porta.

Perpetua si trovava in prigione; nella stessa prigione si trovava pure Potenziana, fanciulla timorata di Dio, perché aveva detto: "Abbandono i miei genitori e tutta la sostanza di mio padre e voglio diventare cristiana!". Unita a Perpetua, le narrò le cose riguardanti Paolo, e lei, all'udire ciò, lottò con ancora maggiore decisione per la fede di Cristo.

La moglie di Nerone era sorella di Potenziana la quale l'istruì segretamente su Cristo; sul fatto che chi crede in lui è reso partecipe di una gioia eterna, e che tutte le cose di quaggiù sono transitorie, mentre quelle di là sono eterne. E così anche lei fuggì dal palazzo insieme ad alcune mogli di senatori. Allora Nerone punì Perpetua con molti tormenti; infine le legò un macigno al collo e la fece gettare giù da un precipizio. Il suo corpo si trova alla porta Nomentana.

Potenziana passò poi molti supplizi; alla fine le prepararono una graticola e fecero fuoco per un intero giorno.

[85] Gli uomini che avevano detto di venire da Gerusalemme, dissero al popolo: "Gioite ed esultate giacché vi è concesso di avere grandi protettori, i santi apostoli e amici del Signore Gesù Cristo. Sappiate che il pessimo Nerone, dopo l'uccisione dei santi apostoli, non riuscirà più a mantenere il regno". [86] Dopo di ciò, per odio contro Nerone, si sollevò l'esercito e il popolo dei Romani. Nerone, appena se ne accorse, ebbe paura e fuggì in luoghi solitari e non fu più visto. Alcuni dissero che morì di fame e di freddo, e che il suo corpo fu sbranato dai lupi.

[87] Persone pie vennero dall'Oriente con l'intenzione di rapire i corpi dei santi apostoli e trasportarli in Oriente. Ma in città ci fu un grande terremoto; allora il popolo romano scappò e li pose in un luogo detto Catacomba, sulla via Appia, al terzo miglio. Quivi furono custoditi i corpi dei santi per un anno e sei mesi, fino a quando costruirono per loro i luoghi ove deporli. Il corpo del beato Pietro fu posto, con gloria e inni, in Vaticano, luogo vicino alla naumachia, quello invece del beato Paolo fu posto sulla via Ostiense, al secondo miglio della città.

Per le preghiere dei fedeli, avvengono in quei luoghi molti favori a quanti credono nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

[88] Il cammino dei santi apostoli e martiri di Cristo Pietro e Paolo ebbe fine il 29 giugno, quello dei tre soldati il 2 luglio, e quello di Perpetua e Potenziana il giorno 8 dello stesso mese di luglio.

Per la grazia e l'amore verso gli uomini del Signore nostro Gesù Cristo al quale con il Padre e lo Spirito santo, sia gloria, potenza e onore adesso e in eterno, nei secoli dei secoli. Amen.