ATTI DI ANDREA

 

1. MIRACOLI DEL BEATO ANDREA APOSTOLO *  

[1, 1] La regione di Andrea e la liberazione di Matteo. Dopo il nobile e glorioso trionfo dell'ascensione del Signore, gli apostoli si dispersero in diverse regioni per predicare la parola di Dio.

All'apostolo Andrea toccò predicare il Signore Gesù Cristo nella provincia dell'Acaia, mentre all'apostolo Matteo, che è pure evangelista, toccò annunziare la parola della salvezza nella città di Mirmidone. Ma gli abitanti di quella indegna città mal sopportando quanto udivano a proposito dei miracoli del nostro redentore e non volendo distruggere i propri templi, presero il beato apostolo, gli cavarono gli occhi, lo cacciarono in prigione con l'intenzione di ucciderlo pochi giorni appresso.

[2] L'angelo del Signore andò allora dall'apostolo Andrea e gli disse: "Alzati e va' nella città di Mirmidone e libera tuo fratello Matteo dallo squallore del carcere in cui si trova" Egli domandò: "Signore, ma io non conosco la strada! Co me andrò?". "Va' - rispose - alla spiaggia del mare; là troverai una nave: sali subito su di essa. Io, infatti, sarò la guida del tuo viaggio".

Andrea eseguì la parola del Signore: alla spiaggia trovò una nave e vi salì sopra; i venti furono favorevoli, navigò felicemente fino alla città e, appena oltrepassò la porta, andò al carcere.

Alla vista dell'apostolo Matteo che se ne stava con altri prigionieri nello squallore del carcere, pianse amarissimamente. Poi, dopo avere pregato insieme, Andrea disse: "Signore Gesù Cristo, che noi predichiamo fedelmente e per il cui nome sopportiamo tante cose, tu che con immensa bontà ti sei degnato di dare la vista ai ciechi, l'udito ai sordi, l'andatura ai paralitici, la purezza ai lebbrosi, la vita ai morti, apri, te ne prego, gli occhi del tuo servo affinché possa andare ad annunziare la tua parola".

[3] Improvvisamente, quel luogo tremò, nel carcere risplendette una grande luce, gli occhi del beato apostolo furono ristabiliti, furono infrante le catene di tutti, fu spaccato il legno nel quale erano avvinti i loro piedi, e tutti magnificavano Dio, dicendo: "Grande è il Dio predicato dai suoi servi!".

Dal beato Andrea furono poi estratti dal carcere ed ognuno se ne andò a casa sua; Matteo però si allontanò da quel luogo.

Predicazione nella città di Mirmidone. Dopo l'apostolo Andrea prese a predicare la parola del Signore Gesù agli abitanti. Ma quegli uomini ben sapendo quanto era accaduto ai rinchiusi in carcere, presero Andrea, gli legarono i piedi e lo trascinarono per le piazze della città.

[4] Già gli si strappavano i capelli dal capo e scorreva il sangue dalla testa, allorché pregò il Signore: "Apri, Signore te ne prego, gli occhi dei loro cuori affinché conoscano te vero Dio e desistano da questa iniquità. Non addossare loro questo peccato poiché non sanno ciò che fanno".

Improvvisamente, una grande paura si diffuse tra tutti gli abitanti di quella città tanto che, dopo avere liberato l'apostolo, dicevano: "Abbiamo peccato contro di te, ignari di quanto facevamo. Ti supplichiamo, dunque, Signore, di perdonare il nostro delitto e di indicarci la via della salvezza. Non discenda la collera di Dio su questa città!".

Mentre dicevano questo, erano prostrati al suolo davanti ai piedi di Andrea. Ed egli, dopo averli rialzati, prese a predicare loro il Signore Gesù Cristo, i miracoli che aveva fatto in questo mondo e come, con il proprio sangue, abbia redento il mondo che stava andando in rovina.

I credenti ricevettero la remissione dei peccati e furono battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.

[2, 1] Il cieco indemoniato. Allontanatosi da quel luogo, Andrea ritornò nella sua regione.

Mentre camminava con dei suoi discepoli, gli si avvicinò un cieco e gli disse: "Andrea, apostolo di Cristo, io so che tu puoi restituirmi la vista, ma non la voglio a meno che, te ne prego, tu ordini a quelli che sono con te di darmi del denaro affinché possa avere vitto e vestito a sufficienza".

[2] Il beato Andrea gli rispose: "So bene che questa non è la voce di un uomo, ma del diavolo che impedisce a questo uomo di riacquistare la vista". E rivoltosi a lui, gli toccò gli occhi e subito riacquistò la luce e glorificava Dio.

Siccome poi aveva un abito sporco e indecoroso, l'apostolo disse: "Toglietegli gli abiti sporchi e dategli un vestito nuovo".

E dato che si spogliavano quasi tutti, l'apostolo disse: "Basta! Prenda questo". Si prese così il vestito, ringraziò e ritornò a casa sua.

[3, 1] Il servo di Demetrio da Amasea. Demetrio, primo cittadino di Amasea, aveva un servo egiziano che amava con un amore eccezionale. Costui fu colpito da febbre ed esalò lo spirito. Venuto a conoscenza dei segni che faceva il beato apostolo, Demetrio andò da lui, si prostrò ai suoi piedi con lacrime e gli disse: "Ritengo che nulla ti sia difficile, ministro di Dio. Il mio ragazzo che amavo di amore eccezionale, è morto. Ti supplico di venire a casa mia e restituirmelo".

[2] All'udire ciò il beato apostolo, commosso per le sue lacrime, andò nella casa ove giaceva il ragazzo e, predicando ininterrottamente quanto concerne la salvezza del popolo, si rivolse al cadavere, dicendo: "Dico a te, ragazzo, in nome di Gesù Cristo, Figlio di Dio, alzati e sta' su sano e salvo". Subito il ragazzo egiziano s'alzò, ed egli lo restituì al suo signore.

Allora tutti coloro che ancora non credevano, credettero in Dio e furono battezzati dal santo apostolo.

[4, 1] Sostrato e la madre. Un ragazzo cristiano, di nome Sostrato, andò segretamente dal beato Andrea per dirgli: "Mia madre, invaghita della mia bellezza, mi perseguita di continuo affinché mi unisca a lei. Giudicando questo un'infamia, fuggii inorridito. Ma lei, mossa da fiele, andò dal proconsole accusandomi del suo crimine. So che, quando sarò accusato, non risponderò nulla: preferisco, invero, perdere la vita piuttosto di scoprire il crimine di mia madre. Ti confesso questo affinché abbi la compiacenza di supplicare il Signore per me acciocché non perda la vita, innocente".

[2] Mentre egli parlava così vennero i ministri del proconsole per prenderlo. Ma il beato apostolo, dopo aver fatto una preghiera, s'alzò e andò con il ragazzo.

La madre l'accusava insistentemente, affermando: "Costui, signor proconsole, dimentico dell'affetto della materna pietà, si rivolse a me con intenzione di stupro. A malapena riuscii a sottrarmi per non essere violata da lui".

Rivolto al ragazzo, il proconsole disse: "Ragazzo, dì se è vero quanto sostiene tua madre". Ma egli taceva. Il proconsole l'interrogò più volte, ma non rispose mai.

Siccome persisteva nel silenzio, il proconsole tenne consiglio con i suoi sul da farsi, mentre la madre del ragazzo prese a piangere. A lei, il beato apostolo Andrea disse: "O infelice, che elevi un pianto di amarezza per l'incesto che volevi compiere su tuo figlio! Sotto la fiamma della libidine, sei giunta a tal punto di concupiscenza da non temere di perdere il tuo unico figlio".

[3] Dopo che egli le parlò così, la donna disse: "Ascolta, proconsole! Dopo che mio figlio aveva tentato di agire così, si pose al seguito di quest'uomo e non si allontanò più da lui". Irritato da ciò, il proconsole ordinò che il ragazzo fosse chiuso in un otre da parricida e gettato nel fiume, e Andrea rinchiuso in carcere fino a quando fosse scelto il supplizio per eliminare anche lui.

Ma alla preghiera del beato apostolo vi fu un grande tuono e un terremoto: il proconsole cadde dalla sedia, tutti furono prostrati a terra, mentre la madre del ragazzo fu colpita e morì. Allora il proconsole si prostrò ai piedi del santo apostolo e disse: "Servo di Dio, abbi pietà di quelli che stanno per perire affinché non ci inghiottisca la terra".

Ed alla preghiera del beato apostolo, cessò il terremoto e si quietarono fulmini e tuoni. Egli poi, passando da quelli che giacevano a terra, li risanò tutti.

Il proconsole accolse la parola di Dio, credette nel Signore con tutta la sua famiglia e furono battezzati dall'apostolo di Dio.

[5, 1] Gratino e famiglia. Il figlio di Gratino di Sinope mentre si stava lavando nel bagno delle donne, fu colpito da forti dolori di testa ed era terribilmente tormentato da un demone. Allora Gratino mandò una lettera al proconsole nella quale domandava di supplicare Andrea perché andasse da lui, giacché egli era stato colpito dalla febbre ed era gravemente malato, sua moglie poi era gonfia a causa dell'idropisia. Alla preghiera del proconsole, Andrea salì su di un veicolo e andò nella città.

Quand'egli entrò in casa di Gratino lo spirito maligno agitò il ragazzo ed egli andò a prostrarsi ai piedi dell'apostolo. Egli lo rimproverò: "Allontanati dal servo di Dio - disse - nemico del genere umano!". E subito, con un grande grido s'allontanò.

[2] Andato poi al letto dell'uomo, disse: "Giustamente sei afflitto da una noiosa infermità, avendo tu abbandonato il letto matrimoniale per unirti a una prostituta. In nome del Signore nostro Gesù Cristo, alzati guarito e non peccare più per non cadere in una malattia più grave". E fu guarito.

Disse poi alla moglie: "La concupiscenza degli occhi ti ha sedotta ad abbandonare il marito per unirti ad altri". E proseguì: "Signore Gesù Cristo, supplico la tua pia misericordia di esaudire il tuo servo e concedere che qualora questa donna ritorni al fango della libidine dove s'era impigliata prima, non sia assolutamente guarita. Ma se tu, Signore, alla cui potenza sono note anche le cose future, sai che si potrà astenere da questo peccato, ordina che sia guarita".

[3] Mentre così parlava, il liquido se ne andò via dalla parte inferiore e fu risanata con suo marito.

Il beato apostolo spezzò il pane e glielo diede. Lei, ringraziando, lo prese e credette nel Signore con tutta la sua famiglia. D'allora in poi n‚ lei n‚ suo marito non caddero più nel peccato che precedentemente avevano commesso.

Per mezzo dei suoi servi, Gratino inviò poi grandi doni al santo apostolo: lui li seguì con la moglie e, prostrati davanti a lui, supplicavano che accettasse le loro offerte. Egli disse loro: "Non spetta a me, carissimi, accettare queste cose, tocca piuttosto a voi distribuirle ai bisognosi". E non ricevette nulla di quanto gli offrivano.

[6, 1] L'apostolo a Nicea. Dopo partì per Nicea ove sette demoni dimoravano tra le tombe poste a lato della strada. A mezzogiorno lanciavano sassi contro la gente e avevano già ucciso molti. All'arrivo del beato apostolo, tutta la città gli andò incontro con rami d'olivo, innalzando lodi e dicendo: "La nostra salvezza sta nelle tue mani, o uomo di Dio!".

Sentito come stavano le cose, il beato apostolo disse: "Se credete nel Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio onnipotente, con lo Spirito santo, un solo Dio, con il suo aiuto sarete liberati dall'infestazione dei demoni". Ma essi gridavano: "Crediamo qualsiasi cosa tu predichi e obbediremo al tuo comando, purché siamo liberati da questa minaccia".

[2] Egli ringraziando Dio della loro fede, ordinò che gli stessi demoni fossero presenti davanti a tutto il popolo: e vennero sotto forma di cani.

Rivolgendosi allora al popolo, il beato apostolo disse: "Ecco i demoni che vi hanno contrastato. Ma se crederete che, nel nome di Gesù Cristo, posso ordinare loro di lasciarvi stare, confessatelo qui davanti a me". Essi gridarono: "Crediamo che il Gesù Cristo che tu predichi è Figlio di Dio".

Allora il beato Andrea comandò ai demoni: "Andatevene in luoghi deserti e non coltivati, non siate più dannosi ad alcun uomo nel modo più assoluto, n‚ avvicinatevi ovunque è invocato il nome del Signore, nell'attesa di ricevere il supplizio del fuoco eterno che vi spetta". Mentre così parlava, i demoni mandarono un ruggito e scomparvero dagli occhi dei presenti, e la città fu così liberata.

Il beato apostolo li battezzò e assegnò loro Callisto, come vescovo: uomo saggio che osservava in modo irreprensibile quanto aveva ricevuto dal maestro.

[7, 1] Il giovane ucciso dai sette cani. Mentre egli si avvicinava alla porta di Nicodemia, si stava trasportando un morto su di una barella: il vecchio padre, sostenuto dalle braccia dei servi, solo a stento riusciva a seguire la sepoltura. Anche la madre aggravata dalla stessa età, con i capelli spettinati, seguiva il feretro lamentandosi a gran voce e dicendo: "Guai a me! Alla mia età devo mettere per la sepoltura del figlio quanto avevo preparato per la mia sepoltura!".

Mentre lamentandosi con queste e altre simili espressioni accompagnavano il cadavere gridando, giunse l'apostolo di Dio. Commosso dalle loro lacrime, disse: "Ditemi, vi prego, che è capitato a questo fanciullo per distoglierlo da questa luce?". Ma essi avevano paura e non risposero.

Allora l'apostolo udì questo dai servi: "Mentre questo giovane si trovava in camera da solo, giunsero improvvisamente sette cani e gli si scagliarono contro. Ridotto così miseramente a pezzi cadde a terra e morì".

Allora il beato Andrea sospirando e alzando gli occhi al cielo, disse, tra le lacrime: "So, Signore, che si tratta dell'insidia di quei demoni ch'io ho cacciato dalla città di Nicea. E ora, Gesù benigno, ti supplico di risuscitarlo affinché il nemico del genere umano non si rallegri della sua morte". Così dicendo, si rivolse al padre: "Che mi darai, se ti restituirò tuo figlio sano e salvo?". Quello gli rispose: "Non ho nulla più prezioso di lui; se, dunque, dietro il tuo ordine, egli risorgerà alla vita, darò lui".

[2] Il beato apostolo allargando nuovamente le braccia verso il cielo, pregò: "Ritorni, ti prego, Signore, l'anima del fanciullo, affinché tutti abbandonino gli idoli e si convertano a te. La sua rianimazione sia la salvezza di tutti coloro che stanno per perire, e così più non siano sotto il dominio della morte, bensì, divenuti tuoi, meritino la vita eterna". I fedeli risposero: "Amen!".

Ed egli rivolto al morto, disse: "In nome di Gesù Cristo, alzati e stai dritto sui tuoi piedi!". Subito risorse tra lo stupore del popolo, mentre tutti i presenti gridavano a gran voce: "Grande è il Dio Cristo, predicato dal suo servo Andrea". I parenti del fanciullo diedero al loro figlio molti doni, che egli offrì al beato apostolo; ma questi non accettò nulla. Ordinò invece al fanciullo di seguirlo fino in Macedonia istruendolo con le parole di salvezza.

[8, 1] Viaggio a Bisanzio. Partito di lì, l'apostolo del Signore salì in una nave diretta verso il mare dell'Ellesponto: navigava diretto a Bisanzio. Ma ecco che incapparono in un mare tempestoso, dominato da un forte vento, tanto che la nave stava per affondare. Mentre tutti si aspettavano la fine, il beato Andrea pregò il Signore, poi comandò al vento e lo fece tacere; le onde del mare si quietarono e ritornò la bonaccia. Liberati tutti dal presente pericolo, giunsero a Bisanzio.

[9, 1] Di qui proseguirono per la Tracia. Qui, da lontano, videro una folla di uomini che portavano in mano spade e lance come se li volessero assalire. Appena li scorse, l'apostolo Andrea fece verso di loro il segno di croce, dicendo: "Ti prego, Signore, di far cadere a terra il loro padre che li ha istigati a fare questo. La potenza divina li sconvolga, sicché non possano nuocere a quanti sperano in te".

[2] Allorché diceva questo, un angelo del Signore passò con grande splendore, toccò le loro spade e tutti caddero bocconi, e quando passò il beato apostolo non ne ebbe nocumento alcuno: gettate le spade, tutti, infatti, lo adoravano. L'angelo del Signore si allontanò poi da loro con un grande chiarore.

[10, 1] Il santo apostolo quando giunse a Perinto, città marittima della Tracia, trovò una nave in partenza per la Macedonia. Gli apparve nuovamente un angelo del Signore e gli ordinò di imbarcarsi sulla nave.

[2] Predicando egli in nave la parola di Dio, il nocchiero e tutti quelli che erano con lui credettero nel Signore Gesù Cristo. L'apostolo santo glorificava Dio che anche in mare non mancasse chi prestasse orecchio alla sua predicazione e credesse nel Figlio di Dio onnipotente.

[11, 1] I fratelli di Filippi. A Filippi c'erano due fratelli, uno dei quali aveva due figli, l'altro due figlie, ed essendo nobili, avevano molti beni. Uno disse all'altro: "Abbiamo abbondantissime ricchezze, ma tra i cittadini non ve n'è alcuno degno di unirsi alla nostra stirpe. Su, facciamo un'unica famiglia: i miei figli prendano le tue figlie, e così le nostre ricchezze resteranno più facilmente unite". Questo parlare fu gradito al fratello e fecero un patto al quale si obbligarono con la caparra inviata dal padre dei giovani.

Giunto il giorno delle nozze si fece sentire da loro la parola del Signore, dicendo: "Non unite i vostri figli fino a quando non venga il mio servo Andrea".

[2] Tre giorni dopo venne il beato apostolo. Vedendolo, se ne rallegrarono molto, gli andarono incontro con corone, si prostrarono ai suoi piedi e dissero: "Essendo stati avvertiti, aspettavamo, servo di Dio, la tua venuta affinché ci dica che dobbiamo fare. Ci giunse, infatti, la parola di aspettarti e ci fu detto di non unire i nostri figli prima della tua venuta".

Il volto del beato apostolo era allora splendente come il sole, tanto che tutti ne erano ammirati e onoravano Dio. L'apostolo rispose: "Figlioli, non vogliate, non vogliate lasciarvi ingannare, non vogliate ingannare questi giovani ai quali può apparire un'azione giusta. Fate piuttosto penitenza, avendo peccato contro il Signore volendo unire in matrimonio dei consanguinei. Noi n‚ allontaniamo n‚ evitiamo le nozze giacché, fin da principio, Dio ha ordinato che maschio e femmina si unissero, condanniamo però gli incesti".

[3] Dopo che ebbe parlato così, i loro parenti furono commossi e dissero: "Ti domandiamo, signore, di supplicare per noi il tuo Dio poiché è nell'ignoranza che abbiamo compiuto questo delitto".

I giovani, poi, vedendo splendere il volto dell'apostolo come il volto di un angelo di Dio, dicevano: "La tua dottrina è grande e integra, uomo beato, e non lo sapevamo! Ora conosciamo che Dio parla per mezzo tuo". L'apostolo santo rispose: "Conservate senza macchia quanto avete udito, e il Signore sarà con voi e riceverete la ricompensa della vostra condotta, cioè la vita sempiterna, che non ha fine". Così dicendo l'apostolo li benedisse e tacque.

[12, 1] La domanda del giovane Essuo. A Tessalonica c'era un giovane molto nobile e ricco, di nome Essuo. All'insaputa dei suoi parenti, andò dall'apostolo e, prostratosi ai suoi piedi, lo supplicava dicendo: "Servo di Dio, indicami, ti prego, la via della verità. Ho saputo, infatti, che tu sei un vero ministro di colui che ti ha mandato". Il santo apostolo gli predicò il Signore Gesù Cristo: il giovane credette, si aggregò al santo apostolo, più non ricordò i parenti n‚ ebbe cura delle ricchezze.

Ma i parenti lo cercavano e, saputo che si trovava a Filippi con l'apostolo, andarono con doni pregandolo che si separasse da lui; ma egli non voleva. Diceva: "Volesse Iddio che non aveste neppure queste ricchezze, bensì conoscendo l'autore del mondo, che è il vero Dio, liberaste le vostre anime dall'ira futura".

[2] Il santo apostolo, lasciato il ritiro, prese a predicare loro la parola di Dio. Ma essi non volevano ascoltare. Ritornò allora al giovane e chiuse la porta di casa. Ma essi radunarono una coorte e poi andarono a incendiare la casa in cui si trovava il giovane, dicendo: "Perisca il giovane che abbandonò parenti e patria!".

Con fascine e fiaccole incominciarono a dare fuoco alla casa. Quando già le fiamme erano alte, il giovane prese un'ampolla d'acqua, e disse: "Signore Gesù Cristo, tu che hai in tuo potere la natura di tutti gli elementi, tu che abbeveri quanto è arido e fai seccare quanto è bagnato, tu che estingui quanto è infuocato e accendi quanto è spento, spegni questi fuochi affinché i tuoi non si raffreddino, ma si accendano alla fede". Così dicendo, sparse l'acqua dell'ampolla e subito tutto l'incendio si spense quasi che non fosse mai stato acceso.

[3] A questa vista, i parenti del giovane, dicevano: "Ecco che nostro figlio è già divenuto mago!". E, presa una scala, volevano salire fino al ritiro per ucciderlo con la spada. Ma il Signore li accecò, tanto che non vedevano i gradini della scala. E mentre persistevano in questa perversità, un cittadino di nome Lisimaco, disse: "Perché, uomini, vi affaticate per nulla? Dio, infatti, combatte in favore di queste persone e voi lo ignorate? Desistete da questa follia affinché l'ira celeste non vi distrugga".

Allora, con il cuore pentito, tutti presero a dire: "Colui che questi venerano e che noi abbiamo tentato di perseguitare, è il vero Dio!".

Mentre essi così parlavano e già calavano le ombre della notte, improvvisamente risplendette una luce e illuminò gli occhi di tutti. Salirono dunque là ove si trovava l'apostolo di Cristo e lo trovarono in preghiera; prostrati anch'essi a terra esclamavano: "Ti preghiamo, Signore, di pregare per i tuoi servi sedotti dall'errore".

[4] Era tanto il pentimento del cuore di tutti, che Lisimaco disse: "Cristo, predicato dal suo servo Andrea, è veramente Figlio di Dio!". Rialzati poi dall'apostolo, furono corroborati nella fede: soltanto i parenti del giovane non vollero credere; maledicendo l'adolescente se ne ritornarono in patria e presentarono i loro averi alle pubbliche autorità. E dopo cinquanta giorni morirono tutti e due nello spazio di un'ora. Ma siccome gli uomini di quella città volevano bene al giovane a causa della sua bontà e dolcezza, la pubblica autorità gli concesse tutto il patrimonio e così venne a possedere tutto quanto avevano posseduto i suoi parenti. Con ciò però non si allontanava dall'apostolo, bensì distribuiva i proventi dei campi per i bisogni dei poveri e per le cure degli indigenti.

[13, 1] Il figlio di Carpiano. Poi il giovane supplicò il beato apostolo affinché andassero insieme in Tessalonica. Quando giunsero, tutti gli si fecero intorno, lieti di rivedere il giovane.

Radunatisi tutti nel teatro, il giovane predicava loro la parola di Dio: l'apostolo se ne stava zitto e tutti ammiravano la sua prudenza. E gridarono: "Salva il figlio del nostro concittadino Carpiano; egli infatti è molto malato e noi crediamo nel Gesù che tu predichi". Il beato apostolo rispose loro: "Davanti a Dio non c'è nulla di impossibile. Ma abbiate fede, conducetelo qui al nostro cospetto e il Signore Gesù Cristo lo guarirà".

[2] Allora suo padre andò a casa e disse al fanciullo: "Oggi sarai guarito, carissimo figlio Adimato"; così si chiamava il fanciullo. Questi rispose: "Si è proprio avverato il mio sogno! In visione mi apparve, infatti, quest'uomo che mi avrebbe guarito". Così dicendo indossò i suoi abiti, s'alzò da letto e, di corsa, si diresse al teatro per non essere seguito dai parenti. Prostratosi ai piedi del beato apostolo ringraziava della riacquistata salute.

La gente stupiva nel vederlo camminare dopo ventitr‚ anni e dava gloria a Dio dicendo: "Non c'è alcuno che sia simile al Dio di Andrea!".

[14, 1] Il giovane soffocato. Un cittadino che aveva un figlio colpito da uno spirito immondo, pregava il beato apostolo dicendo: "Uomo di Dio, guarisci, te ne prego, mio figlio, tormentato malamente dal demonio". Ma il demonio, saputo che sarebbe stato scacciato, spinse il figlio in una cella segreta e lo soffocò strozzando con il laccio l'anima sua. Il padre del fanciullo, trovatolo morto, pianse molto e disse ai suoi amici: "Portate il cadavere al teatro. Confido, infatti, che potrà essere risuscitato dall'ospite che predica il vero Dio".

[2] Quando fu trasportato e posto davanti all'apostolo, egli raccontò come fosse stato ucciso dal demonio, e disse: "Uomo di Dio, credo che, per opera tua, egli potrà risorgere". L'apostolo rivoltosi al popolo, domandò: "A che giova, uomini di Tessalonica, che vediate queste cose, se poi non credete?". Ma gli risposero: "Non dubitare, uomo di Dio! Quando costui sarà risorto, noi tutti crederemo". A queste parole l'apostolo disse: "In nome di Gesù Cristo, alzati, fanciullo!". E subito risorse.

Tutto il popolo, stupefatto, gridava: "Basta! Ora crediamo tutti al Dio che tu, servo di Dio, predichi". Siccome era già calata la notte, lo accompagnarono a casa con fiaccole e lucerne, l'introdussero a casa sua ove per tre giorni li istruì sulle cose di Dio.

[15, 1] Il figlio di Medea. Andò da lui un certo uomo di Filippi di nome Medea il cui figlio era ammalato in uno stato di estrema debolezza. Disse all'apostolo: "Uomo di Dio, ti supplico di restituirmi mio figlio, il cui corpo è ora in stato di estrema debolezza". Così dicendo, piangeva molto.

Il beato apostolo, asciugandogli le guance e accarezzandogli il capo, diceva: "Sii forte, figlio! Credi soltanto, e i tuoi desideri saranno realizzati". E, presogli la mano, si diresse a Filippi.

[2] Mentre entrava dalla porta della città, un vecchio gli andò incontro pregando per i figli che, per una colpa indicibile, Medea aveva condannato alla pena del carcere ed erano coperti di ulcere purulente.

Il santo apostolo, rivoltosi a Medea, disse: "Ascolta, uomo! Tu preghi affinché tuo figlio sia guarito mentre presso di te sono trattenute prigioniere persone dalle carni bruciate. Or dunque, se vuoi che le tue preghiere giungano a Dio, sciogli prima le catene dei miseri, e il tuo figlio sarà liberato dalla debolezza. Vedo, infatti, che la tua malizia rappresenta un impedimento alle mie preghiere".

Allora Medea cadde ai suoi piedi e, baciandoli, disse: "Siano sciolti sia questi due che altri sette dei quali non hai saputo nulla, purché mio figlio sia guarito". E ordinò che fossero presentati davanti al beato apostolo, il quale pose su di loro le mani, per tre giorni lavò le loro piaghe, li restituì alla sanità e diede loro la libertà.

Il giorno appresso disse al giovane: "In nome del Signore Gesù Cristo che mi ha mandato a curare la tua infermità, alzati!".

E, presogli la mano, lo sollevò: subito s'alzò e camminava glorificando Dio. Il giovane che per ventidue anni era stato debole si chiamava Filionide.

[3] Siccome la gente gridava e diceva: "Servo di Dio, Andrea, guarisci anche i nostri malati!", l'apostolo disse al giovane: "Va' per le case ove ci sono malati e nel nome di Gesù Cristo, nel quale sei stato guarito, tu ordina loro di alzarsi". Ed egli, tra lo stupore della gente, andò per le case ove c'erano malati, e con l'invocazione del nome di Cristo restituiva loro la salute. Tutto il popolo credette e, offrendo regali, domandavano di ascoltare la parola di Dio. Ma il beato apostolo predicava la parola e non prendeva alcun regalo.

[16, 1] La figlia di Nicola. Un cittadino di nome Nicola mostrò una carrozza dorata con quattro candidi muli e l'offrì al beato apostolo, dicendo: "Prendi, servo di Dio; tra quanto mi appartiene non trovai nulla di più amabile; desidero solo che sia guarita mia figlia tormentata da una grave tortura".

E il beato apostolo a lui: "Accetto i tuoi doni, Nicola, ma non questi visibili. Se, infatti, per tua figlia offri quanto avevi di prezioso a casa, tanto più devi offrire per la tua anima!

[2] Da te desidero ricevere questo: che l'uomo interiore conosca il vero Dio suo fattore e creatore di tutte le cose, che respinga le cose terrene e desideri le celesti, che trascuri le caduche e ami le durature, che rinneghi le cose visibili e che con la contemplazione scorga le tensioni spirituali, affinché tu, dopo avere esercitato i sensi in queste cose, possa meritare di raggiungere la vita eterna, e in quelle gioie eterne goda anche di questa figlia restituita alla sanità".

Così dicendo li persuase tutti ad abbandonare gli idoli e a credere nel Dio vero. Guarì poi la figlia di Nicola dalla sua infermità e tutti lo magnificavano. Mentre nell'intera Macedonia si diffondeva la fama dei prodigi che operava sopra gli infermi.

[17, 1] Un indemoniato. Il giorno seguente, mentre egli insegnava, un giovane gridò a gran voce: "Che c'è tra te e noi Andrea, servo di Dio? Sei venuto per toglierci dalle nostre dimore?". Allora il beato apostolo chiamò a s‚ il giovane, e disse: "Racconta, operatore di delitti, quale sia il tuo lavoro". Ed egli: "Io ho dimorato in questo giovane fin dalla sua fanciullezza, pensando che mai ne sarei stato allontanato. Ma tre giorni addietro ho udito suo padre che diceva a un amico: "Vado da un uomo, Andrea, che è servo di Dio ed egli guarirà mio figlio". Ed ora temendo i tormenti ai quali tu ci condanni, sono venuto per uscire da lui davanti a te". Così dicendo, si prostrò ai piedi dell'apostolo e uscì dal giovane, il quale guarì e s'alzò glorificando Dio.

[2] Era così grande la grazia da Dio concessa al santo apostolo, che spontaneamente venivano tutti a sentire la parola della salvezza, dicendo: "Spiegaci, uomo di Dio, chi è il vero Dio nel cui nome guarisci i nostri malati".

Ma anche i filosofi andavano a discutere con lui e nessuno poteva resistere al suo insegnamento.

[18, 1] Il proconsole Virino e i suoi soldati. Mentre accadevano queste cose venne fuori un nemico della predicazione apostolica e andò dal proconsole Virino, dicendo: "A Tessalonica venne un uomo iniquo che predica la distruzione dei templi degli dèi, l'eliminazione delle cerimonie e lo sradicamento di tutte le norme dell'antica legge. Predica il culto di un solo Dio, del quale afferma di essere servo".

Udito ciò, il proconsole mandò soldati con cavalieri affinché lo conducessero in sua presenza. Giunti, costoro, alla porta della casa nella quale avevano saputo che si trovava l'apostolo, entrarono, ma videro il suo volto risplendere di un tale fulgore che ne rimasero atterriti e caddero ai suoi piedi. Il beato apostolo stava proprio raccontando ai presenti quanto, a suo riguardo, era stato detto al proconsole. Giunse intanto una moltitudine con spade e bastoni, nell'intento di uccidere i soldati, ma il santo apostolo lo proibì.

[2] Intanto il proconsole, vedendo che l'apostolo non gli era stato condotto come aveva ordinato, fremette come un leone e mandò altri venti soldati. Anche questi salirono nella casa, ma alla vista dell'apostolo restarono turbati e non dissero nulla. Udito ciò, il proconsole montò sulle furie e inviò un grande numero di soldati affinché lo portassero davanti a lui con la forza.

Appena li vide, l'apostolo disse: "Siete, forse, venuti per me?". Ed essi: "Per te, se tu sei quel mago che predica di non venerare gli dèi". Egli rispose: "Io non sono un mago, ma un apostolo del mio Dio Gesù Cristo, ch'io predico".

Mentre capitavano queste cose, un soldato, trascinato da un demone, estrasse la spada, esclamando: "Che c'è tra me e te, proconsole Virino, che mi hai mandato da un uomo che non solo mi può scacciare da questo vaso, ma può anche bruciarmi con i suoi miracoli? Volesse il cielo che tu gli venissi incontro e non facessi alcun male contro di lui!". Terminato che ebbe di dire questo, il demone si allontanò dal soldato il quale cadde e morì.

[3] Nel mentre giunse il proconsole, tutto furente, e pur stando presso il santo apostolo non riusciva a vederlo. Ma egli disse: "Io sono colui che tu cerchi, proconsole!". Immediatamente gli si aprirono gli occhi, lo vide e disse sdegnato: "Che genere di pazzia è questa? Tu disprezzi il nostro ordine e sottoponi alle tue parole i nostri ministri? E' chiaro che tu sei mago e malefico. Ora ti sottoporrò alle fiere per il disprezzo degli dèi e di noi, e allora vedrai se il crocifisso che tu predichi ti potrà liberare". Il beato apostolo rispose: "E' necessario che tu creda, proconsole, al Dio vero e a suo Figlio Gesù Cristo da lui mandato, particolarmente vedendo come sia interessato anche uno dei tuoi soldati".

[4] Prostratosi in preghiera il santo apostolo elevò per lungo tempo preghiere al Signore, poi toccò il soldato, dicendo: "Alzati! Ti risuscita il mio Dio Gesù Cristo, ch'io predico". Subito il soldato s'alzò e stette dritto sano e salvo.

Siccome il popolo esclamava: "Gloria al nostro Dio!", il proconsole disse: "Non crediate, gente, non crediate al mago!".

Ma il popolo gridava: "Questa non è magia, ma insegnamento sano e vero". Il proconsole replicò: "Quest'uomo lo darò alle fiere! Ed a vostro riguardo scriverò al Cesare affinché vi faccia perire al più presto, giacché vilipendete le sue leggi". Il popolo voleva coprirlo con pietre e diceva: "Sì, scrivi pure al Cesare che i Macedoni hanno accolto la parola di Dio e, disprezzando gli idoli, adorano il Dio vero".

[5] L'apostolo condannato alle fiere. Allora il proconsole se ne andò adirato al pretorio. Al mattino fece immettere fiere nello stadio e poi ordinò che fosse trascinato il beato apostolo e gettato nello stadio. Fu preso, dunque, tirato per i capelli, spinto con bastoni e, gettato nell'arena. Liberarono un cinghiale feroce e terribile: questo fece, per tre volte, il giro del santo di Dio, ma non gli fece nulla. Alla vista di ciò, il popolo diede gloria a Dio.

Ma il proconsole ordinò nuovamente di liberare un toro: condotto da trenta soldati e spinto da due cacciatori, non toccò Andrea, bensì fece a pezzi i cacciatori, poi mandò un muggito, cadde e morì. Subito, il popolo acclamò dicendo: "Cristo è il vero Dio!".

Mentre accadevano tali cose, fu visto un angelo di Dio discendere dal cielo per confortare il santo apostolo nello stadio.

[6] Finalmente il proconsole, furente, ordinò di liberare un ferocissimo leopardo. Appena liberato, scansò il popolo, salì al sedile del proconsole, afferrò suo figlio e lo soffocò. Ma il proconsole era sotto una tale demenza che di fronte a tutte queste cose n‚ si doleva n‚ parlava.

Allora il beato apostolo disse, rivolto al popolo: "Ora sappiate che venerate il Dio vero, per opera del quale sono state vinte le bestie, mentre il proconsole Virino lo ignora. Ma affinché crediate con più facilità io risusciterò anche suo figlio nel nome di Cristo che predico, e lo stoltissimo suo padre ne resterà confuso". Prostratosi a terra, pregò molto a lungo; poi afferrata la mano del soffocato lo risuscitò. A questa vista, il popolo magnificava Dio e voleva uccidere Virino, ma l'apostolo non lo permise. Virino, confuso, si ritirò nel suo pretorio.

[19, 1] Il serpente straordinario. Quando accadevano queste cose, un giovane che era con l'apostolo, raccontò alla madre quanto era avvenuto e l'indusse ad andare incontro al santo: lei andò, gli si prostrò ai piedi e anelava ascoltare la parola di Dio. Poi, quand'ebbe terminata la predicazione, lo supplicò di andare in un suo campo ove c'era un serpente di straordinaria grandezza che devastava tutta la zona.

Quando l'apostolo si stava avvicinando, esso gli andò incontro a testa alta, emettendo grandi sibili. Era lungo cinquanta cubiti e tutti i presenti, atterriti dalla paura, si prostrarono a terra. Il santo di Dio gli disse: "Nascondi la testa, o funesto, che hai eretto in principio a rovina del genere umano, assoggettati ai servi di Dio e muori!". All'istante, il serpente emise un terribile ruggito, circondò una vicina quercia, le si avvolse stretto e, vomitando un fiume di veleno e sangue, morì.

[2] Il santo apostolo giunse poi al campo della donna ove giaceva morto un bambino che era stato percosso dal serpente. Vedendo i suoi parenti piangere, disse loro: "Il nostro Dio, che vuole la vostra salvezza, mi ha mandato qui affinché crediate in lui. Or dunque andate a vedere l'uccisore di vostro figlio, morto". Essi risposero: "Se vediamo che è stato vendicato, noi non rimpiangeremo la morte del figlio".

Quando questi se ne furono andati, l'apostolo disse alla moglie del proconsole: "Va' a risuscitare il bambino!". E lei, senza alcuna esitazione, andò là ove era il corpo e disse: "In nome del mio Dio Gesù Cristo, alzati fanciullo, sano e salvo"; e subito risorse. I suoi parenti, visto il serpente morto, ritornarono lieti e trovarono il loro figlio vivo: si prostrarono allora ai piedi dell'apostolo e ringraziavano.

[20, 1] Un sogno dell'apostolo. Il giorno appresso il beato apostolo vide un sogno che raccontò così ai fratelli: "Ascoltate, carissimi, il mio sogno. Vidi un monte straordinariamente alto spoglio di qualsiasi cosa terrena ad eccezione di una luce così splendente che pareva illuminasse tutto il mondo. Ed ecco accanto a me i carissimi fratelli apostoli Pietro e Giovanni. Giovanni stese una mano all'apostolo Pietro e l'innalzò in cima al monte, poi, rivoltosi a me, mi pregò di salire dopo Pietro, dicendo: "Andrea, tu berrai il calice di Pietro"! Poi, stese le mani, mi disse: "Avvicinati, allunga le tue mani per avvicinarle alle mie e unire il tuo capo al mio capo". Ciò fatto, mi trovai più piccolo di Giovanni. Poi mi disse: "Vuoi conoscere il significato di quanto tu vedi e chi sia colui che ti parla?" e io: "Desidero conoscere queste cose". Ed egli a me: "Io sono la Parola della croce dalla quale prossimamente tu penderai per il nome di colui che tu predichi". Mi disse pure molte altre cose che ora è necessario tacere, ma appariranno manifeste allorché mi accosterò a questa immolazione.

[2] Si radunino ora tutti coloro che hanno accolto la parola di Dio e io li raccomanderò al Signore Gesù Cristo affinché voglia custodirli immacolati nella sua dottrina. Io ormai mi stacco dal corpo e vado a raggiungere quella promessa che si è degnato concedermi il dominatore dei cieli e della terra, Figlio del Dio onnipotente, che con lo Spirito santo, vero Dio, vive per sempre nei secoli".

Udendo queste cose, i fratelli piangevano molto e con un grande gemito colpivano con le mani le loro facce.

Quando furono tutti radunati, disse nuovamente: "Sappi te, carissimi, ch'io sto per allontanarmi da voi. Ma credo che Gesù, del quale predico la parola, vi custodirà dal male, sicché il nemico non sradicherà il seme che ho seminato tra voi, cioè la conoscenza e la dottrina di Gesù Cristo, mio Signore. Voi dunque pregate con costanza, e perseverate forti nella fede, sicché, eliminata ogni zizzania di scandalo, il Signore si degni di raccogliervi nel granaio celeste come grano puro".

[3] E così per cinque giorni li ammaestrava e confermava nei precetti di Dio. Poi, allargate le mani, pregò il Signore, dicendo: "Custodisci, ti prego, Signore, questo gregge che già ha conosciuto la tua salvezza, sicché contro di lui non prevalga il maligno e ottenga di custodire inviolato per tutti i secoli quanto, per tuo ordine, io ho trasmesso ed egli ha accolto". Allorché terminò di dire ciò, tutti i presenti risposero: "Amen".

Egli allora prese del pane, ringraziò, lo spezzò e ne diede a tutti, dicendo: "Accogliete la grazia che Cristo Signore, nostro Dio, vi offre per mezzo di me, suo servo". Dopo avere baciato e raccomandato al Signore ognuno, partì per Tessalonica: qui rimase due giorni poi si allontanò da essi.

[21, 1] Da Tessalonica a Patrasso Molti fedeli della Macedonia lo accompagnarono con due navi. Nel desiderio di sentire le sue parole, tutti bramavano salire sulla nave nella quale viaggiava l'apostolo, affinché anche in mare non mancasse loro la parola di Dio. Ma l'apostolo disse loro: "Conosco il vostro desiderio, però questa nave è troppo piccola. I fanciulli e il bagaglio siano dunque caricati sulla nave più grande; voi, invece, salite su questa più piccola e viaggeremo insieme". Diede loro Antimo affinché li consolasse, poi ordinò che salissero su di un'altra nave che doveva essere sempre vicina alla sua in modo che anch'essi lo potessero vedere e udire la parola di Dio.

[2] Mentre egli prendeva un po' di sonno, a causa di un leggero colpo di vento uno cadde in mare. Antimo lo svegliò, dicendogli: "Aiuto, dottore buono! E' perito uno dei tuoi servi". Appena si svegliò, l'apostolo rimproverò e fece quietare il vento, e il mare ritornò tranquillo; mentre l'uomo, che era caduto, fu accompagnato alla nave con l'aiuto dell'onda e Antimo, presolo per mano, lo tirò sulla nave. Tutti ammirarono la virtù dell'apostolo e il fatto che fosse obbedito anche dal mare.

Il dodicesimo giorno approdarono a Patrasso, città dell'Acaia. Scesi dalla nave presero posto in un albergo.

[22, 1] Il proconsole Lisbio. Siccome molti lo pregavano che andasse in casa loro, egli rispose: "Viva il Signore! Non andrò se non dove mi ordinerà il Signore". Ma nel sonno notturno non ebbe alcuna rivelazione.

Essendone triste, il giorno appresso udì una voce che gli diceva: "Io sono sempre con te, Andrea, e non ti abbandono". Udito ciò, glorificò Dio per la visione.

Il proconsole Lisbio fu avvertito, in sogno, di accogliere l'uomo di Dio. Mandò dunque dall'uomo che aveva dato loro ospitalità affinché gli conducesse il beato apostolo. A questa notizia, andò dal proconsole, entrò nella sua camera e lo trovò disteso con gli occhi chiusi quasi fosse morto. Gli diede allora un pizzico a un fianco e gli disse: "Alzati e raccontaci quanto ti è accaduto!".

[2] "Io - rispose - odiavo la via che tu insegni e ho inviato delle navi con soldati al proconsole della Macedonia affinché ti mandasse incatenato qui da me, per condannarti a morte, ma a causa di naufragi non riuscirono ad arrivare dove erano stati mandati. Persistendo io nella mia intenzione di annientare la tua vita, mi apparvero due Etiopi che mi colpirono con flagelli, dicendo: "Non abbiamo qui più alcun potere perché venne quell'uomo che tu volevi perseguitare. Ma in questa notte nella quale abbiamo ancora potere ci vendichiamo contro di te". E lasciatomi gravemente ferito si allontanarono da me. Tu ora, uomo di Dio, supplica il Signore affinché, perdonandomi questo delitto, io sia guarito dall'infermità che mi ha colpito".

Dopo che ebbe terminato di raccontare questo davanti a tutto il popolo, il beato apostolo predicò subito la parola di Dio e credettero tutti. Il proconsole poi, guarito, credette e fu confermato nella fede.

[23, 1] La concubina Trofima. Allora Trofima, che una volta era stata concubina del proconsole e che ora si era già associata a un altro uomo, aderì all'insegnamento apostolico e perciò a volte andava in casa del proconsole ove insegnava sempre l'apostolo. Il suo uomo, adirato, andò dalla sua signora e le disse: "Memore della condotta di prostituta che aveva tenuto con il signor mio proconsole, ora è nuovamente ritornata a lui". E lei, piena di fiele, esclamò: "Per questo motivo, dunque, mio marito mi ha abbandonato e ormai da sei mesi non si unisce più a me! Egli ama la sua ancella!". Chiamato il procuratore, ordinò che fosse condannata per prostituzione e, senza indugio, fu condotta al postribolo e affidata al mezzano.

[2] Ma Lisbio non sapeva nulla di tutto ciò: la cercava, ma era illuso dalla moglie. Lei poi, entrata nel postribolo, pregava con assiduità: quando venivano quelli che volevano toccarla lei poneva il vangelo che portava seco sul suo petto e subito chi le si avvicinava perdeva le forze. Un giorno venne un uomo impudicissimo per oltraggiarla e, siccome lei resisteva, quello le stracciò le vesti, e il vangelo cadde a terra. Allora Trofima, lacrimando, stese la mani al cielo e disse: "Tu, Signore, in nome del quale io amo la castità, non permettere che sia contaminata". Subito le apparve un angelo del Signore, e il giovane cadde morto ai suoi piedi, mentre lei, rasserenata, benediceva e glorificava il Signore che non aveva permesso che si facesse beffa di lei. Ma poi, nel nome di Gesù Cristo, risuscitò il giovane e tutta la città accorse a vedere questo spettacolo.

[3] La moglie del proconsole andò invece al bagno con il suo procuratore. E mentre si lavavano apparve loro un terribile demone che li percosse tutti e due e caddero morti. Si elevò allora un gran pianto, mentre all'apostolo e al proconsole fu comunicato che sua moglie era morta con un mezzano.

A questa notizia, il beato Andrea disse al popolo: "Vedete, carissimi, quanto sia grande il potere del nemico! Trofima, infatti, fu condannata al postribolo a causa della sua pudicizia, ma ora è apparso il giudizio di Dio: la madre di famiglia che la fece condannare al postribolo, fu colpita al bagno con il suo mezzano e morì".

Mentre egli diceva questo, giunse la sua nutrice, che per l'età avanzata era retta da altri, con le vesti stracciate e alte grida. Posta davanti all'apostolo incominciò a pregare, dicendo: "Sappiamo che sei amato da Dio e che il tuo Dio ti concede qualsiasi cosa tu gli domandi. Abbi pietà di me, risuscitala!". Commosso dalle lacrime della donna, il beato apostolo si rivolse al proconsole e gli disse: "Vuoi che sia risuscitata?". "Non sia mai, rispose, che viva colei che ha commesso in casa mia una tale infamia". E l'apostolo: "Non agire così - disse - dobbiamo avere misericordia di chi si pente, affinché anche noi otteniamo misericordia da Dio".

[4] Callista moglie del proconsole. Dopo queste parole, il proconsole andò al pretorio, mentre il santo apostolo ordinò che fosse portato il corpo. Poi, avvicinatosi, disse: "Ti prego, Gesù Cristo, Signore benigno, affinché questa donna sia risuscitata e conoscano tutti che tu solo, Signore Dio, sei misericordioso e giusto e non permetti che periscano gli innocenti". Toccò poi la testa della donna, dicendo: "In nome di Gesù Cristo, mio Dio, alzati!". Subito la donna risorse e, a faccia bassa, piangendo e gemendo, guardava a terra. L'apostolo le disse: "Entra in camera tua e prega ritirata, fino a quando il Signore ti conforterà". Lei rispose: "Fammi prima rappacificare con Trofima, contro la quale ho agito così male". Il santo apostolo rispose: "Non temere! Trofima, infatti, non si ricorda più del male, n‚ attende la vendetta, bensì ringrazia Dio di tutto ciò che le è accaduto". E chiamata Trofima la rappacificò con Callista, la moglie del proconsole risuscitata.

Lisbio fece tanto progresso nella fede che un giorno si accostò all'apostolo e gli confessò tutti i suoi peccati. L'apostolo gli disse: "Ringrazio il Signore, figlio, che tu temi il giudizio futuro. Comportati virilmente e abbi fiducia nel Signore al quale credi". E, tenendolo per mano, camminava lungo la spiaggia.

[24, 1] Il giovane Filopatore annegato e risuscitato. Dopo la passeggiata si sedettero e con essi si sedettero sulla sabbia anche tutti quelli che erano con loro per ascoltare la parola di Dio. Quand'ecco sulla spiaggia, ai piedi dell'apostolo, il cadavere di una persona uccisa e gettata in mare.

Allora sant'Andrea apostolo esultò nel Signore, e disse: "Bisogna che costui sia risuscitato affinché conosciamo che cosa gli ha fatto il nemico". Poi elevò una preghiera, prese il morto per mano, lo alzò, e subito rivisse e prese a parlare. Siccome era nudo, gli diede la tunica e gli domandò: "Racconta ed esponi per ordine tutto ciò che ti è capitato".

Ed egli rispose: "Chiunque tu sia, uomo, non ti nasconderò nulla. Io sono figlio di Sostrato, cittadino macedone, giunto da poco dall'Italia. Quando giunsi a casa, udii che era sorta una nuova dottrina, mai sentita prima da alcun uomo, non solo, ma che da un certo maestro, che affermava di essere discepolo del vero Dio, erano compiuti segni, prodigi e guarigioni molteplici. Quando ebbi notizia di queste cose, mi preparai per poterlo vedere. Ritenevo, infatti, che uno che operava tali cose non poteva essere che Dio. Mentre dunque navigavo con i miei servi e amici, si scatenò una tempesta e a causa del mare mosso siamo stati sepolti dalle onde. Volesse il cielo che fossimo stati gettati tutti insieme, di modo che anch'essi fossero poi risuscitati da te come lo fui io!".

[2] Mentre diceva questo rimuginava molto in cuor suo riflettendo che proprio quello doveva essere l'apostolo che cercava. Gli si gettò, dunque, ai piedi dicendo: "So che tu sei il servo del vero Dio! Ti supplico per coloro che erano con me, affinché anch'essi, con il tuo intervento, ottengano la vita e conoscano il Dio vero che tu predichi". Allora il santo apostolo, pieno di Spirito santo, gli predicava costantemente la parola di Dio, mentre il giovane ammirava il suo insegnamento. E aperte le mani, disse: "Fai apparire, Signore, te ne prego, anche i cadaveri degli altri morti affinché anch'essi conoscano te, solo Dio vero".

Dopo che egli parlò così, subito apparvero sulla spiaggia trentanove corpi trasportati con l'aiuto delle onde. Allora il giovane prese a piangere e con lui tutti gli altri prostrati ai piedi dell'apostolo e lo pregavano affinché anche essi fossero risuscitati. Ma Filopatore, questo era il nome del giovane, diceva: "La benevolenza di mio padre, con le cose necessarie, mi ha fornito anche di molto denaro. Quando udrà quanto mi è accaduto bestemmierà il tuo Dio e rifiuterà il tuo insegnamento. Non voglia il cielo che sia così!".

[3] Mentre tutti piangevano, l'apostolo pregò che tutti i corpi si radunassero insieme: erano, infatti, stati gettati sparsi. Quando furono radunati insieme, l'apostolo domandò: "Chi vuoi che sia risuscitato per primo?". Rispose: "Varo, mio fratello di latte". Allora, in ginocchio per terra, le mani aperte verso il cielo, pregò molto a lungo con lacrime, dicendo: "Gesù buono, risuscita questo morto, nutrito con Filopatore, affinché conosca la tua gloria e sia magnificato il tuo nome tra i popoli". Il giovane subito s'alzò e tutti i presenti ne furono stupiti. L'apostolo pregò nuovamente su di ognuno, dicendo: "Ti prego, Signore Gesù, affinché risorgano anche questi, trasportati dal profondo del mare". Poi ordinò che ognuno dei fratelli, tenendo per mano un morto, dicesse: "Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, ti risuscita!". Ciò fatto, i trentotto risuscitarono, e i presenti glorificarono Dio dicendo: "Non c'è alcuno simile a te, Signore!".

Lisbio poi offrì a Filopatore molti doni, dicendo: "Non rattristarti per la perdita delle ricchezze e non ti allontanare dal servo di Dio". E restava sempre con l'apostolo, attento a tutto quanto era detto da lui.

[25, 1] A Corinto da Calliope. C'era una donna di nome Calliope che, sposata con un omicida, rimase illecitamente incinta. Quando giunse il momento del parto era avvinta da grandi dolori, ma non riusciva a partorire. Disse allora a sua sorella: "Va', ti prego, a invocare la nostra dea Diana affinché abbia pietà di me". Lei, infatti, aveva amore per la partoriente.

Mentre la sorella compiva quanto le era stato comandato, di notte andò da lei il diavolo e le disse: "Perché mi supplichi inutilmente, dato che non ti posso essere utile? Va' piuttosto dall'apostolo di Dio Andrea, in Acaia: egli avrà misericordia di tua sorella". La donna allora s'alzò, andò dall'apostolo e gli raccontò tutte queste cose. Ed egli, senza indugio, andò a Corinto in casa della donna malata; con lui c'era anche il proconsole Lisbio.

[2] Alla vista della donna torturata dal tormento dei dolori lancinanti, il beato apostolo, disse: "Giustamente soffri! Malamente ti sei sposata, con inganno hai concepito, e perciò soffri intollerabili dolori. Sei andata inoltre a consultare i demoni che non possono giovare n‚ a se stessi n‚ ad alcun altro. Credi, ora, in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e partorisci! Tuttavia quello che indegnamente hai concepito sarà morto". La donna credette e, usciti tutti dalla camera, partorì un morto e fu così liberata dai dolori.

[26, 1] Andrea e Filopatore. Mentre il beato apostolo, a Corinto, seguitava a compiere molti segni e prodigi, Sostrato, padre di Filopatore, fu avvertito in sogno di visitare l'apostolo. Giunse dunque in Acaia, ma non trovandolo, andò a Corinto.

Stava passeggiando con Lisbio e altri allorché Sostrato riconobbe quello che gli era stato mostrato in sogno e, abbracciatogli i piedi, disse: "Ti prego di avere misericordia di me, servo di Dio, come hai avuto misericordia di mio figlio". Filopatore disse all'apostolo: "Questo che vedi è mio padre. Egli ora domanda che cosa debba fare". Il beato apostolo rispose. "So che è venuto da noi per conoscere la verità. Ringraziamo il Signore nostro Gesù Cristo che volle rivelarsi ai credenti". Leonzio, servo di Sostrato, gli disse: "Vedi di quale luce risplende il volto di questo uomo?". Egli rispose: "Vedo, carissimo! Non allontaniamoci quindi da lui ma viviamo con lui e ascoltiamo le parole di vita eterna".

[2] Il giorno seguente offrì all'apostolo molti doni. Ma il santo di Dio rispose: "Non è mia abitudine ricevere alcunché da voi. Il mio guadagno siete voi stessi allorché crederete in Gesù che mi ha mandato a evangelizzare in questo luogo. Se avessi desiderato del denaro, avrei già trovato Lisbio che è più ricco e mi potrebbe arricchire molto. Per me, infatti, i vostri doni sono le cose che giovano alla vostra salvezza".

[27, 1] Andrea al bagno. Pochi giorni dopo diede ordine che gli si preparasse un bagno. Quando giunse per lavarsi, vide un vecchio indemoniato che tremava molto. Mentre lo stava osservando, un giovane uscì dalla piscina, si gettò ai piedi dell'apostolo dicendo: "Che c'è tra noi e te, Andrea? Sei venuto qui per scacciarci dalle nostre dimore?". Dritto, davanti a tutto il popolo, l'apostolo rispose: "Non abbiate timore! Credete in Gesù, nostro salvatore". Avendo risposto tutti: "Crediamo a ciò che tu predichi!", egli sgridò ambedue i demoni; questi abbandonarono i corpi degli ossessi, sicché tanto il vecchio che il giovane se ne tornarono a casa liberi.

[2] Mentre il beato apostolo si lavava, affermava che il nemico del genere umano tende insidie ovunque sia nei bagni che nei fiumi e che perciò si deve invocare costantemente il nome del Signore affinché colui che tende le insidie non raggiunga il suo scopo. Di fronte a questo, i cittadini giungevano portando malati che ponevano davanti a lui, e venivano guariti.

Ma anche da altre città giungevano con malati: anch'essi venivano guariti e ascoltavano volentieri la parola di Dio.

[28, 1] Il vecchio peccatore Nicola. Accadevano queste cose, allorché un vecchio, di nome Nicola, giunse dall'apostolo con gli abiti stracciati, dicendo: "Servo di Dio, settantaquattro sono gli anni della mia vita, e mai mi sono allontanato da azioni impure, da prostitute e dalla fornicazione, spesso fui spinto ciecamente al postribolo e praticavo cose illecite. E' ora il terzo giorno che sento parlare dei miracoli che fai e della tua predicazione piena di parole vitali. Riflettevo dunque di abbandonare questa mia condotta e venire da te affinché mi indirizzi verso cose migliori. Ma mentre pensavo a ciò, sentivo in me un sentimento contrario che mi suggeriva di lasciare stare e di non compiere il bene al quale riflettevo. Lottando dunque così con la mia coscienza, presi il vangelo e pregai il Signore affinché mi facesse, una buona volta, dimenticare quelle cose. Ma dopo pochi giorni, dimentico del vangelo che avevo addosso e infiammato da un pensiero perverso andai nuovamente al postribolo. Ed ecco che là una prostituta, appena mi vide, disse: "Esci, vecchio, esci! Tu sei, infatti, un angelo di Dio. Non toccarmi n‚ avvicinarti a questo luogo. Io vedo in te un grande mistero!". E mentre, meravigliato, riflettevo quale fosse il significato di tutto ciò, mi ricordai di avere con me il vangelo. Allora me ne tornai indietro e venni da te, servo di Dio, affinché abbia pietà dei miei errori. Ho, infatti, la più grande speranza di non perire, se tu pregherai per la mia miseria".

[2] Udito questo, il beato Andrea espose molte cose contro la fornicazione. Poi, inginocchiatosi, apri le mani, e pregava in silenzio mandando gemiti e piangendo dall'ora sesta fino all'ora nona del giorno. Quando poi s'alzò si lavò la faccia, ma non volle prendere nulla. Diceva: "Non mangerò fino a quando non saprò se Dio avrà misericordia di quest'uomo e se sarà annoverato tra i salvati".

Digiunò ancora il giorno appresso ma su quell'uomo non gli fu rivelato nulla fino al quinto giorno, allorché, piangendo, esclamava: "Signore, otteniamo la tua misericordia per i morti, e costui, che desidera conoscere le tue grandezze, perché non ritorna affinché tu lo possa guarire?". Appena disse così giunse una voce dal cielo, dicendo: "Andrea, otterrai (quanto chiedi) per il vecchio! Ma come tu ti sei logorato con digiuni, così anch'egli, per salvarsi, si applichi al digiuno".

Chiamatolo, gli predicò l'astinenza. Nel sesto giorno convocò i suoi e li invitò a pregare per lui; e prostrati a terra, pregavano: "Signore, pio e misericordioso, perdona a quest'uomo il suo delitto". Dopo di ciò mangiò e permise a tutti gli altri di mangiare.

[3] Ritornato a casa sua, distribuì ai bisognosi tutto quello che aveva, fece poi così tanta penitenza che per sei mesi non si nutriva d'altro che di acqua e pane secco. Terminata l'equa penitenza, passò da questo mondo. Il beato apostolo non era presente, ma nel luogo in cui si trovava udì una voce "Andrea! Nicola, per il quale tu hai pregato è diventato mio". Allora ringraziò, comunicò ai fratelli che Nicola aveva abbandonato il corpo e pregò affinché riposasse in pace.

[29, 1] Andrea a Megara. Nel luogo in cui si trovava, andò da lui Antifane, cittadino di Megara, e gli disse: "Beato Andrea, se in te c'è bontà, conforme al precetto del Salvatore che tu predichi, dimostrala liberando la mia casa dall'insidia che la minaccia: è, infatti, molto tormentata".

Il santo apostolo gli disse: "Racconta, uomo, che cosa ti è capitato". Ed egli: "Ritornando a casa da un viaggio, mentre passavo per la porta del mio atrio, udii la voce del portiere che gridava miseramente. Quando domandai il perché di quelle grida, i presenti mi risposero che lui, moglie e figlio erano malamente tormentati dal demonio. Salito poi ai piani superiori della casa, vidi altri servi che stridevano i denti e, guardandomi con un riso insano, volevano gettarsi contro di me. Oltrepassati questi, salii ancora ai piani superiori ove giaceva mia moglie terribilmente bastonata da costoro; ed era così sconvolta per la sopportazione di quella follia che, con i capelli sugli occhi, non poteva n‚ guardare n‚ riconoscere. Ti prego di restituirmi soltanto questa; degli altri non mi curo".

[2] Allora il santo apostolo ne fu commosso e disse: "Presso Dio non esistono preferenze. Egli, infatti, venne per salvare tutti coloro che periscono". E proseguì: "Andiamo a casa sua!".

Quando, preceduto da uno spartano, giunse a Megara, appena entrarono per la porta di casa tutti i demoni gridarono a una sola voce: "Perché, sant'Andrea, ci perseguiti qui? Perché entri in una casa che non è tua? Tieni quanto è tuo, e non avere l'ardire di penetrare là dove non ti è concesso". Ma il santo apostolo, molto stupito da tutto ciò, salì nella camera ove giaceva la donna, e, fatta una preghiera, le prese la mano e disse: "Il Signore Gesù Cristo ti guarisce!". E subito la donna s'alzò dal letto ove giaceva e benedisse Dio.

Così con l'imposizione delle mani, restituì pure la salute a ognuno di coloro che erano tormentati dal demonio. Di lì in poi ebbe in Antifane e sua moglie due validissimi aiuti per la predicazione della parola di Dio.

[30, 1] Massimilla, moglie del proconsole Egea. Quando giunse nella città di Patrasso, dove il proconsole Egea era succeduto a Lisbio, gli si avvicinò una donna di nome Efidama, che si era convertita alla dottrina da un certo Sosia, discepolo di un apostolico e abbracciando i piedi del beato apostolo, disse: "Sant'Andrea, la mia signora Massimilla colpita da grande febbre, ti prega di andare da lei. Volentieri, infatti, desidera ascoltare la tua dottrina. Il proconsole, suo marito, sta davanti al lettuccio e, piangendo, tiene in mano la spada per trafiggersi non appena lei avrà esalato lo spirito".

Allora, preceduto da Efidama, andò nella camera dove giaceva la donna malata. Visto il preside, con la spada sguainata, disse: "Non farti alcun male ora. Metti la spada al suo posto. Verrà il tempo in cui sarà da sguainare per noi". Ma il preside non comprese nulla e fece posto a colui che si avvicinava.

[2] Giunto davanti al letto dell'inferma, l'apostolo fece una preghiera. Poi le prese una mano e subito la donna sudò abbondantemente, la febbre la lasciò e l'apostolo ordinò che le fosse dato da mangiare.

Il proconsole, infine, offrì al santo di Dio cento pezzi d'argento, il quale, però, non volle neppure guardarli.

[31, 1] Molte guarigioni. Allontanatosi di là, vide un uomo senza forza che giaceva nell'immondezza e al quale molti cittadini offrivano l'elemosina affinché potesse mangiare. L'apostolo gli disse: "In nome di Gesù Cristo, alzati guarito!". E subito s'alzò e glorificava Dio.

[32, 1] Andato in un altro luogo, e visto un uomo cieco con la moglie e il figlio, disse: "Questa è proprio un'opera del diavolo! Ecco quelli che ha accecati nella mente e nel corpo!". E proseguì: "In nome del mio Dio, Gesù Cristo, io vi restituisco la luce degli occhi corporali. Egli poi si degni di illuminare le tenebre delle vostre menti affinché, conosciuta la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, possiate essere salvi". Impose su di loro le mani e aprì i loro occhi. Ed essi, prostratisi, baciavano i suoi piedi e dicevano: "Non c'è altro Dio all'infuori di quello che predica il suo servo Andrea".

[33, 1] Il marinaio malato. Vedendo questi segni, uno gli disse: "Ti prego, servo di Dio, di degnarti andare fino al porto ove si trova un uomo, figlio di un certo marinaio, che da cinquant'anni, espulso da casa, in una debolezza estrema, giace sulla spiaggia: e a nulla gli valsero le cure mediche. E' pieno di piaghe ed è un brulichio di vermi".

[2] Quando questi terminò di dire tali cose, il beato apostolo lo seguì fino a lui. L'infermo lo guardò e domandò: "Sei tu, forse, il discepolo di quel Dio che è il solo che può salvare?". Il santo apostolo gli rispose: "Io sono colui che, in nome del mio Dio, ti ridà la salute". E aggiunse: "In nome di Gesù Cristo, alzati e seguimi!". Abbandonati i panni purulenti e putrefatti, mentre sul suo corpo scorrevano vermi e pus, egli lo seguiva.

[3] Arrivati al mare, entrarono tutt'e due nell'acqua, e il santo apostolo, lavandolo in nome della santa Trinità, lo guarì in modo così perfetto che sul suo corpo non appariva più alcun indizio di quella malattia.

[34, 1] Mentre per opera del beato apostolo accadevano queste cose a Patrasso, venne dall'Italia Stratocleo, fratello del proconsole. Ed ecco uno dei servi che gli era molto caro, di nome Algmana, colpito da uno stimolo demoniaco, giaceva nell'atrio con la bava alla bocca: e ne derivò un grande tumulto.

Quando a Stratocleo furono riferite queste cose, fu colpito da un forte dolore e disse: "Fossi stato ingoiato dal mare, piuttosto che assistere a queste cose a proposito del servo!". Alla vista del suo dolore Massimilla e Efidama gli dicono: "Non rattristarti, fratello! Presto il servo sarà guarito. C'è qui, infatti, un uomo di Dio che, insegnando la via della salvezza, allontana molti dalla malattia restituendoli alla sanità completa. Mandiamolo a chiamare e il giovane guarirà subito".

[2] Quando finalmente raggiunsero l'apostolo, lo pregarono per il servo; ed egli presagli la mano disse: "Alzati, giovane, in nome di Gesù Cristo, mio Dio, ch'io predico". E subito s'alzò sano e salvo. Stratocleo allora credette nel Signore e, corroborato nella fede, non si allontanava dall'apostolo, ma gli era sempre vicino e ascoltava la parola della salvezza.

[35, 1] Costanza di Massimilla e condanna di Andrea. Massimilla venendo quotidianamente al pretorio chiamava l'apostolo e ascoltava da lui la parola di Dio, giacché il proconsole si era allontanato da Patrasso ed era andato in Macedonia. Era, infatti, grandemente indignato contro l'apostolo per il fatto che sua moglie Massimilla, dopo che aveva accolto la parola, più non si univa a lui.

[2] Ritornato poi mentre tutti se ne stavano seduti nel pretorio ad ascoltare la parola di Dio, furono sconcertati temendo che compisse qualche atto di prepotenza. Allora il santo apostolo pregò, dicendo: "Non permettere, Signore, che il proconsole entri in questo luogo fino a tanto che tutti se ne siano usciti". All'istante il proconsole sentì il bisogno di purgarsi il ventre; e mentre, andato alla ritirata, stava ritardando, il santo apostolo impose le mani su ognuno, li segnò e permise loro di andarsene; per ultimo segnò se stesso e se ne andò.

Non appena trovava il tempo, Massimilla andava dal santo apostolo e, ascoltata la parola di Dio, se ne ritornava a casa sua.

[36, 1] Dopo queste cose il beato apostolo fu preso dal proconsole Egea e messo in carcere. Tutti si radunavano da lui per sentire la parola della salvezza ed egli non cessava di predicare, notte e giorno, la parola di Dio.

Ma dopo pochi giorni fu estratto dal carcere, fu colpito molto gravemente e sospeso a una croce dalla quale pendette per tre giorni senza desistere dal predicare il Signore salvatore; nel terzo giorno, mentre tutto il popolo piangeva, egli esalò lo spirito, come è dichiarato abbondantemente nella lettura della sua passione.

[2] Sepoltura e miracoli. Il suo beato corpo fu preso da Massimilla, fu aromatizzato con profumi e posto nel sepolcro: su di esso pregava assiduamente il Signore, supplicando affinché il beato apostolo si ricordasse di lei.

[37, 1] Da questo sepolcro scaturiva manna sotto forma di farina e olio dal profumo gradevolissimo dal quale gli abitanti di quella regione deducono quale sarà la fertilità dell'anno in corso.

Se ne scaturisce poco, la terra produrrà poco frutto; se invece esce copioso, grande sarà l'abbondanza offerta dalla terra. Si dice, infatti, che quest'olio scorra fino in mezzo alla santa basilica, come abbiamo scritto nel primo libro dei miracoli.

[2] L'epilogo. Non abbiamo seguito anche l'ordine della sua passione, perché abbiamo constatato che fu scritto in modo molto pratico ed elegante da un altro.

[38, 1] Questo è quanto io, con bocca indegna, con linguaggio rustico, con coscienza cattiva, ho osato divulgare a proposito dei miracoli del beato Andrea apostolo supplicando la sua misericordia affinché come nel giorno della sua nascita io uscii dall'utero materno, così per sua intercessione sia liberato dall'inferno, e come iniziai il corso di questa vita nel giorno della sua passione, così egli si degni unirmi a se stesso come suo discepolo. E poiché una grande quantità di misfatti ci tiene lontani da più grandi meriti, io, temerario, oso chiedere soltanto questo: quando, dopo il giudizio, sarà reso conforme al corpo del Signore splendente di gloria, ottenga almeno che non sia negato il perdono ai miei gravissimi peccati.

E' terminato il libro del vescovo Gregorio di Tours sui prodigi e miracoli del beato Andrea apostolo.

 

 

2. MARTIRIO DI SANT'ANDREA APOSTOLO *

(Passio sancti Andreae apostoli)  

[1, 1] Prologo. Martirio di sant'Andrea apostolo visto con i nostri occhi. Noi tutti i presbiteri e i diaconi delle Chiese di Acaia ci rivolgiamo a tutte le Chiese che sono in Oriente e in Occidente, a mezzogiorno e a settentrione stabilite nel nome di Cristo. Pace a voi e a tutti quanti credono in un solo Dio perfetto nella Trinità: vero Padre, non generato, vero Figlio unigenito, vero Spirito santo procedente dal Padre e dimorante nel Figlio, sicché appare come uno solo sia lo Spirito nel Padre e nel Figlio e come questo sia il Figlio unigenito e quello colui che generò. Questa fede l'abbiamo imparata da sant'Andrea apostolo del Signore nostro Gesù Cristo, il cui martirio, da noi visto di presenza, esporremo per quanto ci è possibile.

[2, 1] Il mistero della croce. Quando dunque entrò nella città di Patrasso il proconsole Egea, iniziò a obbligare i credenti in Cristo a offrire sacrifici agli idoli. Andò allora da lui sant'Andrea e gli disse: "Sarebbe necessario che tu che hai meritato di essere giudice degli uomini, conoscessi il tuo giudice che è in cielo e, conosciutolo, lo venerassi e, venerando colui che è il vero Dio, distogliessi il tuo animo da coloro che non sono veri dei".

Egea gli rispose: "Sei tu l'Andrea che distrugge i templi degli dèi e spinge gli uomini verso una setta superstiziosa, or ora scoperta, che i prìncipi romani ordinarono di sradicare?".

[2] Andrea rispose: "I prìncipi romani ancora non hanno conosciuto che il Figlio di Dio, venuto per la salvezza degli uomini, ha insegnato che gli idoli non soltanto non sono dèi, ma sono demoni pessimi e nemici del genere umano che insegnarono agli uomini a offendere Dio, affinché, offeso, si allontani e non dia ascolto, ed essendosi allontanato e non esaudendo, essi restino prigionieri del diavolo il quale seguita ad ingannarli fino a quando escano dal corpo colpevoli e nudi portando con s‚ null'altro all'infuori dei peccati".

[3, 1] Egea rispose: "Appunto perché il vostro Gesù predicava queste superstiziose e vane parole, gli Ebrei lo affissero al patibolo della croce".

Andrea rispose: "Oh, se tu volessi conoscere il mistero della croce e con quale ragionevole amore l'autore del genere umano ha accolto il patibolo della croce, non malvolentieri`, ma spontaneamente per la nostra salvezza!". Egea disse: "E' noto che fu tradito da un suo discepolo, che fu arrestato dagli Ebrei, condotto davanti al preside e che, su richiesta degli Ebrei, fu crocifisso dai soldati del preside: come puoi asserire che ha subito il patibolo della croce spontaneamente?".

[2] Andrea rispose: "Dico "spontaneamente" perché ero con lui quando fu tradito da un suo discepolo, e perché prima di essere tradito ci disse che sarebbe stato tradito e crocifisso per la salvezza degli uomini, e predisse che sarebbe risorto nel terzo giorno. E allorché mio fratello Pietro gli disse: "Abbiti riguardo, Signore! Che ciò non avvenga!", rispose a Pietro così: "Indietro, Satana! Tu non sai comprendere le cose di Dio". Per farci conoscere in modo più completo che accoglieva il martirio spontaneamente, ci diceva: [3] "Ho la facoltà di deporre la mia anima e ho la facoltà di riprendermela". Infine, mentre cenava con noi, disse: "Uno di voi sta per tradirmi!". Siccome dopo questa frase tutti ci rattristammo, per non lasciare alcun dubbio lancinante aggiunse: "E' colui al quale, di mia mano, darò un pezzo di pane!". E dopo averlo dato a uno dei nostri condiscepoli e presentate le cose future quasi che fossero già passate, ci fece sapere che era stato tradito volontariamente non avendo fuggito il traditore, scappando, ma, al contrario, essendo rimasto là ove egli sapeva che sarebbe venuto".

[4, 1] Egea rispose: "Mi meraviglio che tu, uomo prudente, voglia seguire quest'uomo che ad ogni modo, o spontaneamente o contro voglia, riconosci che è stato crocifisso". Andrea rispose: "Questo, ricordi che già l'ho detto, è il grande mistero della croce. Se tu mi vorrai ascoltare, te lo spiegherò".

Egea rispose: "Non si può chiamare mistero, ma supplizio".

Andrea rispose: "Esso è appunto il mistero dell'umana redenzione. Se ascolterai con pazienza, vedrai che è così".

[2] Egea rispose: "Io ti ascolterò con pazienza, ma se tu non ottempererai a quanto ti dirò farò ricadere su di te questo stesso mistero della croce". Andrea rispose: "Se paventassi il patibolo della croce, non predicherei la gloria della croce".

Egea disse: "Insano è il tuo discorrere sulla gloria del supplizio. E soltanto l'insolenza che non ti fa temere la pena di morte".

[3] Andrea rispose: "Non è l'insolenza, ma la fede che non mi fa temere la pena di morte. Preziosa è, infatti, la morte dei giusti, mentre la morte dei peccatori è pessima. Per questo voglio che tu ascolti il mistero della croce: quando lo conoscerai, forse ci crederai e credendo otterrai pure la redenzione della tua anima". Egea disse: "Si redime ciò che si riconosce perduto. Ed è forse perduta la mia anima perché tu asserisca ch'io ottengo la sua redenzione per una non so quale fede?".

[5, 1] Andrea rispose: "E' quanto desideravo dirti! Quando avrò mostrato che le anime di tutti gli uomini sono perdute allora rivelerò questa loro redenzione per mezzo del mistero della croce. Il primo uomo, infatti, introdusse la morte a causa del legno della prevaricazione, e fu così necessario che, per mezzo del legno della passione, fosse espulsa dal genere umano la morte che era entrata; poiché il primo uomo fu fatto da una terra immacolata e poi introdusse nel mondo la morte a causa del legno della prevaricazione, fu necessario che, nato da una vergine, un uomo perfetto, al quale era congiunto il Figlio del Dio che aveva fatto il primo uomo, riacquistasse la vita eterna che gli uomini avevano perduto per causa di Adamo, e che dal legno della croce eliminasse il legno della concupiscenza, che stendesse dalla croce mani immacolate in luogo delle mani stese con intemperanza, che prendesse un cibo di fiele per il cibo soave dell'albero proibito e, ricevendo su di s‚ la nostra mortalità donasse a noi la sua immortalità".

[6, 1] Egea disse: "Queste cose le devi raccontare a coloro che ti credono. Quanto a me, se non accetti di offrire un sacrificio agli dèi onnipotenti, ordinerò che, dopo averti bastonato, sia affisso su quella croce che lodi tanto". Andrea rispose: "Ogni giorno io sacrifico al Dio onnipotente, uno e vero, non il fumo d'incenso n‚ carni e sangue di tori muggenti e di capri, quotidianamente sacrifico, invece, sull'altare della croce un agnello immacolato: agnello che sacrificato resta integro e vivo, nonostante che le sue carni siano mangiate e il suo sangue sia bevuto dal popolo fedele. Pur essendo egli veramente sacrificato, le sue carni veramente mangiate e il suo sangue veramente bevuto, resta, come ho detto, integro, immacolato e vivo".

[2] Egea domandò: "Come può avvenire questo?". Andrea rispose: "Se vuoi imparare come questo possa avvenire, diventa discepolo e potrai così essere ammaestrato su ciò che domandi".

Egea disse: "Io te ne domanderò la conoscenza per mezzo di tormenti". Andrea rispose: "Mi stupisco che tu, uomo prudente, abbia parlato così stoltamente! Pensi tu dunque che tra i tormenti io ti esponga i divini sacrifici? Hai udito il mistero della croce, hai udito il mistero del sacrificio: se ora crederai che Cristo è Figlio di Dio, che è stato crocifisso dagli Ebrei, che è vero Dio, allora io ti esporrò in che modo l'agnello ucciso viva e come, sacrificato e mangiato, resti tuttavia integro e immacolato nel suo regno". Egea domandò: "Dopo che è stato ucciso e mangiato da tutto il popolo, come dici?". Andrea rispose: "Se crederai di tutto cuore, potrai impararlo. Ma se non crederai, non giungerai mai a scoprire la verità di questo".

[7, 1] Andrea in carcere. Allora Egea ordinò che fosse messo in prigione. E quando fu rinchiuso andò da lui una folla che proveniva da quasi tutta la provincia con l'intenzione di uccidere Egea e spezzare le porte del carcere per liberare l'apostolo Andrea.

Ma sant'Andrea li ammonì con queste parole: "Non mutate in una sedizione diabolica la quiete di nostro Signore Gesù Cristo. Nel tradimento, infatti, dimostrò una grande pazienza, non si ribellò, non gridò, nessuno l'udì gridare nelle piazze.

Mantenete dunque il silenzio, la quiete e la pace; non solo non impedite il mio martirio, ma come atleti del Signore preparatevi voi stessi a vincere le minacce con animo coraggioso, e a superare le battiture con la resistenza del corpo.

[2] Se, infatti, si deve aver paura del terrore, è proprio da temere quello che è senza fine. Il timore umano è come il fumo: appena sorto, subito sparisce. Se si ha da avere paura dei dolori, si devono temere quelli che, iniziati, non finiscono più: i dolori di quaggiù sono leggeri e quindi sopportabili; quando sono gravi liberano l'anima più presto. Ma quei dolori invece sono eterni; ivi quotidianamente ci sono pianti, ululati, tristezza e tormenti senza fine: il proconsole Egea non teme di andarci! Ma voi preparatevi a conseguire i gaudi eterni per mezzo delle tribolazioni temporali: là gioirete sempre, avrete continua prosperità e regnerete sempre in Cristo".

[8, 1] La condanna. Il santo apostolo Andrea ammaestrò il popolo per tutta la notte con queste e altre simili parole.

Al mattino, nella prima luce del giorno, Egea mandò a prendere sant'Andrea, lo fece condurre presso di lui, e, sedutosi in tribunale, disse: "Ritengo che la riflessione notturna abbia distolto il tuo animo dalla stoltezza, ti abbia fatto cessare dalla lode del tuo Cristo, sicché, insieme a noi, tu possa non perdere le gioie della vita. E' stolto, infatti, volere andare a oltranza incontro alla morte in croce e offrire te stesso al fuoco e a orribili fiamme".

[2] Andrea rispose: "Potrò godere con te se, credendo in Cristo, rinunzi al culto degli idoli. Cristo, infatti, mi ha mandato in questa provincia nella quale gli ho acquistato non poco popolo". Egea disse: "Per questo appunto ti spingo a sacrificare, affinché questo popolo che è stato da te ingannato abbandoni l'inanità della tua dottrina e offra gradite offerte agli dèi. In Acaia non c'è rimasta, infatti, più alcuna città nella quale i templi degli dèi non siano abbandonati e deserti. Per mezzo tuo dunque sia nuovamente restaurato il culto degli dèi, affinché si possano placare gli dèi adirati contro di te e tu possa rimanere nella nostra amicizia. Altrimenti, in difesa degli dèi, sarai sottoposto a diversi tormenti e, dopo di essi, morirai sul patibolo della croce da te lodata".

[3] Andrea rispose: "Ascolta, figlio della morte e paglia destinata ai fuochi eterni! Ascolta me che sono servo del Signore e apostolo di Gesù Cristo. Finora mi sono comportato con dolcezza verso la tua critica della fede, ritenendo che, capace di ragionare, saresti diventato un difensore della verità, avresti disprezzato gli idoli e adorato il Dio che si trova nei cieli, ma siccome seguiti nella tua sfrontatezza e pensi ch'io possa temere le tue minacce, escogita pure tutti quei supplizi che vuoi. Sarò, infatti, tanto più gradito al mio re quanto più, per il suo nome, sarò stato confessore perseverante nei tormenti".

[9, 1] Egea allora ordinò che fosse steso e flagellato. Dopo che tre soldati per sette volte si furono scambiati, fu sollevato e condotto davanti a lui. Egea gli disse: "Ascoltami, Andrea! Revocherai in tal modo la sentenza dello spargimento del tuo sangue. Se non farai così, ti farò morire sul patibolo della croce".

[2] Andrea rispose: "Io sono servo della croce di Cristo e devo più desiderare che temere il trionfo della croce. Tu potrai scampare i tormenti eterni, se, dopo aver messo alla prova la mia perseveranza, crederai in Cristo. Io non mi commuovo per la mia passione, temo invece per la tua perdizione. La mia passione durerà uno o due giorni, al massimo, mentre i tuoi tormenti non termineranno neppure dopo migliaia di anni: desisti dunque dall'accrescere le tue miserie e dall'accendere tu stesso il tuo fuoco eterno".

[10, 1] Sulla croce. Allora Egea, indignato, ordinò di affiggerlo alla croce, ingiungendo ai carnefici che gli fossero legate le mani e i piedi e fosse steso come su di un eculeo affinché non venisse meno subito, come nel caso in cui fosse stato inchiodato, ma il tormento avesse una più lunga durata.

E mentre veniva condotto dai carnefici, ci fu un accorrere di gente che gridava e diceva: "Che cosa ha fatto questo uomo giusto e amico di Dio per essere condotto alla croce?". Ma Andrea pregava il popolo di non impedire il suo martirio. Procedeva, infatti, lieto ed esultante, e non cessava di ammaestrarli.

[2] Giunto al luogo in cui era stata preparata la croce, scorgendola da lontano esclamò a gran voce: "Salve, o croce, inaugurata con il corpo di Cristo e ornata dalle margherite delle sue membra. Prima che il Signore salisse su di te, incutevi un timore terreno, ora invece, oggetto di amore celeste, sei accolta come un dono. I credenti, infatti, sanno quanta gioia tu racchiudi, quanti regali tieni preparati. Perciò vengo a te sicuro e pieno di gioia affinché tu pure accolga esultante me che sono discepolo di colui che fu appeso su di te, poiché sempre ti ho amato e ho desiderato abbracciarti!

[3] o croce buona che hai accolto la maestà e la bellezza delle membra del Signore, a lungo desiderata, amata con sollecitudine, cercata senza posa, e a volte già preparata con animo ardente, toglimi dagli uomini e restituiscimi al mio Maestro affinché per mezzo tuo mi accolga colui che per mezzo tuo mi ha redento".

Così dicendo si svestì e diede i suoi abiti agli aguzzini. Questi, avvicinatisi, l'innalzarono sulla croce, stirandogli tutto il corpo con delle funi. Lo appesero come era stato loro ordinato.

[11, 1] La folla presente era di circa ventimila uomini. Tra i quali c'era pure il fratello di Egea, di nome Stratocle, che gridava con il popolo contro l'ingiusta sentenza che aveva condannato un uomo santo a patire tali cose. Ma il beato Andrea incoraggiava le menti di quanti credevano in Cristo, ed esortava a sopportare le cose temporali insegnando che nulla è degno del martirio al confronto della ricompensa eterna.

[12, 1] Nel mentre tutto il popolo andò, gridando, alla casa di Egea. Gridavano tutti insieme, asserendo che un uomo santo, virtuoso, ornato di buoni costumi, buon maestro, pio, modesto e ragionevole non doveva patire tali cose, bensì doveva essere deposto dalla croce giacché erano ormai due giorni che dalla croce non cessava di predicare la verità.

[13, 1] Temendo il popolo, Egea promise di deporlo e prese ad andare con essi. Sant'Andrea, vedendolo, gli disse: "Cosa sei venuto a fare da noi, o Egea? Se vuoi credere in Cristo, ti sarà aperta, come ti ho promesso, la via del perdono. Ma se sei venuto per slegarmi, sappi che io, fino a quando vivo in questo corpo, non potrò essere deposto da questa croce. Ormai vedo già il mio re, l'adoro e mi trovo al suo cospetto Sono dolente per i tuoi mali, giacché ti aspetta una rovina eterna. Corri in tuo favore, miserabile, mentre ancora puoi, affinché tu non incominci a volere quando più non potrai".

[14, 1] I carnefici stesero le mani verso la croce, ma non poterono affatto arrivare fino a lui. Successivamente altri e poi altri ancora cercarono di scioglierlo, ma nessuno lo pot‚ raggiungere. Le braccia che si stendevano per scioglierlo restavano paralizzate.

[2] Poi, ad alta voce, sant'Andrea disse: "Signore Gesù Cristo, Maestro buono, ordina ch'io non sia deposto dalla croce prima che tu abbia accolto il mio spirito". Quando ebbe detto questo alla vista di tutti, venne dal cielo, come un lampo, un grande splendore che l'avvolse tutto, e a causa di questo splendore gli occhi umani non poterono scorgerlo. Lo splendore durò circa mezz'ora e quando la luce scomparve, egli spirò, andandosene, con la stessa luce, verso il Signore: a lui sia gloria nei secoli dei secoli.

[15, 1] Egea, afferrato dal demonio prima che giungesse a casa sua, fu tormentato dal demonio sulla strada davanti a tutti e spirò. Suo fratello invece sfuggì tenendo il corpo di sant'Andrea.

[2] La paura che si impadronì di tutti fu così grande che non rimase più nessuno che non credesse al nostro Dio salvatore che vuole che tutti gli uomini siano salvi e pervengano alla conoscenza della verità: a lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

 

 

3. CODICE VATICANO GR. 807

e PETROBURGENSE CESAREO GR. 94 *

 

[1, 1] Dopo l'ascensione, i beati apostoli di nostro Signore Gesù Cristo erano radunati a Gerusalemme allorché, in mezzo a loro, s'alzò il beato Pietro e disse: "Uomini chiamati e scelti dalla Parola di Dio, fatti suoi discepoli dalla sua sapienza, ricordate bene che, compiuti prodigi, segni, e meraviglie in virtù del suo potere, ci ha ordinato che, dopo aver ricevuto lo Spirito santo, ci disperdessimo per tutto il mondo a predicare la penitenza e la remissione dei peccati a quanti crederanno al suo santo nome.

[2] Su ognuno di noi è discesa ormai la potenza derivante dal cielo ed è stato versato su di noi il dono dello Spirito santo, per mezzo di una buona parola siamo stati incoronati con l'arma della pietà e con la grazia del nostro padrone, Dio e salvatore nostro Gesù Cristo manifestatosi abbondantemente su di noi. Ci è lecito, dunque, indugiare e temporeggiare prima di mettere mano all'opera per la quale egli ci ha chiamato e ci ha scelto?".

[2, 1] S'alzarono allora, e gettarono le sorti per vedere dove ognuno doveva andare e quale popolo avere: a Pietro toccò quelli della circoncisione; a Giacomo e Giovanni, l'Oriente; a Filippo le città della Samaria e dell'Asia; a Bartolomeo, Albanopoli; a Matteo, la Partia e la città di Mirmenide; a Tomaso la grande Armenia e l'India; a Lebeo e a Taddeo, la Beronicide; a Simone Cananeo, la Barbaria; dopo tutti gli altri, Andrea ebbe in sorte la Bitinia, la Lacedemonia e l'Acaia.

[3, 1] Si dispersero, dunque, tutti nelle varie regioni della terra, e l'apostolo Andrea cominciò a percorrere la Bitinia insegnando alla folla la Parola di Dio.

Di qui passò a Patrasso, nell'Acaia. Quando entrò in città, si diffuse la voce che uno straniero era entrato in città non portando altro che il nome di un uomo Gesù, in virtù del quale operava segni e prodigi grandi: guariva i malati, scacciava i demoni, risuscitava i morti, purificava i lebbrosi e curava ogni dolore.

[2] A questa notizia, il proconsole Lesbio si turbò e disse: "E' un mago, un truffatore! Non bisogna che gli diate retta! E' agli dèi che dobbiamo domandare i benefici!". E cercava di prenderlo e ucciderlo.

[4, 1] Di notte, un angelo del Signore apparve al proconsole e, con molta autorità e severe minacce, gli disse: "Che male ti è derivato da quello straniero che gli tendi tranelli e vuoi ingannare il Dio che annunzia? Ecco ora che la mano del suo Signore è contro di te: resterai paralitico fino a quando, per mezzo suo, non conoscerai la verità".

Scomparso l'angelo, egli rimase afono. Ma poco dopo si riprese, chiamò i soldati suoi aiutanti e, tra le lacrime, disse loro: "Abbiate pietà di me! Presto, cercate in città quell'uomo straniero, chiamato Andrea, che annunzia un Dio straniero. Per mezzo suo potrò conoscere la verità".

[2] Essi cercarono presto il beato Andrea apostolo e quando lo trovarono lo condussero dal proconsole. Appena lo vide, il proconsole cadde ai suoi piedi e lo supplicò dicendo: "Uomo di Dio, straniero conoscitore di un Dio straniero, abbi pietà di un uomo errante, di un uomo alieno dalla verità, di un uomo morso dai pungoli dei peccati, di un uomo che conosce molti dèi falsi e ignora l'unico vero Dio. Io supplico il Dio che è in te: porgimi la mano della salvezza, aprimi le porte della conoscenza, fa' risplendere per me la luce della giustizia!".

[5, 1] Il beato apostolo commosso e in lacrime per le parole dell'orante, alzò i suoi occhi al cielo e, posta la mano destra su tutto il di lui corpo, disse: "Mio Dio Gesù Cristo, prima ignorato dal mondo, ma ora manifestato per mezzo nostro, Figlio del Dio della Parola, anteriore a tutti e presente in tutti, tocca il tuo servo e guarisci lo strumento che ti sei preparato affinché anch'egli sia tra i tuoi uomini e annunzi la tua efficace potenza". E presolo per la mano destra, lo rialzò.

[2] Alzatosi, ringraziava riconoscente il Signore, dicendo "Uomo straniero, è proprio vero che questo Dio non domanda n‚ ore, n‚ giorni, n‚ tempi. Perciò io sono tuo con tutta la mia casa: credo in colui che ti ha mandato da noi!". Andrea gli rispose: "Giacché hai creduto con grande fede a colui che mi ha mandato, sarai ripieno di una maggiore conoscenza".

[6, 1] Tutta la città si rallegrava per la salvezza del proconsole e dai dintorni venivano folle recando ammalati da varie infermità. Egli pregava per loro, invocava il nome del Signore Gesù Cristo, imponeva su di loro le mani e li guariva tutti.

Tutti gli abitanti della città furono presi da stupore e gridavano: "Grande è la potenza del Dio straniero! Grande è il Dio annunziato dallo straniero Andrea! Da oggi cominciamo a distruggere i nostri idoli scolpiti, ad abbattere i loro boschetti, a respingere la conoscenza idolatrica degli idoli falsi e dei demoni. Riconosciamo invece il vero Dio annunziato da Andrea; grande è il Dio di Andrea!".

[2] Tutti insieme si gettarono sui templi, fecero a pezzi gli idoli, li abbatterono, li annientarono, li pestarono, li distrussero e li bruciarono al grido: "Sia nominato soltanto il Dio di Andrea".

Il proconsole Lesbio era lieto del grido della folla e gioiva delle azioni del popolo.

[7, 1] Molto tempo dopo, allorché la parola del beato Andrea e il suo annunzio senza difficoltà s'erano fatta strada presso tutti, Cesare diede a Lesbio un successore allontanandolo dal potere. Quando ricevette l'ordine di Cesare, Lesbio se ne rallegrò. Andò dal beato Andrea e gli disse:

[2] "Ora che mi sono svestito della vana gloria, che ho deposto lo splendore del mondo e mi sono liberato dalle sollecitudini della vita, crederò di più nel Signore. Accoglimi come compagno, uomo di Dio. Accoglimi come un fedele che parla e testimonia fedelmente davanti a tutti gli uomini quanto concerne il comune salvatore Cristo". Lasciato il pretorio, andò dunque con Andrea.

[8, 1] In questo periodo, l'apostolo Andrea ebbe una visione. Gli parve di avere davanti Cristo salvatore che gli diceva:

"Andrea, poni il tuo spirito su Lesbio e rendilo partecipe della tua grazia; prendi poi la tua croce e seguimi. A Patrasso, infatti, sta per giungere colui che ti allontanerà dal mondo".

Destatosi, l'apostolo raccontò la visione ai presenti, e rimase in attesa del compimento della parola.

[2] Ed ecco che una persona si presentò davanti all'apostolo e gli disse: "Egeate, al quale è affidata la carica di proconsole, mandato da Cesare e sobillato da nemici malevoli, è giunto nelle regioni dell'Acaia. Gli hanno, infatti, manifestato che hai sterminato gli dèi della città, che hai demolito i loro templi, tagliato i loro boschetti, e li hai indotti ad adorare un tale crocifisso. Ha quindi mandato sicari ad arrestarti".

Il beato Andrea cadde in ginocchio e disse: "O Dio verace che ci manifesti le cose future, o mio padrone, concedimi di resistere con coraggio alle insidie dell'avversario Egeate".

[9, 1] Stava ancora pregando quando i sicari erano già alla porta: i mandati di Egeate misero in subLuglio la casa ove era ospitato il beato apostolo. Afferrarono Antifane, ospite del servo di Dio, e lo scossero con forza dicendo: "Accogliendo uno straniero mago, seduttore, empio e distruttore di templi non gli hai offerto soltanto l'ospitalità, ma hai eliminato gli idoli dalla nostra città. Da' dunque una lezione allo straniero e consegnaci il servo del crocifisso, il cui nome è Andrea. Ne ha, infatti, bisogno Egeate, il grande e illustre proconsole".

[2] A quell'atto di forza, tutta la città si radunò subito alle porte di Antifane gridando e dicendo: "Cesare ha mandato il proconsole per tenere lontani i malvagi e premiare i buoni. Per quale motivo Egeate cerca il servo di Dio? Vogliamo saperlo! Andrea, infatti, apostolo del Dio straniero, è divenuto per noi padre, maestro e medico!".

[10, 1] A questo grido, temendo che la folla della città eliminasse i messi dell'abominevole Egeate, il beato apostolo uscì di casa in mezzo a loro e, con la mano, fece cenno di tacere.

Stando su di un luogo elevato, era in procinto di aprire bocca,

quando tutt'insieme gridarono: "Grande è il Dio dell'uomo

straniero! Per mezzo del suo servo, egli passò beneficando tutti

gli ossessi".

[2] E Andrea disse: "Fratelli chiamati dalla Parola e scelti dal suo nome, la grazia non sta soltanto nel fatto che voi crediate in colui che mi ha mandato, ma anche nella vostra morte per lui. Desistete dunque dal tumultuare, affinché non dobbiamo poi renderne conto come colpevoli di sedizione e come aizzatori di lotte, e non come cittadini pii. Lasciate che vada da Egeate. Perdonate quelli che mi arrestano. Quando sarò morto, vi mostrerò ancora più chiaramente la via della risurrezione".

Calmata così la folla, si consegnò ai sicari. Fiere, e non uomini, trovarono e rapirono, come lupi, l'agnello tenero e buono e lo portarono all'abominevolissimo Egeate.

[11, 1] Alla vista del beato Andrea, Egeate disse: "Uomo straniero al luogo, ai costumi e al nostro sangue, dì come ti sei fidato di entrare nei domini di Cesare e distruggere l'augusta religione dei nostri dèi? Hai inoltre ordinato a tutta l'Acaia di seguire un crocifisso e così, senza spada, hai conquistato tutta la città di Patrasso!".

[12, 1] Il beato Andrea stese la mano e disse: "Bene, bene! E' il mio buon Dio a condurmi a te. In lui confido, per mezzo di lui è stata precipitata nell'abisso la schiera dei demoni, la falange dei vostri dèi se n'è andata in fumo e, come vedi, i vostri idoli non sono più nulla. Considera il fatto, o proconsole, e deducine le conseguenze a proposito del mio Dio. Comprendi la rovina dei vostri dèi e glorifica il mio Dio. Egli è l'onnipotente Dio Parola che esiste prima di tutti i secoli, che dal Padre ha ricevuto autorità e dominio per giudicare vivi e morti.

[2] Egli è Dio per propria virtù, prese un corpo e venne nel mondo, scelse noi apostoli e ci diede l'autorità di percorrere tra tutte le genti per annunziare, nel suo nome, la penitenza e la remissione dei peccati affinché l'umanità respinga l'idolatria nemica di Dio e conosca il solo e unico Dio, l'adori e renda culto soltanto a lui. Perché egli ha mandato qui anche te: se ascolti e crederai in lui, sarai salvo, ma se resti incredulo sarai condannato con i tuoi cosiddetti dèi".

[13, 1] Ma Egeate, immondo, si turò le orecchie come un aspide, non volendo udire il vero saggio, e disse: "O pazzo inventore di un nome straniero, godi dei miei doni!". Lo fece flagellare e ordinò che fosse crocifisso.

Quando uscì il beato apostolo, disse: "Sei buono, Gesù Cristo, avendoci munito con la tua arma e incoronato con la tua grazia. Accoglimi ormai nei tuoi eterni tabernacoli, concedimi riposo dalle mie gravi fatiche, sii il mio sollievo e sciogli il mio corpo affinché la mia anima danzi con gli angeli e ti canti inni".

[2] Allorché egli giunse alla croce, tutto il popolo gridava: "Ingiusta è la sentenza di Egeate! Ha condannato alla croce uno straniero che non fece nulla di male. O sentenza ingiusta! Elimina pure di mezzo noi, proconsole, che abbiamo commesso molti peccati, ma non il giusto!".

[14, 1] Quando giunse sul luogo, visto il legno piantato, abbandonò tutti, si avvicinò alla croce e le disse ad alta voce: "Salve, croce! Salve! So bene che sei a riposo, sei stanca perché è da tempo che sei stata piantata e mi aspetti. Sono venuto a te e ti sento mia! Sono venuto da te che mi hai desiderato e voglio far conoscere il mistero per cui sei stata piantata. Sei stata piantata nel mondo per dare consistenza alle cose instabili: una tua parte è rivolta al cielo per annunziare l'uomo Parola; una tua parte si stende a destra e a sinistra per sbaragliare la tremenda potenza nemica e fare convergere il mondo nell'unità; una parte di te è piantata in terra per raccogliere insieme alle celesti, le cose terrestri e quelle dell'Ade.

[2] O croce, invenzione salvifica dell'Altissimo! O croce, trofeo vittorioso di Cristo contro i nemici! O Croce, piantata sulla terra e portante frutto nei cieli! O nome della croce comprendente ogni cosa! Salve, o croce, che incatenasti tutto il mondo! Salve forma intelligente che formò la tua forma informe! Salve punizione occulta che colpisce terribilmente la natura della conoscenza politeista e scaccia dall'umanità il suo inventore! Salve, o croce, che svestisti il padrone, fruttificasti il ladro, chiamasti l'apostolo a penitenza, e non disdegnasti di accogliere anche noi.

[3] Ma fino a quando seguiterò a parlare senza abbracciarti per essere vivificato nella croce e uscire dalla vita con una morte comune per mezzo della croce? E voi ministri, partecipate alla mia gioia, e voi inservienti di Egeate adempite la volontà di tutti e due legando l'agnello al supplizio, l'uomo al demiurgo, l'anima al salvatore"

[15, 1] Mentre proferiva queste parole gli si avvicinarono i sicari, lo legarono mani e piedi ma non lo inchiodarono: questo appunto era l'ordine di Egeate, che voleva tormentarlo lasciandolo appeso e farlo mangiare vivo dai cani notturni.

[2] Ma dopo quattro giorni e quattro notti, il volto dell'apostolo non si abbassò, la voce non si stancò, le membra non perdettero vigore: egli non si lamentò e non pianse, tanto che tutta la folla lo benediceva, glorificava Dio che assiste e fortifica quanti sperano in lui.

[16, 1] Udito che ancora era vivo, Egeate se ne meravigliò e corse da lui. Ed allorché l'apostolo lo vide davanti a s‚, gli disse a gran voce: "Perché, Egeate, sei venuto da chi non ti appartiene? Perché guardi chi è appeso? Perché ti meravigli di chi è legato? Salva l'anima tua! Credi in Cristo che mi ha mandato. Alza gli occhi e vedi Gesù, luce beata. Semplifica l'egemonia della tua anima e accogli la conoscenza della prima Parola. Deponi l'ignoranza e non avvilire i tuoi ragionamenti. Non rovinare i tuoi simili, non privarli dei beni, non rischiare la condanna con la disobbedienza, non cadere sotto il serpente affinché non ti rapisca, come un leone. Si addolcisca la vita sul legno! Credi nel crocifisso!

[2] La croce è bella! E', infatti, vivificatrice! Bello è colui che è appeso sulla croce! E', infatti, sterminatore dei demoni, è redentore delle anime, è rimuneratore dei lottatori! Ma perché dico queste cose? Vieni da me, Cristo! Manda libero il servo, guarito il malato, immortale il mortale, incorruttibile il corruttibile, sciolto colui che è legato, celeste colui che è terrestre, affinché, per mezzo mio, si salvino i credenti e anch'io sarò testimonio della tua vera divinità".

[17, 1] Così dicendo e glorificando ancora il Signore, con ringraziamento, rese lo spirito, mentre tutti stupivano e gridavano: "Grande è il Dio di Andrea! Il Dio dello straniero è l'unico! Il Dio dei cristiani è buono! Salvaci tutti, Cristo, come hai salvato Andrea che ha operato in te"

[18, 1] Dopo l'esodo dell'apostolo, la moglie di Egeate andò dalla croce insieme a Stratocle e sciolsero i resti dell'apostolo, e li deposero con molta cura fuori della città. Lei poi passò alla sequela di Cristo e si separò da Egeate a causa della sua condotta e della sua anima bestiale Si diede a una vita casta, serena e beata per amore di Cristo e restò insieme ai fratelli.

[2] Egeate, con i rimorsi nell'anima e la coscienza afflitta, una notte s'alzò e si buttò giù da una grande altezza: e così, contuso e lacero, finì la vita.

Stratocle, fratello di Egeate, prese il suo patrimonio, lo vendette e ne diede l'intero provento ai poveri, aspettando anch'egli il regno dei cieli.

[19, 1] Il santo apostolo fu martirizzato il 6 del mese di perit, secondo gli Asiatici, il 30 del mese di novembre, secondo i Romani, regnante nostro Signore Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

   

 

4. CODICE VATICANO GR. 808  

[1, 1] Parole di Andrea in carcere. "...in voi non c'è altro che fiacchezza? Non vi siete ancora convinti che non potete più resistere alla sua benevolenza? Rallegriamoci con noi stessi e siamo ossequienti per la abbondante comunione che abbiamo con lui. Diciamo a noi stessi: Benedetta la nostra stirpe! Da chi è amata? Benedetta la nostra esistenza! Da chi ha ricevuto misericordia? Noi che siamo stati riconosciuti da una così grande altezza, non siamo stati gettati al suolo, non apparteniamo al tempo per essere poi dissolti dal tempo, non siamo un congegno del movimento fatto per esser poi distrutto da se stesso, n‚ la nostra nascita è terrena e quindi peritura.

[2] Noi apparteniamo dunque alla grandezza alla quale aspiriamo, siamo sua proprietà; apparteniamo a colui che ha pietà di noi. Apparteniamo al migliore e perciò ci asteniamo da quanto è perverso. Apparteniamo al bene e per suo amore respingiamo quanto è vergognoso, al giusto per mezzo del quale respingiamo l'ingiusto, al misericordioso per mezzo del quale respingiamo il crudele, al salvatore per mezzo del quale abbiamo conosciuto il distruttore, alla luce per mezzo della quale abbiamo bandito le tenebre, all'Uno per mezzo del quale abbiamo allontanato il molteplice, al celeste per mezzo del quale abbiamo imparato a conoscere il terreno, al permanente per mezzo del quale abbiamo visto il transeunte.

[3] Se desideriamo offrire un degno ringraziamento al Dio che ha avuto misericordia di noi oppure esprimergli la nostra gioiosa fiducia oppure presentargli un inno di lode oppure glorificarlo, è perché siamo stati riconosciuti da lui".

[2, 1] Dopo aver parlato così ai fratelli, li congedò affinché ognuno andasse a casa sua, dicendo loro: "Voi non sarete mai abbandonati da me, voi che siete servi di Cristo a causa dell'amore che è in lui, n‚ io sarò nuovamente abbandonato da voi a causa della sua intercessione". Ed ognuno si diresse a casa propria.

[2] Proposta di Egeate a Massimilla. Tra loro regnò la gioia per molti giorni durante i quali Egeate omise di proseguire la sua accusa contro l'apostolo. Ognuno di loro fu allora confermato nella speranza nel Signore e si riunivano senza timore nella prigione insieme a Massimilla, Efidama e gli altri, difesi dalla protezione e dalla grazia del Signore.

[3, 1] Un giorno Egeate mentre stava rendendo giustizia, si ricordò della causa di Andrea, e come preso da pazzia abbandonò la causa che aveva tra le mani, s'alzò dalla sedia curule, e corse subito al pretorio per abbracciare e lusingare Massimilla. Massimilla, appena tornata dalla prigione, aveva varcato la soglia di casa prima di lui. Entrato, egli le disse:

[4, 1] "I tuoi genitori, Massimilla, mi ritennero degno di essere tuo consorte e ti diedero in moglie a me prescindendo dalla ricchezza, dalla stirpe e dalla gloria e badarono esclusivamente alla buona disposizione della mia anima. Tralasciando molte cose che volevo rimproverarti, sia a proposito di quanto ho sopportato dai tuoi genitori, sia a proposito di quanto tu hai sopportato da me in tutta la nostra vita, sono venuto dal tribunale per sapere da te, ragionevolmente, soltanto questa cosa! Se tu sarai quella che eri un tempo e se tu vivrai con me nel modo che noi sappiamo, dormirai con me, condurrai con me una vita matrimoniale e mi genererai figli, nei tuoi riguardi io mi comporterò bene in ogni cosa; più ancora, libererò lo straniero che ho rinchiuso in prigione.

[2] Ma se tu non vuoi, io non ti farò mai nulla di male: invero, non lo potrei neppure; ma torturerò ancora di più colui che tu ami più di me. Ed ora, Massimilla, rifletti quale delle due cose tu preferisci, e dammi una risposta domani. Io sono pienamente disposto a ogni evenienza". Detto ciò uscì.

[5, 1] Insegnamento di Andrea. Massimilla, però, alla solita ora, andò con Efidama da Andrea, pose le mani di lui sul suo viso, le baciò e cominciò a riferirgli integralmente le condizioni di Egeate.

Andrea le rispose: "So, Massimilla, figlia mia, che tu sei spinta a resistere a tutta la seduzione del rapporto matrimoniale, desiderosa di allontanarti da un genere di vita disdicevole e contaminato. Questo appunto occupa da tempo la mia mente; ma ora desidero testimoniare qual è la mia intenzione. Ti scongiuro, Massimilla, non lo fare. Non dare ascolto alle minacce di Egeate, non darti vinta alle sue parole, non temere i suoi disdicevoli disegni, non cadere vittima delle sue lusinghe, non cedere ai suoi impuri discorsi, resisti a tutti i tormenti guardando a noi per breve tempo e vedrai che sarà colpito da una paralisi totale, si infiacchirà e abbandonerà te e tutti i tuoi congiunti.

Quanto io stimavo necessario dirti mi è sfuggito: io infatti non mi adagerò fino a quando non avrò portato a compimento l'opera vista, che si avvererà per mezzo tuo.

[2] Vedo che veramente in te si compie il pentimento di Eva, e in me il ritorno di Adamo. Ciò che essa subì inconsciamente tu ora, con il ritorno, lo porti a lieto fine, e quanto subì l'intelligenza, da essa avvilita ed espulsa, io raddrizzo con te, che sei cosciente di essere innalzata. Tu hai riparato le sue deficienze, senza essere succube come lei; e rifugiandomi in Dio, io ho reso perfetto quanto in lui era imperfezione. Lei fu disobbediente, tu hai obbedito; io fuggo ciò a cui egli acconsentì; noi siamo coscienti di ciò in cui essi si illusero. E', infatti, stabilito, che ognuno corregga i propri errori.

[6, 1] Ho parlato come ho parlato, ma potrei anche aggiungere ciò che segue:

Felice te, o natura, che sei stata salvata perché sei stata forte e non ti sei nascosta!

Felice te, o anima, che gridi ad alta voce quanto hai patito, e ritorni in te stessa!

Felice te, o uomo, che riconosci ciò che non è tuo e aspiri a ciò che è tuo!

Felice te, che ascolti quanto è detto perché sei più grande delle cose pensate o dette!

[2] Riconosci che tu sei più potente delle cose che sembra ti sorpassino, più bello di quelli che ti gettarono nell'ignominia, di quelli che ti portarono in prigione. Comprendendo, o uomo, tutto ciò in te stesso, e cioè che tu sei immateriale, santo, luce, affine a colui che non è generato, che sei ragionevole, celeste, limpido, puro, al di sopra della carne, al di sopra del mondo, al di sopra dei capi, al di sopra delle potestà, sui quali tu stai in tutta verità, allora tu comprendi la tua condizione e ricevi quella piena comprensione per la quale tu eccelli: vedendo il tuo volto nel tuo essere, spezza tutte le catene (non parlo solamente di quelle che sono in relazione con la tua origine, ma anche di quelle che sono al di sopra dell'origine per le quali abbiamo coniato nomi straordinariamente grandi) e brama ardentemente di vedere colui che ti è rivelato, colui che non è generato, colui che, con piena fiducia, tu solo conoscerai presto.

[7, 1] E' in riferimento a te, Massimilla, che ho detto queste cose: le cose espresse ti colpiscano con la loro forza. Come Adamo morì in Eva perché le acconsentì, così io ora vivo in te che segui il comandamento di Dio e ti consolidi nella natura del tuo essere. Non curarti, Massimilla, delle minacce di Egeate, sapendo che abbiamo un Dio che ha misericordia di noi. Non ti smuovano le sue vuote parole: rimani casta.

[2] Egli mi punisca pure non solo con il tormento delle catene, ma mi getti pure alle bestie, mi bruci nel fuoco o mi precipiti da un dirupo. Che importa? Non c'è che questo solo corpo: ne faccia pure ciò che vuole, giacché egli gli è affine.

[8, 1] Ti rivolgo la parola ancora una volta, Massimilla: ti dico di non concederti a Egeate, resisti alle sue insidie. Tanto più, Massimilla, che in una visione ho visto il Signore che mi diceva: "Andrea, il diavolo, padre di Egeate, ti libererà dalla tua prigionia". Tu, dunque, d'ora in poi, mantienti casta e pura, santa, incontaminata, onesta, lontana dall'adulterio, dissenziente dalle parole dei nostri nemici, sciolta, integra, senza lacrime, illesa, incrollabile nella tempesta, indivisa, libera da contaminazioni e senza simpatia verso le opere di Caino.

[2] Se tu, Massimilla, non ti arrenderai a tutto ciò che è contrario a questo, anch'io approderò al riposo, costretto così ad abbandonare questa vita per te, cioè per me. Ma se io fossi cacciato via di qui, io che, forse, per mezzo tuo posso giovare ad altri che mi sono affini, e tu ti lasciassi persuadere dalle parole di Egeate e dalle lusinghe del serpente, suo padre, tanto da ritornare alle tue opere precedenti, sappi ch'io sarò punito per te fino a quando tu riconosca che ho rinunciato alla vita per amore di un'anima che non ne era degna.

[9, 1] Supplico, dunque, l'uomo saggio, che è in te, di perseverare nella giusta visione intellettuale. Ti supplico di preservare l'invisibile intelligenza che è in te. Ti prego di amare Gesù Cristo e non lasciarti andare verso ciò che è basso. Aiuta anche me che ti chiamo in aiuto come uomo, affinché io diventi perfetto. Aiuta anche me affinché tu conosca la tua vera natura. Soffri della mia stessa sofferenza per conoscere ciò ch'io patisco e sfuggire alla sofferenza.

[2] Contempla ciò ch'io contemplo e diventerai cieca per quello che vedi. Contempla ciò che è necessario e non vedere ciò che non è necessario. Ascolta ciò ch'io dico, e respingi ciò che tu hai ascoltato.

[10, 1] Queste cose le ho dette a te e ad ognuno che ascolta, se vuole ascoltare.

Ma tu, Stratocle - disse rivolto a lui - perché sei così depresso con molte lacrime, e sospiri così forte? Perché sei così scoraggiato? Perché sei così addolorato e triste? Tu conosci le cose dette e sai perché ti prego di essere disposto come un mio figlio. Comprendi a chi erano rivolte le mie parole?

[2] Ognuna di esse è penetrata fermamente nel tuo intelletto? Ti ha toccato nella tua parte intellettuale? Ho in te uno che mi ascolta? Trovo in te me stesso? C'è in te uno che parla nel quale io riconosco me stesso? Ama egli colui che parla in me e desidera avere comunione con lui? Vuole egli essere unito a lui? Ha egli premura di essere suo amico?

[3] Trova egli in lui un po' di riposo? Ha egli un luogo ove posare il capo? C'è quivi qualcosa che gli sia contrario? C'è qualcosa che sia indignato con lui, che gli resista, che lo odi, che fugga da lui, che sia selvaggio, che si ritiri, che torni indietro, che se ne vada, che sia oppresso, che combatta, che parli con altri, che si lasci adulare dagli altri, che concordi con altri?

[4] Vi è forse qualcosa che lo molesti? C'è forse qualcuno che mi è estraneo? Un avversario, uno che infranga la pace, un nemico, un ingannatore, uno stregone, uno storto, un corrotto, uno scaltro, un misantropo, un nemico della parola, uno simile ai tiranni, un millantatore, un superbo, un pazzo, un affine del serpente, un'arma del diavolo, un amico del fuoco, uno che appartiene alle tenebre?

C'è in te, Stratocle, qualcuno che non possa sopportare le mie parole? Chi è costui? Rispondi: parlo, forse, inutilmente? Ho parlato, forse, inutilmente? L'uomo che è in te, Stratocle, e che ora piange nuovamente, dice di no".

[11, 1] Andrea afferrò la mano di Stratocle, e disse: "Ho colui ch'io amavo! Riposerò in colui che aspettavo! Il fatto che tu sospiri e piangi senza alcun freno, per me è segno che ho già trovato il riposo, che non ho pronunciato invano queste parole che mi sono affini".

[12, 1] Stratocle gli rispose: "Non credere, beatissimo Andrea, che ci sia qualcos'altro che mi affligga all'infuori di te. Giacché le parole che escono da te sono come scintille di fuoco scagliate verso di me, e ognuna mi colpisce veramente e mi infiamma La parte della mia anima che è incline a quanto io ascolto è tormentata nel presentimento della vicina afflizione. Tu, infatti, te ne vai ed io so bene che lo fai nel modo giusto.

Ma quando io cercherò poi la tua cura e il tuo affetto, dove e presso di chi li troverò?

[2] Ho ricevuto i semi delle parole di salvezza, tu ne sei stato il seminatore, ma affinché essi germoglino e crescano non ho bisogno di altro che di te, beatissimo Andrea.

Che cos'altro ho da dirti se non questo? Ho bisogno di molta misericordia e dell'aiuto che viene da te, per diventare degno del seme ricevuto da te, che si svilupperà perpetuamente o crescerà visibilmente soltanto se tu lo vuoi e se preghi per lui e per tutto me stesso".

[13, 1] Andrea gli rispose: "Questo, figlio mio, è quanto anch'io ho visto in te. Glorifico il mio Signore perché la mia opinione su di te non è andata errata, bensì conosceva quanto affermavo.

[2] Sappiate che domani Egeate mi consegnerà affinché io sia crocifisso. Massimilla, ancella del Signore, susciterà le ire del nemico che è in lui e al quale egli appartiene, non acconsentendo a quanto è per lei odioso e penserà di consolarsi volgendosi contro di me".

[14, 1] Mentre l'apostolo diceva queste cose, Massimilla non era là. Ascoltate le parole con le quali le aveva risposto, ne era rimasta impressionata; ed essendosi, anzi, trasformata in ciò che le parole le avevano manifestato, si recò nel pretorio con animo deciso e forte. Aveva detto addio a tutta la vita della carne. Allorché Egeate le presentò la stessa domanda sulla quale le aveva dato da riflettere, se cioè voleva riprendere i rapporti coniugali, lei rifiutò.

[2] Da allora in poi egli pensò all'uccisione di Andrea e meditava quale morte gli avrebbe inflitto. E quando fra tutti i generi, si decise per la morte in croce, uscì con i suoi amici per mangiare. Massimilla, invece, preceduta dal Signore nelle sembianze di Andrea, ritornò in prigione insieme a Efidama.

Siccome era convenuta là una grande folla di fratelli, lei lo trovò mentre pronunciava queste parole.

[15, 1] "Fratelli, dal Signore sono stato inviato quale apostolo in queste regioni, delle quali il Signore mi reputò degno, non per insegnare ad alcuno, ma per ricordare ad ogni uomo affine alle parole che vive tra mali transeunti, deliziandosi nelle sue nocive illusioni. E' per questo ch'io vi ho sempre esortato a fuggirle, vi ho incoraggiato a tendere verso le cose durevoli e a fuggire da tutto ciò che è transitorio. Vedete bene che nessuno è stabile, ma che tutte le cose, e gli stessi modi umani di pensare e di agire, sono facilmente mutevoli.

[2] Questo accade perché l'anima non è esercitata, si smarrisce nella natura e conserva gli allettamenti del suo errore. Considero perciò beati coloro che sono diventati obbedienti alle parole annunziate e attraverso di esse vedono i misteri della loro propria natura, per amore della quale sono state costruite tutte le cose.

[16, 1] Vi ingiungo perciò, figli carissimi, di edificarvi saldamente sul fondamento stabile che vi è stato posto e contro il quale non prevarrà la malevolenza di alcuno. Ponete le vostre radici su questo fondamento: siate costanti, ricordando quanto avete visto e quanto è avvenuto allorché io camminavo con tutti voi.

[2] Avete visto che per mezzo mio sono accadute opere alle quali non potete negare fede, e si sono realizzati segni davanti ai quali grida la stessa natura muta. Vi ho comunicato parole che vi prego di ricevere come esse stesse esigono.

Siate, dunque, costanti, carissimi, in tutto ciò che avete visto e udito, e del quale siete stati partecipi. E Dio, nel quale avete creduto, avrà misericordia di voi; vi porrà davanti a s‚ come persone gradite e vi darà riposo per tutti i secoli.

[17, 1] Per quello che mi accadrà non lasciatevi turbare considerando come un evento insolito e straordinario il fatto che il servo di Dio, colui al quale Dio stesso ha dato molto, sia nelle opere che nelle parole, venga strappato con la forza a questa vita terrena da un uomo malvagio. Non solo, infatti, questo accadrà a me, ma anche a tutti coloro che lo hanno amato, che hanno creduto in lui e l'hanno confessato. Il diavolo, sfrontatissimo, armerà contro di essi i suoi figli affinché diventino esecutori dei suoi disegni, ma non avrà quanto desidera.

[2] Vi dirò ora il motivo per cui egli ordisce queste cose. Fin dall'inizio di tutte le cose e, se così si può dire, da quando colui che non ha principio è disceso a sottoporsi al principio che è sotto di lui, il nemico che è contrario alla pace, allontana da lui (Dio) colui che in realtà non gli appartiene, ma è soltanto un debole: ancora non ha raggiunto la illuminazione totale e non è ancora capace di conoscere se stesso. Siccome anch'egli non lo conosce, ha bisogno di essere da lui combattuto. Credendo di possederlo e di dominarlo per sempre, egli (il nemico) gli si è contrapposto così tanto da fare della sua inimicizia una specie di amicizia. Suggerendogli i suoi propri pensieri, spesso li rappresenta come piacevoli e allettanti ritenendo di poterlo così dominare interamente. Apertamente egli non si mostra come un nemico, finge invece un'amicizia degna di lui.

[18, 1] Protrasse così a lungo la sua opera che egli dimenticò di riconoscerla; lui però la conosceva bene. A motivo dei suoi doni egli non era considerato come nemico.

Ma quando risplendette il mistero della grazia, quando apparve la volontà del riposo eterno, quando fu mostrata la luce della Parola e fu evidente che la stirpe di coloro che erano salvati doveva combattere contro molti piaceri, per la bontà di colui che è misericordioso, il nemico fu disprezzato e deriso a causa dei suoi doni, in virtù dei quali sembrava che trionfasse sull'uomo.

Iniziò allora a preparare la sua controffensiva con odio, ostilità e arroganza; egli prosegue così senza distogliersi da noi fino a quando non giudica di averci separato da Dio.

[2] Prima di questo il nostro nemico era spensierato: ci offriva un'amicizia degna di lui e non supponeva neppure che noi, da lui ingannati, ce ne potessimo allontanare. Ma quando risplendette l'economia della salvezza, la sua ostilità divenne non dico più forte, ma più aperta, in quanto egli fece apparire quella parte della sua natura che era nascosta e che riteneva di poter celare: manifestò così quello che è.

[3] Perciò, fratelli, conoscendo quanto accadrà, siamo vigili, non svogliati, alieni da ogni comportamento superbo, e la nostra anima non porti quelle impronte che sono sue e non nostre.

Interamente sollevati da tutta la Parola attendiamo lietamente la fine, fuggiamo da colui che d'ora in poi si mostra quale egli è, da colui che perverte la nostra natura contro il nostro...".

 

 

5. PAPIRO COPTO DI UTRECHT *  

[1, 1] (9, 1-36)... l'apostolo. Ma allorché Andrea, apostolo di Cristo, udì che, per causa sua, avevano arrestato quelli della città, si levò, uscì fuori in mezzo alla strada e disse ai fratelli che non c'era alcun motivo per dissimulare qualcosa.

[2] Mentre l'apostolo stava proferendo queste parole, era presente un giovane, uno dei quattro soldati, nel cui corpo si nascondeva un demone. Quando il giovane fu davanti all'apostolo, il demone gridò, dicendo: "Che cosa ti ho fatto, Variano, per mandarmi da quest'uomo timorato di Dio?". Non appena il giovane disse questo, il demone lo gettò a terra: restò sconvolto e sbavava. Ma i suoi camerati lo afferrarono e lo trattennero in piedi.

[3] Andrea ebbe, allora, compassione del giovane e disse ai soldati suoi camerati: "Vi vergognate di affrontarmi perché vedete che la vostra natura vi rimprovera? Perché asportate il prezzo sicché egli non può appellarsi al re e ricevere aiuto per poter combattere contro il demone nascosto nelle sue membra? Egli non soltanto si appella, ma parla la lingua del palazzo: il suo re l'ascolterà ben presto. Infatti, l'odo dire: "Che cosa ti ho fatto, Variano, per mandarmi da quest'uomo timorato di Dio?"...".

[2, 1] (10, 1-37) "...contro di me. Giacché questa cosa che ho fatto non l'ho compiuta da me, bensì ci sono stato costretto. Ora ti narrerò tutto il significato della faccenda. Questo giovane dal corpo tormentato, ha una sorella vergine, abile combattente e lottatrice. Vi assicuro che, per merito della sua purezza, delle sue preghiere ed elemosine, è vicina a Dio.

[2] Ora, per dirla in breve, presso la sua casa abitava un grande mago ed ecco quanto accadde un giorno: alla sera la vergine salì sul tetto a pregare, il giovane mago la vide mentre pregava e Semmath entrò in lui istigandolo a combattere contro questa abile lottatrice. Il mago disse tra s‚: "Ho passato vent'anni sotto la guida del mio maestro fino a quando imparai l'arte! Eccomi dunque ora all'inizio della mia arte. Se non sarò più forte di questa vergine, sarò proprio un buono a nulla".

[3] Il giovane mago invocò dall'alto le grandi potenze contro la vergine indirizzandole contro di lei. Quando i demoni giunsero per tentarla o persuaderla, si comportarono come suo fratello; picchiarono alla porta e, pensando che si trattasse del fratello, lei si alzò e andò ad aprire la porta; ma prima lei fece una lunga preghiera sicché i demoni divennero come... e fuggirono... Piccolo".

[3, 1] (13, 1-25) "La vergine piangeva presso Erucia. Ma Erucia disse alla vergine: "Perché piangi? Non sapevo che saresti venuta qui... ora queste potenze ti perseguitano per metterti alla prova... Tu piangi e la tristezza...

[2]... Se però adesso tu piangi tuo fratello... con lui, domani io gli invierò l'apostolo Andrea affinché lo guarisca. E non soltanto affinché lo guarisca, ma farò in modo che egli prenda la cintura del palazzo"".

[3] Dopo che il demone disse questo, l'apostolo gli domandò: "Come hai potuto conoscere i misteri nascosti dell'Altissimo? Allorché un soldato viene scacciato dal palazzo non gli è più concesso di conoscere i misteri del palazzo: e come potrà conoscere i misteri nascosti dell'Altissimo?". Il demone gli rispose...

[4, 1] (14, 1-43) "Perché non dovresti tremare menzionando i misteri dell'Altissimo? Io tremo in tutte le mie membra e glorifico colui che riceve, colui che viene per le anime dei santi.

O combattenti virtuosi, non avete combattuto inutilmente: ecco che l'arbitro vi sta preparando una corona che non appassirà mai.

[2] O guerrieri, non inutilmente avete preso le armi e gli scudi, non inutilmente avete sopportato guerre: il re ha preparato il palazzo per voi.

O vergini, non inutilmente avete conservato la purezza, non inutilmente avete perseverato nelle preghiere mentre le vostre lampade bruciavano fino a mezzanotte, fino a quando vi raggiunse questa voce: "Alzatevi, andate incontro allo sposo"".

[3] Dopo aver detto questo, l'apostolo si volse al demone e gli disse: "Ora è tempo che tu ti allontani da questo giovane affinché egli prenda la cintura del palazzo celeste".

Il demone rispose all'apostolo: "Uomo di Dio, in verità, a causa delle sacre mani di sua sorella, io non gli ho spezzato alcun membro. Ma ora me ne andrò via da questo giovane, sebbene non abbia leso minimamente le sue membra". Ciò detto, il demone andò via dal giovane. Dopo che egli... il giovane... si tolse l'uniforme

[5, 1] (15, 1-29) militare e la depose davanti agli occhi dell'apostolo, dicendo: "Uomo di Dio, ho speso venti monete per acquistare questa uniforme terrena, ma ora voglio vendere tutto quello che ho per acquistare l'abito del vostro Dio".

[2] I suoi camerati gli dissero: "Misero giovanotto! Se tu rinneghi l'uniforme del re, sarai punito". Ma il giovane rispose loro: "Sono veramente un misero a motivo dei miei precedenti peccati! Fosse vero ch'io sia punito soltanto per il fatto che ho rinnegato l'uniforme del re, e non sia invece punito per avere io disprezzato l'uniforme del re immortale dei secoli. Voi ignoranti, non vedete che razza di uomo è questo? Nella sua mano non v'è alcuna spada n‚ alcuna arma da guerra, e tuttavia questi grandi prodigi sono compiuti da lui".

 

 

6. FRAMMENTO COPTO

DELLA BODLEIAN LIBRARY *

 

[1, 1] ... uomo ... per vedermi.

Allora Gesù disse ad

Andrea: "Vieni

con me, Andrea! Il tuo nome

è fuoco. Tu sei benedetto

tra gli uomini".

Rispose Andrea

e domandò al Salvatore:

"Permettimi di parlare!".

Egli gli rispose:

"Parla, Andrea,

stabile colonna". Andrea

rispose e disse:

"Quant'è vero che vive

Dio tuo Padre,

[2] io ho abbandonato la casa di mio padre e di mia madre, e, quant'è vero che vive la mia anima, più non vi sono entrato e n‚ ho più visto il volto di mio padre e di mia madre, il volto dei miei figli e di mia moglie. Ho portato invece la mia croce ogni giorno seguendoti

dal mattino alla sera e non l'ho mai posata".

Gesù gli rispose e disse: "Io lo so, Andrea...

[3] ...uno, che è piccolo, come uno di noi che siamo sotto il tuo nome. Non ho due mantelli desiderato per me. Questo mantello che è su di me...".