IL VANGELO ARABO DELL'INFANZIA |
Nel
nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, un solo Dio. Con
l'ausilio e il favore dell'Essere Supremo abbiamo iniziato a scrivere il
libro dei miracoli del nostro padrone e signore e salvatore Gesù Cristo,
che ha per titolo Vangelo dell'infanzia. Nella pace del Signore. Amen *. [1,
1] Quanto segue l'abbiamo trovato scritto nel libro del pontefice Giuseppe
vissuto al tempo di Cristo; alcuni dicono che egli sia Caifa. Egli disse
che Gesù parlò quando era ancora nella culla e disse a sua madre Maria:
"Io sono Gesù figlio di Dio, il LogoV, da te generato secondo quanto
ti aveva annunziato l'angelo Gabriele. Mio padre mi ha inviato per la
salvezza del mondo". [2,
1] Viaggio a Betlemme. L'anno 309 dell'era di Alessandro, uscì un decreto
di Augusto affinch‚ ognuno si facesse recensire nel suo luogo d'origine.
Giuseppe prese Maria, sua sposa, e partì da Gerusalemme diretto a
Betlemme, per farsi recensire con la famiglia nella sua città natale. [2]
Giunti a una grotta, Maria disse a Giuseppe che per lei era ormai
imminente il tempo di partorire e che non poteva proseguire fino alla città.
"Entriamo in questa grotta", disse. Questo avvenne quando il
sole stava tramontando. Giuseppe
corse alla ricerca di una donna che l'assistesse; e mentre cercava, vide
una vecchia ebrea nativa di Gerusalemme e le disse: "Sei benedetta,
vieni, ed entra in questa grotta ove è una donna prossima al parto". [3,
1] La vecchia di Gerusalemme. Dopo il tramonto del sole, la vecchia e
Giuseppe vennero alla grotta e entrarono tutti e due. Ma ecco che era
piena di luce più bella del bagliore delle lucerne e delle candele, e più
splendente della luce del sole. Un bambino, avvolto nelle fasce e adagiato
in un presepio, succhiava una mammella della signora Maria, sua madre.
Ambedue restarono stupiti della luce. La vecchia domandò alla signora
Maria: "Sei tu la madre di questo bambino?". Maria annuì; la
vecchia allora proseguì: "Tu non assomigli alle figlie di Eva".
[2] La signora Maria rispose: "Come non v'è alcun fanciullo simile a
mio figlio, così la sua madre non ha una eguale tra le donne".
Rispose la vecchia: "Padrona mia, io sono venuta a prendere un
premio: è da lungo tempo che soffro di paralisi". La nostra padrona,
la signora Maria, le rispose: "Poni le tue mani sul bambino". Ciò
fatto, la vecchia subito guarì. Dopo uscì esclamando: "D'ora in poi
sarò ancella e serva di questo bambino per tutti i giorni della mia
vita". [4,
1] Adorazione dei pastori. Allora vennero i pastori. Mentre, acceso il
fuoco, i pastori se ne stavano in allegria, apparvero loro gli eserciti
celesti lodando e celebrando Dio ottimo massimo. Anche i pastori presero a
fare la stessa cosa, sicch‚ quella grotta divenne come un tempio del
mondo superiore, poich‚ bocche celesti e terrestri glorificavano e
magnificavano Dio per la natività del signore Cristo. [2] Quella vecchia
ebrea vedendo questi palesi miracoli, ringraziò Dio, dicendo: "Ti
ringrazio, o Dio, o Dio di Israele, perch‚ i miei occhi hanno visto la
nascita del Salvatore del mondo". [5,
1] Circoncisione. Giunto il tempo della circoncisione, cioè l'ottavo
giorno, per legge il bambino doveva essere circonciso. Lo circoncisero
dunque nella grotta; quella vecchia ebrea prese questa membrana, secondo
altri invece essa prese il cordone ombelicale, e la mise in una ampolla di
vecchio olio di nardo. Aveva un figlio profumiere, e affidandogli
quell'ampolla, gli disse: "Guardati dal vendere quest'ampolla di olio
di nardo, anche se per essa ti offrissero trecento denari". Questa
è l'ampolla che fu in seguito comprata da Maria, la peccatrice, quella
che versò sul capo e sui piedi del signore nostro Gesù Cristo e asciugò
poi con i suoi capelli. [2]
Dopo dieci giorni lo trasportarono a Gerusalemme, e nel quarantesimo
giorno dalla nascita lo portarono nel tempio, lo posero davanti al Signore
e offrirono per lui i sacrifici prescritti nella Legge di Mosè:
"Ogni maschio che apre la vulva sarà chiamato santo di Dio". [6,
1] Presentazione al tempio. Quando la signora vergine Maria sua madre,
tutta contenta, lo reggeva tra le braccia, il vecchio Simeone lo vide
risplendente come un fascio di luce. Gli angeli facevano cerchio
inneggiandogli attorno come vassalli attorno al re. Simeone dunque si
affrettò incontro alla signora Maria, stese le mani davanti a lei, e
disse al signore Cristo: [2]
"Mio Signore, manda ora in pace il tuo servo, secondo quanto hai
detto. I miei occhi, infatti, hanno visto la clemenza che tu hai preparato
per la salvezza di tutti i popoli: luce per tutte le genti e gloria del
tuo popolo Israele". Alla
cerimonia era presente anche la profetessa Anna, e si avvicinò
ringraziando Dio e felicitandosi con la signora Maria. [7,
1] I re magi. Nato il signore Gesù a Betlemme di Giuda, al tempo di re
Erode, ecco che dei magi vennero a Gerusalemme, come aveva predetto
Zaradusht, portando seco dei doni, oro, incenso e mirra; lo adorarono e
gli offrirono i loro doni. La signora Maria prese allora una delle fasce
[di Gesù] e la diede loro in ricordo di quanto avevano fatto: essi si
sentirono onoratissimi e la presero dalle sue mani. [2] Nello stesso
momento apparve loro un angelo sotto la forma della stella che prima aveva
fatto loro da guida lungo il cammino e, guidati da quella luce, partirono
diretti alla loro patria. [9,
1] Collera di Erode. Visto che i magi se ne erano andati senza ritornare
da lui, Erode chiamò i sacerdoti e i sapienti, e disse loro: "Ditemi
dov'è che deve nascere il Cristo". Avendo essi risposto: "In
Betlemme della Giudea", egli iniziò a progettare l'uccisione del
signore Gesù Cristo. L'angelo del Signore apparve allora in sogno a
Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi il fanciullo e sua madre, e vai
in Egitto". Al canto del gallo, egli s'alzò e partì. [10,
1] Fuga in Egitto. Mentre stava pensando come disporre il suo viaggio ,
avevano percorso soltanto un breve tratto sopraggiunse il mattino. Si
avvicinava a una grande città, nella quale c'era un idolo al quale
offrivano doni e voti tutti gli altri idoli dell'Egitto. A questo idolo
prestava servizio un sacerdote che riferiva agli abitanti dell'Egitto e
delle sue regioni tutto quanto Satana diceva allorch‚ parlava per mezzo
della sua bocca. [2] Tale sacerdote aveva un figlio di tre anni, posseduto
da alcuni demoni, che parlava di molte cose; e quando i demoni si
impadronivano di lui si strappava le vesti, restava nudo, e tirava sassi
agli uomini. In
quella città c'era un ospizio dedicato a quell'idolo. Giuseppe e la
signora Maria, giunti in città, si recarono a quell'ospizio: i cittadini
ebbero un grande timore, tutti i principi e i sacerdoti degli idoli si
radunarono presso quell'idolo e gli domandarono: "Che cosa significa
l'agitazione e il tremore che ha colpito la nostra terra?". [3]
L'idolo rispose: "Venne qui un dio nascosto, che è veramente dio.
N‚ c'è alcun dio degno di culto divino all'infuori di lui, poich‚
egli è veramente Figlio di Dio. Questa terra l'ha percepito, e perciò al
suo arrivo ha tremato e sussultato; noi abbiamo molta paura di fronte alla
grandezza della sua potenza". In quell'istante, l'idolo cadde, e alla
sua rovina accorsero in massa tutti gli abitanti dell'Egitto e delle altre
regioni. [11,
1] Guarigione di un indemoniato. Il figlio del sacerdote, colpito dalla
solita infermità, entrò nell'ospizio e qui incontrò Giuseppe e la
signora Maria, dai quali tutti gli altri erano fuggiti. La
padrona, signora Maria, aveva lavato le fasce del signore Cristo e le
aveva stese sopra della legna. Venne dunque il fanciullo indemoniato,
prese una di queste fasce e se la pose sul capo; ed ecco che i demoni
incominciarono a fuggire dalla sua bocca sotto forma di corvi e di
serpenti. Immediatamente
guarito al comando del signore Cristo, il fanciullo incominciò a lodare
Dio e a ringraziare il Signore che l'aveva guarito. Il padre, quando lo
vide guarito, disse: "Figlio mio, che ti è accaduto? Come mai sei
guarito?". Il figlio rispose: "I demoni mi prostrarono a terra,
ed io entrai nell'ospizio; qui incontrai una donna augusta, che aveva
steso sulla legna le fasce di un fanciullo, fasce lavate di fresco. Io
presi una di queste fasce, me la posi sulla testa, e i demoni mi
lasciarono fuggendo". Il
padre, molto lieto, disse: "Può essere che questo fanciullo sia
figlio del Dio vivo che creò il cielo e la terra. Quando infatti passò
da noi, avvenne che l'idolo e tutti gli dèi caddero e si frantumarono a
causa della sua maestà". [12]
Timori della sacra famiglia. Si compì così la profezia che afferma:
"Dall'Egitto ho chiamato mio figlio". Udito
che quell'idolo era caduto e s'era spezzato, Giuseppe e Maria ebbero paura
e timore, e dissero: "Mentre eravamo nella terra d'Israele, Erode
voleva ucciderlo, e per questo uccise tutti i bambini di Betlemme e dei
paesi confinanti. Non v'è dubbio che appena avranno saputo quanto accadde
a questo idolo, gli egiziani ci bruceranno". [13,
1] Banditi. Usciti di là andarono in un luogo infestato da banditi che
avevano legato e spogliato molti uomini di bagagli e vestiti. I banditi
udirono allora uno strepito grande, simile allo strepito che ha luogo
quando un re magnifico entra nella sua città con l'esercito e la
cavalleria al suono di tamburi. I banditi, spaventati, abbandonarono tutto
quanto avevano rubato. [2] I prigionieri si destarono: ognuno sciolse i
ceppi dell'altro, presero i propri bagagli e se ne andarono. Avendo visto
Giuseppe e Maria che si appressavano, domandarono loro: "Dov'è quel
re al cui approssimarsi, si udì un grande strepito e i banditi ci
lasciarono, e così abbiamo potuto fuggire sani e salvi?". Giuseppe
rispose: "Verrà dopo di noi". [14,
1] Indemoniata. Giunsero poi in un'altra città dove c'era una donna
indemoniata: era notte, e lei, uscita per acqua, fu assalita da Satana
maledetto e ribelle. Lei non poteva sopportare i vestiti n‚ riusciva a
stare in casa. Ogni volta che era avvinta da catene e da cinghie, spezzava
tutto e fuggiva nuda per luoghi selvaggi: appostata nei crocicchi e
sepolcreti tirava sassi agli uomini e causava danni gravissimi ai suoi
familiari. [2] La signora Maria appena la vide ne ebbe misericordia e
Satana subito l'abbandonò; fuggendo sotto la forma di un adolescente,
disse: "Guai a me, per causa tua, Maria, e per causa di tuo
figlio". E
così la donna fu guarita dal suo male. Conscia della sua propria nudità,
ebbe vergogna e si recò dai suoi familiari evitando lo sguardo degli
uomini. Quando fu vestita, narrò a suo padre e ai familiari come era
andata la cosa. E questi, appartenendo ai nobili della città, diedero una
ospitalità onoratissima a Maria e a Giuseppe. [15,
1] Donna muta. Il giorno seguente, provvisti del vettovagliamento, si
allontanarono da quelli. Alla sera dello stesso giorno giunsero in una
città ove si celebrava un matrimonio, ma, a causa degli artifizi di
Satana, il maledetto, e per opera di incantatori, la sposa era ammutolita
e non poteva più parlare. [2]
Dopo che era entrata in città la signora Maria portando suo figlio, il
signore Cristo, quella sposa, infelice, la guardò, stese le mani verso il
signore Cristo, l'attrasse a s‚, lo prese tra le braccia e, stringendolo
fortemente, lo baciò. Pose il suo corpicino qua e là sulla sua persona e
si inchinò sopra di lui. Il nodo della sua lingua immediatamente si
sciolse, si aprirono le sue orecchie, lodò e ringraziò Dio che le aveva
restituito la sanità. Nella notte esultarono i cittadini di quella città
e credettero che Dio e i suoi angeli fossero discesi presso di loro. [16,
1] Altra indemoniata. Restarono là tre giorni, trattati con amore e
vivendo splendidamente. Provvisti poi del vettovagliamento, giunsero in
un'altra città: qui, come d'abitudine, decisero di pernottare. Ma in
quella città c'era una donna onesta dentro la quale si insinuò Satana,
il maledetto. Una volta era andata a lavare al fiume, e Satana, sotto
forma di serpente, le avvolse il ventre e, al calar della notte, la
tormentava in modo tirannico. [2] Questa donna, vedendo la padrona signora
Maria con il signore Cristo sul suo seno, fu presa dal desiderio e disse
alla padrona signora Maria: "Padrona, dammi questo bambino da tenere
in braccio e da baciare". Lei dunque lo diede alla donna e appena lo
toccò, Satana fuggì e l'abbandonò; e dopo quel giorno la donna non lo
rivide più. Tutti i presenti lodarono il sommo Dio. Questa donna poi
beneficiò i genitori di Gesù con liberalità. [17,
1] Il giorno dopo, la stessa donna prese dell'acqua profumata per lavare
il bambino. Dopo averlo lavato, raccolse quell'acqua e ne versò una parte
su di una fanciulla il cui corpo era bianco dalla lebbra, e la lavò.
Subito la fanciulla fu purificata dalla lebbra. Quei
cittadini dissero: "Non c'è dubbio, Giuseppe e Maria e questo
bambino sono dèi, non uomini". [2]
Quand'essi si preparavano a partire da loro, la fanciulla che aveva
sofferto di lebbra li avvicinò pregandoli di accoglierla come compagna di
viaggio. [18,
1] Bambino lebbroso. Essi acconsentirono e la fanciulla se ne andò con
loro; giunsero poi in una città ove c'era un principe illustrissimo che
aveva un castello e disponeva di edifici per ricevere ospiti. Essi si
diressero qui, e la fanciulla li lasciò per andare dalla moglie del
principe. La trovò triste e piangente, e le domandò la causa di questo
pianto. "Non ti meravigliare del mio pianto, , le disse , sono
oppressa da una amarezza grande della quale non ho ancora parlato a
nessuno". "Forse, , disse la fanciulla , io ho un rimedio,
purch‚ tu me la riveli e me ne parli". [2]
Rispose la moglie del principe e disse: "Nascondi questo segreto, non
parlarne ad alcuno. Io sposai questo principe che è re e al quale sono
soggette molte città. Vissi a lungo con lui ma da me egli non ebbe alcun
figlio. Quando finalmente io partorii da lui un figlio, questo era
lebbroso. Egli, guardatolo, ne fu indignato e mi ordinò: "O uccidilo
o affidalo a una balia che lo porti in qualche località dalla quale non
possa giungere di lui assolutamente alcuna notizia. Fin d'ora io non ho
nulla a che fare con te, e di qui in poi non ti vedrò mai più". Non
so cosa fare e sono oppressa dalla tristezza. Ahimè per mio figlio! Ahimè
per mio marito!". "Non te l'ho detto? , disse la fanciulla, , io
ho una medicina per il tuo male. Te la indicherò. Anch'io fui lebbrosa,
ma fui mondata dal Dio Gesù, figlio della signora Maria". Alla
domanda della donna ove si trovasse questo Dio di cui aveva parlato, la
fanciulla rispose: "Si trova proprio qui nella tua stessa casa".
"Ma come può essere questo , interruppe l'altra , dov'è?".
"Ecco Giuseppe e Maria , disse la fanciulla il bambino che è con
loro si chiama Gesù ed è lui che mi ha liberata dalla malattia e dal
tormento". "E in che modo , domandò , sei stata guarita dalla
tua lebbra? Non me lo vuoi dire?". La fanciulla disse: "Presi da
sua madre l'acqua con la quale aveva lavato il corpo del bambino, e me la
versai addosso; è così che sono stata purificata dalla mia lebbra". [3]
S'alzò, allora, la moglie del principe, li invitò a servirsi del suo
ospizio, e preparò a Giuseppe un magnifico banchetto in un grande raduno
di uomini. Alla sera, Maria prese dell'acqua profumata, lavò con essa il
signore Gesù, e poi la versò su quel figlio che aveva preso con s‚:
immediatamente il figlio fu purificato dalla lebbra. Cantando
ringraziamenti e lodi a Dio, disse: "Beata la madre che ti partorì,
o Gesù! E' così che tu purifichi gli uomini, che partecipano della tua
stessa natura, con l'acqua che fu versata sul tuo corpo?". Offrì
quindi magnifici doni alla signora padrona Maria, e con grande onore la
congedò. [19,
1] Sortilegio. Giunsero a un'altra città, dove pensarono di pernottare.
Si diressero alla casa di un uomo sposato da poco tempo ma, colpito da
malefizio, non poteva godersi la moglie. Passata la notte presso di lui,
cessò l'influsso del malefizio. Allo
spuntare del sole, mentre si accingevano a partire, furono fermati dallo
sposo che preparò loro un grande banchetto. [20,
1] La storia del mulo. Partirono, dunque, il giorno appresso. Vicino ad
un'altra città videro tre donne che ritornavano dal cimitero piangendo.
Appena le vide, la signora Maria disse alla fanciulla che le accompagnava:
"Domanda qual è la loro storia e quale sia il malanno che le ha
colpite". Alla domanda della fanciulla, esse non risposero, ma
interrogarono a loro volta: "Donde siete voi, e dove siete diretti?
Il giorno sta per finire e sopraggiunge la notte". "Noi
siamo dei viandanti , rispose la fanciulla , alla ricerca di un ospizio
ove pernottare". Esse replicarono: "Venite con noi e pernottate
presso di noi". [2]
Essi le seguirono e furono introdotte in una bella casa nuova dotata di
molta mobilia. Si
era nel tempo invernale, e la fanciulla, quando entrò nella camera di
quelle donne, le trovò nuovamente piangenti e in lamentazioni. C'era
anche un mulo coperto di broccato con davanti del sesamo: esse lo
baciavano e gli davano da mangiare. La fanciulla disse: "Com'è la
faccenda di questo mulo, mie signore?". Piangendo, esse risposero:
"Il mulo che tu vedi era nostro fratello, nato dalla stessa nostra
madre. Quando il destino volle che morisse il nostro padre, ci furono
lasciate delle grandi sostanze; avendo noi soltanto questo fratello
abbiamo cercato di farlo sposare, dopo avergli preparato un matrimonio
com'è d'uso tra gli uomini. Ma
donne, invase da gelosia, lo ammaliarono senza che noi ce ne accorgessimo.
[3] Così una notte, poco prima che sorgesse il sole, pur essendo chiuse
le porte dei nostri edifici, abbiamo visto questo nostro fratello
diventare mulo come tu stessa vedi. Noi restammo tristi, senza un padre
per consolarci; in questo mondo non abbiamo tralasciato di avvicinare
maghi, dotti, incantatori, ma non valsero a nulla. Ogni volta che il
nostro petto è oppresso da tristezza, ci alziamo e andiamo con nostra
madre, qui presente, a piangere sul sepolcro del nostro padre e, dopo, ce
ne ritorniamo". [21,
1] Udito ciò, la fanciulla disse: "State tranquille, non piangete,
è vicina la medicina per il vostro male; anzi è proprio con voi, in
mezzo ai vostri edifici. Anch'io fui lebbrosa, ma appena vidi quella donna
e il bambinetto che è con lei, dal nome Gesù, mi versai addosso l'acqua
con la quale lei l'aveva lavato e sono guarita. So che egli può offrire
un rimedio anche al vostro male. Ora, alzatevi, andate dalla mia signora
Maria. Portatela a casa vostra, ditele il vostro segreto, e pregatela
umilmente di avere misericordia di voi". [2]
Udite le parole della fanciulla, le donne si affrettarono a andare dalla
signora padrona Maria. La invitarono da loro e, sedute piangendo, dissero:
"O signora nostra, padrona Maria, abbi pietà delle tue ancelle. Non
abbiamo in famiglia una persona maggiore di noi, n‚ un principale, n‚
un padre o un fratello che ci protegga. Ma questo mulo che vedi, era
nostro fratello ed è stato trasformato, come tu vedi, dalle arti magiche
delle donne. Ti preghiamo perciò di avere misericordia di noi". La
signora Maria allora, spiacente per la loro sorte, pose il signore Gesù
sul dorso del mulo: anche lei si pose a piangere come le altre donne, e
disse a Gesù Cristo: "Su, figlio mio, guarisci questo mulo con la
tua straordinaria potenza e fa di lui un uomo dotato di ragione come era
prima". [3] Appena queste parole uscirono dalla bocca della signora
padrona Maria, quel mulo cambiò forma e diventò un uomo: un giovanotto
immune da ogni macchia. Egli, allora, con sua madre e le sorelle adorarono
la signora padrona Maria e presero a baciare il fanciullo alzandolo sulla
loro testa. Dicevano: "Beata tua madre, o Gesù, Salvatore del mondo.
Beati gli occhi che godono della gioia del tuo volto!". [22,
1] Matrimonio. Le due sorelle dissero alla madre: "Ecco che il nostro
fratello è stato restituito alla forma umana con l'intervento del signore
Gesù Cristo e l'ausilio salutare di questa fanciulla che ci ha parlato di
Maria e di suo figlio. Ora,
siccome il nostro fratello è celibe, è opportuno che gli diamo in sposa
questa fanciulla che fa loro da ancella". Domandarono
dunque questo alla padrona Maria e lei annuì. Prepararono,
a questa fanciulla, delle nozze splendide e, mutata la tristezza in gioia
e il pianto in tripudio, dalla grande gioia che provavano, incominciarono
a godere, a rallegrarsi, a esultare e a cantare, ornate di vesti splendide
e pure. Si diedero poi a recitare carmi e lodi, dicendo: "O Gesù,
figlio di Davide, tu sei colui che muta la tristezza in gioia e le
lamentazioni in letizia". [2]
Giuseppe e Maria vi rimasero dieci giorni. Poi partirono accompagnati con
grandi onori e saluti da quelle persone che, dopo averli salutati, se ne
ritornarono piangendo; specialmente quella fanciulla. [23,
1] Banditi. Messisi in cammino, giunsero in una regione deserta e, a
quanto si diceva, infestata dai ladri. Giuseppe e la padrona Maria
pensarono così di attraversare la regione di notte. Ma ecco che lungo il
cammino scorgono due ladri sdraiati e con loro una quantità di altri
ladri, loro compagni, che dormivano. I due ladri incontrati erano Tito e
Dumaco. Tito disse a Dumaco: "Lascia andare costoro, te ne prego,
sicch‚ passino inosservati dai nostri compagni". Ma Dumaco si
rifiutava; perciò Tito disse nuovamente: "Prenditi da me quaranta
dracme, e tienti anche questo come pegno". E gli porse la cintura che
aveva, affinch‚ non aprisse bocca e non parlasse. [2]
La signora padrona Maria vista la bontà di questo ladro verso di loro,
disse: "Il Signore Dio ti sosterrà con la sua destra e ti concederà
il perdono dei peccati". Il signore Gesù rispose a sua madre,
dicendo: "Di qui a trenta anni, o madre, gli Ebrei mi crocifiggeranno
a Gerusalemme, e questi due ladri saranno alzati in croce insieme a me.
Tito sarà alla mia destra e Dumaco alla sinistra. Dopo quel giorno, Tito
mi precederà in paradiso". Detto
questo, lei replicò: "Che Dio ti tenga lungi da ciò, figlio
mio". [3]
Di lì andarono alla città degli idoli: ma al loro approssimarsi essa si
trasformò in colline di sabbia. [24,
1] A Matarea. Si diressero poi a quel sicomoro che oggi è detto Matarea.
Il signore Gesù fece scaturire una sorgente a Matarea nella quale la
padrona Maria lavò la sua camicetta. Il balsamo di quella regione deriva
dal sudore del signore Gesù che essa vi sparse. [25,
1] A Menfi. In seguito discesero a Menfi. Visto il faraone, rimasero per
tre anni in Egitto. Il signore Gesù in Egitto fece molti miracoli che non
si trovano scritti n‚ nel Vangelo dell'infanzia n‚ nel Vangelo
completo. [26,
1] Alla volta di Israele. Passato il triennio, Giuseppe ritornò
dall'Egitto, ma al confine della Giudea ebbe paura di entrare Udito che
Erode era morto e che Archelao, suo figlio, gli era succeduto, nonostante
il timore, andò in Giudea. Gli apparve un angelo di Dio e gli disse:
"Giuseppe, vai nella città di Nazaret e resta là". [2]
E' veramente ammirevole che abbiano portato e fatto peregrinare per
diverse regioni colui che è il signore di tutte le regioni. [27,
1] Peste a Betlemme. Entrati nella città di Betlemme la videro infestata
da molte e gravi malattie che colpivano gli occhi dei bambini e ne
causavano la morte. C'era
una donna che aveva un figlio malato; era ormai prossimo alla morte quando
lo portò alla signora padrona Maria, che lo guardò mentre stava lavando
Gesù Cristo. Quella donna le disse: "Mia signora Maria, guarda
questo mio figlio afflitto da un grave dolore". La padrona Maria
l'esaudì, e disse: "Prendi un po' di questa acqua con cui ho lavato
mio figlio, e spruzzala su di lui". [2]
Essa dunque prese un po' di quell'acqua e la versò su suo figlio come le
aveva detto la padrona Maria. Cessò
immediatamente l'agitazione, poi si addormentò un poco per svegliarsi in
seguito dal sonno, sano e salvo. Lieta di ciò, la madre lo portò
nuovamente alla padrona Maria. La quale le disse: "Ringrazia Dio che
ti ha guarito questo tuo figlio". [28,
1] Fanciullo agonizzante. Vicino alla donna il cui figlio era stato
guarito, ce n'era un'altra il cui figlio soffriva della stessa malattia: i
suoi occhi erano ormai quasi spenti ed egli gridava notte e giorno. La
madre del bambino guarito, le disse: "Perch‚ non porti tuo figlio
alla padrona Maria, come io portai il mio quando era ormai agonizzante? E
fu poi guarito con l'acqua con la quale era stato lavato Gesù, suo
figlio". Udito ciò, anche questa donna andò, prese della stessa
acqua e ne lavò suo figlio, e subito il suo corpo e gli occhi guarirono. Anch'essa,
avendo portato suo figlio alla padrona Maria e narrato tutto quanto era
accaduto, ricevette l'ordine di ringraziare Dio che aveva ridato la salute
a suo figlio, e di non raccontare ad alcuno la cosa avvenuta. [29,
1] Fanciullo nel forno. Nella stessa città c'erano due donne, mogli di un
solo uomo, e ognuna aveva un figlio febbricitante. Una di queste si
chiamava Maria, e il nome di suo figlio era Cleofa. Questa si levò, prese
suo figlio e andò dalla signora padrona Maria, madre di Gesù, e
offertole un bel velo, disse: "Signora mia Maria, accetta da me
questo velo e dammi in cambio una fascia". Maria acconsentì; la
madre di Cleofa ritornò a casa e, con la fascia, fece una camicetta che
pose addosso a suo figlio, e questo così guarì dalla malattia. Il
figlio della rivale, nello spazio di ventiquattro ore, morì. Di qui sorse
una inimicizia tra loro due. [2] Avevano l'usanza di compiere le faccende
domestiche a settimane alterne. Quando toccò il turno a Maria madre di
Cleofa, riscaldò il forno per far cuocere il pane; lasciato poi il figlio
Cleofa al forno se ne ritornò a prendere la massa di farina lavorata per
fare il pane. La sua rivale, vistolo solo, mentre il forno acceso stava
bruciando, lo prese, lo gettò nel forno, e poi si allontanò. Maria, al
suo ritorno, vedendo il figlio Cleofa che se ne stava ridendo in mezzo al
forno, mentre il forno si era raffreddato, quasi che in esso non ci fosse
il fuoco, comprese che era stata la sua rivale a metterlo nel fuoco.
Tiratolo fuori, lo portò alla padrona signora Maria e le raccontò il
caso. "Stai zitta , le rispose , non parlare di ciò ad alcuno.
Qualora, infatti, tu lo divulgassi, io avrei paura per te". [3]
La sua rivale essendo andata al pozzo per attingere acqua, vide Cleofa
presso il pozzo intento a giocare; osservato che non c'era nessuno, lo
prese, lo gettò nel pozzo e poi se ne ritornò a casa. Degli uomini
andati al pozzo videro quel ragazzo che se ne stava seduto sulla
superficie dell'acqua e discesero a prenderlo. Restarono poi meravigliati
di questo ragazzo e lodarono Dio. Venne
poi sua madre, se lo prese e, piangendo, lo portò alla signora padrona
Maria, e le disse: "Mia signora, vedi quello che la mia rivale ha
fatto a mio figlio gettandolo in quel pozzo. Un giorno o l'altro me lo
ucciderà". La padrona Maria rispose: "Dio ti vendicherà su di
lei". Più tardi, andata al pozzo ad attingere acqua, la rivale si
impigliò con i piedi in una fune e cadde nel pozzo. Vennero sì degli
uomini a tirarla fuori, ma aveva il capo contuso e le ossa rotte. Perì
così di mala morte, e in lei si avverò quel detto: scavarono un pozzo
profondo, ma caddero nella fossa da loro preparata. [30,
1] Un futuro apostolo. Un'altra donna del luogo aveva due figli gemelli.
Caduti tutti e due ammalati, l'uno morì e l'altro stava agonizzando. La
madre allora lo prese e, piangendo, lo portò alla signora padrona Maria,
dicendo: "Mia signora, aiutami e soccorrimi. Ho avuto due figli: uno
l'ho sepolto proprio ora e l'altro è in procinto di morire. Vedi come sta
supplicando e pregando Dio". Prese poi a dire: "O Signore, tu
sei clemente, misericordioso e pio. Mi hai dato due figli: uno me l'hai
preso, fammi dono almeno dell'altro". [2]
La padrona Maria, vedendo l'amarezza del suo pianto, ne ebbe misericordia.
"Metti tuo figlio sul letto di mio figlio , le disse , e ricoprilo
con le sue vesti". Dopo che l'ebbe posto sul letto ove giaceva
Cristo, era ormai morto alla vita e aveva chiuso gli occhi. Ma subito quel
fanciullo fu colpito dal profumo delle vesti del signore Gesù Cristo, aprì
gli occhi e, chiamando a gran voce la madre, le chiese la poppa;
ricevutala, incominciò a succhiarla. Sua
madre allora disse: "Signora Maria, ora riconosco che risiede in te
la potenza, tanto che tuo figlio guarisce gli uomini, partecipi della sua
natura, al solo contatto con i suoi indumenti". Questo
fanciullo guarito è quello che nel Vangelo è detto Bartolomeo. [31,
1] Donna lebbrosa. Una donna lebbrosa andata a trovare la signora padrona
Maria madre di Gesù, le disse: "Signora mia aiutami!". La
padrona Maria rispose: "Che aiuto vuoi? Vuoi oro e argento? O che il
tuo corpo sia mondato dalla lebbra?". Soggiunse quella donna: "E
chi mi può offrire questo?". "Aspetta un poco, , rispose la
padrona Maria , fino a quando io abbia lavato e posto a letto mio figlio
Gesù". [2]
Come Maria le aveva detto, la donna aspettò. Messo a letto Gesù, porse
alla donna l'acqua con la quale aveva lavato il suo corpo, dicendole:
"Prendi un po' di quest'acqua e versala sul tuo corpo". Ciò
fatto, fu immediatamente purificata, e lodò e ringraziò Dio. [32,
1] Altra lebbrosa. Rimasta con lei tre giorni, se ne andò. Giunta in una
città incontrò un principe che aveva sposato la figlia di un altro
principe; ma presto osservò che la moglie aveva tra i suoi occhi il segno
della lebbra sotto forma di stella. Perciò il matrimonio fu sciolto e
dichiarato nullo. Quella
donna li vide tutti e due in uno stato di abbattimento di tristezza e
pianto, e domandò la causa del loro dolore. Essi risposero: "Non
indagare sul nostro stato. Il nostro dolore non possiamo manifestarlo e
narrarlo ad alcuno". Ma essa insistette affinch‚ glielo
manifestassero, assicurando che forse poteva indicare un rimedio. [2] Le
presentarono dunque la ragazza con il segno della lebbra che si
manifestava tra gli occhi. Appena lo vide, esclamò: "Anch'io qui
presente, o donna, ero affetta dallo stesso morbo; a causa di certi affari
che mi capitarono, mi recai a Betlemme. Quivi entrai in una grotta e
trovai una donna di nome Maria che aveva un figlio chiamato Gesù:
vedendomi lebbrosa, ebbe pietà di me e mi porse dell'acqua con la quale
aveva lavato il corpo di suo figlio. Me la versai sul corpo e fui
purificata". Quelli allora dissero alla donna: "Non potresti, o
donna, partire con noi e condurci alla signora padrona Maria?". Essa
annuì. S'alzarono
dunque e andarono dalla signora Maria, portando seco dei magnifici regali.
[3] Entrati e offerti i doni, le mostrarono la ragazza lebbrosa che
avevano condotto seco. La padrona Maria disse: "La misericordia del
signore Gesù Cristo discenda sopra di voi". E porgendo loro un po'
dell'acqua con la quale aveva lavato il corpo di Gesù Cristo, ordinò che
lavassero con essa quella poveretta. Compiuto questo, immediatamente fu
guarita; ed essi e tutti i presenti lodarono Dio. Se ne ritornarono lieti
nella loro città, lodando Dio. Quando
il principe notò che sua moglie era stata guarita, la assunse in casa
sua, fece le seconde nozze con lei ringraziando Dio per la riacquistata
sanità della moglie. [33,
1] Giovane indemoniata. C'era pure una ragazza tormentata da Satana.
Questo maledetto le appariva sotto forma di gigantesco dragone e si
preparava a inghiottirla; succhiava tutto il suo sangue tanto che era
ridotta come un cadavere. Ogni volta che le si avvicinava, lei giungeva le
mani sul capo esclamando: "Guai, guai a me! Non c'è proprio nessuno
che mi liberi da questo pessimo dragone". Suo padre, sua madre, tutti
quelli che le erano vicini o che la vedevano, si dolevano della sua sorte.
Molta gente la circondava piangendo e innalzando lamentazioni, soprattutto
mentre essa piangeva, dicendo: "O fratelli miei e amici, non c'è
proprio nessuno che mi liberi da questo omicida?". [2]
Ma la figlia di quel principe che era stata liberata dalla lebbra, udendo
le grida di questa fanciulla salì sulla terrazza del suo palazzo, la vide
piangere con le mani giunte sul capo, mentre tutti quelli che la
circondavano piangevano con lei. Allora domandò al marito di questa
indemoniata se la madre di lei era ancora viva. Avendole risposto che
aveva vivi ancora tutti e due i genitori, disse: "Manda da me sua
madre". E quando se la vide di fronte, le disse: "Questa
ragazzina fuori di s‚, è tua figlia?". "Sì, o signora, ,
rispose quella donna triste e in lacrime , questa è mia figlia".
"Tieni il segreto, , proseguì la figlia del principe , ti confesso
ch'io sono stata lebbrosa e mi ha sanato Maria, la madre di Gesù Cristo.
Se vuoi che tua figlia guarisca, portala a Betlemme, cerca di Maria madre
di Gesù, e sii fiduciosa che tua figlia sarà guarita: io non dubito che
tu ritornerai qui contenta con la figlia in ottima salute". [3]
Udite le parole della figlia del principe, quella donna prese subito la
figlia con s‚, si recò al luogo indicatole, andò da Maria e le
manifestò lo stato della figlia. Udita la sua preghiera, la padrona Maria
le diede un po' dell'acqua con la quale aveva lavato il corpo di Gesù,
ordinandole di versarla sul capo della figlia. Dai pannolini del signore
Gesù prese poi una fascia che diede alla fanciulla dicendo: "Prendi
questa fascia e mostrala al tuo nemico ogni volta che lo vedrai". E,
con i saluti, le congedò. [34,
1] La guarigione. Uscite da lei, se ne ritornarono nella loro regione.
Giunse in seguito il momento in cui Satana voleva invasarla: ecco apparire
questo maledetto sotto forma di un gigantesco dragone. Al vederlo, la
fanciulla ebbe paura. Ma la madre le disse: "Non temere, figlia,
lascia che ti si avvicini, poi mostragli la fascia che ci ha donato la
signora Maria, e vedremo che succederà". [2]
Mentre Satana, qual terribile dragone, si avvicinava, il corpo della
fanciulla tremava per la paura da capo a piedi; ma lei tirò subito fuori
quella fascia, se la pose sul capo e se ne coprì gli occhi. Da questa
fascia scaturirono fiamme e carboni ardenti, e si diressero contro il
dragone. Quanto era grande questo miracolo verificatosi non appena il
dragone diresse il suo sguardo alla fascia del signore Gesù dalla quale
scaturiva un fuoco diretto sul suo capo, contro i suoi occhi! Esso allora
esclamò a gran voce: "Gesù, figlio di Maria, che c'è di comune tra
me e te? Dove mi riparerò da te?". Con grande timore, girò la coda
e si allontanò dalla fanciulla, n‚ più le si fece vedere. La
fanciulla, rimasta tranquilla, lodò e ringraziò Dio; e con essa anche
tutti coloro che erano presenti e avevano assistito al miracolo. [35,
1] Giuda Iscariota. V'era là un'altra donna il cui figlio era tormentato
da Satana. Questi, di nome Giuda, ogni volta che era invaso da Satana,
mordeva tutti coloro che gli si avvicinavano e quando attorno a s‚ non
vedeva alcuno da mordere, mordeva le sue stesse mani e altre sue membra. La
madre di questo poveretto, conosciuta la rinomanza della padrona Maria e
del suo figlio Gesù, partì portando seco il figlio Giuda alla signora
Maria. Nel mentre Giacomo e Ioses avevano condotto il fanciullo signore
Gesù a giocare con gli altri fanciulli, e ritornati a casa, restarono con
il signore Gesù. [2] Quando giunse Giuda, indemoniato, si pose a sedere
alla destra di Gesù: invaso da Satana, voleva, come d'abitudine, mordere
il signore Gesù, ma non vi riuscì. Percosse tuttavia il lato destro di
Gesù e questi si mise a piangere... Immediatamente Satana uscì da quel
ragazzo, fuggendo come un cane rabbioso. Questo
ragazzo che percosse Gesù e dal quale uscì Satana sotto forma di cane,
era Giuda Iscariota che lo consegnò ai Giudei. E il lato percosso da
Giuda è quello stesso nel quale i Giudei confissero la lancia. [36,
1] Figurine di fango. Compiuti i sette anni, il signore Gesù si trovava
un giorno con ragazzi coetanei, e giocavano a fare con il fango figurine
di asini, di buoi, di uccelli e di altri animali vantando ognuno l'abilità
dimostrata con l'opera compiuta. Il signore Gesù disse allora ai ragazzi:
"Alle figurine ch'io ho fatto ordinerò di camminare". [2]
Allora essi gli domandavano: "Sei tu il figlio del Creatore?". E
il signore Gesù ordinò a esse di camminare: subito si misero a saltare e
poi, per sua concessione, si arrestarono nuovamente. Aveva fatto figurine
di uccelli e di passerotti che volavano quando egli ordinava loro di
volare, e si fermavano quando ordinava loro di stare ferme; inoltre
mangiavano e bevevano la bevanda e il cibo che egli porgeva loro. [3]
Allontanatisi poi i ragazzi raccontarono queste cose ai genitori; i loro
padri dissero loro: "Guardatevi, figli, dal prendere familiarità con
lui, è un mago pericoloso. Fuggitelo dunque ed evitatelo, e di qui in
avanti non giocate più con lui". [37,
1] Colori del tintore. Un giorno discorrendo e giocando con i ragazzi, il
signore Gesù passò davanti alla fabbrica di un tintore di nome Salem.
Nell'officina vi erano tanti panni che dovevano essere tinti dal tintore.
Entrato nella officina del tintore, il signore Gesù prese tutti quei
panni e li gettò in una botte piena di azzurro indiano. Quando
giunse Salem e vide i panni perduti, iniziò a gridare a gran voce e a
scongiurare il signore Gesù, dicendo: "Che mi hai fatto, o figlio di
Maria? Mi hai infamato davanti a tutti i cittadini. Ognuno di essi
desiderava un determinato colore, e tu qui hai mandato tutto alla
malora". [2]
Gesù rispose: "Io ti cambierò il colore di tutti i panni che
vuoi". E subito prese a estrarre i panni dalla botte, tirandoli fuori
tutti, e ognuno aveva il colore voluto dal tintore. I Giudei vedendo
questo miracolo e prodigio lodarono Dio. [38,
1] Gesù in falegnameria. Girando per tutte le città, Giuseppe conduceva
con s‚ il signore Gesù. A motivo del suo mestiere, la gente lo
avvicinava dandogli ordini per la fabbricazione di porte, secchi, letti e
cassetti. Ovunque andava aveva sempre con s‚ il signore Gesù. [2] Ogni
volta che Giuseppe aveva bisogno di lui nel suo lavoro, per allungare,
accorciare, allargare o restringere sia di un cubito che di un semicubito
qualche cosa, il signore Gesù stendeva la sua mano verso di essa e subito
diventava come desiderava Giuseppe; n‚ questi aveva bisogno di fare
qualcosa con le mani. Giuseppe non era infatti di una abilità
straordinaria nell'arte di carpentiere. [39,
1] Un ordine dal re. Un giorno il re di Gerusalemme lo fece venire da lui,
e gli disse: "Giuseppe, voglio che tu mi faccia un trono della stessa
misura di quello sul quale sono solito sedere". Giuseppe acconsentì
e subito diede mano all'opera: restò nella reggia per due anni portando
così a termine la fabbricazione del trono. Fattolo trasportare al suo
posto, si accorse che da ogni lato mancavano due semicubiti per
raggiungere la misura esatta. [2]
A questa constatazione, il re si adirò contro Giuseppe. Invaso da
profondo timore del re, Giuseppe passò la notte senza avere cenato, senza
toccare assolutamente nulla. Interrogato dal signore Gesù sulla causa del
suo timore, Giuseppe rispose: "Perché ho perduto tutto quanto ho
fatto in quei due anni". Il signore Gesù gli rispose: "Non
temere, non ti abbattere. Tu afferra un lato del trono, io afferrerò
l'altro e così lo porteremo a pari". Giuseppe
fece come aveva detto il signore Gesù; ognuno tirò il proprio lato e il
trono fu riparato e condotto alla giusta misura. Visto un tale prodigio,
tutti i presenti stupirono e lodarono Dio. [3]
Il legno di quel trono apparteneva a quel genere tanto celebrato al tempo
di Salomone, figlio di Davide, per la varietà delle sue applicazioni. [40,
1] Ragazzi mutati in capretti. Il signore Gesù un giorno uscì per
strada. Vide dei ragazzi che si erano radunati per giocare e li volle
raggiungere. Ma essi si nascosero. Giunto dunque alla porta di una casa,
il signore Gesù vide delle donne e domandò dove mai fossero fuggiti i
ragazzi. Esse risposero che qui non c'era alcuno; allora il signore Gesù
domandò loro: "Quelli che vedete là nel forno, chi sono?".
Avendo esse replicato che si trattava di capretti di tre anni, il signore
Gesù esclamò: "Venite qui, capretti, presso il vostro
pastore". [2] Allora i ragazzi, sotto forma di capretti, uscirono e
presero a saltellare attorno a lui. Piene
di ammirazione e tremanti di paura, alla vista di ciò, quelle donne si
diedero subito ad adorare il signore Gesù, dicendo: "Signore Gesù,
figlio di Maria, tu sei proprio il buon pastore di Israele. Abbi
misericordia delle tue ancelle che ti stanno di fronte e che mai
dubitarono: tu, infatti, signore nostro, sei venuto a sanare, non a
perdere". E avendo Gesù soggiunto che i figli di Israele sono come
gli Etiopi in mezzo ai popoli, le donne dissero: "Tu, signore, sai
tutto e non c'è nulla che ti sia nascosto. Ora noi ti preghiamo, e
chiediamo alla tua pietà di restituire a questi ragazzi, tuoi servi, il
loro stato di prima". [3] Il signore Gesù rispose: "Su,
ragazzi, andiamo a giocare!". E immediatamente alla presenza di
quelle donne, quei capretti si mutarono in ragazzi. [41,
1] Gesù re. Nel mese di adar Gesù radunò attorno a s‚ dei ragazzi
come un re: essi stesero a terra i loro abiti ed egli vi si sedette sopra.
Intrecciata poi una corona di fiori gliela posero sul capo, e, come
guardie del re, si posero alla sua destra e alla sua sinistra. I ragazzi
poi trascinavano con la forza chiunque passava per quella strada, dicendo:
"Vieni qui a venerare il re. Poi proseguirai per la tua strada". [42,
1] Simone il cananeo. Mentre avveniva questo, si appressavano degli uomini
che portavano un ragazzo, che era andato sui monti con dei suoi compagni
alla ricerca di legna. Quivi trovò un nido di pernice e stese la sua mano
per portare via le uova, ma un serpente velenoso spuntò di mezzo al nido
e la morse. Innalzò grida di aiuto, e i suoi compagni corsero verso di
lui trovandolo a terra come morto. Allora i vicini di casa partirono per
prenderlo e riportarlo in città. [2]
Giunti al posto nel quale il signore Gesù stava come re, attorniato dagli
altri ragazzi come da ministri, i ragazzi corsero incontro a colui che era
stato morso dal serpente e dissero ai suoi vicini: "Su, salutate il
re!". Ma a motivo del timore che li agitava, non volevano
avvicinarsi. Allora i ragazzi li trascinarono con la forza. Quando furono
davanti al signore Gesù, egli domandò loro perché portavano quel
ragazzo. Saputo che un serpente lo aveva morso, il signore Gesù disse ai
ragazzi: "Andiamo a uccidere quel serpente". [3]
Alla preghiera dei parenti affinché fosse loro permesso di proseguire
poich‚ il figlio era in agonia, i ragazzi risposero: "Non avete
udito che il re ha detto: "andiamo a uccidere il serpente"? Non
volete voi compiacerlo?". E così, sebbene quelli fossero contrari,
girarono indietro la lettiga. Giunti
che furono a quel nido, il signore Gesù disse ai ragazzi: "E'
proprio questo il posto del serpente?". Essi assentirono. Allora,
chiamato dal signore, il serpente si fece avanti tutto sottomesso. Egli
disse: "Va' a succhiare tutto il veleno che hai iniettato in questo
ragazzo". Il serpente si avvicinò al ragazzo e succhiò tutto il suo
veleno. [4] Poi il signore Gesù lo maledisse e subito scoppiò. Il
ragazzo, invece, accarezzato dalla mano del signore Gesù, guarì. Avendo
poi cominciato a piangere, il signore Gesù gli disse: "Non piangere,
presto sarai un mio discepolo". Questo è Simone cananeo del quale
parla il Vangelo. [43,
1] Gesù e Giacomo. Un altro giorno Giuseppe mandò suo figlio Giacomo a
raccogliere legna e il signore Gesù si offrì di accompagnarlo Giunto al
posto nel quale c'era la legna, Giacomo incominciò a raccoglierla. Ma
ecco che una vipera velenosa gli morse la mano, ed egli prese a gridare e
piangere. [2] Vistolo in quello stato, il signore Gesù gli si avvicinò,
soffiò sulla parte morsa dalla vipera e fu immediatamente guarito. [44,
1] Ragazzo risvegliato. Un giorno, mentre il signore Gesù stava
nuovamente con dei ragazzi che giocavano su di un tetto, un ragazzo cadde
dall'alto del terrazzo, e subito spirò. Tutti gli altri ragazzi
fuggirono, e sul tetto rimase il solo signore Gesù. Quando giunsero i
parenti di quel ragazzo morto, dissero al signore Gesù: "Sei tu che
hai fatto precipitare nostro figlio dal tetto". [2] Ma egli negava.
Essi gridarono: "Nostro figlio è morto, e questi è colui che
l'uccise". Ed il signore Gesù disse: "Non infamatemi. Non
credete? Orsù, interroghiamo lo stesso ragazzo e metterà in luce la
verità". Allora
il signore Gesù discese e stando sul morto gridò a gran voce:
"Zenone, Zenone, chi ti ha fatto cadere dal tetto?". Il morto
rispose: "Signore non sei tu che mi hai fatto cadere, ma o deina mi
ha buttato giù". [3] Il signore ordinò ai parenti di prestare
attenzione alle sue parole, e tutti gli astanti lodarono Dio per questo
miracolo. [45,
1] L'anfora rotta. Un giorno la padrona signora Maria ordinò al signore
Gesù di andare a prendere acqua dal pozzo. Andato dunque a prendere
acqua, quando l'anfora era piena si ruppe e si fece a pezzi. Allargando il
suo sudario, il signore Gesù radunò l'acqua e la portò in esso a sua
madre che ne restò stupefatta. Lei
nascondeva e conservava in cuor suo tutte le cose che vedeva. [46,
1] Figure di fango. Un altro giorno il signore Gesù si trovava presso un
rivolo d'acqua con dei ragazzi. Si intrattenevano assieme facendo di nuovo
delle piccole fosse d'acqua. Il signore Gesù modellò dodici passeri e li
pose ai lati di una sua piccola piscina, tre per ogni lato. [2]
Era un giorno di sabato, e il figlio di Hanan, giudeo, avvicinatosi e
vedendoli intenti in queste cose, adirato e pieno di indignazione esclamò:
"E così, di sabato fabbricate figure di fango?". E si precipitò
a distruggere le loro piccole piscine. Ma il signore Gesù pose le sue
mani sui passeri che aveva modellato e subito essi volarono via
cinguettando. [3]
Poi il figlio di Hanan si avvicinò anche alla piccola piscina di Gesù,
la calpestò con i piedi e ne fece uscire fuori tutta l'acqua. Allora il
signore Gesù gli disse: "Come è scomparsa questa acqua, così
scompaia la tua vita". E, subito, quel ragazzo restò secco. [47,
1] Morte repentina. Una sera, mentre il signore Gesù ritornava a casa con
Giuseppe, gli venne incontro, correndo, un ragazzo e lo urtò così
violentemente da farlo cadere. Il signore Gesù gli disse: "Come tu
mi hai buttato a terra, così tu pure possa cadere e non alzarti più".
E in quell'istante il ragazzo spirò. [48,
1] Maestro confuso. A Gerusalemme c'era un certo Zaccheo che istruiva i
ragazzi. Costui disse a Giuseppe: "Perch‚, Giuseppe, non mi conduci
Gesù affinch‚ impari le lettere dell'alfabeto?". Giuseppe assentì
e ne parlò con la padrona Maria. Lo portarono dunque da quel maestro che,
appena lo vide, gli scrisse l'alfabeto ordinandogli di leggere l'alef.
Dopo che lesse alef, il maestro gli comandò di leggere bet. Ma il signore
Gesù gli disse: "Dimmi prima il significato di alef, e poi io
pronuncerò bet". [2]
Avendo il maestro minacciato di bastonarlo, il signore Gesù gli espose i
significati delle lettere alef e bet. Gli spiegò pure quali figure delle
lettere erano dritte, e quali contorte, quali a forma di spirale, quali
con il punto e quali senza, perch‚ una lettera è prima e l'altra dopo;
ed ancora spiegò e raccontò molte altre cose che il maestro non aveva
mai sentito n‚ mai aveva letto in alcun libro. [3]
Il signore Gesù disse poi al maestro: "Presta attenzione a quanto ti
dico". E in modo chiaro e distinto incominciò a recitare alef, bet,
ghimel, dalet fino a tau. Ammirato, il maestro esclamò: "Penso che
questo ragazzo sia nato prima di Noè". Rivolto poi a Giuseppe,
disse: "Mi hai condotto qui un ragazzo affinch‚ io l'istruissi, ma
egli è più dotto di tutti i maestri". E alla padrona Maria disse:
"Questo figlio tuo non ha bisogno di alcuna formazione". [49,
1] Maestro castigato. Lo condussero allora da un altro maestro più dotto.
Questi, appena lo vide, gli disse: "Pronuncia l'alef".
Pronunciato che ebbe l'alef, il maestro gli ordinò di pronunciare bet. Ma
il signore Gesù gli rispose: "Dimmi prima il significato di alef, e
poi io pronuncerò bet". Avendo il maestro alzato la mano per
frustarlo, subito quella mano inaridì, ed egli morì. [2] Allora Giuseppe
disse alla padrona Maria: "Di qui in poi non lasciamolo più uscire
di casa. Chiunque infatti lo contraria è colpito a morte". [50,
1] Gesù maestro. Giunto all'età di dodici anni, lo condussero a una
festa a Gerusalemme. Al termine della festa, essi ritornarono, ma il
signore Gesù rimase nel tempio tra i dottori, gli anziani e gli eruditi
dei figli di Israele: li interrogava nelle loro specialità e rispondeva a
sua volta alle loro domande. Domandò loro: "Di chi è figlio il
Messia?". Risposero: "Figlio di Davide". [2]
Allora, egli replicò: "Perché, allora, mosso dallo spirito, lo
chiama suo signore, allorché afferma: "Disse il Signore al mio
signore: siedi alla mia destra affinché io assoggetti i tuoi nemici sotto
le vestigia dei tuoi piedi"?". Gli domandò poi il capo dei
dottori: "Hai letto i libri?". "Ho letto sia i libri, ,
rispose il signore Gesù , sia quanto è in essi contenuto". [3]
E spiegò i libri, la legge, i precetti, gli statuti e i misteri contenuti
nei libri dei profeti, cose irraggiungibili dall'intelletto di ogni
creatura. Quel dottore disse dunque: "Una tale scienza finora io n‚
l'ho raggiunta n‚ mai ne ho sentito parlare. Chi pensi che sarà questo
ragazzo?". [51,
1] Gesù e l'astronomo. C'era là un filosofo perito in astronomia il
quale domandò a Gesù se avesse studiato astrologia. Il signore Gesù
rispose esponendo il numero delle sfere e dei corpi celesti, la loro
natura e le loro operazioni, la loro contrapposizione, il loro aspetto
triangolare, quadrato ed esagonale, la loro traiettoria e la loro
posizione di minuto in secondo, e molte altre cose irraggiungibili alla
ragione. [52,
1] Gesù e il medico. Tra quei filosofi ve n'era anche uno dottissimo
nelle scienze naturali. Questi interrogò Gesù se avesse studiato
medicina; egli rispose esponendo la fisica, la metafisica, l'iperfisica e
l'ipofisica, le forze del corpo, gli umori e i loro effetti; ed ancora il
numero delle membra e delle ossa, delle vene, delle arterie e dei nervi,
gli effetti del calore e della siccità, del freddo e dell'umidità che
provengono da esse; qual è l'influsso dell'anima sul corpo, sui suoi
sensi e sulle sue forze; in che cosa consiste la facoltà di parlare, di
adirarsi e di desiderare; infine l'unione e la disunione e altre cose
irraggiungibili all'intelletto creato. [2]
Allora quel filosofo s'alzò e adorò il signore Gesù, dicendo: "O
signore, d'ora in poi sarò tuo discepolo e tuo servo". [53,
1] Il ritorno a Nazaret. Mentre parlavano tra loro di queste e di altre
cose, si presentò la signora padrona Maria che da tre giorni girava con
Giuseppe, alla ricerca di lui. Vedendolo dunque seduto tra i dottori,
interrogandoli e a sua volta rispondendo loro, gli disse: "Figlio
mio, perché ti sei comportato così? Ecco che io e tuo padre ti stiamo
cercando con grande pena". [2] Ed egli: "Perché mi cercate? Non
sapete che è necessario ch'io mi intrattenga nella casa di mio
padre?". Ma essi non compresero le parole che egli aveva detto loro. Allora
quei dottori domandarono a Maria se questo era suo figlio; e al suo
assenso, esclamarono: "O te felice, Maria, che hai generato un figlio
come questo". [3]
Ritornato poi con essi a Nazaret, si comportava in ogni cosa secondo i
loro desideri. Sua
madre conservava tutti questi fatti in cuor suo. E il signore Gesù
cresceva in statura, in sapienza e grazia davanti a Dio e davanti agli
uomini. [54]
Vita nascosta. Da quel giorno prese a tenere nascosti i suoi arcani
miracoli e i suoi misteri, e a dedicarsi allo studio della Legge fino a
quando raggiunse il trentesimo anno di età, allorquando cioè, al
Giordano, con la voce discesa dal cielo il Padre dichiarò pubblicamente:
"Questo è il mio figlio diletto, in lui io mi riposo"; e lo
Spirito santo era presente sotto forma di candida colomba. [55]
Dossologia. Egli è colui che, supplici, adoriamo, colui che ha dato
l'essere e la vita, colui che ci ha tratto dall'utero delle nostre madri,
colui che per noi ha assunto corpo umano e ci ha redento circondandoci
della sua eterna misericordia e manifestandoci la sua clemenza che
scaturisce dalla liberalità, dalla beneficenza, dalla generosità e
benevolenza. A lui appartiene la gloria, la beneficenza, la potenza e la
sovranità nel tempo presente e nei secoli sempiterni. Amen. Con
l'aiuto del Dio supremo, termina qui tutto il Vangelo dell'infanzia, in
base a quanto abbiamo trovato nell'archetipo. note: *
Il prologo del cod. Laurenziano (L) è come segue: "Nel
nome di Dio clemente e misericordioso; vi era al tempo del profeta Mosè,
a lui il saluto, un uomo di nome Zaradusht, ed egli è colui che inventò
le scienze del magismo. E mentre un giorno stava seduto presso una
sorgente, insegnando ai suoi seguaci la scienza del magismo, in mezzo al
suo discorso disse loro: (partorirà) senza rottura del sigillo della
verginità; e (gioiranno i popoli) con il suo annunzio nelle sette parti
del mondo. E lo crocifiggeranno gli Ebrei nella città santa che fu
costruita da Melchisedeq; e risorgerà dai morti e salirà al cielo. Ed
ecco il segno della sua nascita: vedrete in oriente una stella più
brillante della luce del sole e delle stelle che sono nel cielo, poiché
essa non è una stella, ma un angelo di Dio; e quando l'avrete vista
affrettatevi a mettervi in cammino verso Betlemme ed adorate il nato re ed
offritegli dei doni. E la stella sarà la vostra guida fino a lui. Questo
detto era un tratto di profezia. Ed il metropolita Gesù Ben Nun disse che
questo Zaradusht era l'astrologo Balaam; e la profezia si compì alla fine
del tempo". Il
metropolita Gesù Ben Nun era il vescovo di Hadatha morto nell'850; se
l'annotazione è autentica, può indicare una traccia cronologica per
questo scritto, ma è poco verosimile. Zaradusht è Zoroastro (vedi
appresso 7, 1). [2,
1] Nel cod. L abbiamo: "nell'anno 304", come nel siriaco. [2]
Giunti a una grotta...: Il cod. L: "E mentre erano in via, Giuseppe
alzò gli occhi verso Maria (mentre) le era sopravvenuta un'afflizione ed
una gioia nello stesso tempo. E le disse: "Perché ti vedo afflitta
ed allegra?". Ed ella disse: "Vedo due situazioni diverse,
meravigliose; vedo il popolo d'Israele piangente ed afflitto, simile al
cieco che, pur davanti al sole, non gode della sua luce; e vedo i popoli
stranieri immersi nelle tenebre, sui quali è sorta la luce ed essi sono
lieti e contenti, come il cieco al quale si sono aperti gli occhi". E
quando furono vicini a Betlemme Maria disse a Giuseppe: "E' veramente
giunto il tempo della nascita e le doglie non mi permettono di proseguire
sino al villaggio, entriamo piuttosto in questa grotta" e
questo avvenne al tramonto del sole. E Giuseppe andò in fretta per
cercarle una donna che le fosse vicina. E mentre era occupato in questo,
vide una vecchia ebrea di Gerusalemme e le disse: "O benedetta, vieni
ed entra in questa grotta ove c'è una donna che sta per
partorire"". [3,
2] Rispose la vecchia: "La vecchia rispose dicendo: "Padrona
mia, io sono venuta per guadagnarmi un premio che dura in
perpetuo""; così leggono Sike e Thilo. L'episodio
della levatrice e l'adorazione dei pastori nel cod. L sono narrati più
brevemente; e l'adorazione dei magi è più estesa. A proposito di
Zoroastro (Zaradusht) è espressa chiaramente la loro nazionalità:
"siamo persiani... L'angelo apparve ai persiani"; e riporta
opinioni sul loro numero: "qualcuno opinò che fossero tre, secondo
il numero dei doni, altri dissero che erano dodici uomini... e altri
asserivano che erano dieci, di stirpe regale e con loro circa
milleduecento uomini del seguito". L'ordine
degli eventi nel cod. L è: nascita, adorazione dei pastori, adorazione
dei magi e ritorno in patria, circoncisione, e incontro con Simeone ed
Anna. [5,
1] ... prese questa membrana: per queste reliquie si può vedere il
CECCHELLI, Mater Christi, III, Roma 1954, 368. [7,
1] Zaradusht (o Zaradasht) è Zoroastro; vedi il prologo del cod. L. Su
questa profezia si può vedere: G. MESSINA, I magi a Betlemme e una
predizione di Zoroastro, Roma 1933; U. MONNARET DE VILLARD, Le leggende
orientali sui magi evangelici (Studi e Testi), Roma (Città del Vaticano)
1952; e la famosa Storia dei magi, di G. HILDESHEIM, nell'ottima
traduzione italiana con note a cura di A. M. DI NOLA, Firenze 1966. Oro,
incenso e mirra secondo il Libro della grotta dei misteri, opera
contenente antichissime tradizioni d'Oriente sui magi (cfr. C. BEZOLD, Die
Schatzhole... in's Deutsche ubersetzt, Leipzig 1883), dopo la propria
caduta, Adamo nascose questi doni in una grotta e da una generazione
all'altra se ne tramandò la memoria e il luogo in base alle notizie
trasmesse da Adamo a suo figlio Seth fino ai magi che li presero per
offrirli al Messia. Vedi inoltre L. MORALDI, Vangelo arabo apocrifo,
Milano 1991, 64 ss. in
ricordo, o con Sike e Thilo, "in luogo della benedizione". Su
questo dono conservato come reliquia in Francia fino alla rivoluzione
francese, vedi U. MONNARET DE VILLARD, op. cit. 69,111. [10,
1] ... il suo viaggio: di qui in avanti la frase è oscura; Sike e Thilo
leggono "sopraggiunse l'aurora, e per la difficoltà del cammino
aveva rotto una cinghia della sella". [3]
L'idolo rispose: il siriaco presenta qui il sacerdote come interprete
dell'idolo. Nel
cod. L il paragrafo termina in modo significativo dal punto di vista
sociale e religioso per il nostro testo: "Per questo gli Egiziani si
raccolsero presso l'iman e si consigliarono con lui per fabbricare una
divinità e chiamarla: La misteriosa, nascosta". [23]
Tutto il capitolo 23 è più breve nel cod. L, ma il contenuto è uguale.
Il capitolo seguente, il 24, nel cod. L è sul ritorno della sacra
famiglia in patria e corrisponde al c. 26 del testo presente. Il cod. L
non parla di Matarea e di Menfi: due capitoli dei quali si è notata
l'assenza anche in altri manoscritti; è possibile che si tratti di
interpolazioni posteriori allo scopo di corroborare certe tradizioni
locali. In luogo di Menfi il Peeters legge "Misr" che
corrisponderebbe al vecchio Cairo (Misr al,Atiqa) ove si trova un'antica
chiesa copta. [30,
2] con le sue vesti: il cod. L seguita con una annotazione interessante:
"E questo giovane è quello che nel Vangelo è detto Taama", cioè
Tomaso. [33,
2]... portala a Betlemme: fa specie rileggere il nome di questa città
quando ci saremmo aspettati "Nazaret"; ed anche il cod. L ha lo
stesso testo; ma, come già dal c. 32, si può osservare qui un indizio
della possibile esistenza di racconti orali che avevano vita indipendente
da ogni inquadramento. [35,
1] L'inizio del capitolo nel cod. L è: "Quando Gesù ebbe tre anni,
vi era una donna che aveva un figlio ossesso di nome Giuda". [2]
Percosse tuttavia...: secondo il siriaco, Giuda non percosse ma morse. [36,
1-3] Il capitolo è preso liberamente dalla tradizione dell'Infanzia di
Gesù. A questo capitolo il cod. L fa seguire un testo, di certo fuori
posto, che presenta Gesù che parla dalla culla, così: "Abbiamo
trovato nel libro del sommo pontefice Giuseppe che visse al tempo di
Cristo, e disse qualcuno che era Caifa, che Gesù parlò da bambino fin
dalla culla. E quando aveva appena un anno disse a sua madre: "O
Maria, io sono Gesù, figlio di Dio, che mi hai generato come ti ha
annunziato l'angelo Gabriele: e mio Padre mi ha inviato per la salvezza
del mondo"". [37,
1-2] Nel siriaco questo capitolo ha un testo assai più lungo. [40,
2]... i figli di Israele...: nel cod. L suona: "In verità i figli di
Israele sono come i Negri che prendono la parte estrema del gregge
irritando con quello il pastore; così fa il popolo d'Israele". Al
termine del capitolo il cod. L ha ancora un'osservazione: "E da quel
giorno i ragazzi non potevano allontanarsi da lui e i loro padri vennero
da loro (per avvisarli) che non contraddicessero Gesù, figlio di
Maria". [41,
1] Il mese di adar corrisponde a marzo,aprile. E' stato fatto notare che
questa leggenda ha un'eco in una composizione poetica del XIII secolo:
Vita Rythmica della Vergine e di Cristo (c. 41) edita dal Vogtlin (Bibl.
d. Literar. Vereins in Stuttgart, n. 180, 1888) ove è detto che i ragazzi
egiziani incoronarono Gesù re, e più avanti ripetono lo stesso fatto,
ritornato dall'Egitto, quando i ragazzi lo elessero re e lo chiamavano
domicellus: "signorino". Il compilatore di questa Vita
nell'elencare le sue fonti menziona Teofilo, Epifanio, Ignazio e il libro
sull'Infanzia del Salvatore. [42,
1-4] Nel cod. L il capitolo è più breve. Elementi identici sono il
serpente e Simone cananeo: costui "aveva sentito una voce venire da
una pianta, e credette che fosse la voce di uccellini e stese la mano per
prenderli..."; alla fine si osserva, sempre riguardo a Simone:
"Ed egli è l'apostolo Simone, detto Qinija a causa del nido dal
quale il serpente l'aveva colpito". Si tratta, verosimilmente, di una
variante alla tradizione comune (cfr. Infanzia di Gesù, 16, 1; Vangelo
Ps.-Matteo, 41, 1). In
questo capitolo si può scorgere, ritengo troppo lontano, un motivo
ricorrente nella letteratura indiana antica. Si può vedere L. MORALDI,
op. cit., II, 1264 ss.; 1282; e 1287 ss. sul serpente; e lo studio di E.
COSQUIN, Un ‚pisode d'un ‚vangile syriaque et les contes de l'Inde: le
serpent ingraté l'enfant roi et juge, in RB, 16 (1919), 136,157. [43,50]
Nei capitoli 43,50 il cod. L dà varianti di tradizioni già viste, che
assunsero forme diverse a seconda dei luoghi e delle culture che le
recepirono. Per esempio ecco l'inquadramento del capitolo 44 nel cod. L:
"Alcuni giorni dopo, i ragazzi giocavano su di un alto terrazzo, si
spingevano e uno di essi cadde e morì. Si dissero allora l'un altro:
"Dite che è stato Gesù a ucciderlo". Presero allora Maria,
Giuseppe e Gesù a causa dell'uccisione del ragazzo e li portarono dal
governatore. I ragazzi che erano con lui testimoniarono che lo aveva
ucciso. Il governatore allora sentenziò: "Occhio per occhio, dente
per dente e vita per vita (cfr. Es 21, 23,25); Consegnate perciò Gesù
affinché sia messo a morte". Ma Gesù rispose al giudice: 'Se io
chiamassi questo morto ed egli si alzasse e confermasse che non sono stato
io a ucciderlo..."". [55,
1] Con l'aiuto del Dio...: il testo qui dato, che è quello del
Tischendorf, pur avendo raccolto un notevole numero di tradizioni che, per
noi, gli sono proprie e lo distinguono dalle narrazioni dell'infanzia
dell'antichissima tradizione che fa capo a "Tomaso" (o a
Giovanni) si mantiene tuttavia nei limiti cronologici tradizionali per gli
apocrifi dell'infanzia di Gesù che terminano con la narrazione del
Vangelo di Luca, cioè di Gesù a Gerusalemme tra i dottori della legge.
Cfr. Infanzia di Gesù, 19, 2 e Ps,Matteo, 42, 1. Il
cod. L termina il Vangelo dell'infanzia in modo singolare, dopo la
narrazione dell'accaduto sulla terrazza (44, 1-3), nei capitoli seguenti
fa una sintesi di narrazioni evangeliche, secondo i Vangeli canonici,
trattando nell'ordine: di Nicodemo del figlio della vedova di Naim, dei
discepoli di Giovanni, del battesimo di Gesù delle nozze di Cana, delle
tentazioni, della sepoltura di Gesù, della risurrezione delle dispute tra
i Giudei (cfr. più sotto il Vangelo di Nicodemo), delle apparizioni del
Risorto, dell'ascensione e della discesa dello Spirito santo. In
un modo che desta un po' di meraviglia (se non si tiene presente che qui
il compilatore riporta in realtà la fonte seguita nelle prime parti),
termina con le seguenti espressioni: "E' finito il libro
dell'infanzia di Nostro Signore, cioè il racconto della manifestazione di
Nostro Signore Gesù Cristo, per sua memoria, adorazione e lode, e questo
in data del mattino di sabato quattordicesimo di Shubat dell'anno 1610 di
Alessandro il Greco". Il colofon: "E lo scrisse il servo che
attende la misericordia del suo Dio e il perdono delle sue colpe, Isacco
Ben Abi'l Farag Al Qassis Al Mutatabbeb, nella città di Nardin, la
custodita, e a Dio la lode e il favore sempre, amen". Segue
in fine la dossologia di chiaro sapore coranico: "In
nome di Dio clemente e misericordioso: santo è Dio santo; il potente;
santo è colui che non muore, che fu crocifisso per noi. Abbi pietà di
noi o Signor nostro; abbi pietà di noi o Signor nostro; abbi pietà di
noi o Signor nostro; abbi pietà di noi o Signor nostro; abbi pietà di
noi e fa scendere su di noi il tuo favore. La lode a te o Signor nostro:
la lode a te o Signor nostro, la lode a te". |
Fonte on-line : Intratext