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Tommaso:il più antico vangelo

Introduzione

"Tommaso: il più antico dei vangeli" alla luce degli studi che abbiamo riportato nella sezione documenti del Ns sito parrebbe una affermazione estremamente azzardata se non palesemente errata, ma proprio sulla base degli stessi elementi che hanno portato alla post datazione di questo prezioso documento, mostreremo come Tommaso rappresenti un documento antichissimo la cui portata va ben oltre la famosa ipotetica e mai ritrovata fonte Q.

Prima di addentrarsi nella lettura di questo capitolo suggeriamo al lettore una scorsa dell'ottimo lavoro di Glenn Mugnaio che abbiamo, per comodità , tradotto in italiano e che costituirà la base per la controanalisi proposta in questo capitolo.

Probabilmente ciò che ha influito negativamente sulla analisi serena del testo ritrovato a Nag Hammadi é la sua collocazione all'interno di una fitta collezione di testi gnostici. Sebbene la natura di un testo e le personali convinzioni religiose non dovrebbero mai influire sulla obiettività dell'analisi storica é innegabile, e lo si può constatare dalla breve carrellata di riflessioni estratte dai lavori di molti studiosi, che nel caso di Tommaso il collocarne la stesura successivamente alla formazione dei canonici, ha intenti che vanno al di la dello studio obiettivo del testo.

La nostra breve disamina degli argomenti che hanno portato alla postdatazione utilizza un solo differente punto di partenza, che viene fuori dai precedenti capitoli: il vangelo di Marco, a nostro avviso, é successivo al vangelo di Matteo e dipendente da questo.

Questo diverso punto di partenza ci porterà a conclusioni opposte a a quelle ritenute incontestabili ed illustrate nel lavoro di Mugnaio, ma mostrerà, altresì, che vi sono state, in alcuni casi, evidenti forzate interpretazioni di alcuni argomenti (quelli che risultavano favorevoli alla postdatazione del VdT) ed in altri casi superficiali trattazioni di altri elementi (quelli che facevano propendere per una predatazione).

La critica di Meier agli argomenti per la predatazione

Tratteremo gli argomenti della nostra controanalisi nello stesso ordine nel quale vengono affrontati nel lavoro di Mugnaio al fine di consentire una più agevole comparazione delle tesi esposte.

La impostazione del lavoro di Mugnaio tende a sminuire se non ridicolizzare gli studi che tendono a predatare Tommaso e per questo motivo gli argomenti vengono proposti in ordine di importanza inverso: viene prima trattato in maniera fugace lo studio del Jesus Seminar criticando e le sue conclusioni e la stessa correttezza scientifica e metodologica del lavoro, e successivamente viene proposta un'ampia trattazione degli studi per la postdatazione, ricca di citazioni ed esempi.

Il lavoro di riferimento per Mugnaio é lo studio di Meier [ MJ: 1.158n99].

La prima aspra critica che Mugnaio, attraverso gli studi di Meier, propone alle argomentazioni a favore della predatazione é relativa alla probabile origine aramaica dei detti che si trovano nel Vangelo.

Il tentativo di ridicolizzare le analisi di retrotraduzione (traduzione dei testi nella probabile lingua di origine per verificarne la correttezza sintattica e semantica secondo i canoni della lingua che si ritiene essere quella il cui il testo é stato pensato) é un argomento classico che ha costituito il perno delle critiche che a suo tempo furono mosse a Padre Carmignac per il lavoro di retrotraduzione svolto sui canonici.

Il nocciolo della questione é il seguente.

L'aramaico rappresenta la lingua parlata nella Palestina in cui visse Gesù. E' quindi estremamente probabile se non certo che i detti di Gesù furono pronunciati in quella lingua e quindi tra gli indizi di autenticità di un detto attribuito, in un qualsiasi vangelo, a Gesù, v'è certamente il rispetto del ritmo e della struttura dell'aramaico se sottoposto a retrotraduzione.

Quando ci si trova di fronte ad un testo in cui il commento ai detti é praticamente assente, come in questo Vangelo, il rispetto delle sonorità e della struttura della lingua aramaica nei detti che vengono attribuiti a Gesù é un ottimo indizio di originalità di quei detti, specie se si ritiene che la lingua d'origine (come nel nostro caso) sia il siriaco e non l'aramaico.

In pratica quello cui ci si riferisce non é relativo alla lingua di origine del testo (come faziosamente viene fatto intendere) ma alla lingua d'origine in cui é stato pronunciato il detto. Questo, per un testo fatto unicamente di detti e non di commenti, specie se é un fenomeno esteso, é un rilevantissimo indizio di autenticità del detto.

Il fatto che la lingua d'origine del testo sia il siriaco, aggiunge un ulteriore argomento a favore della originalità del detto, infatti bisognerebbe supporre che l'autore si sia preso la briga di generare il detto in una lingua che non gli é congeniale (l'aramaico) per poi tradurlo in siriaco, ed il tutto per generare un sofisticato falso.

Passiamo quindi al secondo argomento criticato nel lavoro di Meier: il diverso ordine, la minore lunghezza dei detti e la diversità degli stessi come indizio di autenticità.

Uno degli argomenti principali su cui si basa la critica proposta da Mugnaio per bocca di Meier ,alla tesi che un differente ordine di esposizione dei detti comuni al VdT ed ai canonici costituisca indizio di autenticità é la prova di due diversi ordini di esposizione dei detti per lo stesso VdT.

In pratica Meier fa osservare che il papiro greco POxy1 riposta parte dei detti che sono presenti in Tommaso (il particolare llultima parte del detto trenta che introduce, nel papiro il detto 77) in ordine diverso rispetto alla versione copta che é stata ritrovata.

Basandosi su una pratica comune di cambiamento dell'ordine di esposizione comune agli scritti cristiani del secondo secolo, appoggiandosi alla presunta identità tra POxy1 e Tommaso ed infine rilevando la datazione del papiro (prina del 200 d.c.) deduce che il testo é molto probabilmente databile a questo periodo.

A nostro avviso vi sono diverse osservazioni che mostrano come questo presunto indizio possa essere letto in svariati modi:

La presunta prova di una correlazione voluta intorno ad una parola chiave nei detti che sono presenti in Tommaso appare, poi, una ulteriore evidente forzatura: nessuno, ad oggi, é riuscito a trovare un filo conduttore (fatta eccezione per il prologo e l'epilogo) nel testo di Tommaso, ne alcuno scopo esplicito di indottrinamento, o alcun fine dimostrativo di un qualunque tipo di testi, tanto che Luigi Moraldi, probabilmente il maggiore studioso italiano degli apocrifi (che pure propende per una postdatazione) ebbe da scrivere "...la gnosi nel nostro testo, appare molto attenuata, l'autore si astiene dall'esporre i grandi temi dello gnosticismo e si limita a cenni qua e là, tanto che accostarlo agli altri Vangeli gnostici appare una forzatura..." ("I Vangeli gnostici" ed.Adelphi 1993-99 p.87).

La parabola dei Vignaioli perfidi

La critica all'uso dell'ordinamento dei detti quale indizio di autenticità, é fondata su esempi di analogie tra Tommaso ed i canonici come quella che proponiamo nel presente paragrafo.

Maier parte dai detti 65 e 66 in Tommaso:

65. Lui disse, Un uomo onesto possedeva una vigna e l'aveva affittata a dei contadini, così che la lavorassero e gli cedessero il raccolto. Mandò il suo servo dai contadini per farsi consegnare il raccolto. Quelli lo afferrarono, lo picchiarono, e quasi l'uccisero. Poi il servo ritornò dal padrone. Il padrone disse, 'Forse non lo conosceva.' Mandò un altro servo, e i contadini picchiarono anche quello. Quindi il padrone mandò suo figlio e disse, 'Forse verso mio figlio mostreranno un qualche rispetto.' Poiché i contadini sapevano che lui era l'erede della vigna, lo afferrarono e lo uccisero. Chi ha orecchie ascolti!"

66. Gesù disse, "Mostratemi la pietra scartata dai costruttori; quella è la chiave di volta."

e li confronta con Marco 12,1-12

[1]Gesù si mise a parlare loro in parabole: "Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano. [2]A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. [3]Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote. [4]Inviò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo coprirono di insulti. [5]Ne inviò ancora un altro, e questo lo uccisero; e di molti altri, che egli ancora mandò, alcuni li bastonarono, altri li uccisero. [6]Aveva ancora uno, il figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! [7]Ma quei vignaioli dissero tra di loro: Questi è l'erede; su, uccidiamolo e l'eredità sarà nostra. [8]E afferratolo, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. [9]Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri.[10]Non avete forse letto questa Scrittura:

La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
[11]dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri"? [12]Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro.

facendo notare che il detto 65, sarebbe completamente scorrelato dal 66 se non fosse per la presenza di una correlazione stretta e giustificata in Marco che, ad avviso di Meier, dimostrerebbe che l'autore conosce questo Vangelo e da per scontata la sua correlazione tra i detti.

Ma andiamo, a vedere la versione che Matteo 21,33-45 fornisce da della stessa parabola:

[33]Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. [34]Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. [35]Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. [36]Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. [37]Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! [38]Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. [39]E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. [40]Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?". [41]Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo".

[42]E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri? [43]Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare. [44]Chi cadrà sopra questa pietra sarà sfracellato; e qualora essa cada su qualcuno, lo stritolerà".

[45]Udite queste parabole, i sommi sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro e cercavano di catturarlo; ma avevano paura della folla che lo considerava un profeta

La prima impressione che si ottiene é che Tommaso rappresenta la forma più semplice sintetica e completa della parabola. Andiamo ad analizzare le similitudini.

Mentre in Matteo vengono inviati subito 3 servi, in Matteo e Tommaso il primo invio é di un solo servo.

In Matteo i 3 servi vengono sottoposti a diverso trattamento, uno viene bastonato, l'altro lapidato, l'altro ucciso, in Marco, invece il servo inviato é uno solo, ma viene unicamente bastonato.

In Tommaso il servo é uno solo, esso viene colpito e quasi ucciso (particolare che manca in Marco).Tommaso aggiunge l'osservazione dubbiosa del padrone che propende per la buona fede dei vignaioli e pensa si siano comportati così poiché non l'avevano riconosciuto.

Questa importante giustificazione manca nei canonici.

Il secondo invio in Matteo é, ancora una volta , di più di un servo. Il trattamento viene assimilato sinteticamente al precedente.

In Marco il secondo invio é ancora di un solo servo che viene picchiato sulla testa e coperto da insulti, ma non ancora ucciso.

In Tommaso il secondo invio é di un solo servo che viene di nuovo picchiato. Anche in questo caso la forma di Tommaso appare la più sintetica e completa, ed anche in questo caso non si parla di uccisioni.

In Matteo non v'è alcun terzo invio di servi, che invece si ritrova in Marco. Ancora una volta si tratta di un servo solo che, però viene ucciso, a questo seguono, in Marco, numerosi altri invii con medesimo trattamento..

In Tommaso così come in Matteo, non esiste alcun terzo invio di servi e si passa subio all'invio del figlio del padrone.

Per concludere osserviamo che in Matteo, viene inviato "il proprio figlio" che diviene il "figlio prediletto" in Marco, la forma in Tommaso é simile a quella semplice di Matteo ed é priva dell'aggettivo "prediletto" che appare in Marco.

Ancora una volta la forma della parabola in Tommaso é di certo la più sintetica e completa.

La motivazione dell'uccisione é esplicitata sia in Matteo che in Marco: i vignaioli uccidono il figlio per impadronirsi dell'eredità.

In Tommaso v'è la presa d'atto che il figlio é l'erede, ma non v'è alcuna spiegazione sul motivo che spinge i vignaioli ad ucciderlo: essa é implicita nella parabola ma é anche parte della riflessione che Gesù chiede ai discepoli.

Ancora una volta Tommaso appare semplice e diretto.

In buona sostanza il detto in Tommaso é:

In Tommaso manca la esasperazione che si trova in Matteo . I servi vengono sottoposti alle tre procedure principali di punizione dei colpevoli contro la legge di Mosè (bastonatura, lapidazione, uccisione), in pratica Matteo da un lato esaspera il numero (tre servi anzicche uno), dall'altro si riallaccia al pubblico cui rivolge il Vangelo (ebrei). La parabola é chiaramente simbolica viene rielaborata e rivista in prospettiva della passione e delle pene cui Gesù é sottoposto.

In Marco la parabola assume la forma più articolata e l'invio multiplo di Matteo viene ripreso aggiungendo un terzo invio di servi assente in Matteo e Tommaso.In pratica Tommaso pare non voler dare alcun significato e alcuna interpretazione particolare alla parabola se non quello che la parabola trasmette direttamente.

L'impressione di maggiore sobrietà di Tommaso rispetto ai canonici e quindi di probabile vincinanza all' testo reale della parabola la si conferma osservando la versione di Luca 20,9-16 che sicuramente é il più recente dei 3 Sinottici

[9]Poi cominciò a dire al popolo questa parabola: "Un uomo piantò una vigna, l'affidò a dei coltivatori e se ne andò lontano per molto tempo. [10]A suo tempo, mandò un servo da quei coltivatori perché gli dessero una parte del raccolto della vigna. Ma i coltivatori lo percossero e lo rimandarono a mani vuote. [11]Mandò un altro servo, ma essi percossero anche questo, lo insultarono e lo rimandarono a mani vuote. [12]Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono. [13]Disse allora il padrone della vigna: Che devo fare? Manderò il mio unico figlio; forse di lui avranno rispetto. [14]Quando lo videro, i coltivatori discutevano fra loro dicendo: Costui è l'erede. Uccidiamolo e così l'eredità sarà nostra. [15]E lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? [16]Verrà e manderà a morte quei coltivatori, e affiderà ad altri la vigna". Ma essi, udito ciò, esclamarono: "Non sia mai!".[17]Allora egli si volse verso di loro e disse: "Che cos'è dunque ciò che è scritto:

La pietra che i costruttori hanno scartata,
è diventata testata d'angolo?

[18]Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e a chi cadrà addosso, lo stritolerà". [19]Gli scribi e i sommi sacerdoti cercarono allora di mettergli addosso le mani, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito che quella parabola l'aveva detta per loro.

Luca riporta gli stessi tre invii di Marco ma non vi sono uccisioni e comunque vengono sempre inviate singole persone (non si parla di invii multipli), questa configurazione della parabola strettamente dipendente da Marco anche per forma, somiglia molto alla impostazione di Tommaso, ma rimane di certo più complessa.

Le tre forme della parabola nei canonici hanno la domanda e la risposta finale di Gesù sulla sorte dei vignaioli che, comunque, parrebbe scontata, se non per il senso che i canonici danno a tale domanda: il comportamento dei vignaioli li condanna alla perdita della vigna che apparteneva loro che simboleggia il nuovo popolo cui é destinato il messaggio evangelico.

Se, quindi, dovessimo fornire una gradazione di dipendenza sulla base della di complessità nella forma della parabola l'ordine é di certo: Tommaso, Matteo, Marco,Luca.

In pratica Matteo presenta una prima forma di elaborazione della parabola che con i suoi due invii multipli di persone e con l'elaborazione ai fini della passione che costituisce la base per la forma che la parabola assume in Marco. Matteo scrive di certo dopo la morte di Gesù e struttura la parabola in vista di un "finale" che già conosce.

Tommaso invece, da l'impressione di non conoscere la sorte di Gesù. La passione é sfiorata dalle parabole a dai detti, ma mai menzionata direttamente.

In Marco la parabola viene semplificata in quanto a numero di persone ma resa complessa in quanto a numero di invii e a qualificazione del figlio "prediletto".

Luca, infine, media Matteo e Marco, pur nella maggiore vicinanza a quest'ultimo.

Le esasperazioni (omicidi) sono assenti anche in Luca, ma hanno il preciso scopo di focalizzare la colpa sull'uccisione del figlio.

Tommaso non presenza esasperazioni, forzature, aggiunte e spiegazioni o tentativi di spiegazione, tanto che lo stesso motivo per il quale i vignaioli uccidono il figlio é lasciato solamente intendere.

In pratica questo vangelo non aggiunge nulla alla parabola per fini diversi da quelli del resoconto, eppure Meier sostiene che il detto 66 é correlato volutamente al detto 65 per una reminiscenza dal Vangelo di Marco, e lascia intendere che

Ma veniamo alla citazione presente nei canonici e riportata in Tommaso al verso 66.

Tutti i canonici riportano la citazione al medesimo modo eccetto Marco che ne riporta la forma estesa.

In Tommaso la citazione non é tale ma viene fatta propria da Gesù ripresa dalle scritture nella forma sintetica in cui appare nei canonici.

Nessuna correlazione tra il detto precedente e questo, ma é indubbio che la personalizzazione appare più naturale che non la citazione esatta nei canonici.

Relativamente ai versi 65 e 66, Tommaso appare indipendente per forma e semplice, diretto e sintetico per contenuto: un resoconto asettico, una sorta di appunto di viaggio, su cui Matteo, per primo, intesse (probabilmente indipendentemente dalla conoscenza di questo vangelo) una riflessione che é ripresa e approfondita da Marco prima e da Luca poi.

Le norme sulla purezza nelle mense

Uno degli esempi addotti nel lavoro di Meier riportato da Mugnaio, teso a dimostrare la dipendenza dell'ordine dei detti in Tommaso dai canonici é il detto 14 sulla purezza nelle mense.

14. Gesù disse loro, "Se digiunate attirerete il peccato su di voi, se pregate sarete condannati, e se farete elemosine metterete in pericolo il vostro spirito.

Quando arrivate in una regione e vi aggirate per la campagna, se la gente vi accoglie mangiate quello che vi offrono e prendetevi cura dei loro ammalati.

Dopo tutto, quello che entra nella vostra bocca non può rendervi impuri, è quello che viene fuori dalla vostra bocca che può rendervi impuri."

Questo detto viene comparato con Luca 10,8-9:

[2]Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. [3]Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; [4]non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. [5]In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. [6]Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. [7]Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. [8]Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, [9]curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.

A giudizio di Meier la citazione della cura dei malati é spiegabile unicamente sulla base della correlazione presente in Luca. Questo dimostrerebbe che l'autore di Tommaso conosce il Vangelo di Luca.

Anche questa osservazione appare superficiale.La cura dei malati é strettamente legata alle norme sulla purezza di cui le norme alimentari sono una parte. Le lettere sui fondamenti di Giustizia (documento ritrovato a Qumran e più volte citato nel corso del nostro lavoro) dimostrano quanto fosse importante nella procedura di purificazione per l'offerta al tempio, l'assenza non solo di malattie, ma anche il non aver contatto con qualunque cosa che potesse contaminare l'offerente, come, ad esempio, i malati, o le donne con mestruazioni in corso. Ingorare questa componente vuol dire sottovalutare la funzione che la provenienza probabile del detto aveva: la matrice ebraica.

In pratica l'esempio addotto, anzicche provare una dipendenza di Tommaso da Luca rappresenta un'ulteriore indizio di autenticità.

Allaflabile ipotesi che Tommaso accorpi detti diversi intorno al tema della purezza alimentare, si può rispondere osservando che il detto 73 di Tommaso é usato da Luca per essere utilizzato all'interno di un unico discorso sulla necessità e sulle modalità della evangelizzazione.

Inoltre basta osservare la forma che il detto assume in Tommaso:

per confermare, ancora una volta, che il detto in Tommaso appare più semplice ed immediato, in poche parole più autentico.

La critica al metro della semplicità come indice di autenticità del detto di Gesù

La critica di Meier, riportata da Mugnaio, prosegue attaccando il metodo di valutazione della semplictà di un detto utilizzato da Charlesworth ed Evans come stima della utenticità dello stesso.

Ancora una volta notiamo un notevole superficialità nella osservazione che sembra volutamente non tener conto della rilevanza che la matrice ebraica di un detto può avere nella stima di autenticità.

L'esempio cita due brani analoghi tratti da Matteo e da Marco:

Matteo 19,9

Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio

Marco 10, 11-12

[11]"Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; [12]se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio"

Partendo dalla ipotesi che la stesura di Marco preceda temporalmente quella di Matteo, Meier sostiene che la forma più lunga di Marco conferma la impossibilità di adozione del metodo della semplicità come indizio di autenticità. Infatti egli osserva che la differenza in Matteo é dovuta alla mancanza di senso che il ripudio del marito aveva in ambiente ebraico che, a giudizio di Meier, avrebbe spinto Matteo al troncamento.

Anche non volendo ricorrere alle prove che abbiamo addotto nel nostro lavoro che indicano, a nostro giudizio, una datazione per L'esempio cita due brani analoghi tratti da Matteo e da Marco anteriore a Marco é evidente la superficialità dell'affermazione di Meier.

Anche ammesso che Matteo sia posteriore a Marco, é ovvio che dalla bocca di Gesù non sarebbe mai potuta uscire una frase come quella citata in Marco, e proprio per il motivo addotto da Meier: il ripudio in ambiente ebraico era consentito solo all'uomo.

In pratica il detto autentico é ancora quello di Matteo e questo nulla ha a che vedere con la datazione di questo scritto.

Anche in questo caso la citazione di Meier appare inopportuna e controproducente.

La semplificazione di un detto, considerata come elemento a se stante e come indizio di autenticità non ha di certo molto senso, ma se la semplificazione é giustificata attraverso una analisi del testo e della forma che tende a mostrare:

1) la maggiore vicinanza del detto all'ambiente in cui esso é stato pronunciato (analisi sintattica e semantica con retrotraduzione)

2) Se é supportata da una analisi che tende ad escludere omissioni volute nell'ambito di uno specifico piano espositivo e di una funzione che si intende attribuire al detto

3) Se la si affianca ad una comparazione con il restante materiale archeologico ritrovato nel medesimo contesto e se ne costata la diversità espositiva e l'assenza di finalità e struttura comuni al restante materiale ritrovato.

diviene, a nostro avviso, un ottimo indizio di autenticità del detto.

Il Vangelo di Tommaso, se comparato ad altri testi queli il Vangelo di Verità, quello di Filippo, o quello di Maria, appare lontanissimo dal loro metodo espositivo. Questi Vangeli, lungi dall'essere una esposizione della vita di Gesù rappresentano una chiara e approfondita esposizione del pensiero gnostico. Ogni frase in essi va vista ed é possibile intenderla solo in senso gnostico, il fine del testo é l'istruzione alla filosofia gnostica. In questo testo nulla v'è di tutto questo, non é possibile identificare alcuno scopo gnostico per quasi l'80% di questo testo, salvo a non cercarlo forzatamente tra le righe, o come fa Maier indagando sulla presunta e voluta omissione dei riferimenti alla Passione (a nostro avviso un'ulteriore indizio di autenticità e di antichissima datazione: un resoconto delle frasi pronunciate da Gesù mentre era ancora vivo).

Per concludere questa prima analisi e per dimostrare, se ve ne fosse ancora bisogno, che gli studi, come quelli di Meier, partono da tesi preconcette e forzano le interpretazioni critiche per fini diversi dalla obiettività storica, riteniamo sufficiente la lettura della lunga citazione che Mugnaio fa delle conclusioni di Meier, da cui emerge una avversione totale al testo generata dalle sue convinzioni religiose e dalla sua paura per l'effetto che l'ammissione di una datazione antica di Tommaso avrebbe per la sua fede.

L'uso delle sezioni speciali di Luca e Matteo in Tommaso

Quello che a nostro avviso costituisce il più chiaro elemento inficiante della tesi di post datazione sostenuta da Meier (e riportata da Mugnaio) é la segnalazione della presenza di sezioni speciali tratte da Luca e Matteo in Tommaso.

Le sezioni speciali costituiscono parti presenti unicamente in un Vangelo. Esistono due sezioni speciali: la Speciale M (Matteo) e la Speciale L (Luca).

A giudizio di Meier, la presenza di sezioni speciali in Tommaso indica una dipendenza di questo da questi Vangeli e la conoscenza che l'autore aveva degli stessi. Non vi é alcuno spazio per una ipotesi, invece, estremamente più suggestiva, e cioè che Tommaso contenga davvero un collezione variagata di detti autentici, talmente varia da spaziare anche nelle sezioni non sinottiche dei canonici.

Ancora una volta é necessaria una analisi accurata dei paralleli.

La presenza delle sezioni speciali di Matteo in Tommaso

Quello che intendiamo dimostrare é come Tommaso lungi dall'essere dipendente dai canonici, ed in particolare delle sezioni speciali, pur dove ne riprende il contenuto mantiene sempre una forma più scarna se non fortemente diversa da quella dei canonici.

Vediamo quindi tutte le similitudini con le sezioni speciali di Matteo

Mt 5 10 [10]Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli
69 69. Gesù disse, "Beati quelli che sono stati perseguitati nei cuori:essi sono coloro che, in verità, hanno conosciuto il Padre

Il riferimento alla giustizia in matteo inteso, chiaramente nel senso della aderenza alla Legge di Mosè che normava la società ebraica, viene sostituito dalla persecuzione nei cuori.

In pratica Tommaso si riferisce alla persecuzione sulla base delle prorie credenze personali e profonde, mentre Matteo, itegra il detto tenendo conto della persecuzione di Gesù e dei Profeti sulla base del presunto non rispetto della Legge. Questa interpretazione va inquadrata anche nella polemica antifarisaica che in Matteo é predominante, insieme alla polemica nei confronti della errata interpretazione della legge da parte di questi.

Il detto in Tommaso appare più aderente ad una forma naturale e meno elaborata intellettualmente, che in Matteo.

La conclusione del verso 69 sembra, in apparenza non avere alcuna similitudine rispetto alla conclusione del detto in Matteo, ma va osservato che in Tommaso il Regno é sostituito sistematicamente con il termine "conoscenza" ed assimilato ad esso. In pratica le due conclusioni sono analoghe se le si legge nell'ottica di tutti i detti citati in Tommaso ove il Regno é equivalente alla Consocenza del Padre.

Si noti che questo che é un concetto gnostico, può essere individuato solo comparando il detto con il tema comune a molti dei detti in Tommasoe che é quello della conoscenza.

Per risalire al contenuto gnostico é stata necessaria una attenta comparazione in Matteo e di conseguenza non v'è alcuna forzatura dell'autore, tant'è che la frase potrebbeessere comodamente contenuta anche in un testo canonico se non fosse per il pericolo costituito dal termine "conoscere".

L'interpretazione gnostica, quindi, non é affatto l'obiettivo dell'autore che, in questo caso, avrebbe usato una forma più diretta ed esplicita quale quella che é usata nel detto 3:

3. Gesù disse, "Se i vostri capi vi diranno, 'Vedete, il Regno è nei cieli', allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno, 'È nei mari', allora i pesci vi precederanno. Invece, il Regno è dentro di voi e fuori di voi.

Quando vi conoscerete sarete riconosciuti, e comprenderete di essere figli del Padre vivente. Ma se non vi conoscerete, allora vivrete in miseria, e sarete la miseria stessa.

Anche in questo caso la similitudine con la forma ed il ritmo degli altri detti, la semplicità, e la stessa indipendenza pur nella similitudine, da Matteo attesta in favore dell'autenticità di questo detto.

Alla successiva similitudine con la sezione speciale M.:

Mt5 14 [14]Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, 32 32. Gesù disse, "Una città costruita su un’alta collina e fortificata non può essere presa, né nascosta."

In questo caso si nota, per la prima volta, una forma più estresa in Tommaso che non in Matteo.

Va, però, osservato che il discorso in Matteo si riferisce alla missione dei dodici e che in alcuna parte di questo Vangelo é mai presente un esplicito o implicito invito alla "lotta", anche in vista delle conseguenze negative che una tale affermazione avrebbe potuto avere nei confronti delle autorità romane.

Parlare di "fortificazione" riferendosi ai discepoli e di "presa" (o conquista) avrebbe nociuto fortemente alla diffusione del cristianesimo consentendo l'assimilazione alla corrente Zelota, specie se l'affermazione proveniva da un testo nato chiaramente, in ambiente giudeo-cristiano.

E' evidentissimo che la similitudine in Tommaso non é affatto riferita ad una idea di lotta armata, ma é comprensibile che Matteo l'abbia omessa (specie se si tiene conto che Matteo fa lo stesso per tutti i detti di Gesù nel suo Vangelo).

E', poi, interessante notare che la citazione alla funzione di luce dei discepoli, avrebbe fortemente giovato al detto in Tommaso, anche perchè riprende il tema (la luce) comune a molti altri detti in questo Vangelo ed al pensiero gnostico (luce=conoscenza).

Ancora una volta Matteo pare aver rielaborato a posteriori ricomponendole, le frasi che sono presenti in Tommaso.

Le distanze diventano maggiori in questo ulteriore testo tratto dalla sezione speciale di Matteo:

Mt6 (2-4) [2]Quando dunque fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: hanno gia ricevuto la loro ricompensa. [3]Quando invece tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, [4]perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà 6

14

62

6. I suoi discepoli gli chiesero e dissero, "Vuoi che digiuniamo? Come dobbiamo pregare? Dobbiamo fare elemosine? Quale dieta dobbiamo osservare?".Gesù disse:"Non mentite e non fate ciò che odiate, giacchè tutto é manifesto al cospetto del cielo.Non vi é nulla di nascosto che non venga manifestato e nulla di celato che non venga rivelato"

14. Gesù disse loro, "Se digiunate vi attribuirete un peccato, se pregate sarete condannati, e se farete elemosine metterete in pericolo il vostro spirito.

Quando arrivate in una regione e vi aggirate per la campagna, se la gente vi accoglie mangiate quello che vi offrono e prendetevi cura dei loro ammalati.

Dopo tutto, quello che entra nella vostra bocca non può rendervi impuri, è quello che viene fuori dalla vostra bocca che può rendervi impuri."

62. Gesù disse, "Io rivelo i miei misteri a coloro che ne sono degni.

Che la vostra mano sinistra non sappia cosa fa la destra."

La prima parte del detto 6 in Tommaso sembra essere la domanda a cui risponde Matteo in Mt 6,2, in realtà la risposta che appare in Tommaso é in linea con gli altri detti di Gesù in questo Vangelo.

In pratica Gesù va al nocciolo del problema: niente forma ma tutta sostanza. La domanda dei discepoli nasconde una ipocrisia di fondo consistente nella convinzione che l'atto formale risolve i propri doveri verso Dio. Ecco perché Gesù fa notare l'ipocrisia di quella domanda ai suoi discepoli e quindi chiede loro di non mentire, poichè le reali intenzioni del loro atto formale sono note a Dio.

E' interessante notare che la ipocrisia é il tema, portante dell'analogo detto in Matteo. In Matteo non v'è una deviazione totale dalla domanda (per altro non formulata), ma si segnala l'importanza nella interiorizzazione dell'atto formale. In sostanza Matteo salvaguardia la Legge di Mose, evitando il discorso, antilegalista che si trova in Tommaso.

Dopo la sintesi della parte sostanziale della fede, in Tommaso giunge la risposta alla domanda: "la forma della fede corrompe lo spirito" potrebbe essere la sostanza, digiunare vuol dire attribuirsi un peccato, pregare senza un reale sentimento religioso vuol dire ricevere da Dio unicamente una condanna, e fare elemosine perchè imposto dalla legge e non per reale sentimento vuo dire mettere in pericolo il proprio spirito.

In Tommaso la parte centrale della risposta, apparentemente avulsa, é invece perfettamente in tema con il clima delle risposte di Gesù comuni a tutti i Vangeli: la richiesta di una riflessione ed un approfondimento personale delle sue parole. Del resto gran parte del suo insegnamento é esposto in parabole proprio perchè viene richiesta una meditazione.

Gesù, in Tommaso, affronta l'annoso problema del rispetto della dieta alimentare ebraica e più in generale della purezza, dal punto di vista pratico. Egli sa bene che viaggiando nelle regioni in cui il messaggio non é giunto ancora, i discepoli si troveranno di fronte usanze alimentari loro non consentite dalla legge e questo portrebbe creare seri problemi nella diffusione del Vangelo (gli stessi che incontrò Paolo e risolse annullando il rispetto della Legge).Quello che Gesù fa notare é che a dieta costituisce solo un aspetto formale ed inutile della fede (addirittura potenzialmente dannoso), ciò che rende inpuri é ciò che esce dal cuire dell'uomo e non ciò che entra nel suo ventre.

A questo punto giunge anche, e non a caso (come pensa Meier) la citazione inerente la cura dei Malati già trattata in precedenza. La cura dei malati comportava una perdita di purezza: la guarigione veniva praticata utilizzando le mani che quindi portando cibo alla bocca avrebbero potuto rendere impuri gli apostoli. Gesù previene la domanda e tranquillizza i discepoli in merito alla loro titubanza spiegando qual'è la vera purezza.

Nulla di avulso, quindi, anzi di pienamente attinente alle usanze ebraiche, ciòè analogo al principio esposto in Matteo, ma molto più completo.

Ed infine il detto inerente la mano destra e sinistra, utilizzato, questo sì, con due significati diversi in Matteo e in Tommaso.

Matteo inserisce il detto in un contesto pratico sempre relativo alla ipocrisia: l'elemosina va fatta di nascosto.

In Tommaso, il detto appare misterioso ed apparentemente fuori contesto, ma il suo senso diviene chiarito osservando il contenuto del detto precedente centrato sulla necessità di unione intima nel padre e di assenza di divisione in se stessi per raggiungere la perfetta unione con l'essere che é unione assoluta.

Il detto apparentemente misterioso si riferisce, alla necessità di allontanarsi e distaccarsi degli ingannevoli legami con la materia e con il corpo per giungere alla unione con il Padre.

La mano destra non deve sapere ciò che fa la sinistra, poiché questo vuol dire attaccamento alle logiche della materia e del corpo materiale che in questo mondo tiene uniti i due arti. Tommaso parla di ignorare e quindi di volontà di non vedere pur sapendo: in buona sostanza capacità di estraniazione dai vincoli corporei.

In questo contesto il brano precedente appare come la domanda cui il successivo risponde: per essere degli di Gesù é necessario riconoscersi nel padre e per fare ciò é necessario meditare e capire il senso dei suoi detti, quello fondamentale é la capacità di estraniarsi dai vincoli della materia ingannevole.

Il discorso é, in questo caso, completamente diverso da quello di Matteo se pur simile nella forma.

Anche in questo caso le apparenti contraddizioni che si rivelano in Matteo in merito all'atteggiamento sulla Legge, dovute allo sforzo che Matteo fa nell' interpetrare il discorso evangelico come salvaguardia della Legge stessa, assume, in Tommaso, la chiara forma di superamento per inutilità.

Il Gesù di Tommaso approfondisce quello di Matteo portando alle estreme conseguenze la ricerca della sostanza della fede e non della forma: Tommaso illustra anche il modo attraverso il quale é possibile arrivare a quella sostanza: abbandonare l'attaccamento alla forma e quindi alla materia.

Matteo quindi ricompone alcuni detti in apparenza non chiari di Tommaso dando loro un senso compiuto ed un tema unico: quello della ipocrisia nella espressione formale della fede che si esprime nella Legge senza fede.

Mt7 6 [6]Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. 93 93. "Non date le cose sacre ai cani, perché potrebbero gettarle sullo sterco. Non gettate perle ai porci, o potrebbero [...]."

Il questo caso la forma appare praticamente identica, ma l'assenza di una parte della pagina di Codice in Tommaso non ci consente di comprendere il senso che la frase ha in questo Vangelo.

Mt10 16 [16]Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe 39 39. Gesù disse, "I Farisei e gli accademici hanno preso le chiavi della conoscenza e le hanno nascoste. Non sono entrati, e non hanno permesso a quelli che volevano entrare di farlo.

Quanto a voi, siate furbi come serpenti e semplici come colombe."

Il detto che il Tommaso appare simile a quello di Matteo é inserito in un contesto diverso ed ha un diverso significato rispetto alla funzione svolta in Matteo.

Tommaso riprende, qui come in altri punti la polemica contro i Farisei e la loro abitudine di impossessarsi della verità e di celerla nascondendone le chiavi di lettura a coloro che vogliono conoscerla e non essendo essi stessi in grado di comprenderla.

Il Gesù di Tommaso suggerisce ai discepoli di aprrendere dai Farisei (spessi identificati con i serpenti, perchè infidi e "velenosi") la furbizia, ma li sprona a non prendere da loro l'ampollosità e la complessità che nulla aggiungono alla sostanza della loro ricerca (semplicità delle pecore).

Il paragone serpente e quindi pericolosità con pecora e quindi mansuetudine, non é affatto casuale.

Gesù chiede mansuetudine, ma intelligenza e furbizia nell'identificare il pericolo. Questa furbizia rende le pecore pericolose come serpenti pur senza renderle viscide come loro.

In Matteo il detto é inserito nel discorso più ampio della evangelizzazione alle nazioni, e quindi la pericolosità é estesa a tutti gli uomini, dai quali Gesù prevede provengano condanne e persecuzioni.

La cosa appare alquanto strana sopratutto perché Matteo é indubbiamente, tra i canonici, ma anche rispetto a Tommaso, il Vangelo che più si accanisce contro la falsa fede dei Farisei.

La frase pare quasi essere una elaborazione postuma alla stessa stesura del Vangelo.In essa e nei detti successivi, sembrano echeggiare le persecuzioni romane ai cristiani.

Mt11 (29-30) [29]Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. [30]Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" 90 90. Gesù disse, "Venite a me, perché il mio giogo è confortevole e il mio dominio è gentile, e troverete la vostra pace."

Anche in questo caso la forma é simile ma non identica: Matteo amplia chiaramente Tommaso spiegando il senso di un detto di per se già sufficientemente chiaro: Gesù chiede ai discepoli di seguirlo.

Mt13 (24-30) [24]Un'altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. [25]Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. [26]Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. [27]Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? [28]Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? [29]No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. [30]Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio" 57 57. Gesù disse, Il regno del Padre è come un uomo che ha dei semi. Il suo nemico di notte gli ha piantato erbacce fra i semi. L'uomo non ha voluto che i braccianti gli strappassero le erbacce, ma ha detto loro, 'No, altrimenti per strappare le erbacce potreste finire per strappare anche il grano.' Poiché il giorno del raccolto le erbacce saranno molte, e saranno strappate e bruciate."

Inutile riscontrare come, anche in questo caso, Matteo paia ampliare il detto in Tommaso introducento elementi di complemento che nulla aggiungono alla parabole, salvo la perplessità dei servi nel vedere la zizzania nel campo e la loro volontà di estirparla, e eccetto per la procedura di bruciatura descritta in dettaglio.

Tommaso appare molto meno meditato, diretto e semplice pur senza nulla togliere al senso della parabola, in pratica appare più vicino ad una forma parlata e di getto.

Mt14 44 [44]Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 109 109. Gesù disse, "Il regno del Padre è come una persona che aveva un tesoro nascosto nel suo campo ma non lo sapeva. E quando morì lo lasciò a suo figlio. Il figlio non ne sapeva nulla neanche lui. Diventò proprietario del campo e lo vendette. L'acquirente andò ad arare, scoprì il tesoro, e cominciò a prestare denaro a interesse a chi gli pareva."

Questo ed il successivo costituisceuno dei rari casi in cui la forma in Tommaso appare più estresa che nei canonici.

Le due parabole, solo in apparenza simili, sono sostanzialmente diverse per forma e contenuto.

La parabola in Matteo riprende il tema ed i contenuti del detto che commenteremo successivamente al seguente, ed in pratica nulla aggiunge ad esso.

In Tommaso vi é una sostanziale differenza: la scoperta del Tesoro non la fa ne il legittimo proprietario, ne l'erede legittimo (il figlio). Entrambe non sapevano di avere un tesoro nascosto nel loro campo. L'acquirente, invece, pare sapere del tesoro e lo scopre. Ma, anzicché venderlo lo da in prestito ad interesse e cioè lo fa fruttare. La parabola nasconde, chiaramente non solo la necessità della ricerca del tesoro, ma anche quella di farlo fruttare una volta trovato (evangelizzazione), ovviamente, insieme al fatto che il tesoro non é più dei legittimi proprietari poiché esso lo hanno svenduto con il campo (il nuovo popolo di Dio).

La parabola in Tommaso ha un contenuto ed una portata ben diversi da quella di Matteo che semplicemente replica quanto si dice nel successivo detto tratto dalla sezione speciale di questo Vangelo.

Mt13 (45-46) 45]Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; [46]trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. 76 76. Gesù disse, "Il regno del Padre è come un mercante che ricevette un carico di mercanzia e vi trovò una perla. Il mercante fu accorto; vendette la mercanzia e si tenne solo la perla.

Così anche voi, cercate il tesoro che è eterno, che resta, dove nessuna tarma viene a rodere e nessun verme guasta."

Questo detto riprende il concetto espresso da Matteo nel precedente e a ben guardare quella di Tommaso sembra essere anche la forma più corretta.

In Tommaso il regno dei cieli viene identificato come "Il regno del Padre" e a differenza di matteo il marcante che rappresenta in regno non cerca nulla, ma riceve (dal Padre) la mercanzia (il Mondo) in forma gratuita.

Il mercante di Matteo é già "un cercatore", mentre il mercante di Tommaso riceve tutto dal padre e trova, quasi per caso (grazie all'azione del Padre che vi aveva messo la perla), una perla.

In pratica Tommaso sottolinea la gratuità della donazione.

La ricerca in Tommaso interviene nel paragrafo successivo, ma Tommaso sottolinea una qualità necessaria della perla: la incorruttibilità ed in pratica l'amaterialità del Regno.

A differenza di Matteo, l'integrazione non é superflua ma sottolinea come al Regno del Padre si giunge attraverso il distacco dalla materia e lo si scopre ove vi é incorruttibilità ed eternità.

Mt 13 47-50 [47]Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. [48]Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. [49]Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni [50]e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

8 8. E disse, "L'uomo è come un pescatore saggio che gettò la rete in mare e la ritirò piena di piccoli pesci. Tra quelli il pescatore saggio scoprì un ottimo pesce grosso. Rigettò tutti gli altri pesci in mare, e poté scegliere il pesce grosso con facilità. Chiunque qui abbia due buone orecchie ascolti!"

Anche nel caso di questo detto l'apparente similitudine nasconde una sostanza ben diversa.

In Matteo il detto ha una funzione di monito e l'azione di separazione ha come oggetto gli uomini buoni dai cattivi ed é esercitata dagli angeli.

In Tommaso, invece, il detto ha uno spessore completamente diverso. Esso é integrato nei primi detti del Vangelo nei quali Gesù incuta all'azione di ricerca della purezza per raggiungere il regno.

Il metodo dell'azione di ricerca é spiegato in questa parabole ove l'uomo "saggio", riesce a separare, nella azione di ricerca, le cose importanti da quelle marginali isolando il pesce grosso attraverso l'abbandono dei pesci piccoli.

Come si vede Tommaso appare intellettualmente molto più profondo anche in questo caso.

Mt15 13 [13]Ed egli rispose: "Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata. 40 40. Gesù disse, "Una vite è stata piantata lontano dal Padre. Poiché non è robusta, sarà sradicata e morrà."

Parzialmente diverso é il senso anche per questo detto.

In Matteo la P non impiantata dal Padre viene alla fine sradicata. In sostanza ciò che non viene da Dio é destinato a perire. In Tommaso, sebbene la sostanza sia la stessa, la possibilità di ricerca autonoma viene tenuta nel conto. Durante la ricerca autonoma é possibile allontanarsi dal Padre e mettere radici lontano da Questi. Una pianta siffatta non é robusta e sarà sradicata e morirà. L'assenza nella volontà di piantare la pianta non buona, fa si che anche l'azione di sradicamento appaia in Tommaso non necessariamente collegabile ad una volontà di Dio, ma piuttosto alla debolezza della pianta rispetto alle avversità.

Se vogliamo Matteo introduce anche un possibile problema teologico: "esistono piante che non vengono piantate dal Padre?", in pratica vi é una azione riduttiva nella capacità creativa del Padre che in Tommaso manca del tutto, ecco perché anche in questo caso siamo propensi a credere che la frase di Gesù sia molto più vicina alla citazione di Tommaso che a quella di Matteo.

Mt18 20 [20]Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" 30 30. Gesù disse, "Dove ci sono tre divinità, esse sono divine. Dove ce ne sono due o una, io sono con lei."

La frase di Tommaso appare in Matteo con senso chiaramente e totalmente diverso. Quello di Matteo sembra quasi un tentativo maldestro di interpretazione di una delle frasi più criptiche di questo Vangelo.

Sarebbe possibile azzardare una interpretazione nel senso delle tre persone di Dio, resa plausibile anche dal Vangelo di Verità che riprende il discorso inerente la funzione del Padre del Figlio e Dello Spirito. In pratica parrebbe una identificazione della divinità delle tre persone ma nella segnalazione di una intima unione del Figlio con il Padre. Ad ogni modo é una interpretazione comunque azzardata e priva di un riscontro completo con gli altri scritti di Nag Hammadi.

Mt 23 13 13]Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci 39

102

39. Gesù disse, "I Farisei e gli accademici hanno preso le chiavi della conoscenza e le hanno nascoste. Non sono entrati, e non hanno permesso a quelli che volevano entrare di farlo.

Quanto a voi, siate furbi come serpenti e semplici come colombe."

102. Gesù disse, "Maledetti i Farisei! Sono come un cane che dorme nella mangiatoia: il cane non mangia, e non fa mangiare il bestiame."

In quest'ultimo detto tratto dalla sezione speciale di Matteo ritorna la polemica contro i Farisei.

In Tommaso il concetto é espresso in due forme, come parabola ed in forma esplicita. Le citazioni delle invettive contro i Farisei presenti in Tommaso ma molto più rare che in Matteo, confermano, a nostro avviso, il peso che questo argomento aveva nel insegnamento di Gesù.

Matteo, nell'ottiva della salvaguardia della Legge di Mosè riprende ed amplia la polemica con il significato di revisione dello spirito della Legge allontanandola dalla interpretazione errata e formale dei Farisei.

In Tommaso la Legge appare già superata (anche se Gesù non é mai esplicito su questo argomento), il superamento é però non una decisione ma una conseguenza della necessità della ricerca della purezza e del Regno di Dio attraverso l'autoanalisi.

Il Gesù di Tommaso concentra la sostanza dell'insegnamento sulla identificazione di un metodo per l'uomo attraverso il quale ricongiungersi a Dio. Quelle verità che Gesù espone erano presenti nella Legge, ma il cattivo uso che ne hanno fatto i Farisei, ha fatto sì che le chiavi di lettura fossero nascoste all'uomo.

Gesù offre le chiavi egli stesso e quindi la Legge, specie le parti inerenti il rispetto formale e non sostanziale, diviene inutile.

Quello dell'abbandono é comunque una scelta autonoma per l'uomo lasciato libero nella sua ricerca doverosa del ricongiungimento con il Padre.

Il Gesù di Matteo, invece, identifica il problema della lontananza di Dio dall'uomo unicamente in una cattiva interpretazione della Legge, che invece deve essere riletta ed interpetrata secondo l'insegnamento di Gesù.

Con questo detto terminano ne numerosissime similitudini tra Matteo e Tommaso.

Come abbiamo fatto notare, in tutti i casi Tommaso appare molto più profondo, ed in un caso anche criptico, pur mantenendo una forma estremamente semplice.

Spesso si é notato un tentativo talvolta maldestro, in Matteo, di interpetrare in senso ebraico i detti di Gesù talvolta cambiandone in senso rispetto a Matteo e talaltra rilevando solo una parte di tale senso.

L'indipendenza di Tommaso, appare, a nostro avviso, lampante, come chiaro, proprio dal confronto con Matteo, appare la autenticità e naturalezza dei detti.

Le motivazioni che ci spingono a questa osservazione possono essere così sintetizzate:

Ora verifichiamo se é possibile riscontrare le medesime impressioni relativamente alle sezioni speciali in Luca

La presenza delle sezioni speciali di Luca in Tommaso

Lc 11 (27-28)

Lc23 29

[27]Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: "Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!". [28]Ma egli disse: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!"

[29]Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.

79 79. Una donna nella folla gli disse, "Fortunato il grembo che ti generò e il seno che ti nutrì."

Lui le disse, "Fortunati coloro che hanno ascoltato la parola del Padre e l'hanno veramente conservata. Poiché vi saranno giorni in cui direte, 'Fortunato il grembo che non ha concepito, e il seno che non ha allattato. ' "

La forma del detto é praticamente identica nei due Vangeli..

Lc 12 (13-14) [13]Uno della folla gli disse: "Maestro, dì a mio fratello che divida con me l'eredità". [14]Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?". 32 72. Un uomo gli disse, "Dì ai miei fratelli di dividere con me i loro averi."

Lui disse all'uomo, "Signore, e chi mi ha nominato spartitore?"

Si girò verso i discepoli e disse, "Non sono uno spartitore, vero?"

La forma del detto é identica nei due Vangeli con una aggiunta in Tommaso inerente la consultazione di Gesù con i suoi discepoli, apparentemente irrilevante ma che fa apparire Gesù in veste di maestro. Egli in quanto maestro vuole verificare se i sui discepoli hanno compreso la sua reale funzione e missione, che, come vedremo non é ne quella dello spartitore, ma nemmeno quella del Rabbi (maetro) nel senso ebraico del termine,.

In Luca, che apparentemente é più sintetico, questo aspetto é sintetizzato dalle parote di cului che pone la domanda nel momento in cui Chiama Gesù, Maestro.

Si noti che in Tommaso il termine Maestro non appare mai salvo che in un caso: il detto 13

Tommaso gli disse, "Maestro, la mia bocca è totalmente incapace di esprimere a cosa somigli."

Gesù disse, "Non sono il tuo maestro. Hai bevuto, e ti sei ubriacato dell'acqua viva che ti ho offerto."

in pratica Gesù chiede esplicitamente ai suoi di non essere chiamato Maestro, poichè non lo é.

Si noti che il detto é rivolto a Tommaso nel momento in cui questi viene portato in disparte e gli viene rivelato un segreto che non può rivelare: cioè in uno dei momenti più importante del Vangelo che qualifica la funzione di Tommaso e del suo Vangelo.

In questo caso appare molto più credibile e coerente la versione di Tommaso che omette il termine Matestro.

Lc 12 (16-21) [16]Disse poi una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. [17]Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? [18]E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. [19]Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. [20]Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? [21]Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio". 63 63. Gesù disse, "C'era un ricco che aveva molto denaro. Disse, 'Investirò questo denaro così che io possa seminare, mietere e riempire i miei magazzini con il raccolti, e che non mi manchi nulla.' Queste erano le cose che pensava in cuor suo, ma quella stessa notte morì. Chi fra voi ha orecchie ascolti!"

Il detto in Luca appare arricchito con elementi narrativi tipici di questo autore (vedi Atti) che cura molto la forma e la struttura della narrazione. E' evidente che la forma complessa del detto in Luca non aggiunge concetti nuovi fatta eccezione per la parte finale in cui viene esposta la morale della parabola.

La forma più semplice, scorrevole e diretta, ma sopratutto l'assenza di una spiegazione per una parabola di per se già sufficientemente chiara, che accomuna questo detto con gli altri presenti in Tommaso ci fa propendere per l'autenticità della versione di Tommaso.

Del resto in detto di Luca anche se comparato con altri detti nei canonici appare fin troppo curato e distante dallo stile di narrazione molto spesso sintetico di Gesù.

Gesù non intende raccontare belle storie ma indicare una via e suggerire l'interpretazione senza illustrarla, questo é il motivo per cui é scelta la parabola come strumento di insegnamento.

Lc 12 49 [49]Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse gia acceso! 10 10. Gesù disse, "Ho appiccato fuoco al mondo, e guardate, lo curo finché attecchisce."

La forma apparentemente identica dei due detti nasconde ancora una volta, una imperfezione in Luca.

L'attecchimento del fuoco nel Gesù di luca é una desiderio e quindi sminuisce l'impegno di Gesù stesso. In Tommaso il fuoco viene curato da un Gesù deciso a farlo attecchire.

Lc 17 (20-21) 20]Interrogato dai farisei: "Quando verrà il regno di Dio?", rispose: [21]"Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!" 113 113. I suoi discepoli gli chiesero, "Quando verrà il regno?"

"Non mentre lo si aspetta. Non si dirà 'Guarda, è qui!', oppure 'Guarda, è lì!' Piuttosto, il regno del Padre è sulla terra, e nessuno lo vede."

Ancora una volta due detti pressoché identici, salvo il fatto che Tommaso sottolinea il non trascurabile elemento caratteristico della predicazione di Gesù, egli ha già portato il regno, ma nessulo é in grado di vederlo.

In luca le similitudini con le sezioni speciali diventano, in pratica, una quasi identità, ma, come s'è fatto notare la forma di Tommaso appare, ancora una volta quella più corretta e quindi, probabilmente più vicina all'originale detto.

La presenza delle sezioni speciali di Giovanni in Tommaso

Per chiudere la carrellata delle similitudini tra il Vangelo di Tommaso ed i canonici non ci resta che affrontare quelle relative al Vangelo di Giovanni che sono, di certo, le meno numerose e le meno dirette.

 

Gv 1 9 [9]Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo
24 24. Dissero i suoi discepoli, "Mostraci il luogo dove sei, perché ci occorre cercarlo."

Lui disse loro, "Chiunque qui abbia orecchie ascolti! C'è luce in un uomo di luce, e risplende sul mondo intero. Se non risplende, è buio."

 

In questo caso vi é una lontanissima affinità formale ed una apparente vicinanza nei contenuti relativa alla funzione della Luce. In realtà nel caso di Giovanni la luce é riferita a Gesù ed alla sua funzione nel mondo. Nel detto di Tommaso la Luce viene associata genericamente all'uomo illuminato.

 

Gv14 [14]E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
28 28. Gesù disse, "Ho preso il mio posto nel mondo, e sono apparso loro in carne ed ossa. Li ho trovati tutti ubriachi, e nessuno assetato. Il mio animo ha sofferto per i figli dell'umanità, perché sono ciechi di cuore e non vedono, poiché sono venuti al mondo vuoti, e cercano di andarsene dal mondo pure vuoti.

Ma nel frattempo sono ubriachi. Quando si libereranno dal vino, cambieranno condotta."

 

Anche in  questo caso vi é una lontanissima vicinanza nella forma e una altrettanto lontana vicinanza nei contenuti.

Gv 14(13-15) 13]Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; [14]ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". [15]"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua". 13 13. Gesù disse ai suoi discepoli, "Paragonatemi a qualcuno e ditemi come sono."

Simon Pietro gli disse, "Sei come un onesto messaggero."

Matteo gli disse, "Sei come un filosofo sapiente."

Tommaso gli disse, "Maestro, la mia bocca è totalmente incapace di esprimere a cosa somigli."

Gesù disse, "Non sono il tuo maestro. Hai bevuto, e ti sei ubriacato dell'acqua viva che ti ho offerto."

E lo prese con sé, e gli disse tre cose. Quando Tommaso tornò dai suoi amici questi gli chiesero, "Cosa ti ha detto Gesù?"

Tommaso disse loro, "Se vi dicessi una sola delle cose che mi ha detto voi raccogliereste delle pietre e mi lapidereste, e del fuoco verrebbe fuori dalle rocce e vi divorerebbe."

 

Inutile ripetere che anche in questo casi si osserva qualcosa di analogo ai precedenti, i due detti hanno in comune unicamente il concetto di "acqua viva", ma nulla che si possa realmente chiamare una "chiara derivazione".

Gv 7 (32-36) [32]I farisei intanto udirono che la gente sussurrava queste cose di lui e perciò i sommi sacerdoti e i farisei mandarono delle guardie per arrestarlo. [33]Gesù disse: "Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato. [34]Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire". [35]Dissero dunque tra loro i Giudei: "Dove mai sta per andare costui, che noi non potremo trovarlo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci e ammaestrerà i Greci? [36]Che discorso è questo che ha fatto: Mi cercherete e non mi troverete e dove sono io voi non potrete venire?" 38 38. Gesù disse, "Spesso avete desiderato ascoltare queste parole che vi dico, e non avevate nessuno da cui ascoltarle. Vi saranno giorni in cui mi cercherete e non mi troverete."
 

Questo é l'unico caso di somiglianza reale tra le due versioni dello stesso detto, facciamo, notare, però, che mentre in Giovanni la predestinazione é espressa chiaramente nella premessa "Per poco tempo ancora rimango con voi, poi vado da colui che mi ha mandato.Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove sono io, voi non potrete venire" in Tommaso scompare quasi del tutto e viene celata in un più generico "Vi saranno giorni in cui mi cercherete e non mi troverete."

Gv 8 12

Gv 9 5

[12]Di nuovo Gesù parlò loro: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita"

[5]Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo"

77 77. Gesù disse, "Io sono la luce che è su tutte le cose. Io sono tutto: da me tutto proviene, e in me tutto si compie.

Tagliate un ciocco di legno; io sono lì.

Sollevate la pietra, e mi troverete."

Anche in questo caso vi é una affinità di contenuti ma non di forma tanto che non é in alcun modo possibile parlare di dipendenza.

Tra Giovanni e Tommaso, relativamente alle sezioni speciali, non v'è nulla che possa essere realmente chiamato una mutua dipendenza eccetto le analogie nei concetti di Luce, ed acqua, che comunque sappiamo essere comuni anche alla comunità Essena di Qumran ancor prima della comparsa di Gesù .

Conclusioni

Con il lavoro proposto sul Vangelo di Tommaso, abbiamo inteso dimostrare come siano troppo spesso prevenute e superficiali alcune affermazioni che vengono date dagli studiosi come indiscutibili.

Nel lavoro di Mugnaio vengono spesso stralciati brani in cui gli studiosi appaiono illustrare quelle che a loro avviso sono prove indiscutibili di una tesi preconfezionata, nel caso in esame la datazione del Vangelo di Tommaso alla seconda metà del primo secolo e la sua collocazione in ambiente gnostico.

Noi abbiamo utilizzato gli stessi elementi utilizzati nel lavoro di Mugnaio mostrando come siano proprio quegli elementi, approfonditi con il solo desiderio della ricerca della verità, a contraddire le affermazioni che gli studiosi davano per indiscutibili.

Interessante é poi la notazione della scorrettezza metodologica che alcuni studiosi rivolgono a coloro che propendono per la predatazione del Vangelo di Tommaso (quella che ad esempio Meier rivolge agli studi del Jesus Seminar), c'è da chiedersi quale correttezza metodologica possa avere il metodo da questi adottato quando gli stessi elementi da loro addotti, opportunamente approfonditi dimostrano tutti, nessuno escluso, l'esatto contrario di una tesi data per certa.

Ma veniamo al Vangelo di Tommaso.

A nostro avviso esistono fin troppi indizi che ci fanno propendere ad una predatazione di questo Vangelo o almeno dei detti che esso contiene:

Alcuni di indizi, inoltre, ci spingono a ritenere che i detti di questo vangelo siano stati scritti mentre Gesù era ancora vivo:

In merito, poi,  alla fantomatica fonte Q, nulla ci autorizza a dire che Tommaso possa esserlo anche se nell'ottica della ricostruzione da noi fatta nel sito che vuole Matteo quale primo dei canonici, é probabile (anche alla luce delle analogie e ma mai perfette uguaglianze tra Matteo e Tommaso) che la fonte Q non esista e che Matteo e Tommaso siano le uniche fonti utilizzate da Marco e Luca (in particolare).

A favore di questa ipotesi vi é, insieme alle osservazioni già fatte nel sito, il fatto che le maggiori similitudini formali dei detti (anche se in numero minore rispetto a Matteo) paiono essere tra Tommaso e Luca, il che lascerebbe pensare che Luca possiede, mentre scrive, Matteo oltre che Marco, ma anche Tommaso ed estrae da quest'ultimo parte delle sue informazioni aggiuntive per le sezioni speciali.

In buona sostanza Tommaso é un testo volutamente trascurato da uno studio prevenuto e svolto a partire dall'errato presupposto che questo sia un testo gnostico unicamente perché é stato ritrovato insieme ad altri testi che tutti gnostici, per altro, non sono.

Rinunciare allo studio di Tommaso vuol dire rinunciare ad una fondamentale fonte di informazioni che aggiunge nuove verità sul pensiero di Cristo che non possono che arricchire sia il credente che lo studioso.

Trascurare Matteo é per il credente una perdita immensa, mentre per lo studioso un inammissibile ed antiscetifico modo di porsi di fronte alla storia ed al dovere di obiettività, qualità che per un accademico dovrebbe essere fuori discussione.