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i sono stato, e avevo molto da chiedere a quel luogo, sacro all'Arcangelo Michele e prediletto da Francesco d'Assisi per le sue meditazioni sulla Passione. E' il luogo in cui questi ricevette le stimmate.
Immersa nella Foresta Casentinese, alta e incastonata tra le rocce, La Verna mi è parsa dominata da un genius loci che non ti risparmia.
Malgrado la suggestione di una bellezza aspra e selvaggia - che potrebbe incutere sì rispetto e reverenza, ma anche ispirare sentimenti di abbandono "emersoniano" agli spiriti intrepidi e spezzare ogni tua resistenza all'impulso di scioglierti in un canto di libertà senza confini e legami - essa ti sovrasta con il suo austero memento mori.
Qui l'uomo che ha elevato al Creatore il cantico che ha dato voce alla Gioia di gustare a fondo i doni della natura, ove sono stati impressi i segni indelebili della Presenza di Dio, qui egli ha meditato così profondamente le piaghe del Signore che queste si sono trasferite sulle sue stesse carni.

Alla Verna non ci si può nascondere.
«Chi come Dio?» - qui tutto risuona del monito di Michele.
Le ferite inferte alla roccia da lontani cataclismi, le pietre spaccate e precipitate, hanno creato un paesaggio che piega l'anima alla meditazione sul mistero del dolore. Qui Giobbe si sarebbe riconosciuto e avrebbe cessato di lamentarsi, perché avrebbe udito un lamento di fronte al quale il suo gli sarebbe parso del tutto inadeguato.

«Chi come Dio?» - vuoi forse mettere te stesso al riparo? Vuoi, sia pure immerso nella contemplazione della Sapienza e dell'assoluta Autosufficienza, escludere dalla tua esistenza la povertà, la fragile condizione umana? Condizione che, pure, ha in sé il divino e il sublime, lo spirito creatore che indomito ha spezzato le catene della servitù cui il bruto sembrava irrimediabilmente condannato? Vuoi misurarti con te stesso nella più crudele delle tenzoni e aprirti un varco nella folla delle tue paure, nel groviglio delle tue inconsistenze e mediocrità, fino a trovarti faccia a faccia con qualcosa che non conosci ancora, ma che sai esserti amico e nemico, consustanziale e totalmente altro nello stesso tempo?
Vuoi irridere al terrore che ti può sopraffare tanto quanto alla tua stessa assoluta incoscienza nel voler comunque andare avanti, caparbiamente, dopo aver però tagliato tutti i ponti alle tue spalle? Vuoi lottare con l'Angelo?
Alla Verna qualcuno o qualcosa ti sussurrerà all'orecchio il monito di Michele.
Rispondi semplicemente: «Ma tu stesso, mio cuore, mi hai portato fin qui! Non per calcolo ci sono arrivato, né in spregio a nulla di ciò che mi costituisce e fonda, ma anzi proprio per onorare il Fondamento e il Principio!» Oppure: «Perché a me la domanda e non a Colui che ho desiderato onorare?»

Alla Verna, che come fu rivelato a Francesco assunse l'aspetto che noi vediamo in seguito al terremoto che sconvolse la terra nell'ora nell'ora più terribile dell'Uomo della Croce, le stimmate sono evidenti nelle rocce spaccate.
Il "Sasso spicco", che da solo è caverna e santuario del dolore e della prostrazione umana e divina, è la Terra Desolata dell'ultima rivelazione. E' la terra del Tau, segno di salvezza attraverso il dolore, ultima lettera cruciforme dell'alfabeto ebraico, cioè: rivelazione finale.
Per questo la Verna è il luogo del redde rationem.
La nuda roccia, percossa dal sisma ma non annientata, ed anzi fattasi caverna e cattedrale, che mal sopporta e scoraggia fermamente l'invadenza degli architetti, vanifica ogni rivestimento interiore di coloro che vi si recano pellegrini.
E il «Chi come Dio?» sussurrato da tutti gli alberi della foresta risuona con il fragore di una cascata.
Tu rispondi semplicemente: «Di me non è rimasto neanche un bagliore. La notte è calata su di me!»

ono stato a Monte Sant'Angelo, dove l'Arcangelo apparve e consacrò l'unico luogo, tra quelli ritenuti «sacri», non consacrato da mano umana.
Francesco, secondo la tradizione, si fermò sulla soglia della grotta e umilmente si inginocchiò. Si fermò e non volle entrare, non ritenendosi degno di compiere gli ultimi cinque o sei passi. Aveva forse voluto lanciare un messaggio? Era forse la sua risposta alla suprema domanda?
Ciò che tutti i pellegrini per secoli avevano veduto egli rinunciò a misurare con i suoi occhi. Papi, crociati, re e condottieri, assieme a miriadi di uomini comuni, avevano osato, lui no.
Comunque alla Verna - si era nel lontano 1224 - egli trascorse quella che veniva chiamata la "Quaresima di S. Michele", che cominciava dopo la festa dell'Assunta e terminava alla fine di settembre, nel giorno consacrato all'Arcangelo.
Era stanco e ammalato, raccontano i cronisti del tempo, e non avrebbe più fatto ritorno alla Verna, luogo che prediligeva per trascorrervi prolungati periodi di romitaggio.
E fu in quell'occasione - il 13 settembre, vigilia della festa della «Esaltazione della Croce» - che le stimmate si impressero sul suo corpo.
Come si racconta ne Le Considerazioni sulle stimmate, il suo fedele compagno e discepolo, frate Leone, disobbedendo a un suo ordine tassativo, qualche giorno prima non aveva resistito alla curiosità di osservare l'amico immerso nella contemplazione. Fu così che poté ascoltare Francesco ripetere più volte questa domanda: «Chi se' tu, o dolcissimo Iddio, e chi sono io, vilissimo e disutile servo tuo?».
Quale provvidenziale disobbedienza fu quella di frate Leone, grazie alla quale sappiamo ciò che altrimenti avremmo per sempre ignorato!
Francesco, infatti, scoperto ben presto l'intruso, non si adirò con lui. Anzi, gli spiegò il significato di quelle parole: «Quando io dicea: "Chi se' tu, dolcissimo Iddio mio?", allora io era in uno lume di contemplazione, nel quale io vedea l'abisso della infinita bontà e sapienza e potenza di Dio; e quando io dicea: "Che sono io?, eccetera", io era in lume di contemplazione, nel quale io vedea il profondo lagrimoso della mia viltà e miseria, ...»

Ecco come colui nel quale si impressero i segni di uno sconvolgente sentimento di identificazione, il sigillo della Passione, avvertì l'abisso della lontananza. E così identificazione e avvertimento dell'abissale lontananza si trovarono a coincidere, trascendenza e immanenza si intrecciarono e si ricomposero in unità, senza che l'una soffocasse o vanificasse l'altra.
«Ecco - ripeto oggi a me stesso - la risposta di Francesco al "Chi come Dio?", ecco svelato il segreto della sua rinuncia a varcare la soglia della grotta».










Ora, se volete, seguite il link per leggere il seguito:
«Addio alla Verna»




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