ITIS “E.
MAJORANA” Grottaminarda (AV)
ANNO SCOLASTICO 2008/2009
PROGETTO: RIFIUTO INQUINARE 2009
Docente referente : ing.
Michele Zarrella
RIFUTO INQUINARE 2009 (II edizione)
Il convegno si è svolto il 16/02/2009 nell’aula magna dell’IIS di Grottaminarda.
Ha coordinato la giornalista
Maria Ianniciello
Ha aperto i lavori la
dirigente scolastica dott.ssa Catia Capasso
Ho spiegato il lavoro svolto
dagli alunni il prof. Michele Zarrella
È stato proiettato il
power-point preparato dagli alunni
Dal punto di vista etico ha
trattato l'argomento il parroco di Grottaminarda Don
Carmine Santoro
Ha relazionato sullo spreco e
sull'inquinamento l'ing. Pasquale De Santis, direttore del centro sismologico
di Grottaminarda
Dibattito finale.
Intervento del prof. Michele Zarrella
Oggi, 16 febbraio, ricorre il quarto anniversario del trattato di Kyoto. Purtroppo a quattro anni dall'effettiva entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, le emissioni mondiali di CO2 sono aumentate dai 20,95 miliardi di tonnellate del 1990, considerato come anno base della Convenzione quadro sul clima, a 27,89 miliardi nel 2006: un incremento che sfiora i 7 miliardi di tonnellate in soli 16 anni. Quindi il trattato di Kyoto è solo un primo passo necessario, ma largamente insufficiente. Allora, in questi mesi, insieme agli alunni dell'Istituto di Istruzione Superiore "E. Majorana" di Grottaminarda abbiamo fatto alcune riflessioni e suggeriamo delle soluzioni alle problematiche legate all'inquinamento.
Tali problematiche si fanno sempre più vive e pressanti nell'attuale società e pertanto l'attenzione all’uso dell'energia è uno dei punti fondamentali per ridurre gli effetti negativi dell'inquinamento e del conseguente effetto serra a cui l'uomo con le sue attività, a volta irrazionali, contribuisce. La nostra attenzione agli argomenti legati a tale ambito si rende doveroso per una scuola che, nella quotidiana azione di promozione di valori presso i giovani, intende rispondere alle esigenze di formazione dei propri allievi e della società. Il futuro o lo costruiamo lo subiamo.
Il convegno, dal titolo suggestivo e immediato: "Rifiuto inquinare", intende
sviluppare gli argomenti da un punto di vista scientifico, ma anche morale.
Oggi il problema, senza bisogno di scomodare le tesi ambientaliste più
radicali, è il seguente: combattere lo spreco dell’energia è un punto
fondamentale nel segno del rispetto dell’ambiente, sì, ma anche
dell’uomo e di se stessi. Se vogliamo vivere senza drammi dobbiamo rispettare
Gli interventi degli alunni vanno in questa direzione. Essi hanno predisposto un documento multimediale, che fra pochi minuti vedremo, con un decalogo di piccole quotidiane azioni da compiere col semplice buon senso,.
Investire sui problemi globali, e
soprattutto su quelli ambientali, insegnando ad assumere dei comportamenti
quotidiani sobri e rispettosi dell'ambiente, che aborriscono lo spreco,
significa contribuire allo stato di salute del pianeta, creare opportunità di
lavoro e speranza in un futuro migliore. L'ambiente è la casa in cui viviamo, e
noi siamo degli ospiti. Quindi rispettare l'ambiente significa rispettare se
stessi, rispettare l'uomo e tutte le specie che in esso vivono; sprecare
diviene socialmente un atto da condannare e moralmente un peccato. Otto secoli
fa, San Francesco, nel suo accorato e romantico “Cantico delle
creature”, ringraziava e lodava il Signore per l’esistenza
“di sora Acqua, di frate Focu, di madre Terra e di frate Vento. Oggi non
mi pare che la società attuale rispetti tanto
Concludo con un detto indiano.
"Non abbiamo ereditato
Grottaminarda 16/02/2009
Michele Zarrella
Intervento del parroco Don Carmine Santoro
IV Anniversario del Trattato di Kioto
L’occasione del quarto anniversario del trattato di Kioto, riguardante le misure urgenti da prendere per impedire gli effetti altamente nocivi sul pianeta dovuti ai cambiamenti climatici e all’effetto serra, ci vede riuniti questa mattina. Non essendo esperto in materia non intendo addentrarmi nello specifico ma, se mi è concesso, vorrei brevemente porre alcune riflessioni in ordine alla visione cristiana del creato e della sua custodia.
Già la parola da me usata per parlare della terra e, per estensione, dell’universo – creato – mi pone in una prospettiva particolare: tutto ciò che esiste non è frutto di casualità ma di amore provvidente da parte di un Creatore: Dio.
Nel libro della Genesi, un libro tante volte superficialmente considerato di scarsa rilevanza, troviamo un brano che a me sembra davvero illuminante in ordine al creato e alla signoria sul creato che all’uomo è stata concessa.
Ascoltiamolo insieme:
Gen 2,15-25
15 Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
16 Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, 17 ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti”.
18 Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”. 19 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20 Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. 22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. 23 Allora l’uomo disse: “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta”.
Dentro al testo:
La prima notazione da fare è che il linguaggio usato nei primi 11 capitoli di questo libro è eziologico. L’eziologia, letteralmente la spiegazione della causa, è il tentativo del popolo ebraico di spiegare l’origine, le cause, il perché di una situazione che viene sperimentata nell’oggi; attraverso l’uso di un linguaggio umano cerca di veicolare verità di significato soprannaturale.
15 Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Il Signore colloca l’uomo nel giardino perché lo coltivi e lo custodisca: è una terra che necessita di cure e di protezione. Mentre viene creato, l’uomo riceve un compito: Dio gli affida la terra, e con questo gli accorda una certa fiducia. Una vita umana senza un compito come questo, in cui viene accordata fiducia, non sarebbe completamente umana.
Il suo lavoro riceve qui un significato che non gli è dato solo dall’uomo: è un compito che egli ha ricevuto dal suo creatore.
La parola usata per “coltivare” qui non indica soltanto la coltivazione dei campi ma ogni lavoro umano fisico o intellettuale ritenuti tutti di pari dignità in ordine al compito di “coltivare e custodire” la terra.
La coppia di parole “coltivare e custodire” vuol dire che una coltivazione senza protezione non corrisponde all’incarico ricevuto dal creatore.
Lo sfruttamento indiscriminato della terra e delle sue forze significa trascurare questo incarico, e deve alla fine ripercuotersi negativamente sull’uomo. Se l’uomo sporca e contamina la terra che gli è stata affidata, distrugge lo spazio vitale che Dio gli ha dato in custodia.
18 Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”.
A questo punto, quando l’uomo è “pronto” e apparentemente fornito di tutto il necessario per vivere, il creatore sospende il suo lavoro e si chiede se, adesso, questa è proprio la creatura che aveva in mente, se l’uomo è giusto così com’è, e arriva alla conclusione: no, manca ancora qualcosa. In questo modo il narratore vuol dare risalto a una cosa particolarmente importante per la creatura uomo: l’alterità, la comunità.
L’uomo comprende chi realmente è solo dall’incontro con l’altro, il diverso da sé in uno spazio vitale che è dato dalla comunità: non è bene che l’uomo sia solo!
19 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20 Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
Dio porta avanti questa riflessione attraverso il “tentativo in parte fallito” di non far sentire solo l’uomo con la creazione degli animali. Tuttavia questo non deve sminuire l’importanza che ha per l’uomo la creazione degli animali. La prima parte della decisione del creare: “gli voglio fare un aiuto” riguarda anche loro. Dio conduce gli animali all’uomo perché sia lui a dar loro i nomi e con i nomi la determinazione di ciò che essi significano per lui. Dando agli animali dei nomi, l’uomo li dispone nel suo mondo.
Vv. 21-23: Infine, visto il fallimento precedente con la creazione degli animali, Dio crea la donna: con essa la creazione dell’uomo giunge alla mèta.
La formazione della donna da una costola dell’uomo non è intesa come una descrizione realistica e non va compresa così. Con essa il narratore vuole fondare l’unione di uomo e donna nello stesso processo di creazione e per farlo si serve di un’antica rappresentazione della creazione dell’uomo, che troviamo anche altrove, in scritti della saggezza di popoli vicini al popolo ebraico. Come aveva fatto con gli animali, Dio conduce la donna all’uomo ed egli la accoglie con un “gioioso benvenuto”: finalmente ha ricevuto un aiuto a lui corrispondente.
Brevi considerazioni
Conclusione
Tutto ciò che esiste, per il cristiano, reca nelle sue fibre più intime l’impronta, la firma del creatore: il creato ci parla del Creatore; tutto ciò che esiste è affidato alle nostre mani e alla nostra intelligenza perché venga sempre più scandagliato, conosciuto e apprezzato; tutto ciò che esiste, primo fra tutti il pianeta terra nel suo insieme, è affidato alle nostre amorevoli cure per preservarlo e custodirlo.
Tuttavia, come ci dice Giovanni Paolo II, “il dominio accordato dal Creatore all’uomo non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di ‘usare e abusare’ o di disporre delle cose come meglio aggrada. La limitazione imposta dallo stesso Creatore fin dal principio, ed espressa simbolicamente con la proibizione di ‘mangiare il frutto dell’albero’, mostra con sufficiente chiarezza che, nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire”.
In un altro brano sempre del libro della Genesi troviamo, dopo l’uccisione di Abele da parte di Caino, Dio che domanda a Caino “Dov’è tuo fratello Abele?” e Caino risponde: “Sono forse il custode di mio fratello?”.
Sono forse il
custode di mio fratello? Sì, ognuno di noi è chiamato, nel suo piccolo,
nelle piccole cose, con piccoli gesti, nella sua libertà, ad essere
custode non solo del pianeta ma anche del fratello: gli scempi in ordine
ecologico – ambientale rischiano di ripercuotersi in maniera forte
sull’intera umanità e di lasciare alle future generazioni un pianeta
gravemente malato: come ci dimostriamo custodi non solo delle presenti
generazioni ma anche delle future, quelle dei vostri figli, quelle dei nostri
nipoti?
Don Carmine Santoro
Parroco di S. Maria Maggiore in Grottaminarda