GESUALDO (AV)


  Conoscere GESUALDO

 

 

 

Una posizione felice

 

La bellissima e felice esposizione a sud, sul fianco destro della valle del fiume Fredane, affluente del Calore, ha permesso che l’attuale territorio del comune di Gesualdo sia stato frequentato fin dalla preistoria.

Lo studioso Arturo Palma dell’Università di Siena in alcuni sopralluoghi avvenuti fra il luglio e l’ottobre del 1975 presso la località  “Cave di Pietra” di Gesualdo rinvenne “industria litica… del tipo clacto-taycoide”(oltre 8.000 anni fa).

Un insediamento del neolitico finale (3000- 2500 a.C.) è testimoniato dal rinvenimento in località Capo di Gaudio di alcune scuri di selce levigata “di tipo conoidale lenticolare con profilo triangolare isoscele a base convessa” esposti al Museo provinciale, sezione archeologia, ai nn. 650, 651 e 652. Alla fine del terzo millennio a. C. si fanno risalire resti di strutture di un insediamento e una necropoli con tombe a fosso esplorate dal Penta nel 1893, in località Fiumane, vicino al fiume Fredane. Questi rinvenimenti nel territorio gesualdino, testimoniano tracce della presenza umana del Paleolitico, del Neolitico e dell’Eneolitico.

Ai suddetti ritrovamenti se ne sono aggiunti altri di epoche successive attribuibili all’epoca romana caratterizzati da necropoli, e ville localizzate nelle attuali contrade di San Barbato, Paolina e Volpito che si trovano a poca distanza dall’attuale centro storico.

 

 

 

Un eroe longobardo

 

L’aggregato urbano attuale evidenzia l’esistenza iniziale di una rocca intorno a cui, col passare dei secoli, si sono aggiunte delle case che formavano dei cerchi concentrici e contemporaneamente dei baluardi di difesa. La struttura antica di Gesualdo è in effetti il risultato di più costruzioni avvenute intorno ad una rocca costruita, in epoca longobarda, a protezione del ducato di Benevento.

Tale rocca fu donata, secondo il benemerito storico locale Giacomo Catone, nel VII secolo d. C., da Romualdo, duca di Benevento, agli eredi del cavaliere che, da eroe leggendario, per difendere il proprio duca, si immolò, durante la guerra tra i Longobardi e i Bizantini capeggiati dall’imperatore Costante II quando costui, nel VII secolo, tentò di conquistare l’Occidente.

 

 

 

Il nome ad una città

 

Secondo gli storici Scipione Ammirato, Giovanni Antonio Summonte, Alessandro Di Meo,  ed altri, l’eroe longobardo, balio del duca Romualdo, si chiamava Gesualdo e di conseguenza bisogna supporre che la terra donata agli eredi del cavaliere fosse chiamata Gesualdo. Tutti questi storici si rifanno alla autorevole “Historia longobardorum” di Paolo Diacono, capp. 4° e 5° del 5° libro, il quale però dice che l’eroico cavaliere si chiamava Sessualdo e non parla di donazioni agli eredi.

L’ipotesi di Cipriano de Meo, in “La città  di Gesualdo contributo di studi e ricerche” edito dalla Pro loco Civitatis Iesualdinæ, è che il suddetto cavaliere si chiamasse Gis o Ghiz. In quel tempo le terre donate intorno alla rocca erano coperte di boschi. In tedesco bosco si  dice “wald”, allora per dire “Il bosco di Gis” si diceva Gis-wald che successivamente si è trasformato in Gisivaldum ed infine in Gesualdo.

Altre ipotesi sono state vociferate, ma non essendo suffragate da precisi documenti non derimono la lunga ed  interessantissima, questione che certamente stimola gli studiosi ad effettuare ricerche più approfondite.

Del periodo fra l’epoca longobarda e quella normanna non si hanno notizie, ma non c’è tanto da meravigliarsi visto che siamo in epoca di dominazione di barbari, tempi di saccheggi, di soprusi di ogni genere e di distruzione di qualsiasi forma di cultura e di storia. Si può pensare che la suddetta roccaforte e il territorio circostante siano stati signoreggiati dalla linea longobarda della famiglia del balio di Romualdo.

 

 

 

La dinastia normanna

 

La prima citazione della “rocca di Gesualdo” è del 1137 e la fa il monaco Pietro Diacono nella “Chronica sacri monasterii casinensis”, libro 4°. Pertanto è solo nell’epoca normanna che Gesualdo cominciò ad avere uno sviluppo dell’aggregato urbano intorno alla suddetta rocca che fu trasformata in castrum e poi col passare dei secoli da struttura difensiva ad abitativa, fino a diventare quel maestoso e possente castello che possiamo ammirare e che caratterizza il nostro panorama.

La dinastia normanna che signoreggiò Gesualdo ha avuto origini da Guglielmo, figlio di Ruggero I Borsa, figlio di Roberto il Guiscardo, nominato da Dante nel Paradiso (canto XVIII, verso 48), figlio a sua volta di Tancredi d’Altavilla, eroe leggendario della 1a Crociata (1096-1099), immortalato da Torquato Tasso nella Gerusalemme Liberata.

Tale Ruggero I Borsa, detto “Il Normanno”, è proprio il “… ROGERII NORTHMI  APULIÆ ET CALABRIÆ DUCIS…  della iscrizione riportata, a caratteri cubitali, nel cortile del castello di Gesualdo, cioè il 2° duca di Puglia e Calabria, che fu sepolto nella cattedrale di Salerno fatta edificare dal padre, in onore di San Matteo.

Ruggero Il Normanno ebbe tre figli. Da Ala nacque Guglielmo d’Altavilla, 3° duca di Puglia e Calabria; da Abelarda, ebbe Tancredi che partecipò alle Crociate e si distinse in molte battaglie in Terra Santa; da Maria ebbe Guglielmo che fu il primo signore di Gesualdo di cui abbiamo notizie con documento del 1141.

Egli sposò Abelarda, signora di Lucera (FG), figlia del conte di Lecce. Dal matrimonio nacquero due figli: Elia ed Aristolfo. Quest’ultimo guidò contro i Turchi un esercito in Terra Santa ai tempi di Guglielmo il Buono (1154-1189) re di Sicilia; al comando di 200 velieri attaccò il “terribile” Saladino costringendolo a togliere l’assedio a Tripoli. Alla morte di Guglielmo, avvenuta intorno al 1150 successe il figlio Elia I di Gesualdo. Questi fu il 2° signore di Gesualdo. Nel 1152, insieme alla madre Abelarda, cedette all’abate di Cava dei Tirreni molti beni pugliesi. Fu grande guerriero. Insieme al re di Napoli, suo diretto superiore, partecipò alle crociate, portando molti suoi uomini al seguito. Ampliò il feudo che comprendeva:

Gesualdo, Frigento, Acquaputida, oggi Mirabella Eclano, Paterno oggi Paternopoli, S. Mango, Bonito, Lucera, S. Lupolo (presso Lucera), ed inoltre gli avevano prestato giuramento di fedeltà vassallatica i feudatari di Grottaminarda, Villamaina, Castelvetere, Taurasi, Rocca S. Felice, Lapio, Candida, Monteaperto, Montemiletto, Montemarano, Girifalco, Castelfranci, Chiusano, Poppano, Serpico, Serra, Baiano (contrada fra Castelfranci, Nusco e Ponteromito), Torella dei Lombardi e Fontanarosa.

Dal matrimonio di Elia con Diomeda nacquero cinque figli: Guglielmo, Roberto (che fu il primo ad assumere il cognome Gesualdo), Ruggero, Goffredo e Maria.  Nel suo testamento del 1189 Elia I dispose che fosse sepolto nel monastero di Montevergine dove era già seppellita la diletta consorte e lasciò a favore del suddetto monastero un canone annuo di 25 once d'oro.  Il primogenito Guglielmo, poiché aveva partecipato ad una congiura contro il re, non potette succedere al padre, e pertanto alla morte di quest'ultimo subentrò il secondogenito Ruggero, che aveva ottenuto il titolo di conte da Enrico VI nel febbraio del 1187.

Dopo Ruggero Gesualdo, successero Elia II, Niccolò I, …(v.  il libro “CARLO GESUALDO l’albero genealogico e la sua città”), fino a Luigi III, conte di Conza, poi Fabrizio I, Luigi IV, che al titolo di conte di Conza aggiunse, nel 1561, il titolo di principe di Venosa.

 

 

Il principe Carlo Gesualdo

 

A Luigi IV Gesualdo successe Fabrizio II ed infine Carlo Gesualdo (1566-1613), ultimo e più famoso del casato.

Il principe madrigalista era nipote di San Carlo; sua madre era Geronima Borromeo. Per via paterna il principe ebbe un altro zio cardinale, Alfonso Gesualdo, arcivescovo di Napoli alla fine del XVI secolo e decano del Sacro Collegio. La famiglia Gesualdo è stata una delle più illustri e nella seconda metà del500 raggiunse l’apice della notorietà e della potenza. Torquato Tasso ne esaltava il casato con la descrizione dello stemma: “la famiglia Gesualdo portava il leone nero con cinque gigli rossi per dimostrare la nobiltà degli antichissimi principi Normanni e del re Guglielmo”.

Nel febbraio del 1586 Carlo sposò Maria d’Avalos, appartenente ad una famiglia famosa nelle armi quanto i Gesualdo sugli altari da cui ebbe un figlio, Emanuele. Il matrimonio finì tragicamente con l’omicidio della moglie e dell’amante Fabrizio Carafa, duca d’Andria. In seconde nozze sposò, a Ferrara, nel 1594, Eleonora d’Este da cui ebbe un figlio, Alfonsino, che morì in tenera età. Emanuele sposò Polissena Fürstemberg. Ebbe tre figli, Carlo morto a pochi mesi, Isabella e Leonora.

Nel lungo periodo (1596-1613) che visse a Gesualdo, Carlo, che già aveva fatto ristrutturare il castello, fece costruire fontane, acquedotti, chiese e conventi. Compose madrigali e musica sacra, oggi apprezzati in mezzo mondo, perché fu artista ardito ed innovatore. Il suo genio musicale, i suoi estremi rivolgimenti cromatici, le sue stupefacenti invenzioni consentono alla sua musica eccelsa di dire quello che non possono dire le parole, tanto da meritare il titolo di Principe dei musici. Fece dipingere dal pittore fiorentino Giovanni Balducci la grande (m 4,81 x m 3,10) tela devozionale intitolata “Il Perdono” dove è rappresentato il principe in atto di preghiera che chiede perdono a Cristo, accompagnato dallo zio santo.

Pentito per il duplice omicidio, attanagliato dal rimorso, afflitto da emicranie e atonia intestinale, sopraffatto dalla notizia della morte del figlio Emanuele, diciannove giorni dopo, morì nel castello di Gesualdo. Era l’otto settembre 1613. Finì così la dinastia normanna che signoreggiò Gesualdo.

 

 

 

 

 

Dalla famiglia Ludovisi ad oggi

 

La figlia di Emanuele, Isabella, sposò Nicolò Ludovisi il quale continuò ed arricchì l’opera edificante di Carlo Gesualdo, come testimoniano le lapidi di pietra presso i conventi dei Domenicani e dei Cappuccini, gli antichi stemmi che si trovano sopra la porta secondaria della chiesa di San Nicola e sopra l’ingresso del convento dei Cappuccini e il dipinto sulla volta a crociera dell’ingresso del castello.

A Nicolò successe, nel 1658, il figlio Giovanni Battista che, nel luglio del 1682, vendette il feudo per 12.000 ducati a Isabella della Marra, moglie di Girolamo Gesualdo, marchese di Santo Stefano. Nel 1688 subentrò Domenico Gesualdo che, per concessione di Filippo V, tramutò il titolo di signore in principe. Così furono principi di Gesualdo gli eredi Nicola (1705), Fabrizio (1738) e Dorizio di Sango (1770). Quest’ultimo vendette, nel 1772, il feudo per 40.000 ducati a Giuseppe Caracciolo di Torella dei Lombardi che lo tenne fino all’abolizione dei diritti feudali. Durante la Repubblica partenopea nel 1799 il castello fu saccheggiato, depauperando e distruggendo così gran parte degli arredi, della cultura e della storia di questo magnifico e maestoso maniero.

 Nel 1856, esso passò alla famiglia Caccese che lo abitò fino al terremoto del 1980, apportando numerose ristrutturazioni e divisioni per adeguarlo alle esigenze degli eredi succeduti. Oggi il castello è in parte di proprietà dei suddetti eredi ed in parte del comune di Gesualdo.

 

 

Una  visita originale

 

Trascorrere una giornata<SPAN lang="IT" style="FONT-SIZE: 11pt; mso-bidi-font-size: 10.0pt; mso-ansi-language: IT">TrascorrereT a Gesualdo dona una emozione originale e straordinaria.

 Gesualdo è un paese ameno et vago alla vista quanto si possa desiderare co’ un’aria veramente soave e salubre” scriveva nel 1594 Alfonso Fontanelli, diplomatico di Casa d’Este. Ancora oggi il vasto e bellissimo panorama che si svolge dal belvedere di Via Biffa o da quello del castello e l’aria pulita e profumata sono una caratteristica: una ricchezza da custodire gelosamente insieme ai suoi onusti monumenti.

Passeggiando per le vie, i vicoli e le piazze possiamo ammirare i monumenti e gli angoli caratteristici che sono custodi di un’antica e solida tradizione e testimoni del patrimonio artistico che possiede questo nobile paese.

Vedere la terra, il cielo e i paesaggi mentre cammini per queste strade, calpestare le pietre dei vicoli e delle piazze pensando che l’ hanno fatto,prima di noi, i personaggi che qui son vissuti, sentire l'aria profumata, che sale dalla campagna, dà l’impressione di essere in contatto con gli elementi della natura rendendo lieto il soggiorno e suscitando certe intime innocenti sensazioni: è un po' come essere in contatto con l’umanità, col cuore della terra e con la storia dell’uomo che si intreccia con quella del paese e degli straordinari personaggi che qui sono vissuti.

 

Michele Zarrella vicepresidente della Fondazione Carlo Gesualdo

 

                                                                                             

 

Note tratte dal libro ” CARLO GESUALDO l'albero genealogico e la sua città” di Michele Zarrella.

 


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