L'insediamento diVictimulae
 
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La valletta di S. Secondo di Salussola ha restituito nel corso dei secoli moltissimi materiali archeologici di età romana e medievale, che in parte hanno arricchito le collezioni dei musei di Vercelli, Biella e Torino e in buona parte sono andati dispersi o distrutti1
La casualità dei ritrovamenti, effettuati dai contadini locali specialmente durante i lavori di aratura, e l’attenzione prestata solo in casi eccezionali alla conservazione dei reperti hanno fatto sì che molti dei materiali che le fonti ci attestano essere stati scoperti presso S. Secondo oggi non esistano più o in ogni caso non siano più reperibili. Nonostante le lacune della documentazione, si può senza dubbio affermare che si tratti di un’area singolare dal punto di vista archeologico, non solo per la quantità e la ricchezza dei rinvenimenti ma anche per il fatto che alcune strutture architettoniche, che si possono presumibilmente ascrivere al periodo romano, erano ancora perfettamente visibili nell’Ottocento2
La presenza di strutture murarie affioranti ed edifici conservati in alzato doveva essere, nei secoli scorsi, una caratteristica  peculiare della zona, se è vero che  l’arcivescovo di Vercelli G. S. Ferrero nel 1609 scriveva che “... in valle S. Secundi reperiunt passim incolae inter arandum fundamenta multa antiqua aedificiorum ingentium, quorum frequentia etiam supra terram eminent”3
L’accenno agli edifici trova inoltre conferma nelle numerose testimonianze otto-novecentesche di contadini che, durante i lavori di aratura nei campi della valletta di S. Secondo, si imbatterono in resti di pavimenti e di “robuste mura”4
Le fonti orientano dunque ad ipotizzare la presenza nell’area di un  insediamento romano. Tale ipotesi, generalmente accettata dalla critica moderna5 , è in effetti corroborata da una serie di dati oggettivi.
 
Nella valletta sono ancora oggi molto frequenti i ritrovamenti di materiali edilizi romani (frammenti di embrici e mattoni)6
Le testimonianze locali rivelano d’altronde che, fino agli anni Cinquanta di questo secolo, in primavera i diversi livelli di crescita dell’erba e delle colture facevano riconoscere allineamenti murari. Oggi le tracce non sono più visibili, in quanto il mancato drenaggio del terreno, un tempo assicurato da un efficiente sistema di canali, ha  fatto sì che il fondo della valletta si ricoprisse di uno strato alluvionale7.
Anche i sondaggi condotti nel 1953, sotto la direzione di C. Carducci, nel campo antistante la Cascina S. Giuseppe (regione Murassi) hanno messo in luce resti murari, che sono stati  interpretati come pertinenti ad un vero e proprio nucleo urbano. Nei sondaggi sono stati inoltre recuperati frammenti ceramici romani, intonaci, frammenti musivi a tessere bianche e nere e una moneta di Antonino Pio. Nell’area sono state individuate numerose tombe ad inumazione a cassa di laterizi, databili fra VII ed VIII secolo, ed è attestata una sepoltura ad incinerazione, il che fa supporre una continuità d’uso fra cimitero pagano e cristiano. Altre tre tombe a cassa in muratura, relative al V-VI secolo, furono rinvenute durante ulteriori scavi condotti dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte nel 19728
I ritrovamenti funerari nell’area appaiono numerosi, anche se è difficile studiarli in modo sistematico, per la casualità dei rinvenimenti. I numerosi sarcofagi con iscrizioni, databili al III sec.d.C, provenienti dalla zona fanno presupporre comunque l’esistenza di una o più aree necropolari pertinenti ad un florido abitato9 .
Nel corso dei sondaggi del 1953  è venuto alla luce anche un tratto di condotto idraulico in muratura ad una quota di 1,20 metri dal piano di campagna; perfettamente conservato, è stato interpretato inizialmente come cloaca e più recentemente come collettore delle acque che sgorgano dalla collina ad ovest dell’abitato di San Secondo. Il fatto che la quota di imposta del condotto sia inferiore a quella delle  fondazioni  degli  edifici  scavati ha fatto supporre a Scarzella che quest’opera sia stata realizzata con intenti urbanistici al momento della fondazione del centro abitato10 . Si tratta in ogni caso di una struttura preesistente alla fase scavata del presunto “nucleo abitato”. 
Nel 1994 due sondaggi in corrispondenza dei mapp.127-128 F ° 38 del catasto del comune di Salussola hanno messo in luce un tratto murario e una struttura absidata attribuibili ad un edificio di grosse dimensioni, probabilmente una villadi età bassoimperiale11. La vicinanza topografica farebbe ipotizzare una possibile connessione di queste strutture con quelle venute alla luce durante gli scavi del 1953, implicando forse una revisione dell’interpretazione data da Carducci a queste ultime.
  • Scavi condotti dal 1992 al 1994 e ripresi nel 1998 hanno infine portato alla luce un edificio a tre navate con abside a ferro di cavallo, databile nel suo nucleo originario tra la seconda metà del IV e il V secolo, che è stato identificato dagli scavatori con una chiesa paleocristiana12 . Il ritrovamento confermerebbe così l’ipotesi, formulata da una parte della critica, che la fondazione della pieve di S. Secondo (attestata da documenti non anteriori al X secolo13) sia da collocare nella seconda metà del IV secolo, sotto l’episcopato di Eusebio, vescovo di Vercelli dal 345 al 37114

  • La scelta del sito di S. Secondo per l’erezione della prima pieve del Biellese testimonierebbe l’importanza che il centro romano rivestiva ancora nella tarda antichità. In un recente contributo15 G. Cantino Wataghin avanza alcune fondate obiezioni all’identificazione dell’edificio scavato con la chiesa pievana di S. Secondo: in particolare  la totale assenza di sepolture lungo i muri perimetrali sarebbe un fatto assolutamente anomalo per questa tipologia edilizia. Anche l’ipotesi di un uso civile dell’edificio  deporrebbe in ogni caso a favore della vitalità del centro in epoca tardoantica e  altomedievale. 

    La critica moderna è propensa ad identificare il centro abitato romano nella valletta di San Secondo con la "civitas Victimula...iuxta Eporediam" menzionata dall’Anonimo Ravennate  nel suo Itinerario, redatto nel VII secolo ma basato su fonti tardoantiche16. L’identificazione è anche provata dalla persistenza del toponimo Victimul(ae) in documenti altomedievali e medievali con riferimento ai centri di Bugella (Biella) e Salussola. La donazione dell’826 degli imperatori Ludovico il Pio e Lotario al conte Bosone menziona infatti beni collocati “in pago Victimulensi quod pertinet ad comitatum Vercellensis idest in villa qui dicitur Bugella...”17; nella Vita del Beato Pietro Levita18, conservata presso l’Archivio Capitolare di Vercelli, si accenna inoltre ad un “Victimul castrum” con riferimento a Salussola. Accertato che la civitas Victimula di cui parla l’Anonimo Ravennate va situata in un pagus Victimulensis  che corrisponde ad un’area prossima a  Biella ed  Ivrea, con particolare riferimento a Salussola, è molto probabile che il centro abitato in questione sia proprio da collocare nella valletta di S. Secondo, la zona da cui provengono i più significativi reperti archeologici. 
    L’insediamento  di Victimulae (o Victumulae) era legato alla presenza delle vicine miniere aurifere a cielo aperto della Bessa, da identificare con le “Ictumulorum aurifodinae”  localizzate da Plinio nell’ager vercellensis19. Come si deduce da un passo di Strabone20, queste miniere, sfruttate con metodi idraulici dai Salassi, passarono sotto il controllo di Roma dopo la vittoriosa campagna militare di Appio Claudio Pulcro del 143-140 a.C., che respinse le popolazioni locali nei territori montani della Val d’Aosta. Le aurifodinae furono espro-priate e appaltate a pubblicani, che le gestirono impiegando un numero enorme di lavoranti21. Lo sfruttamento intensivo durò fino agli inizi del I sec.d.C., quando entrarono in funzione le miniere spagnole e galliche, molto più redditizie22. Un importante contributo alla conoscenza archeologica dell’area è stato offerto dalle recenti indagini che hanno interessato alcuni insediamenti nel sito di “Ciapel përfondà”, nella Bessa di Vermogno (comune di Zubiena). Sono  venuti alla luce materiali ceramici (anfore e vasellame da mensa di imitazione)  collocabili cronologicamente tra la fine II sec.a.C. e la metà del I a.C. : i ritrovamenti, che sono perfettamente inseribili nella serie dei reperti ceramici trovati in altri siti della Bessa , confermano perciò le notizie delle fonti antiche che attestavano in questo periodo il massimo sfruttamento delle miniere.
    Il legame tra Victimulae e le aurifodinae, che distano in linea d’aria meno di 6 km,  è testimoniato dallo stesso Strabone, che in Geogr. V, 1, 12,  dopo aver fatto riferimento ad una miniera d’oro situata nel Vercellese, passa immediatamente a trattare di “un villaggio presso i Vittimuli” . Probante in ogni caso è il ritrovamento avvenuto nel 1819 in regione “Porte” della cosiddetta iscrizione del Ponderario, attualmente conservata presso il Museo di Antichità di Torino; l’iscrizione, databile al I-II secolo d.C., attesta l’edificazione di un ponderario da parte di T(itus) Sextius, cittadino iscritto alla tribù Voltinia, che aveva ricoperto ad Ivrea le maggiori cariche26. Sembra pertinente dedurre che l’epigrafe ritrovata nella valle di S. Secondo potesse appartenere ad un edificio esistente nel vicus di Victimulae e che quindi il centro fosse dotato di una struttura in cui venivano conservati pesi e misure e dove si eseguivano operazioni di pesatura. La presenza di un ponderario nel vicus  si spiegherebbe con la necessità di effettuare pesature ufficiali dell’oro estratto nelle miniere e delle derrate necessarie ai lavoranti. Victimulae sarebbe stato insomma il centro in cui i pubblicani convogliavano il metallo estratto dalle aurifodinae 27 e un luogo di mercato più che residenziale, visto che i lavoranti delle miniere risiedevano sul posto28
    Una questione aperta (e particolarmente interessante ai fini dell'esegesi del rilievo studiato29) è quella relativa all’identificazione del municipium alla cui competenza amministrativa il pagus victimulensis e il vicus di Victimulae erano assegnati. 
    L’ipotesi tradizionale della critica, basata sulle testimonianze di Plinio e di Strabone in precedenza menzionate, lo identifica in Vercellae. Anche P. Fraccaro, nel suo studio sulla centuriazione romana del territorio eporediese, dimostra di condividere l’interpretazione fondata sulle fonti scritte e, in assenza di significative tracce di limitatio sulla sinistra orografica della Dora Baltea, assegna il territorio di Victimulae  e della Bessa all’ager vercellensis30
    In un recente contributo, L. Brecciaroli Taborelli ha rivisto questa interpretazione, avanzando l’ipotesi che il pagus  rientri nella limitatio  di Eporedia31.  Tale ipotesi si basa su dati epigrafici: due iscrizioni rinvenute a Biella e nel territorio di Zubiena (BI) riferibili a personaggi locali che risultano censiti nella tribù Pollia, la stessa a cui erano iscritti i membri della colonia eporediense32. La prima epigrafe, una lapide funeraria in marmo bianco attualmente conservata all’interno del duomo di Biella33, menziona un [M]elius Sex. f. iscritto alla tribù Pollia, mentre la seconda, un frammento di lastra conservato presso il Museo Civico di Biella34, riporta una dedica ad un anonimo personaggio locale, anch’esso iscritto alla Pollia tribus, investito di importanti cariche pubbliche (decurionis, augustalis, IIvir quinquennalis). Questi documenti, secondo la Brecciaroli, testimonierebbero che in epoca imperiale sicuramente almeno una parte del Biellese (quella compresa tra la città e la Serra, ovvero il pagus victimulensis) rientrava nell’ambito amministrativo di Eporedia; tale situazione potrebbe inoltre spiegare la presenza a Victimulae di un ponderario edificato a spese di un illustre magistrato della colonia. 

    Vista la quasi totale mancanza di dati di scavo, risulta pressoché impossibile determinare un' ipotetica forma urbis del centro, fermo restando che Victimulae non nacque come città nel senso pieno del termine, ma piuttosto (come sembra di poter intuire dai ritrovamenti)  come centro di servizi legati all’attività estrattiva. Sulla scorta dei pochi dati disponibili è però possibile tracciare un sommario quadro d’insieme: l’abitato non era cinto da mura, al contrario di quanto ipotizzava il Lebole, considerando anche la toponomastica locale (regioni “Porte” e “Murassi”)35, si estendeva in un’area relativamente ristretta e i principali insediamenti dovevano trovarsi nelle regioni Porte, Murassi e Mercato. Le costruzioni probabilmente erano poste ai lati di una strada di transito, ma non di grande comunicazione36: Victimulae infatti era relativamente lontana dal tracciato della via delle Gallie e doveva esservi collegata attraverso un percorso di secondaria importanza37
    Per la mancanza di dati storici e archeologici sicuri (come l’analisi dei reperti ceramici), non è possibile ipotizzare una cronologia per l’inizio dell’insediamento romano nella valletta di San Secondo. I materiali più antichi databili con certezza, di cui però abbiamo notizia solo dalle fonti o dalle relazioni di scavo, sono attribuibili al primo periodo imperiale38, epoca in cui l’attività estrattiva delle aurifodinae aveva già imboccato una parabola discendente. Quando lo sfruttamento su larga scala delle miniere della Bessa cessò o si ridusse notevolmente, il centro romano mantenne comunque una continuità insediativa: le  principali strutture venute alla luce e la presenza di sarcofagi rimandano infatti ad una cronologia bassoimperiale. A questo proposito la recente scoperta di strutture pertinenti ad una villa o comunque ad un edificio di grandi dimensioni potrebbe offrire una nuova chiave interpretativa riguardo all’occupazione del sito, almeno per quanto riguarda il periodo tardo. La frequentazione si protrasse certamente fino all’alto medioevo, come provano l’itinerario dell’Anonimo ravennate, i dati degli scavi condotti nel 195339 e nel 1972 e la complessa topografia cristiana dell’area. La Vita del Beato Pietro Levita attesta una distruzione del sito durante l’VIII-IX secolo, in seguito alla quale, secondo Lebole, Victimulae sarebbe stata abbandonata  e i suoi abitanti si sarebbero trasferiti nel nuovo centro di Salussola40. In realtà, se è da ubicare nell’area di S. Secondo il castellum Victimuli menzionato da documenti d’archivio del X e XI secolo41 , occorre considerare seriamente l’ìpotesi di una sostanziale continuità di insediamento in epoca medievale.
     
     

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    1. LEBOLE 1979, pp.22-23.

    2.   Si consideri, ad esempio, che in regione Porte si conservò in alzato almeno fino all’inizio dell’Ottocento un “nobile edifizio”, ascrivibile con ogni probabilità all’età imperiale, che una parte degli storici locali ha interpretato come ponderario (RONDOLINO 1882, pp.28-29; MANINO 1991-92, p.48). Ancora oggi sono perfettamente visibili, presso il cimitero di S. Secondo, i resti di un edificio a pianta rettangolare che G. Lange ritiene costruito “alla romana”. Si tratta probabilmente di una costruzione medievale (pertinente ad una struttura ecclesiastica?) che sfrutta preesistenze romane (LANGE 1969-70, pp.28 e sgg.; SCARZELLA 1975, p.88).
     LEBOLE 1979, pp.22-23.

    3.  FERRERO 1609, p.23.

    4.  LEBOLE 1951, p.26; 
    SCARZELLA 1975, p.80; VIALE 1971, p.59.

    5.  BRECCIAROLI 1988, p.135; PANTÒ 1991-92, p.60 e sgg.
     
     
     
     
     
    6.   Per le indagini di superficie 
    nel territorio di S. Secondo cf. SCARZELLA 1975, p.22 e sgg

    7.   Significativa in tal senso è la testimonianza del sindaco di Salussola geom.Mario Lacchia.

    8.   Sull’interpretazione dei dati di scavo dei sondaggi condotti nel 1953 e nel 1972 cf. PANTÒ 1991-92, pp.62-67. 

    9.  Sui ritrovamenti funerari nella valletta di S. Secondo e sulla localizzazione delle presunte necropoli romane cf. LEBOLE 1953, p.22.  Ai reperti va aggiunto lo stesso rilievo con scena sacrificale,  pertinente con ogni probabilità ad un’area funeraria monumentale.

    10.  Lo scavo del canale fu ripreso da Mario e Paolo Scarzella, che ne misero in luce un tratto di 140 metri; per la descrizione del manufatto e le ipotesi d’uso cf. SCARZELLA 1975, pp.90-92.

    11.  BRECCIAROLI 1995, p.328.

    12.  BRECCIAROLI 1994 a, p.355. Il sito è prossimo a quello in cui fu ritrovato il rilievo del Museo Leone.

    13.  BAV, Vat. Lat 4322.

    14.  FERRARIS 1938, p.71 e sgg; LEBOLE 1979, pp.40-42; FERRARIS 1995, p.99, in cui l’ipotesi di una fondazione eusebiana è giustificata da dati agiografici riguardanti il martirio di San Secondo e dalla diffusione in zone limitrofe del culto delle reliquie del santo nel IV secolo. Per una critica a questa ipotesi cf. PANTÒ 1991-92, p.62 e sgg., in cui si analizza la  discussa topografia cristiana dell’area di S. Secondo; l’articolo è anteriore alla scoperta dell’edificio absidato.

    15.  CANTINO 1997, p.43. Si attende comunque la pubblicazione dei risultati della campagna di scavo condotta nel settembre 1998.


     

     

    16.  RAVENNAS 4,30.

    17.  VAYRA 1870, p.1 e sgg.

    18.  ACV, cod.XLVII. 

    19.  PLIN. Nat.Hist. XXXIII, 21, 12. L’area della Bessa si estende su un terrazzo alluvionale delimitato dai torrenti Viona ed Olobbia e dalla piana dell’Elvo ed occupa un’area di ca.7,5 Km2. Il suo aspetto è caratterizzato dai cumuli di ciottoli prodotti dai lavori minerari e dal sistema di canalizzazione utilizzato per dilavare il metallo (GAMBARI 1998, pp.19-22; DOMERGUE 1998, pp.207-222).

    20.  STRAB. Geogr.  IV, 6, 7. La critica non è unanime nell’identificare le miniere dei Salassi menzionate da Strabone con quelle a cielo aperto della Bessa: cf. PERELLI 1981, pp.341-352, in cui è proposta una collocazione dei giacimenti auriferi in Val d’Aosta, nella zona di confluenza tra il torrente Evançon e la Dora Baltea (all’imbocco della Val d’Ayas). Per la dibattuta questione delle fonti antiche comprovanti l’esistenza delle aurifodinae  e del centro di Victimulae cf. BO 1990, pp.127-133. 

    21.   Plinio (PLIN. Nat.Hist. XXXIII, 21, 12)  accenna a una legge censoria riguardo delle Ictumulorum aurifodinae,  che limitava a cinquemila il numero degli uomini impiegati nelle miniere. 

    22.   STRAB. Geogr. V, 1, 12.

    23.   BRECCIAROLI 1996 a, p.230. 

    24.   CALLERI 1985, pp.149, 163.

    25.   I dubbi sull’interpretazione complessiva del passo sollevati da alcuni studiosi derivano dal fatto che Strabone colloca sia Victimulae  sia Vercellae presso Piacenza. Tralasciando l’ipotesi di un errore di Strabone, è però probabile che la lezione tramandata sia corrotta o comunque lacunosa. 

    26.   BRUZZA 1874, p.98; CIL V , 6772.

    27.   BRECCIAROLI 1988, p.135.

    28.   BRECCIAROLI 1996 a, p.229.

    29.   I due togati raffigurati sul rilievo sono stati infatti interpretati da una parte della critica come magistrati municipali di Vercellae (VIALE 1971, pp.59-60).

    30.   FRACCARO 1957, pp.115-116.

    31.   BRECCIAROLI 1988, pp.135-136.

    32.   La tribù a cui erano ascritti i cittadini di Vercellae era invece la Aniensis (RODA 1985, nn..9, 10, 11. pp.27-32) 

    33.   CIL V, 6776 = RODA 1985, n.96, pp.162-163.

    34.   RODA 1985, n.11, p.185. 
    S. Roda considera il documento, che proviene dalla Bessa di Zubiena, “appartenente all’epigrafia di Eporedia seppur ritrovato in un area di confine e con ogni probabilità ancora all’interno della limitatio  vercellese”. Già il Mommsen aveva considerato prudenzialmente le epigrafi ritrovate nella presunta area del pagus victimulensis come pertinenti ad una zona di confine “inter Vercellas et Eporediam” (CIL V, p.748). 

    35.  LEBOLE 1979, p.22. M. Scarzella nel corso delle ricerche di superficie aveva però rilevato la totale assenza di strutture difensive. Ci sembra, d’altro canto, che una spiegazione realistica per l’occorrenza del toponimo Murassi  potrebbe essere la presenza nell’area di un robusto muro di terrazzamento lungo ca. 40 metri; il toponimo “Porte” potrebbe d’altronde riferirsi a un’opera idraulica di sbarramento.

    36.   Il tracciato di questa via dovrebbe corrispondere all’attuale strada provinciale che collega Dorzano a Salussola: lungo l’asse della strada (a Salussola Piano, Arro, Vigellio, Chiappara, S. Secondo regione Porte e Dorzano località Montasso) sono infatti attestati ritrovamenti di necropoli e sepolture (LEBOLE 1963, pp.304-305, PANTÒ 1991-92, p.63, nt.20). Per la non lontana necropoli rurale di Cerrione (Cascina Vignazza), posta probabilmente su un asse viario che collegava la Bessa alla piana di S. Secondo, cf. BRECCIAROLI 1996 b, pp.231-232. 

    37.   SCARZELLA 1975, p.84.

    38.    Si tratta di alcune monete, fra cui due d’oro con effigie di Augusto ritrovate in regione Porte (LEBOLE 1953, p.24). 

    39.   Nel corso degli scavi del 1953 nel campo di proprietà Ravera sono state ritrovate anche sepolture in cassa di muratura con copertura a voltino, sicuramente posteriori al XII secolo (PANTÒ 1991-92, p.67).

     40.  LEBOLE 1979, pp.42-43. Secondo l’autore la struttura emersa lungo la strada provinciale Salussola- Dorzano durante il sondaggio archeologico del 1953 (PANTÒ 1991-92, p.64) potrebbe essere stata edificata in un periodo successivo alla distruzione del sito. L’edificio, identificato inizialmente con la primitiva chiesa di S. Secondo o con il suo battistero, sarebbe invece la chiesa pievana ricostruita dopo gli eventi distruttivi dell’VIII-IX secolo. 

    41.   Si tratta di due diplomi di Otone III (999) e Corrado II (1024). Per una documentazione archivistica completa sul castrum e sul castellum Victimuli  cf. SCHIAPARELLI 1896, p.253 e sgg. L’identificazione del sito del castellum  Victimuli con la valletta di S. Secondo incontra un ostacolo nell’assenza di resti di fortificazioni nell’area.