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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

NEWS 

 

Devolution: cosa cambia per la scuola?

La devolution e la scuola dell'autonomia.

Quale architettura per il sistema dell'istruzione e quali rapporti con Stato e Regioni?

Fonte: sito Webscuola – 5 dicembre 2002

Il disegno di legge presentato al Senato, e adottato dal Governo su proposta del Ministro per le Riforme istituzionali e la Devoluzione Umberto Bossi in accordo col Ministro per gli Affari Regionali La Loggia, attribuendo "potestà legislativa esclusiva" in materia di organizzazione scolastica, gestione degli istituti e formazione, apre nuovi scenari che potrebbero coinvolgere  direttamente anche la riforma della scuola.

Il breve  testo del Ddl 1187, che modifica l’art. 117 della Costituzionesolleva più interrogativi che risposte precise. Come si  integrano  le nuove norme riguardanti la devolution, che imprimono una brusca accelerazione al  processo di trasformazione dell'ordinamento in senso federale, con quanto  è invece previsto, sempre nello stesso articolo, poche righe sopra?

Le questioni aperte

Il nodo centrale riguarda l’attribuzione di competenze esclusive alle Regioni su alcune materie essenziali, come l’istruzione. La scelta di  inserire nel testo l’aggettivo esclusivo determina, appunto, l’esclusione dello Stato da alcune materie, e fa sorgere numerose incognite. La reintroduzione nel testo dell’articolo 117 del principio dell’autonomia scolastica, approvato dal Senato su emendamento del Senatore Bassanini (DS-Ulivo) e fatto proprio con modifiche dal Governo, sembra inoltre confermare la volontà del legislatore secondo cui tutto quello che non viene espressamente attribuito nel testo alla competenza dello Stato, o delle scuole autonome, viene riservato alla competenza esclusiva delle Regioni  In definitiva, il nuovo articolo 117 presenta ambiguità proprio per come è formulato che non permettoni di fare ipotesi della scuola nell’era della devolution.

Le ambiguità del testo

Infatti, l’attuale modifica lascia intatto il comma che attribuisce allo Stato le norme generali  sull’istruzione, quindi sarebbe stato logico aspettarsi che alle Regioni venisse riservata una funzione integrativa di autonomia legislativa, anche molto ampia, senza però arrivare ad estromettere lo Stato dalle decisioni in materia.  Invece, dopo poche righe il testo parla di una competenza esclusiva delle Regioni su aspetti indubbiamente rilevanti come l’organizzazione e la gestione degli istituti scolastici. Ne consegue o che tale modifica non avrà effetti pratici, o che la correzione del dettato costituzionale darà origine a numerose questioni da risolvere.

Devolution: nuove prospettive?

La novità della devolution sta, quindi, nell'organizzazione scolastica e nella gestione degli istituti scolastici: ma di cosa si tratta in realtà? Ogni Regione potrà stabilire lo status giuridico del personale della scuola, i suoi livelli di retribuzione e le modalità di reclutamento? E per quanto riguarda i programmi, come si integrerà l'attività delle Regioni con quella delle scuole autonome, e quale sarà il ruolo dello Stato? Su questa materia non esistono già possibilità nell' ambito dell'attuale ordinamento? C'è davvero il rischio, come paventato da alcuni  che le Regioni possano andare oltre, in virtù delle loro  competenze esclusive,  cancellando alcuni elementi essenziali  del carattere unitario dell'istruzione (ad esempio, su questioni relative allo studio dell'italiano o della storia)? Difficile dirlo perché nel quadro di incertezza complessivo che caratterizza il progetto della devolution è arduo definire l'entità della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione.  Non è però casuale il richiamo del presidente Ciampi: Lo stato decide la politica scolastica: il coordinamento dell'istruzione deve restare a livello nazionale. In un quadro di chiarezza legislativa, difficilmente avremmo avuto un intervento del Capo dello Stato su questo tema.

 La riforma federalista del 2001

La precedente riforma  poneva l'istruzione  tra le materie di legislazione concorrente di cui spetta alle Regioni la potestà legislativa, mentre la definizione dei  princìpi fondamentali era demandata alla legislazione dello Stato.  Con la legge costituzionale del 18 ottobre 2001, che modificava il  titolo V della seconda parte della Costituzione, confermata dal referendum popolare del 7 ottobre 2001, venivano introdotti profondi cambiamenti in senso federalista. In base al  nuovo articolo 114, infatti, Comuni, province, città metropolitane e Regioni costituiscono la Repubblica al pari dello Stato, come enti autonomi dotati di propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione. Vi era una novità di portata storica anche per la scuola: l' articolo 117 costituzionalizzava  l'autonomia scolastica. Nonostante tale principio fosse espressamente inserito nel testo, resta difficile prevedere quali saranno a lungo termine le conseguenze per la scuola o quale rilievo e significato potrebbe assumere in futuro tale modifica. 

Stato, Regioni e legislazione concorrente

Tra i motivi per intervenire sul testo del 2001 vi era, secondo molti osservatori, il fatto che la legislazione concorrente potesse generare confusione, mentre nella relazione illustrativa delle modifiche all'articolo 117 si legge che la precedente formulazione del testo  risulta inadeguata alle esigenze reali delle autonomie e inutilmente complicata nell'intreccio di competenze e funzioni. Si temono  fenomeni di deresponsabilizzazione istituzionale e politica  e si definisce la precedente riforma federalista come lesiva, per alcuni aspetti, del principio di sovranità popolare.

Tuttavia, su materie complesse come quelle indicate all'articolo 117 nella sua precedente formulazione, negli altri Paesi occidentali, con la parziale eccezione degli USA, le attribuzioni non sono esclusive, ma si lavora in un'ottica di collaborazione interistituzionale, per gestire i problemi dialogando tra i vari soggetti. Del resto, l'esperienza di altri Paesi testimonia che una netta distinzione nell'attribuzione di competenze risulta  difficile da realizzare nella pratica. Più rigida è la suddivisione dei compiti tra enti locali e governo centrale,  più complicata risulta la gestione dei problemi tipici delle società complesse, caratterizzate dal costante intreccio tra le dimensioni locali, nazionali e sovranazionali .

  Chi paga comanda

Alla fine, come emerge dall'esperienza della Confederazione Elvetica , più che le attribuzioni formali sono gli aspetti  economici a determinare il potere decisionale dei vari soggetti istituzionali.  Lo Stato, quindi, cercherà di porre  le sue condizioni per il trasferimento dei fondi agli enti locali, e questo stabilirà chi detiene realmente il potere decisionale anche in regime di autonomia, come ben sanno i dirigenti scolastici. Enrico De Mita, in un articolo pubblicato sul sole 24 Ore del 4/12/2002, sostiene che il problema è la mancata definizione di come le Regioni possano finanziarsi per garantire i servizi che sono chiamate ad erogare.

 I possibili effetti della Devolution sulla riforma Moratti

Dato il presupposto della modifica all'articolo 117 della Costituzione, che recita

"Le Regioni attivano la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie:
   a) assistenza e organizzazione sanitaria
   b) organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione
  c) definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione"

anche la riforma Moratti rischia di tornare ai blocchi di partenza. Infatti, il relativo Ddl dovrebbe essere rettificato in più parti, se non addirittura riscritto. Il primo problema da affrontare sarebbe quello degli ordinamenti scolastici e della loro attuazione. Ma è sul piatto anche la materia relativa all'alternanza scuola-lavoro ed ai crediti scolastici, ivi compresa la definizione degli standard minimi e dei passaggi tra sistemi.

La proposta del Ministro Bossi, quindi, rischia in primis di tagliare i provvedimenti dei suoi stessi compagni di Governo. Sebbene venga confermata  la  competenza esclusiva dello Stato per la definizione delle norme  generali e dei livelli essenziali di prestazione, e la salvaguardia dell'autonomia  delle  istituzioni scolastiche e normative, resta il fatto che, per quanto concerne il  rapporto  Stato-Regioni, nell'attuale  testo  il disegno di legge si  limita  a  parlare  di  "consultazione", che però dovrebbe essere  rivista in "previo accordo con".

 

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