Riforma:
parola alla UIL
Web
Scuola - 10 aprile 2003
10/04/03 - Cominciamo
il giro di pareri dei sindacati sulla riforma con
una intervista al Dott. Massimo di Menna della
Segreteria Nazionale UIL Scuola
Nel tentativo di dare un quadro di
opinioni il più ampio possibile, Webscuola da
questa settimana rivolge l’attenzione ai
sindacati, proponendo alcune interviste,
gentilmente concesse alla nostra redazione dalle
varie segreterie nazionali. Abbiamo pensato di
proporre le stesse domande così da poter avere un
quadro sinottico delle varie opinioni.
Iniziamo con il Dott. Massimo di
Menna della Segreteria Nazionale
UIL Scuola.
Cosa pensate della riforma?
Noi, come Uil, l’avremmo voluta
diversa, poiché a nostro parere occorreva
intervenire sulla scuola secondaria di secondo
grado, realizzando un post secondario e
qualche elemento di modernizzazione nella
scuola di base.
Quali sono i punti di
maggior criticità?
Innanzi tutto la separazione tra
istruzione e formazione, poi l’anticipo
della scuola dell’infanzia e il fatto
che è collegata alle condizioni che i comuni
devono realizzare: in questo senso, c’è molta
incertezza.
Quali sono le novità più
interessanti presenti nella delega?
Il rafforzamento
dell’autonomia scolastica, la formazione
iniziale degli insegnanti, il fatto che
si muove nell’ambito della costituzione
modificata, che mantiene il carattere
nazionale dell’istruzione, e poi la
prefigurazione di un sistema di valutazione,
ancora tutto da definire, ma che è una delle
esigenze della scuola dell’autonomia.
Cosa pensate della
manifestazione dell’11 aprile indetta dalla
CGIL?
Eravamo d'accordo sulla necessità di
un impegno per rafforzare la scuola pubblica e il
carattere nazionale dell’istruzione, tant’è
vero che avevamo sottoposto una proposta,
condivisa dagli altri sindacati, che assume
un‘iniziativa congiunta tra CGIL, CiSl , Uil e
Snals.
La CGIL ha deciso un’iniziativa
per proprio conto: attendiamo quindi
la sua realizzazione, anche se non condividiamo la
particolarità che sia di una sola sigla
sindacale.
Le critiche che voi fate
sono condivise dagli altri sindacati? Fino a che
punto intendete portare avanti delle
rivendicazioni unitarie?
Nelle critiche c’è un’articolazione
di posizioni: su alcune si conviene, su altre
meno. L’iniziativa unitaria sarebbe
molto importante, in sede di confronto
con il governo e col Ministro Moratti, per la
definizione dei decreti attuativi: la riforma,
infatti, è una legge che dà un impianto generale
del sistema dell'istruzione. Il tempo
scuola, le ore di insegnamento e le risorse
finanziarie sono questioni che attengono ai
decreti attuativi e, poiché il Ministro
Moratti si è impegnato ad avere un
confronto con i sindacati, noi lavoreremo perché
in sede di quel confronto la posizione dei sindacati,
in quanto rappresentanti degli insegnanti,
sia la più coesa possibile.
Intendete collaborare con le
associazioni dei docenti? Alcune, vedi l’Apef,
hanno espresso molte riserve sull’azione dei
sindacati all’interno della scuola.
Noi abbiamo già una serie di confronti
avviati con molte associazioni professionali.
Chiaramente è diverso il ruolo
dell’associazionismo professionale da quello del
sindacato: gli elementi specifici della
didattica, delle metodologie, del riconoscimento
professionale, della definizione di un nuovo
profilo sono elementi che si riferiscono
maggiormente all'associazione professionale.
L’organizzazione del lavoro, la contrattazione
sul tempo scuola, l’orario, le retribuzioni, le
carriere sono aspetti che attengono alla
contrattazione sindacale. Quindi, nel rispetto dei
ruoli, ci può essere una sinergia
positiva.
Rispetto alle critiche rivolte al sindacato,
penso che occorra evitare i luoghi comuni, poiché
si leggono critiche di principio e
fondamentalmente ideologiche. Sarebbe meglio
quindi avere un confronto di merito, liberandosi
dai pregiudizi.
Cosa pensate
dell’istituzione di un nuovo stato giuridico per
i docenti?
Se c’è l’esigenza, come pare ci
sia, di modernizzare e modificare il rapporto di
lavoro, la sede adatta per farlo è la
contrattazione. La nostra contrarietà sta
nel fatto che questo intervento sia
previsto unilateralmente con un intervento
legislativo, perché ciò
significherebbe, in sostanza, demandare la
decisione al datore di lavoro.
Qual è la vostra posizione
rispetto alle novità riguardanti la formazione e
il reclutamento dei docenti?
L’impianto che è presente nella legge ci
trova consenzienti. E’ l’impianto
che, come UIL, avevamo precedentemente prefigurato
e proposto. Il punto interrogativo e di maggior
preoccupazione riguarda però il modo di governare
la fase transitoria. Oggi c’è un sistema
di reclutamento che è completamente diverso,
ci sono tanti giovani, vincitori di concorso, che
non sono stati nominati, graduatorie degli
abilitati presso le SSIS e graduatorie dei precari
con molti anni di servizio. Pensare
all’attuazione del nuovo sistema di
reclutamento, cassando completamente le molte
persone ora vicine alla nomina, sarebbe un errore.
Quindi, occorre molta attenzione alla fase
transitoria, per arrivare poi al nuovo modello.
Nella "guerra tra
poveri" dei precari molti sindacati sono
accusati di non aver mediato tra i diritti di
tutti gli insegnanti, che includono gli studenti
delle SSIS, fornendo in molti casi assistenza
legale a coloro che volevano fare ricorso contro
gli abilitati SSIS. Come valutate queste
affermazioni? Come pensate di ricomporre questa
frattura?
Riteniamo che ciò non sia vero: non
solo la UIL ma anche gli altri sindacati, hanno
raggiunto un'intesa con il ministero per
l’attuazione della legge che prevede un
riconoscimento specifico all’abilitazione
ottenuta tramite le SSIS. E’ stato il Ministero
che, nonostante avesse preso questo
accordo, ha introdotto la modifica
aumentando il punteggio aggiuntivo,
sommando punteggio e servizio, creando così una
sorta di "attività" per ottenere più
punti. Sia il Tar che il Consiglio di
Stato hanno poi confermato questa illegittimità
della posizione del Ministero. Ora è
diventato tutto più difficile perché si sono
formate tante aspettative. Noi stiamo lavorando
per trovare delle soluzioni affinché si raggiunga
un equilibrio tra chi ha maturato anni di servizio
e chi ha conseguito l’abilitazione presso le
SSIS.
Rispetto agli organici, il
sottosegretario Aprea ha recentemente dichiarato a
Webscuola che in Italia "sono
sovradimensionati secondo tutte le statistiche e
parametri comparativi internazionali", e che
l'equazione "più docenti = più qualità"
nell'insegnamento non è valida.
Il sottosegretario invita anche a
ripensare all'uso sin qui fatto delle risorse,
quasi totalmente impiegate in personale. La vostra
azione di protesta è incentrata proprio sui tagli
al personale: cosa rispondete a queste
affermazioni?
Il dato del numero degli insegnanti
rispetto al numero degli studenti è
incontrovertibile. L’Italia è il paese
che ha i più alti “tempo scuola”
rispetto agli altri paesi europei, quindi
è evidente che se in Italia i ragazzi frequentano
la scuola per tredici anni e in molti altri Paesi
solo per dodici, da noi occorre un numero maggiore
di insegnanti per l’anno in più.
La nostra proposta era strutturare un sistema
scolastico articolato nei dodici anni per
adeguarci all’Europa.
Bisogna tener presente, poi, che in Italia c’è
un numero più elevato di insegnanti di sostegno
rispetto agli altri paesi europei. Questo è un
aspetto positivo, ma che comporta comunque un
numero maggiore di insegnanti.
E' evidente, dunque, che occorre tener
presente diversi parametri, perché
non si può pensare di ridurre il numero degli
insegnanti mantenendo lo stesso “tempo
scuola”.
Rispetto al costo e alla spesa che va tutta sul
personale, ciò è determinato dalla scarsità di
risorse. L’Italia è il paese che spende
di meno per il sistema di istruzione
rispetto al PIL. Nonostante il 92% di spesa
dell’istruzione venga destinato ai costi del
personale scolastico, siamo in presenza di
stipendi molto bassi. Un insegnante di
scuola media con 20 anni di anzianità guadagna
circa 2.600.000/2.700.000 di vecchie lire. Questo
è un dato che, confrontato con stipendi di altri
paesi, risulta essere tra i più bassi d’Europa.
Pensare di risolvere i problemi basandosi solo sui
dati statistici, rischia di non risolvere i
problemi, ma di aggravarli.
Quali conseguenze avrà la
riforma sul personale ATA?
Sul personale ATA riteniamo che si debba
attuare un forte processo di modernizzazione e di
riconoscimento, come richiesto dall’autonomia.
Per prima cosa occorre rafforzare la
struttura amministrativa. Con il
passaggio delle competenze dagli ex-provveditorati
alle scuole, tutta l’unità amministrativa deve
essere organizzata e gestita al meglio,
attraverso l’istituzione di figure
intermedie al direttore amministrativo
con specifiche competenze e responsabilità.
Con l’introduzione dell’informatizzazione in
ogni scuola bisogna creare un’unità di supporto
tecnico, con figure professionali formate
preventivamente.
Va poi modificata la struttura dei
collaboratori scolastici, gli ausiliari e
i bidelli. Tutto il lavoro di pulizia, ad esempio,
può essere dato in appalto all’esterno, in modo
da riqualificare le figure dei collaboratori
scolastici affinchè rispondano alla richiesta di
un supporto effettivo alle attività della
scuola.
Una didattica innovativa ha
bisogno di strutture e di spazi sicuri. Un
rapporto della UIL ha denunciato mesi fa il
preoccupante stato di abbandono dell'edilizia
scolastica. State seguendo le evoluzioni della
situazione? Dal terremoto nel Molise ad oggi è
cambiato qualcosa?
Sicuramente ci sono
stati maggiori controlli, ma riteniamo ci siano
ancora pochi gli sforzi rivolti alla
programmazione degli interventi. La legge prevede
che il Ministro dell’Istruzione
istituisca l’anagrafe dell’edilizia scolastica,
in modo da poter indirizzare gli investimenti, e
quindi gli Enti Locali, a interventi finalizzati,
che alle volte sono semplici interventi di
manutenzione.
Purtroppo, ad oggi gli elementi di cui si dispone
non sono incoraggianti: sta al governo predisporre
questa anagrafe come punto di partenza.
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