Scuola,
s'avanza il modello jugoslavo
CONTRATTI.
DALL’AUTONOMIA ALL’AUTOGESTIONE
Il
Riformista - 23 maggio 2003
La buona notizia è che il personale della scuola
prenderà più soldi. È il più alto aumento dal
1988, oltre l'inflazione programmata, superiore
alla media oraria europea. Solo che in Europa le
ore sono di più e quindi gli stipendi sono più
alti. E qui cominciano le notizie cattive. Aumenti
uguali per tutti, per incominciare. Nessuna
differenziazione di carriere o attenzione alla
qualità. Retribuzione automatica o premiante?
I sindacati della scuola hanno scelto la prima. Di
più: l'aver esteso anche al personale non di
ruolo la regolamentazione delle assenze porterà
allo sfondamento dei costi per supplenze, pagate
l'anno scorso con 4mila miliardi di vecchie lire.
Ma l'arretramento più grave avviene
sull'autonomia organizzativa degli istituti.
Essa è legata strettamente ai nuovi poteri dei
dirigenti. Ora, delle cosiddette funzioni
strumentali, solo due saranno di nomina
dirigenziale; le altre saranno di nomina
collegiale, ma la loro retribuzione dovrà essere
contrattata con le Rsu. Le quali sono costituite a
maggioranza dai collaboratori scolastici, i
bidelli insomma. Dopo aver fatto la battaglia
contro la contrattazione separata dei dirigenti,
il contratto parla di area distinta di docenti e
bidelli, ma per negarla nei fatti. Si
passa, così dall'autonomia all'autogestione, al
modello jugoslavo, insomma.
L'amministrazione ministeriale ha dato in pasto
i propri dirigenti e docenti alla minoranza
sindacalizzata dei dipendenti. Si torna al
modello fallimentare dei Decreti delegati, e la
scuola diviene un parlamentino controllato dai
sindacati. E che dire della vittoriosa lotta
sindacale per conservare la classificazione delle
scuole in cosiddette "aree a rischio"?
Se una scuola insiste in un territorio degradato,
i dirigenti e gli insegnanti prendono stipendi più
alti. Solo che il meccanismo è perverso. Perché
se grazie all'impegno di dirigenti, insegnanti e
famiglie l'efficacia formativa migliora
sensibilmente, la scuola esce dall'area a rischio,
con il conseguente abbassamento dello stipendio.
Conclusione: l'interesse economico immediato degli
operatori è che la scuola non migliori. Qual è
l'idea di scuola che i sindacati della scuola
proiettano attraverso il prisma del contratto?
Quella di un grande ente che dispensa posti e
stipendi in modo egualitario, senza valutazione, ,
controlli e riconoscimento di professionalità.
La scuola senza qualità: è questa la
scuola dei sindacati? Con tutta evidenza non è la
scuola di cui il paese ha bisogno. È la scuola
degli addetti, non la scuola degli utenti.
Questo contratto si muove in rotta di collisione
con qualsiasi ipotesi di riforma della scuola, in
particolare con la legge 53 appena approvata.
Hanno pesato molti fattori. L'Aran e
l'amministrazione hanno come interesse principale
la pace sociale, costi quel che costi. Non
contrattano, concedono soldi pubblici senza
contropartita. Diversamente che nel settore
privato, i soldi sono "solo" dei
cittadini, cioè "di nessuno", e perciò
si possono dispensare allegramente in cambio di
nulla. Hanno pesato i ricatti della piazza
minacciati da Cgil e Uil, i buoni rapporti con
Cisl e Snals, ma, soprattutto, le forti pressioni
dei partiti di governo. Alla vigilia di una
tornata elettorale che vede coinvolta la Roma
ministeriale, sarebbe stato controproducente
vedere sfilare cortei vocianti di docenti e
bidelli giustamente furiosi per i ritardi nella
firma del contratto.
Che questo contratto sia solo il colpo di coda
del corporativismo storico dei sindacati o un
pesante macigno posto sul cammino delle riforme,
dipenderà molto dalle prossime scelte politiche
di Letizia Moratti. La risposta potrebbe darla un
nuovo stato giuridico degli insegnanti, che
ridefinisca per legge una struttura della
professione che sia coerente con le autonomie
scolastiche, le riforme istituzionali e la legge
53. Una nuova legge sullo stato giuridico
creerebbe infatti un nuovo quadro riformistico e
cogente per la futura contrattazione.
|