PARERE
DEL
CNPI
SUL
“PROGETTO NAZIONALE DI SPERIMENTAZIONE AI SENSI
DELL’ART.11 DEL D.P.R. N. 275/1999.”
Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca
Dipartimento per lo Sviluppo dell’Istruzione
DIREZIONE
GENERALE PER GLI ORDINAMENTI SCOLASTICI
Area dell’ Autonomia Scolastica - Ufficio XI
Segreteria del Consiglio Nazionale della P.I.
Prot.
n. 15826
Roma, 11 settembre
2002
Al Sig. Ministro
S E D E
OGGETTO:
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Parere
su “ Progetto
nazionale di sperimentazione ai sensi
dell’art.11 del D.P.R. n. 275/1999.”
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Adunanza
del 10 settembre 2002
IL
CONSIGLIO NAZIONALE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
VISTA
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la
nota n. 14162 del 26 luglio 2002 della Direzione
Generale per gli ordinamenti scolastici - Ufficio
I - con la quale è stato richiesto il parere del
C.N.P.I. circa l’argomento in oggetto citato;
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VISTA
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la
nota n. 2315 del 30 luglio 2002 della Direzione
Generale per gli ordinamenti scolastici - Ufficio
I - con la quale sono state formulate alcune
precisazioni relative al contenuto della precitata
nota n. 14162;
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VISTA
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la
nota n. 14730 del 7 agosto 2002 della Direzione
Generale per gli ordinamenti scolastici - Ufficio
I - con la quale sono state modificate e integrate
le precedenti note suindicate;
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VISTA
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la
relazione della Commissione redazionale,
predisposta sulla base dei lavori preliminari dei
Comitati Orizzontali per la Scuola Materna ed
Elementare, appositamente convocati per l’esame
istruttorio in merito all’argomento specificato;
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VISTI
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gli
articoli 24 e 25 del decreto legislativo n. 297
del 16.4.1994;
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dopo
ampio e approfondito dibattito
ESPRIME
il
proprio parere nei seguenti termini:
PREMESSO
che
il CNPI condivide il ricorso all’ art. 11 del DPR
275/99 “Iniziative finalizzate all’ innovazione”, che rappresenta uno
strumento di valorizzazione delle potenzialità
dell’autonomia scolastica, di recente assunta al rango
di istituto “costituzionalmente garantito”, come del
resto auspicato in più occasioni da parte del
Consiglio.
NEL
MERITO,IL CNPI:
sul piano della fattibilità non
può, invece, valutare positivamente le modalità
adottate dall’iniziativa sperimentale come previste
nella bozza di D.M. allegata alla richiesta di parere.
E’ necessario, infatti, il rispetto di tempi adeguati
e la disponibilità di congrue risorse aggiuntive sia
umane che economiche di cui non si riscontra traccia nel
documento inviato. In particolare:
·
sul piano dei tempi
risulta evidente che la procedura corretta da seguire
impone che, dopo l’emanazione del decreto da parte del
Ministro, si riuniscano gli organi collegiali della
scuola (collegio docenti in primis) per deliberare
l’eventuale adesione o meno al progetto.
Successivamente, in caso di delibera positiva, si deve
verificare il reperimento delle risorse e la
disponibilità in molti casi dell’Ente Locale per
procedere, poi, all’elaborazione e approvazione di un
nuovo POF( con i tempi necessari e con la compatibilità
dell’ utilizzo dell’orario di servizio dei docenti).
In tale contesto il Collegio dei docenti dovrà
deliberare i criteri per l’individuazione dei docenti
cui affidare i vari compiti, ruoli e responsabilità.
Inoltre si deve presentarlo alle famiglie per chiedere
la loro adesione che, secondo l’ipotesi prospettata,
comporterebbe la riapertura delle iscrizioni. Il
rispetto della corretta procedura porta inevitabilmente,
a lezioni iniziate, a date che potrebbero non consentire
agli alunni inseriti tardivamente di rispettare il
numero minimo di giorni necessari per la validità
dell’anno scolastico;
·
sul piano delle
risorse economiche
sembra tutto affidato alla ricerca sul territorio e al
ricorso ai finanziamenti previsti dalla legge 440/97 il
cui stanziamento non viene integrato e, quindi, ciò che
verrà dato alle scuole che sperimentano verrà tolto
alle altre in un momento in cui le risorse disponibili
non sono certo adeguate ai bisogni delle scuole
autonome;
·
sul piano delle
risorse di organico non vi è alcuna garanzia
neppure in riferimento alla scuola dell’infanzia;
·
sul piano della scelta
delle scuole suscita perplessità la mancanza di
criteri oggettivi e di procedure condivise,
elemento questo che non garantisce validità di test
all’esperimento;
·
in relazione all’ “Osservatorio
Nazionale” suscita perplessità la mancata
indicazione di criteri per la sua costituzione e non si
condivide l’attribuzione a questo organismo del
compito di “definire criteri per l’attuazione”;
parimenti non risultano condivisibili i criteri di
individuazione dei componenti dell’ “Osservatorio Regionale”, che sembrano escludere la scuola
militante e privilegiare , invece,
quella che dovrebbe essere di supporto per il suo
funzionamento.
Sul piano dei
contenuti specifici il CNPI:
- per quanto attiene
all'anticipo, ribadisce le pregresse posizioni già
assunte e ampiamente motivate;
- per quanto riguarda i
documenti allegati, comprendenti le Indicazioni
Nazionali per i piani di studio personalizzati e le
relative Raccomandazioni che definiscono
complessivamente gli obiettivi generali del processo
educativo della scuola dell’infanzia e della
scuola elementare, nel rinviare ad una successiva puntuale analisi che per
il carattere generale e prescrittivo delle
Indicazioni dovrà essere espletata
in sede di parere ex art. 8 del DPR 275/99,
ritiene che i documenti allegati alla bozza di
decreto, in quanto parte integrante del progetto di
sperimentazione, dovrebbero avere carattere
orientativo ai fini di un’autonoma valutazione
delle istituzioni scolastiche.
In relazione alle problematiche specifiche della scuola
dell’infanzia, rileva:
- che le sperimentazioni
nella scuola dell’infanzia hanno da sempre
caratterizzato positivamente
lo sviluppo di questa scuola;
- la mancanza di precisi
e significativi criteri per la scelta delle scuole
destinate ad effettuare la sperimentazione. In ogni
caso, sole 200 scuole, con l’esclusione non
giustificata degli Istituti Comprensivi,
fornirebbero un” test” minimale;
- la incongruità dei
tempi con l'avvio della sperimentazione nell'anno
scolastico 2002/03 in quanto:
-
il D.M. sarà emanato ad anno scolastico iniziato;
- gli Organi Collegiali delle
scuole e le famiglie interessate nonché gli Enti
Locali, avrebbero
dovuto
essere informati e coinvolti prima della pausa estiva.
In ogni caso qualsiasi sperimentazione che
investa aspetti didattico-organizzativi non può che
passare attraverso una regolare delibera del Collegio
dei docenti e del Consiglio di circolo/istituto;
- che la gestibilità
dell'operazione e la possibilità che i collegi si
pronuncino in modo autonomo, consapevole e
responsabile, verificando le condizioni di
fattibilità da parte della scuola, a partire dalle
risorse di organico, induce forti riserve;
- che non esistono i
tempi relativi alla formazione e all’informazione
di tutti gli insegnanti rispetto al nuovo
“quadro di riferimento dell’iniziativa”, così
come manca la predefinizione della durata della
sperimentazione prevista dall'art. 11 D.P.R.275/99;
- che la quantificazione
delle risorse sia in termini strutturali, sia in
termini di organici non viene indicata ;·
·
che l'impianto della sperimentazione è in netto contrasto con i principi
dell'autonomia scolastica sanciti dalla L. 59/97 in
quanto pone pesanti vincoli sia a livello didattico sia
a livello organizzativo. Non sono previsti, inoltre, modalità e criteri per la
valutazione che le scuole debbono fare
rispetto agli esiti prodotti dalla
sperimentazione;
- che una
sperimentazione non può prescindere dalle
esperienze pregresse. Nel progetto in esame manca
invece ogni riferimento :
- agli esiti della Sperimentazione ASCANIO
-
al progetto ALICE
- al progetto QUASI sulla
valutazione nella scuola
dell'infanzia.
In particolare nel Rapporto finale della consultazione sulle
Linee di sviluppo (C.M. 98/99) svolta tra tutte le
scuole dell’infanzia statali e paritarie, si era
evidenziata la necessità di ricercare in termini di
standard qualitativi i tempi necessari:
- allo svolgimento di attività da garantite a
tutti;
- all'ampliamento
dell'offerta formativa e al calendario scolastico;
- alla
frequenza dei bambini;
- alla
contemporanea presenza dei docenti;
- che la riduzione del
numero degli alunni per sezione (peraltro, anche
nella situazione attuale, indispensabile al buon
funzionamento della scuola dell'infanzia), collegata
nel progetto in esame solo all'inserimento dei
bambini in età precoce (art. 6, comma 3), non può,
in ogni caso, incrementare ulteriormente le liste di
attesa, non può stravolgere o modificare i criteri
di priorità stabiliti dal Consiglio di
circolo/istituto né tanto meno interrompere la
frequenza dei bambini già iscritti. Tale riduzione,
pertanto, deve essere legata ad un idoneo incremento
dell'organico, non previsto invece dal documento,
che, nella formulazione proposta, appare
contraddittorio;
- che l’identità e la
specificità pedagogica della scuola
dell’infanzia, autorevolmente definite negli
Orientamenti 91, vengono profondamente intaccate dal
“quadro di riferimento” del progetto in esame
che delinea un’idea di scuola gerarchizzata e
preparatoria da cui discende una concezione di
apprendimento cumulativo, come si evince, ad
esempio, dal suggerimento fornito nelle
“Esemplificazioni” (vedi scheda n.1 delle
“Raccomandazioni” ed in particolare il
riferimento esplicito alla pre-lettura e alla
pre-scrittura);
- che la descrizione
della professionalità del
docente nella scuola dell'infanzia sembra
ripercorrere il desueto profilo della maestra dei
vecchi Orientamenti del '69. Anche le
esemplificazioni relative agli “angoli” ed ai
“laboratori” contrastano con le strutture
edilizie di troppe scuole sacrificate in spazi
ristretti ed inadeguati e soprattutto contrastano
con le migliori e diffuse acquisizioni pedagogiche
della scuola dell’infanzia italiana di questi
ultimi decenni;
- che il monte ore annuo
di funzionamento della scuola, oscillante da un
minimo di 1.000 ad un massimo
di 1.800 ( per la cui definizione entrano in
campo molte variabili: l’età dei bambini, le
esigenze delle famiglie, le condizioni
socio-ambientali, le convenzioni con gli EE.LL.) non
tiene in alcun conto sia di criteri per
l’ampliamento dell’offerta formativa sia di
criteri per l’attribuzione dell’organico e non
garantisce in alcun modo la qualità della scuola
dell’infanzia;
- che l’ipotesi di
costruire piani individualizzati per ogni allievo è
suggestiva,ma contrasta sul piano della concreta
realizzabilità con gli attuali rapporti
alunni/sezioni, tanto da divenire una pratica
inapplicabile. Se vi si aggiunge l’impegno di
creazione e aggiornamento del “portfolio” c’è
il rischio di burocratizzare la scuola
dell’infanzia, cucendole attorno un apparato
formale che non riuscirebbe comunque ad arginare i
rischi delle pericolose derive
cui potrebbe essere esposta. Sempre in merito
al portfolio, sarebbe comunque opportuna maggiore
chiarezza sull’uso del documento, sulle modalità
di impostazione e documentazione e sulle competenze
di chi ha la responsabilità di elaborarlo ed infine
su ruoli e confini tra scuola e famiglia in materia
di valutazione che presenta un’ambiguità di
fondo; non
sono, infatti, chiare le distinzioni tra valutazione
formativa, sommativa e di processo;
- che il coinvolgimento
delle famiglie, peraltro praticato da decenni nella
scuola primaria, si è sempre basato sulla
complementarietà e sulla chiara distinzione dei ruoli e delle funzioni. Venendo a
mancare tale distinzione, fatto che si evince
chiaramente dall'insieme del documento ministeriale,
si genera confusione e sovrapposizione di competenze
che snatura lo scopo della progettazione educativa,
svilisce la funzione docente e limita
pericolosamente la libertà di insegnamento.
In relazione alle problematiche specifiche della
scuola elementare, rileva quanto segue:
1. la via
sperimentale è sempre stata guardata dalla scuola
elementare con grande interesse ed attenzione. Il
Decreto 419/74 ha trovato numerose applicazioni nella
ricerca, mai conclusa, di modalità migliorative del
servizio scolastico, fino ad arrivare all’esperienza
legislativa della L.148/90 che ha segnato una svolta
significativa di vera e propria riforma in questo ordine
di scuola. Sperimentazione, allora, è, per la migliore
tradizione della scuola e di quella elementare in
specie, valore indiscusso per la crescita qualitativa e
per l’attivazione di ricerca-azione in cui la stessa
professionalità dei docenti è messa alla prova e trova
terreno di arricchimento nella riflessività
sull’azione. La “storia” è, dunque, garante di
uno sguardo positivo ad ogni innovazione finalizzata a
tenere la scuola al passo con il mutare dei tempi e
delle istanze educative.
Perchè la sperimentazione meriti
di essere definita tale, prendendo le distanze sia da un
dannoso nuovismo sia da una pericolosa improvvisazione e
da un’improvvida imposizione, occorre che abbia in sè
alcuni connotati/condizioni irrinunciabili che possono
essere così sintetizzati:
- chiarezza degli obiettivi da
perseguire attraverso un
adeguato monitoraggio e una corretta
verifica;
- pieno coinvolgimento e responsabile convinzione dei
soggetti che la devono attuare;
- tempistica
adeguata
inerente
versanti plurimi:
dalla formazione
/ supporto ai
docenti, alla
costruzione
di un
clima di
attesa e di stima da parte
dell’opinione pubblica, alla possibilità di
esprimersi da parte degli organismi di
partecipazione scolastica sia locali che nazionali;
- risorse certe umane (vedi organici) e finanziarie
(senza penalizzare chi non prende parte alla
sperimentazione stessa) nonchè messa a punto di
strutture edilizie adeguate;
- negoziazione di significati e concertazione là dove
la sperimentazione chiama in causa soggetti altri;
2. il progetto di sperimentazione
si propone di “attivare e favorire laboratori di
ricerca sui temi attinenti alla riforma degli
ordinamenti scolastici” ai sensi dell’art. 11 del
DPR 275/99. E’ quindi evidente e comprensibile, per le
stesse finalità dell’iniziativa, la rilevanza di
specifiche tematiche relative al dibattito ed alle
proposte di
riforma degli ordinamenti presentati dal Ministro
dell’Istruzione (anticipo, organizzazione didattica,
ecc.). D’altra parte, l’art.6 del richiamato DPR
275/99 garantisce alle istituzioni scolastiche
l’autonomia di ricerca e sperimentazione. In tale
contesto, il CNPI osserva quanto segue:
- il progetto di
sperimentazione, secondo quanto previsto al comma 5
dell’art.2 della bozza di decreto, riguarda tutti
gli aspetti pedagogici e metodologico-didattici
presenti nella proposta. Si esclude, in tal modo,
modificando un precedente e dichiarato orientamento
dell’Amministrazione, la possibilità di una
adesione parziale al progetto da parte delle scuole,
con l’inserimento di aspetti e tematiche
sperimentali all’interno di esperienze diverse.
Tale scelta risulta, a parere del CNPI, fortemente
condizionante per le istituzioni scolastiche ma
anche limitativa per le dichiarate finalità
sperimentali del progetto che, configurandosi come
laboratorio di ricerca, dovrebbe prevedere la
massima pluralità, articolazione e diversità di
esperienze. Pertanto l’indicazione di
un’adesione “completa” al progetto senza
margini di discrezionalità e flessibilità da parte
delle scuole, configura la proposta in esame
più come una limitata anticipazione dei
nuovi ordinamenti che come una sperimentazione
aperta di alcune specifiche tematiche;
- l’esigenza di un
diverso rapporto tra contenuti del progetto
ministeriale ed autonomia didattica ed organizzative
delle istituzioni scolastiche si ripropone
specificamente agli artt. 4, 7 e 8 della bozza di
decreto. A parere del CNPI, infatti, le indicazioni
inerenti lo svolgimento della funzione docente e
l’organizzazione del team docente risultano così
definite e dettagliate da pregiudicare l’autonomia
didattica ed organizzativa riconosciuta
istituzionalmente alle scuole; .
3. l’altro elemento che è necessario considerare
riguarda le condizioni di fattibilità del progetto in
esame. Tale progetto di sperimentazione, infatti, per
quanto limitato nella sua effettiva realizzazione ad un
numero contenuto e definito di scuole, è proposto a
tutte le istituzioni scolastiche interessate per essere
attuato nell’anno scolastico 2002/03. Il progetto,
secondo le indicazioni dell’art. 2 della bozza di
decreto, deve essere elaborato dalle scuole interessate
“in funzione di una piena valorizzazione
dell’autonomia scolastica, deve recare l’indicazione
dei contenuti, degli obiettivi, degli strumenti da
utilizzare, delle condizioni organizzative, dei
procedimenti metodologici prescelti e delle relative
fasi di attuazione”. Sempre all’art.2 della bozza di
decreto si richiama l’attenzione sull’avvenuta
verifica delle condizioni di fattibilità e sulla
stretta collaborazione con le famiglie interessate.
Risulta evidente che la corretta realizzazione soltanto di
tali, basilari operazioni - tanto più in presenza della
prevista riapertura delle iscrizioni - contrasta con il
fatto che l’anno scolastico prenderà avvio, nella
maggior parte delle regioni, intorno al 16 settembre.
Anche non considerando i tempi relativi
all’individuazione delle scuole da parte delle
Direzioni scolastiche regionali, operazione che
richiede, comunque, la acquisizione e la valutazione dei
vari progetti presentati, l’adesione al piano
sperimentale investe dirette ed imprescindibili
competenze del collegio docenti e del consiglio
dell’istituzione scolastica che solo con il mese di
settembre possono conoscere e discutere la proposta di
sperimentazione.
Altro aspetto rilevante che contrasta con i tempi della vita
scolastica è dato dalle necessarie intese con gli Enti
Locali anche in relazione all’anticipo della frequenza
degli alunni alla scuola elementare. Il problema è
stato sollevato già in modo specifico e pertinente
dall’ANCI. Qui viene richiamato solo come ulteriore
elemento di complessità in relazione ai tempi di
definizione e avvio della sperimentazione.
Relativamente alle risorse per la realizzazione del progetto,
il CNPI rilevando l’assenza di qualsiasi
finanziamento, anche con l’attribuzione di congrue
risorse aggiuntive sia in termini di potenziamento degli
organici, sia sul piano di specifiche risorse
finanziarie. Registra, infatti,
che la scuola elementare ha subito, in
conseguenza di recenti provvedimenti, una contrazione di
dotazione di organico, con effetti diretti sul tempo
scuola, sui progetti di innovazione didattica e di
accoglienza/integrazione degli alunni extracomunitari ed
anche sull’estensione dell’insegnamento della lingua
straniera che già molte scuole avevano esteso alle
classi prime e seconde, utilizzando le risorse
dell’organico funzionale.
In sintesi, il CNPI reputa determinante che
vengano chiariti :
·
criteri precisi per la scelta delle scuole destinate
ad effettuare la sperimentazione, affidata al
Direttore Generale Regionale competente coadiuvato
dagli Istituti regionali di ricerca educativa e
dai Centri Servizi Amministrativi. Tale esigenza è ancora più significativa vista l'esiguità del numero
delle scuole scelte a livello nazionale che, tra
l'altro, possono
fornire un test minimale della variegata e
complessa realtà scolastica che insiste sul
territorio;
·
criteri condivisi per il coinvolgimento della scuola
reale, e in particolare della componente docente,
negli Osservatori, nazionale e regionali, che
dovrebbero monitorare la sperimentazione;
·
necessari riferimenti temporali e di gestione degli
interventi di formazione in servizio;
·
quantificazione delle risorse sia in termini
strutturali, sia in termini di organici, di
retribuzione per i maggiori carichi di lavoro e
per gli oneri derivanti dalla formazione in
servizio;
·
la predefinizione della durata della sperimentazione
come previsto dall'art. 11 del DPR 275/1999, anche
al fine di assicurare agli allievi le opportune
garanzie di continuità dell'intervento formativo
oltre l'anno scolastico in corso.
La
pubblicizzazione della sperimentazione sui mezzi
d'informazione di massa che ha, di fatto,
preceduto il coinvolgimento della scuola reale,
sembra, purtroppo, considerare già positivamente
acquisite o irrilevanti le deliberazioni delle
istituzioni scolastiche e dello stesso
CNPI al quale peraltro viene richiesto
formalmente il parere in tempi così ridotti da
non consentire al Ministro altra considerazione se
non quella di atto formalmente dovuto;
|
4.
l’insegnante definito “prevalente” dal documento
ministeriale configura un ritorno all’insegnante unico
venendogli attribuite di fatto le competenze
disciplinari di base. Ne risulta un carico notevole di
responsabilità ed una sorta di gerarchia professionale
sui colleghi del team, destinati esclusivamente ai
laboratori.
La figura del maestro prevalente, come presentata
nella bozza di decreto, introduce forti elementi di
rigidità nell’impianto culturale, pedagogico,
metodologico e didattico della scuola elementare. Quello
dell’insegnante “di riferimento”, oggi già
esistente in molte scuole, è di fatto un problema già
risolto nella prassi scolastica. Infatti l’autonomia
scolastica consente ai collegi docenti di scegliere
l’organizzazione didattica ritenuta più idonea ed
efficace rispetto al contesto socio-ambientale.
Il CNPI ritiene che, comunque, vadano
salvaguardate: la collegialità del team con una
ripartizione più equilibrata degli orari frontali di
insegnamento nelle classi; la contemporaneità come
preziosa opportunità di arricchimento e
diversificazione degli interventi; la programmazione
quale momento significativo e garante dell’unitarietà
dell’azione educativa;
5. non sono definite con chiarezza
e su basi scientifiche la funzione e la struttura del
"portfolio", che il CNPI
ritiene innovazione
interessante, che può rivelarsi strumento efficace e
produttivo e che merita, fin dalla sua introduzione
sperimentale accurata considerazione.
Si
evidenzia, pertanto, che:
- il portfolio non può
diventare "cartella" o semplice
raccoglitore di materiali indifferenziati se è
strumento di accertamento di competenze individuali;
- esso deve coinvolgere,
con pari responsabilità, tutti i docenti e non il
solo "insegnante prevalente", per le
responsabilità formative, valutative e orientative
inestricabilmente inerenti alla funzione docente;
- vanno chiariti gli
spazi di coinvolgimento delle famiglie e degli
alunni, poiché la collaborazione tra famiglia e
scuola e l'attiva partecipazione dell'alunno alla
vita della scuola, peraltro praticate da decenni
nella scuola primaria, debbono basarsi sulla chiara
distinzione dei ruoli e delle funzioni. Venendo a
mancare tale distinzione, fatto che si evince
chiaramente dal documento ministeriale, si generano
confusione e sovrapposizione di competenze che
snaturano i contenuti della programmazione,
sviliscono la funzione docente e limitano
pericolosamente la libertà di insegnamento;
6.
per quanto concerne i piani di studio personalizzati ,
il CNPI fa presente che già dal 1977, la programmazione
è considerata adattamento alle caratteristiche
individuali degli alunni, per cui diventa discutibile e
materialmente impossibile che ciò comporti la redazione
di tanti piani educativi quanti sono gli alunni, visti
anche i tempi a disposizione e la composizione numerica
delle classi. Appare, in ogni caso, improprio che i
piani individualizzati siano allegati al P.O.F. che è
documento pubblico;
7. il progetto riguarda
esclusivamente la prima classe della scuola elementare.
Se in termini generali questa limitazione non favorisce
la continuità, la progressività e l’unitarietà del
percorso formativo della scuola elementare, il CNPI, in
continuità con un orientamento più volte espresso in
questi anni, ribadisce che le articolazioni interne al
curricolo ed all’assetto organizzativo della scuola
elementare (bienni, anni ponte, ecc.) debbano avere
carattere funzionale ed indicativo e non costituire
vincoli normativi per le istituzioni scolastiche. Per
tali motivi, le Indicazioni del progetto sperimentale
per la prima classe, previste dal comma 2 dell’art.1
della bozza di decreto, non possono prefigurare un
assetto definitivo e non flessibile dell’intero
quinquennio.
CONCLUSIVAMENTE:
il
CNPI, sulla base delle suddette considerazioni, qualora
il Ministro non intenda rinviare l’avvio della
sperimentazione al prossimo anno scolastico:
·
ritiene
pregiudizialmente necessaria la realizzazione delle
condizioni di fattibilità indicate in ordine alle
procedure, ai tempi e alle risorse mediante la modifica
e/o la cancellazione degli elementi al riguardo
evidenziati, con particolare riferimento alla
soppressione degli aspetti che comportano una riapertura
delle iscrizioni;
·
invita
il Ministro a riformulare
il testo del D.M.
proposto sulla base delle osservazioni
evidenziate anche in relazione agli aspetti pedagogici,
didattici e organizzativi. Va inoltre garantita
alle istituzioni scolastiche, conformemente a quanto
previsto dal D.P.R. 275/99, la possibilità di attivare
la sperimentazione in maniera flessibile, aperta ed
eventualmente anche parziale, in relazione alla propria progettualità e alle proprie
risorse. Non
è, infatti, accettabile quanto previsto esplicitamente
nella richiesta di parere del 7 agosto 2002 secondo la
quale “quanto alle modalità di adesione, il progetto
va assunto, per ciò che concerne i profili
metodologico-didattici, nella sua interezza”;
·
ribadisce
che il presente parere, formulato in relazione alle
procedure di cui all’art.11 del D.P.R.275/99
”Iniziative finalizzate all’innovazione” nei
confronti del D.M. e delle “Indicazioni” (allegati 1
e 1a) e delle “Raccomandazioni” ( allegati 2 e 2a ),
non ha alcuna rilevanza ai fini del parere obbligatorio
che il CNPI dovrà formulare in relazione alla
“definizione dei curriculi” ai sensi
dell’art.8 del D.P.R. 275/99.
(Il Segretario)
(Il Vice Presidente)
- M.R. Cocca -
M. Guglietti -
|