La
formazione nell'intesa sindacati confindustria del
19 giugno
Fonte:
sito web Cgil Scuola – 24 giugno 2003
Tra le quattro priorità individuate nell’Intesa
bilaterale tra CGIL CISL UIL e Confindustria
siglata il19 giugno scorso, la formazione assume
un ruolo rilevante. Al cuore dei problemi italiani
di sviluppo e competitività vi è, infatti,
l’esigenza di un modello di specializzazione
produttiva in grado di competere in termini di
qualità ed innovazione sul mercato globale, il
cui sviluppo richiede “una diffusa formazione e
riqualificazione delle persone che lavorano, nonché
un elevato livello d’istruzione a partire dai
giovani”. Se, infatti, negli ultimi decenni sono
stati registrati notevoli progressi
nell’innalzamento dei livelli d’istruzione dei
giovani – attualmente il tasso dei 19enni
diplomati sfiora il 70%-, permangono, ancora,
rilevanti gap tra la situazione Italiana e la
media europea per quanto riguarda il livello
d’istruzione della popolazione adulta, i tassi
di dispersione scolastica e i livelli di
partecipazione alla formazione continua,
soprattutto tra le fasce debole della popolazione.
Sulla base delle priorità fissate dal Summit
europeo di Lisbona del marzo 2000, l’Intesa
definisce, quindi, obiettivi e proposte che
riprendono impegni già presenti in accordi
precedenti, ma introducono, anche, importanti
novità sulle quali sarà necessario avviare
ulteriori riflessioni ed approfondimenti.
Vale, comunque, la pena di soffermarsi da subito
su alcune questioni, che assumono una
significatività maggiore se confrontate con le
attuali politiche governative in tema
d’istruzione e formazione. Se, infatti,
obiettivo primario del Miur è quello della netta
separazione tra canale dell’istruzione e della
formazione, l’Intesa riafferma il modello della
connessione tra istruzione, formazione e lavoro;
il potenziamento delle politiche di orientamento e
d’integrazione, che devono interessare tutto il
sistema formativo, dai licei alla formazione
professionale e all’università, e la formazione
permanente, e il rafforzamento dell’area
tecnico-professionale del sistema formativo.
Così, mentre la legge 53 cerca di escludere le
organizzazioni sindacali da temi anche di loro
competenza come la formazione in alternanza scuola
e lavoro, l’Intesa rivendica la necessità di un
maggiore coinvolgimento del sistema sociale e
produttivo nella formazione, il potenziamento del
ruolo degli Organismi Bilaterali a livello
nazionale e regionale nelle politiche formative,
attraverso il rafforzamento dei rapporti come le
istituzioni, e del confronto con il Governo per
l’attuazione delle leggi di riforma in atto.
Un altro aspetto interessante ed innovativo
dell’Intesa è sul piano del metodo.. Per la
prima volta, infatti, si definiscono (finalmente!)
obiettivi quantitativi, di cui si chiede al
governo il raggiungimento entro il 2010 previo
verifiche in itinere: una percentuale di giovani
20enni diplomati o in possesso di qualifica pari
all’85%; l’aumento del 30% del tasso di
partecipazione degli adulti a percorsi
d’istruzione o formazione; l’incremento del
30% dell’aziende che dedicano un preciso
investimento ala formazione e il dimezzamento del
tasso di abbandono scolastico tra i 14-19 anni.
Altri obiettivi da fissare a livello nazionale
devono essere l’aumento pro capite degli
investimenti pubblici e privati nelle risorse
umane nonché l’aumento in numero assoluto di
studenti ed adulti in formazione.
L’accordo sullo sviluppo occupazione e
competitività è stato inviato al Governo per il
necessario confronto in vista del DPEF e sarà
altresì inviato a tutte le forze politiche, perché
il Parlamento avvii una sessione straordinaria di
discussione su tali temi e alle istituzioni
locali, a sostegno dei tavoli di confronto aperti
sui fabbisogni di intervento e di programmazione
negoziata per lo sviluppo delle singole aree. Un
percorso tutto in salita che richiede capacità
propositive, momenti di confronto e di
mobilitazione, ma che al momento rende giustizia
delle posizioni e delle mobilitazioni della CGIl
nel cercare di contrastare un declino produttivo
ed economico da tempo denunciato.
ACCORDO
PER LO
SVILUPPO, L’OCCUPAZIONE E LA COMPETITIVITA’
DEL SISTEMA ECONOMICO NAZIONALE:
PRIORITA’ CONDIVISE IN MATERIA DI
POLITICHE PER LA RICERCA,
LA FORMAZIONE, LE INFRASTRUTTURE E IL
MEZZOGIORNO
PREMESSA
CGIL CISL UIL e CONFINDUSTRIA, sottoscrivono il
presente Accordo con la duplice finalità di
consolidare, da un lato, una prassi di relazioni
industriali finalizzate allo sviluppo economico
del paese e alla crescita occupazionale,
dall'altro per avanzare su alcuni specifici
argomenti dettagliate proposte di merito.
Anche alla luce della situazione economica interna
ed internazionale, le parti sottolineano l'urgenza
e la necessità di politiche pubbliche, a livello
comunitario e nazionale, finalizzate non solo alla
riduzione dell'inflazione e alla riduzione del
debito ma anche al rafforzamento della
competitività e a favore degli investimenti,
necessari complementi dell'impianto del Protocollo
del luglio 1993 sulla politica dei redditi.
La competitività del sistema economico è infatti
in questo momento la principale questione che il
nostro paese deve affrontare. I dati della perdita
di competitività (bassi tassi di crescita e di
sviluppo della produttività, perdita di quote
commerciali, bassi tassi di occupazione,
rallentamento della crescita del reddito pro
capite) che si è gradualmente cumulata a partire
dalla metà del decennio scorso, sono ormai
ampiamente noti.
Solo una crescita più forte e di migliore qualità,
unita a robusti incrementi del livello di
occupazione, potranno risolvere gran parte dei
nodi strutturali e migliorare ulteriormente le
condizioni sociali del nostro paese. E’
importante che tutte le forze politiche, le
organizzazioni sindacali e le organizzazioni di
rappresentanza delle imprese,condividano questi
obiettivi. Riportare il nostro paese su un
percorso di sviluppo richiede infatti uno sforzo
in termini di migliore allocazione delle risorse
disponibili, di maggiore efficienza del loro
utilizzo, di maggiori investimenti in capitale
fisico e sulle persone, di modernizzazione e
qualificazione dei mercati tra cui quelli
finanziari, dei servizi e del lavoro, di
ampliamento della concorrenza, di maggiore
efficienza ed efficacia della pubblica
amministrazione.
In questo spirito, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil
hanno trovato una posizione comune su alcuni punti
essenziali di politica di sviluppo: ricerca,
formazione, infrastrutture e Mezzogiorno.
Questi punti non esauriscono tutte le tematiche di
una manovra complessiva di politica economica,
rispetto alla quale rimangono le diverse posizioni
delle quattro organizzazioni, che al riguardo
mantengono la naturale autonomia di azione e di
confronto fra di loro e con le forze politiche.
Si formula tuttavia l’auspicio che le quattro
priorità condivise costituiscano un’utile base
per il confronto tra le parti sociali e il Governo
e che quest’ultimo ne recepisca i contenuti nel
nuovo Documento di Programmazione Economico e
Finanziaria e nella Legge Finanziaria 2004.
Analogo confronto andrà svolto con i Gruppi
parlamentari.
Le priorità individuate sono tra loro integrate. Al
cuore dei problemi italiani di sviluppo e
competitività vi è infatti l’esigenza di un
nostro modello di specializzazione produttiva,
oggi più debole nei settori ad elevato contenuto
di innovazione e di ricerca, in misura crescente
esposto alla competizione di prezzo, e in
prospettiva anche a quella sulla media qualità,
da parte dei paesi di nuova industrializzazione.
Adattare ai nuovi contesti tale modello richiede un
salto nel livello degli investimenti, pubblici e
privati, in ricerca e sviluppo. Lo sviluppo e
l’applicazione efficiente delle nuove tecnologie
richiede una diffusa formazione e riqualificazione
delle persone che lavorano, nonché un elevato
livello di istruzione a partire dai giovani.
In un quadro in cui le piccole e medie imprese
costituiscono la base fondamentale del nostro
sistema economico, l’accrescimento tecnologico
richiede in prospettiva anche più imprese di
maggiori dimensioni. Occorre creare le condizioni
generali affinché, come avviene nella maggior
parte dei paesi, le imprese di piccole dimensioni
crescano proprio in virtù del loro successo. Sono
processi di lungo periodo. Per questo sono di
fondamentale importanza gli investimenti in
infrastrutture capaci di migliorare il contesto in
cui si insediano le attività economiche a partire
da quelle di comunicazione e di trasporto, che
facciano ampio ricorso alle tecnologie
dell’informazione per accrescere la capacità
del nostro sistema di piccole imprese di fare rete
su scala nazionale e in tal modo accrescere la
propria competitività.
Per quanto riguarda, infine la tutela e la
valorizzazione del patrimonio produttivo
esistente, è opportuna l’attività svolta dagli
osservatori di settore previsti dai CCNL, anche in
relazione con quelli operanti o in via di
insediamento presso il competente Ministero, per
un attento monitoraggio delle prospettive di
settori, territori e distretti. Inoltre per far
fronte alle emergenze va rafforzato il ruolo del
Comitato per l’Occupazione presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri come tavolo di diagnosi
e pronto intervento nelle situazioni di crisi
aziendale o settoriale.
SINTESI DEGLI OBIETTIVI E DELLE PROPOSTE
Ricerca e innovazione. Le proposte mirano a definire una politica di
medio-lungo periodo della Ricerca e Innovazione
che, attraverso un giusto equilibrio tra ricerca
fondamentale e ricerca applicata, assicuri al
nostro paese un’autonoma capacità di
innovazione derivante dalle nuove conoscenze
scientifiche. Le proposte operative riguardano la
fissazione di obiettivi di medio periodo di spesa
pubblica per la R&S, le modalità per
assicurare risorse adeguate al rilancio della
Ricerca e Innovazione, attraverso l’elevamento
graduale della percentuale sul PIL della spesa per
la ricerca e la riattivazione del finanziamento
delle leggi in materia.
Parallelamente, sono proposti interventi per
qualificare la spesa, i meccanismi di valutazione
dei progetti, e i collegamenti tra settore
pubblico e privato. Le misure indicate riguardano
la qualificazione della domanda pubblica, una
maggiore efficienza del sistema degli incentivi
pubblici alla ricerca privata attraverso
interventi di defiscalizzazione e di finanziamenti
su progetti di R&S, la riforma del sistema
pubblico della Ricerca, adeguate politiche
regionali di diffusione delle innovazioni,
l’attrazione di imprese ad alta e media
tecnologia nel Mezzogiorno, la creazione di nuove
imprese nei settori ad alta tecnologia, la
revisione della normativa sui brevetti, lo
sviluppo della società dell’informazione.
Formazione. Gli obiettivi prioritari proposti riguardano
essenzialmente: il sostegno delle scelte
professionali e formative dei giovani e degli
adulti, la definizione di un sistema integrato in
grado di migliorare l’intera gamma degli
strumenti di collaborazione tra scuola, formazione
e mondo del lavoro. Occorre poi rispondere alla
domanda di professionalità delle imprese e dei
lavoratori, rafforzare l’area tecnico –
professionale del sistema formativo, promuovere
l’integrazione tra scuola, università,
formazione e lavoro nella formazione permanente,
razionalizzare l’utilizzo delle diverse indagini
sui fabbisogni professionali e formativi
realizzate dalle parti sociali e da altri soggetti
istituzionali; favorire un allargamento e un
utilizzo strategico delle risorse per la
formazione continua nel cui ambito potranno
operare con maggiore efficacia anche gli
interventi promossi da Fondimpresa; realizzare un
sistema efficace e flessibile, nazionale e
decentrato di accreditamento delle strutture
formative, di definizione degli standard e di
certificazione delle competenze delle persone.
Vengono inoltre adottati alcuni obiettivi
quantitativi da verificare periodicamente secondo
scadenze concordate.
Infrastrutture. Gli investimenti infrastrutturali rappresentano un
passaggio fondamentale per una strategia tesa a
restituire competitività al sistema Italia.
Particolare importanza assumono, in una logica di
coesione economica e sociale europea, le grandi
opere infrastrutturale di collegamento
transeuropeo e le connesse opere nazionali di
interesse europeo, la cui importanza strategica
dovrà imporre calendari, responsabilità e
risorse precisi e predeterminati.
Contestualmente vanno rafforzate le condizioni di
legalità e sicurezza negli appalti e la regolarità
delle condizioni di lavoro.
Insieme a tali grandi interventi, pari importanza
assumono gli investimenti sulle reti idriche ed
energetiche e su quelle di comunicazione
elettronica a banda larga: queste ultime, in
particolare, devono trovare collocazione in una
vera e propria politica delle telecomunicazioni
che dovrà salvaguardare soprattutto la capacità
di R&D, di progettazione e di
industrializzazione.
Per quanto riguarda le politiche del settore
energetico, le parti ritengono ormai mature le
condizioni per la costituzione, in tempi brevi, di
un tavolo di concertazione per definire una
strategia condivisa, coerente con le evoluzioni
della domanda e dell'offerta e con l'esigenza di
promuovere la ricerca, l'innovazione e la qualità
ambientale, con particolare attenzione alla
evoluzione degli assetti istituzionali per effetto
delle modifiche costituzionali.
Le parti si propongono di esercitare un ruolo attivo
nel governo delle liberalizzazioni, in un quadro
di regole definite nei servizi pubblici e per
l’autotrasporto.
Mezzogiorno. Gli Obiettivi del Consiglio Europeo di Lisbona, la
prospettiva dell'allargamento e la creazione dello
spazio euromediterraneo costituiscono lo scenario
in cui si deve inserire la politica di sviluppo
del Mezzogiorno dei prossimi anni, puntando alla
chiusura dei principali indicatori di divario,
primo tra tutti il divario infrastrutturale e di
servizi pubblici tra Mezzogiorno e resto del
Paese.
Al di la della tipologia degli investimenti, è
fondamentale rafforzare l'integrazione delle fonti
finanziarie individuando le opere che ci si
impegna già da ora a finanziare con il prossimo
ciclo di programmazione dei fondi strutturali, in
maniera tale da assicurare copertura e coerenza
dei tempi.
La promozione di investimenti immateriali
(formazione e ricerca) e di migliori condizioni di
contesto per favorire gli investimenti (in
particolare credito, legalità ed efficienza della
Pubblica Amministrazione) sono parti essenziali di
tale strategia, così come il sostegno forte alla
promozione ed al consolidamento
dell'imprenditorialità, che deve passare
attraverso il necessario riordino degli incentivi
che realizzi un quadro di convenienze di natura
permanente e sia finalizzato all’attrazione
degli investimenti
Le parti firmatarie sottolineano la necessità di un
rafforzamento e di una razionalizzazione degli
strumenti di programmazione territoriale negoziata
per la promozione dello sviluppo locale
all'interno di Accordi di Programma Quadro da
aprire al coinvolgimento del partenariato
economico e sociale.
All'interno di tale assetto territoriale deve
trovare collocazione il nuovo strumento del
Contratto di localizzazione, orientato alla
attrazione degli investimenti che dovrà essere,
superata la prima fase di sperimentazione, una
delle principali priorità dell'azione in favore
del Mezzogiorno.
Dal punto di vista delle risorse, il punto di
riferimento è costituito dal "Quadro
finanziario unico pluriennale", che definisce
il profilo dei valori programmatici di spesa in
conto capitale di cassa della Pubblica
Amministrazione fino al 2008 per ciascuna fonte
finanziaria (risorse ordinarie, aggiuntive
"aree depresse", comunitarie) precisando
che la spesa per gli investimenti nel Mezzogiorno
dovrà essere costantemente al di sopra del 45%
della spesa totale nei prossimi anni.
POLITICHE AMBIENTALI
Gli obiettivi dello sviluppo, della competitività e
della crescita dell’occupazione, devono essere
perseguiti tenendo conto anche della sostenibilità
ambientale, integrando le relative politiche nelle
dinamiche di mercato.
Accanto agli investimenti finalizzati alla
modernizzazione delle politiche ambientali per il
sistema economico e produttivo del paese, occorrerà
promuovere e sviluppare i nuovi strumenti
gestionali indicati dalla Commissione Europea,
primo fra tutti la certificazione ambientale.
A tal fine le parti si adopereranno congiuntamente
per promuovere e realizzare interventi informativi
e formativi verso le rispettive rappresentanze sui
temi della certificazione ambientale. Le parti
solleciteranno altresì il Governo ad individuare
le modalità più efficienti di realizzazione
degli interventi di diretta valenza ambientale, in
particolare riguardo alla attività di bonifica
dei siti industriali inquinati, alla gestione
delle risorse idriche, allo sviluppo di un sistema
integrato di gestione dei rifiuti, agli interventi
per la difesa del suolo, capaci di favorire lo
sviluppo di una dimensione industriale di queste
attività.
Infine, le parti sono interessate a proseguire il
confronto sulle politiche ambientali, mirato anche
a favorire la possibile definizione di proposte
comuni in occasione del DPEF e della Legge
Finanziaria e di specifiche questioni anche di
carattere internazionale.
Roma, 19 giugno 2003
CONFINDUSTRIA
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CGIL
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CISL
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UIL
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In allegato i 4 documenti.
- Politiche
per la ricerca e l'innovazione
- Politiche
per la formazione e la valorizzazione delle
risorse umane
- Politiche
per le infrastrutture e la competitivita'
territoriale
- Politiche
per il mezzogiorno
POLITICHE PER LA RICERCA E L’ INNOVAZIONE
PRINCIPI DI RIFERIMENTO
I processi di globalizzazione in corso stanno
rapidamente mutando gli scenari di evoluzione
sociale ed economica, i paradigmi e le regole che
hanno presieduto allo sviluppo. L’accresciuta
competitività sul mercato nazionale e
internazionale è collegata alla crescita
esponenziale delle conoscenze - in termini di
scienza, cultura, innovazione e trasferimento
tecnologico - che fanno del cosiddetto “capitale
immateriale” un fattore decisivo. Le imprese
sono spinte a introdurre processi di medio-lungo
periodo di innovazione e di crescita delle
professionalità dei lavoratori per realizzare
prodotti qualitativamente competitivi, che
integrino nuove soluzioni tecnologiche e nuovi
materiali.
Nel medio periodo è ormai chiaro che solo un
processo di ricerca e di innovazione continuo ed
intenso è in grado di assicurare una crescita
quantitativa e qualitativa dell’occupazione ed
un aumento della produttività e del reddito pro
capite.
La collocazione del nostro paese in coda alle più
recenti graduatorie compilate dalla Commissione
Europea, denuncia uno sviluppo senza ricerca e un
ulteriore allontanamento dai grandi paesi
industrializzati, non solo per quanto attiene ai
settori high tech ma anche ai settori tradizionali
che specializzano il sistema produttivo italiano
D’altro canto le Finanziarie degli ultimi anni
non hanno contribuito a recuperare il gap rispetto
ai principali paesi industriali. Nel biennio
2002-2003 le risorse per la ricerca hanno subito
una significativa riduzione.
Per collocare stabilmente l’Italia tra i paesi
maggiormente industrializzati, favorendo la qualità
e la sostenibilità dello sviluppo, è necessario
adottare una più chiara ed efficace politica
industriale, centrata sulla ricerca e innovazione
tecnologica, come motore dello sviluppo. Una
politica che miri ad introdurre ottimali
condizioni di contesto, nel settore pubblico e in
quello privato, e corretti meccanismi di
incentivazione, per avviare un circolo virtuoso di
crescita qualitativa e quantitativa del nostro
sistema produttivo.
Del resto le più recenti statistiche dell’Istat
relative alla spesa per R&S delle imprese e la
crescente propensione delle piccole e medie
imprese italiane a partecipare ai programmi di
agevolazione alla ricerca, nazionali e europei,
indicano una maggiore sensibilità
all’innovazione tecnologica.
Nel nostro paese, come in tutti i paesi avanzati, la
domanda di ricerca e innovazione è stata trainata
prevalentemente dalle grandi imprese, pubbliche e
private, per loro natura le più idonee a
introdurre innovazioni radicali e nuove
professionalità. Una politica industriale
centrata sulla ricerca e sull’innovazione deve
pertanto porsi l’obiettivo della crescita
dimensionale delle imprese italiane In questo
quadro vanno inoltre individuate misure tese a
incentivare l’apertura del capitale di rischio.
Con tali politiche, il nostro paese deve collocarsi
con maggiore decisione e autorevolezza
all’interno delle scelte dell’Unione Europea
per la costruzione - decisa a Lisbona e
recentemente riconfermata dalla Commissione
Europea - di uno “Spazio europeo della
ricerca” volto ad avviare un governo unitario
delle strategie scientifiche e tecnologiche.
L’Europa della ricerca mira a raccordare le
scelte dei paesi membri, per costruire sinergie e
massa critica adeguate a far fronte alla difficile
competizione con gli altri attori internazionali e
a promuovere una ricerca più interdisciplinare,
più internazionale e con un maggiore collegamento
tra ricerca di base e ricerca applicata.Un forte
sostegno alla ricerca fondamentale, infatti, è
necessario anche per un’innovazione tecnologica
di qualità, in grado di sostenere la competitività
delle imprese nei mercati internazionali.
Ciò richiede che anche il nostro paese incrementi
le risorse destinate complessivamente alla Ricerca
& Innovazione e incentivi un rapporto stabile
tra ricerca pubblica e imprese all’interno di un
sistema nazionale integrato e centrato su un
processo di programmazione degli obiettivi
strategici – autonomia nella gestione –
valutazione dei risultati.
In questo quadro, occorre promuovere sia una
maggiore cultura della valutazione, che pervada
tutto il sistema della ricerca pubblica e privata,
con riferimento soprattutto alla gestione delle
risorse per il supporto all’innovazione, sia una
cultura della collaborazione tra il mondo della
ricerca e il mondo delle imprese.
Il sistema produttivo del nostro paese è
caratterizzato da una presenza eccezionale e ben
più alta che in altri paesi dell’UE, della
piccola e piccolissima impresa. Pertanto - ferma
restando la necessità di rafforzare l’attività
di ricerca svolta dalle grandi imprese private e
di salvaguardare i patrimoni di conoscenze
acquisiti dalle imprese pubbliche operanti nei
settori ad alta tecnologia - ciò richiede che si
realizzino interventi specifici per il sostegno a
questo decisivo settore, sia in termini di
politiche regionali e locali per lo sviluppo
dell’innovazione, in coerenza con il nuovo
assetto federalista scaturito dalla riforma del
titolo V della Costituzione, sia in termini di
specifiche modalità di sostegno economico, più
rapide ed efficaci.
Non si tratta quindi soltanto di rifinanziare le
leggi di sostegno alla ricerca e innovazione e di
rivedere i meccanismi di valutazione ed erogazione
finanziaria - cosa certamente necessaria - ma
anche di introdurre interventi che favoriscano nel
territorio la nascita di sedi di incontro tra
domanda di innovazione e competenze disponibili,
aggregazioni di imprese finalizzate
all’innovazione, processi sia negoziali sia
gestiti in autonomia che favoriscano
l’integrazione delle risorse pubbliche e
private. Fondamentale in questo senso è
l’obiettivo di costruire un sistema integrato a
rete, all’interno del quale le imprese,
soprattutto piccole e medie - associate o
consorziate in relazione ad un comune obiettivo di
innovazione - possano trovare nelle università,
negli enti e nei centri di ricerca pubblici le
risorse immateriali indispensabili per innovare
prodotti e conquistare competitività.
In sintesi, un disegno di programmazione, sostenuto
da un forte investimento economico dovrebbe
ridefinire una complessiva governance del sistema,
costituendo una sede di relazioni integrate di
indirizzo. Un’adeguata governance dovrebbe
esplicitare la missione ed i macro obiettivi del
"sistema ricerca" traducendoli in
competenze, funzioni e regole certe, in un quadro
complessivo di unitarietà di obiettivi.
Occorre infatti, superare l’attuale frammentarietà
delle competenze e duplicazioni degli interventi
sia tra Ministeri, sia tra il livello nazionale e
il livello regionale.
Dal punto di vista strategico è necessario operare
in due direzioni:
- tradurre in obiettivi e filoni di impegno integrato le aree di
ricerca pubblica, concentrando risorse in
pochi grandi progetti di respiro europeo
- tradurre in concreto l’auspicato meccanismo di sinergie fra
sistema pubblico e privato, fra ricerca e
innovazione, fra ricerca, innovazione e
territorio.
Sull’insieme di tali temi - relativi ai processi
di riforma istituzionale e alle priorità delle
politiche di sostegno economico alle imprese - al
fine di integrare le politiche industriali e di
sviluppo tra i diversi Ministeri, tra Stato e
Regioni e con la domanda espressa dalle parti
sociali, è opportuno costituire presso il MIUR un
tavolo stabile di confronto, composto, oltre che
dal MIUR stesso, dagli altri Ministeri
maggiormente coinvolti, dalla rappresentanza delle
Regioni e delle Autonomie Locali, e dalle parti
sociali maggiormente rappresentative.
OBIETTIVI
- Definire una politica di medio-lungo periodo della Ricerca e
Innovazione che, attraverso un giusto
equilibrio tra ricerca fondamentale e ricerca
applicata, assicuri al nostro paese
un’autonoma capacità di innovazione
derivante dalle nuove conoscenze scientifiche,
in stretto raccordo con le politiche
dell’UE.
- Nell’ambito di una chiara priorità assegnata alla ricerca e
innovazione, assicurare la certezza delle
risorse umane e finanziarie e degli strumenti
disponibili creando le condizioni ottimali per
favorire investimenti in Ricerca &
Innovazione, procedendo al riequilibrio
Nord-Sud e stimolando il protagonismo degli
attori locali.
- Confermare e rafforzare la partecipazione del nostro paese ai
progetti europei - a partire dal VI Programma
Quadro - e internazionali.
- Garantire il finanziamento delle Linee Guida per il Piano Nazionale
della Ricerca, assicurando il rilancio sia
della ricerca fondamentale, sia di quella
applicata e in questo quadro rafforzare la
nostra presenza nei settori ad alta
tecnologia. Occorre anche verificare i
finanziamenti del Piano Spaziale Nazionale,
che può consentire importanti ricadute sulle
infrastrutture e sul sistema produttivo.
- Promuovere la ricerca e l’innovazione in settori particolarmente
strategici per il miglioramento della qualità
della vita dei cittadini, quali la salute,
l’ambiente, l’energia, l’agricoltura e
l’alimentazione, i beni culturali.
- Rafforzare i settori ad alta intensità di conoscenza e tecnologia,
mobilitando e coordinando i soggetti che
promuovono il trasferimento tecnologico.
- Favorire l’evoluzione del nostro sistema produttivo operante nei
settori tradizionali verso linee di prodotto e
fasi produttive a maggiore intensità
tecnologica.
- Migliorare l’efficienza del sistema di ricerca pubblica e di alta
formazione, assicurando un livello qualitativo
adeguato del sistema nazionale, valorizzando e
potenziando le eccellenze, favorendo la
diffusione di una cultura di collaborazione
con il sistema privato. Gli interventi mirati
a migliorare l’efficienza della ricerca
pubblica non devono, d’altro canto, ridurne
l’autonomia e la creatività scientifica.
- Incrementare il numero degli addetti (ricercatori e tecnici), per
superare il gap con i principali paesi
avanzati, anche con politiche formative
adeguate a incentivare la scelta verso il
mondo della ricerca.
- Assicurare la disponibilità delle competenze necessarie attraverso
un eccellente sistema di istruzione e
formazione, che preveda l’integrazione tra
conoscenze e abilità, sia decentrato e
consenta la personalizzazione dell’offerta
formativa, attraverso l’esigibilità dei
crediti formativi comunque acquisiti, in
un’ottica di “life long learning”, come
raccomanda l’Unione Europea.
L’insieme di tali obiettivi richiede un profondo
cambiamento delle politiche adottate in questi
ultimi anni.
PROPOSTE
1) Assicurare risorse adeguate al rilancio
della Ricerca e Innovazione
Il
Consiglio Europeo di Barcellona ha fissato
l’obiettivo di una spesa per R&S
complessiva, pubblica e privata, pari al 3% del
Pil nella media europea, entro il 2010 e
confermato dal recente Piano di Azione della
Commissione Europea. Coerentemente con tale
obiettivo, è necessaria una politica di
programmazione che preveda risorse adeguate e
gradualmente crescenti per qualificare il sistema
di ricerca pubblico e stimolare la spesa di
ricerca del settore privato.
- In questo contesto, affinché sia credibile il raggiungimento
dell’obiettivo dell’1% di spesa pubblica
rispetto al Pil entro il 2006 , fissato nelle
Linee Guida per il Pnr, approvato dal Governo
nell’aprile del 2002, è fondamentale che
siano stabiliti, fin da ora, per ogni anno di
legislatura, gli obiettivi di spesa pubblica
per R&S, prevedendo, a partire dal 2004,
percentuali pari a 0,75%, 0,85%, e 1% del Pil.
E’ necessario infatti procedere a una
programmazione della spesa su base
pluriennale, piuttosto che prevedere
stanziamenti annuali legati alla disponibilità
della legge finanziaria. Ciò permetterebbe
alle aziende e al mondo della ricerca pubblica
di programmare i propri investimenti e le
proprie attività a fronte di uno scenario
definito. In termini finanziari la spesa
pubblica per R&S deve aumentare di un
ammontare compreso tra i 6 e i 14 miliardi di
euro a seconda delle ipotesi di crescita del
Pil, entro il 2006. Questo è un obiettivo
molto ambizioso che, se non vuole essere
velleitario, presuppone precise scelte di
priorità e il superamento degli incentivi a
pioggia che rappresentano un onere per la
finanza pubblica senza produrre risultati.
- Occorre definire le priorità strategiche del sistema Paese,
privilegiando i comparti di frontiera su cui
il nostro paese è in grado di competere e le
tecnologie avanzate a carattere diffusivo, con
maggiori ricadute, sui quali concentrare
volumi critici di finanziamento, a partire dal
sostegno alle grandi imprese e alle imprese
high tech.
- Il Paese deve dotarsi di uno strumento di ”assessment” delle
competenze della ricerca pubblica e privata e
delle potenzialità di sviluppo scientifico e
tecnologico. Ogni due anni il Miur deve
pubblicare una mappa delle competenze e delle
eccellenze del sistema scientifico e
tecnologico, realizzata secondo criteri di
analisi e di valutazione coerenti con gli
standard comunitari.
- Occorre prevedere specifici strumenti di sostegno alla nascita di
reti locali di innovazione realizzate dalle
istituzioni in collaborazione con le
associazioni di imprese, anche piccole e
medie. In quest’ambito un rilievo
particolare va assicurato alle iniziative
derivanti dai processi di programmazione
negoziata.
- L’imposta aggiuntiva sul consumo dei tabacchi, introdotto dalla
recente Legge Finanziaria, va finalizzata al
finanziamento dei Fondi esistenti per il
supporto alla Ricerca pubblica e privata.
- Destinare l’otto per mille assegnato allo Stato, dell’imposta
derivante dalla dichiarazione dei redditi di
cittadini e imprese, a progetti di ricerca di
alto contenuto scientifico miranti al
miglioramento della qualità della vita.
- Occorre valorizzare il ruolo delle Fondazioni bancarie, che già
negli ultimi anni hanno mostrato crescente
interesse alla ricerca, incentivando il loro
contributo all’integrazione della ricerca
pubblica e privata.
2) Qualificare la domanda pubblica
Assicurare
una costante e rilevante domanda della Pubblica
Amministrazione, relativa a prodotti e servizi ad
alta tecnologia nei settori pubblici (energia,
ambiente, acqua, sanità, beni culturali, difesa,
trasporti etc.), prevedendo un adeguato
coordinamento. Al tempo stesso occorre attivare la
domanda pubblica, migliorandone la qualità, nei
settori ad alta tecnologia, a partire da quello
dell’Aerospazio e delle Telecomunicazioni, in
stretto raccordo con i programmi europei.
3) Rendere più efficiente il sistema
degli incentivi pubblici alla ricerca privata
La
drammatica situazione dei fondi per il sostegno
alla ricerca privata richiede un tempestivo
aumento delle risorse destinate a questo
obiettivo. Occorre rendere più efficiente
l’intero sistema di agevolazione, sia
assicurando strumenti semplificati per progetti di
minori dimensioni, sia migliorando il
funzionamento degli strumenti a valutazione per i
progetti di dimensioni maggiori.
a) Interventi di defiscalizzazione
Va
ampliato l’utilizzo della leva fiscale per
finanziare investimenti in R&S. Se utilizzata
in modo efficiente, tale strumento introduce un
meccanismo virtuoso che genera le risorse
necessarie al suo stesso mantenimento. Si propone
di:
·
introdurre, specialmente per le
piccole e medie imprese e per i progetti di minori
dimensioni - inferiori ad una soglia da definire -
e coerentemente con la legge delega di riforma del
sistema fiscale, uno strumento di agevolazione
fiscale a carattere permanente per le imprese che
investano in ricerca e sviluppo. Tale strumento
dovrà mirare a fornire un supporto semplificato e
certo per le piccole e medie imprese, con modalità
che attestino il carattere di innovazione del
progetto e la congruità dell’impegno di spesa.
·
Introdurre un’agevolazione
fiscale per gli utili reinvestiti per le imprese
che, attraverso adeguata
certificazione, eseguita da enti registrati presso
l’autorità competente, mostrino di investire in
ricerca e sviluppo risorse proprie superiori alla
media dei tre anni precedenti. Va valutata
l’opportunità di modulare l’agevolazione in
base alla dinamicità dei soggetti beneficiari.
·
Ampliare la concessione di
vantaggi fiscali automatici alle aziende per le
committenze di progetti di ricerca e innovazione a
Università e Enti Pubblici di ricerca, già
previsti dalla Legge 297/99.
·
Potenziare le agevolazioni
fiscali automatiche per le imprese che assumono
nuovi ricercatori, già previste dalla Legge
297/99.
·
Ampliare la detraibilità delle
erogazioni da parte delle persone fisiche a favore
degli enti di ricerca senza scopo di lucro,
registrati presso un apposito albo del Miur.
·
Ridurre del 50% l’aliquota di
tassazione di fondi mobiliari chiusi, che
investono in partecipazioni in nuove imprese
operanti in settori ad alta tecnologia.
·
Al fine di favorire
l’internazionalizzazione della ricerca pubblica
e privata italiana vanno ampliati e diffusi gli
accordi bilaterali reciproci per agevolazioni
fiscali a favore di ricercatori stranieri, per i
primi anni della loro permanenza.
b) Interventi di finanziamento diretto
alle imprese
I
principali strumenti di agevolazione diretta per
progetti di ricerca e sviluppo delle imprese, i
fondi FAR e FIT, da oltre due anni, per le Regioni
del Centro-Nord, hanno ormai esaurito le risorse.
Oltre all’indispensabile rifinanziamento di tali
fondi, occorre rivederne i meccanismi di
funzionamento per assicurare un maggiore grado di
efficienza, sia nella valutazione della qualità
dei progetti, sia nei tempi di processamento delle
domande. Occorre inoltre rendere effettivamente
operativa la possibilità di operare attraverso
piani pluriennali di finanziamento, come in altri
paesi europei, superando il meccanismo dei
finanziamenti annuali che comporta instabilità e
tagli legati alla congiuntura economica.
Tenendo
conto delle diverse finalità dei due Fondi, si
propongono i seguenti interventi di modifica:
·
l’accesso agli strumenti a
valutazione dei fondi Far e Fit deve essere
riservato ai progetti di dimensioni medio-grandi
(di importo superiore ad una soglia da definire);
·
uniformare la regolamentazione e
le procedure, a partire dalla valutazione
istruttoria, dall’ammissibilità dei costi e dai
criteri di imputazione territoriali, ora diversi;
·
si considera opportuno mantenere
una preselezione dei progetti, prima di procedere
all’assegnazione dell’esperto, fornendo al
Comitato Tecnico Scientifico adeguate risorse e
strumentazione;
·
ampliare, tra le forme di
agevolazione previste, i contributi in conto
interesse e le garanzie per il finanziamento
bancario;
·
bandi di finanziamento riservati
a consorzi di piccole imprese, in collaborazione
con università e centri pubblici di ricerca;
·
prevedere meccanismi di attento
monitoraggio relativo alla disponibilità dei
fondi. In caso di esaurimento delle risorse
l’operatività di questi strumenti deve essere
dichiarata sospesa. Per i progetti già approvati
e privi di finanziamento dovranno prevedersi
interventi adeguati per risolvere la situazione
pre-esistente e entrare nel nuovo sistema di
regole;
·
definire e rispettare tempi
certi per l’espletamento delle pratiche di esame
e valutazione delle proposte;
·
unificare, ampliare e aggiornare
l’Albo degli esperti istituito presso il MIUR e
presso il MAP, anche per ricomprendere discipline
e competenze oggi assenti. Va prevista inoltre la
possibilità che il Comitato Tecnico Scientifico
possa affidare, motivando, il referaggio anche a
docenti e ricercatori esterni di università e
Enti Pubblici italiani e stranieri, nonché ad
esperti italiani e stranieri, garantendo comunque
l’imparzialità del giudizio
·
monitorare gli esiti dei
progetti di ricerca, pubblici e privati, più
rilevanti, che hanno ottenuto finanziamenti, allo
scopo di avviare una valutazione della capacità
dei soggetti beneficiari di realizzare gli
obiettivi enunciati;
·
definire in modo trasparente i
criteri di valutazione del CTS dei progetti di
ricerca presentati sul FIT e sul FAR, indicando
una soglia minima di idoneità;
·
esaminare e rafforzare le
procedure per il monitoraggio e la verifica dei
progetti, oggi affidata ad uno stesso referee, e
le condizioni per il pagamento delle diverse
tranches di finanziamento;
·
monitorare l’operato dei
soggetti incaricati delle istruttorie finanziarie
(banche concessionarie) richiedendo uniformità di
standard qualitativi del servizio e criteri comuni
di valutazione;
·
rendere completa ed efficiente
la banca dati dei soggetti pubblici e privati che
hanno ottenuto i finanziamenti, rendendone
pubblico l’accesso. Anche attraverso questo
strumento va monitorato l’impatto di tali
finanziamenti in termini di tassi di innovazione;
·
brevetti, produttività,
competitività e occupazione.
4. Riforma del sistema pubblico della
Ricerca
La riforma del sistema universitario e degli Enti
Pubblici di Ricerca deve puntare ad un
potenziamento, oltre che alla razionalizzazione
dell'organizzazione, favorendo l'elevazione
complessiva del sistema dell'alta formazione e
della ricerca attraverso la circolarità delle
esperienze e del personale e una più intensa
collaborazione nazionale, comunitaria ed
internazionale che consenta di raggiungere
un'adeguata massa critica. Il sistema deve puntare
a migliorare il patrimonio delle competenze,
valorizzando le eccellenze e favorendo la crescita
di giovani ricercatori. A tale proposito:
- occorre prevedere procedure che garantiscano il funzionamento del
circuito programmazione-autonomia-valutazione;
a tal fine è necessario che l'Autorità
politica si faccia carico di elaborare linee
programmatiche credibili, confrontate con le
forze sociali e con la comunità scientifica,
ed adeguatamente finanziate; che la Comunità
scientifica, nelle sue articolazioni, goda di
effettiva autonomia; che siano elaborati
criteri di valutazione della performance dei
gruppi di ricerca e dei singoli ricercatori
basati su standard internazionali e
metodologie che garantiscano dal rischio di
autoreferenzialità. Occorre favorire sia per
i ricercatori degli EPR, sia per i docenti
universitari una politica normativa e
contrattuale che consenta di premiare in
termini retributivi e di carriera sia il
merito scientifico, sia l'impegno nelle
attività didattiche e istituzionali,
valorizzando inoltre le attività in
collaborazione con il sistema produttivo e la
partecipazione a spin off;
- occorre un impegno straordinario per l’inserimento di giovani
ricercatori per recuperare il gap quantitativo
che ci separa dagli altri paesi sviluppati. Ciò
implica un potenziamento degli organici, che,
ferma restando la necessità di garantire una
selezione basata sul merito, assicuri una
crescita delle risorse umane coerente con lo
sviluppo scientifico e tecnologico del Paese.
Tale esigenza è accentuata dal fatto che nel
prossimo decennio una larga parte
dell’attuale personale di ricerca raggiungerà
limiti di età, creando un vuoto generazionale
irrecuperabile nel medio periodo;
- va sostenuta e incentivata la mobilità dei ricercatori dal sistema
pubblico alle imprese per la realizzazione di
progetti di ricerca e innovazione, attraverso
misure normative e contrattuali che prevedano
sia incentivi per le imprese, sia la
valorizzazione delle competenze acquisite dal
ricercatore in termini retributivi e di
carriera;
- si ritiene indispensabile una riforma dei principali enti pubblici
di ricerca che punti a: rifocalizzazione
complessiva degli obiettivi; riorganizzazione
dei meccanismi di funzionamento;
partecipazione della Comunità scientifica;
valorizzazione delle eccellenze e delle
competenze; valutazione dei risultati
dell'attività di ricerca in sé, ma anche
delle sue possibilità di trasferimento al
sistema produttivo e dei servizi;
- le risorse aggiuntive disponibili vanno concentrate sui migliori
progetti, coerenti con le scelte strategiche
del Piano Nazionale della Ricerca. Ciò non
deve significare riduzione dell'autonomia
scientifica dei ricercatori, condizione
imprescindibile per l'efficienza dell'intero
sistema, ma anzi permettere una ulteriore
valorizzazione delle eccellenze;
- affinché sia effettivamente attuata, la riforma richiede una
revisione dei sistemi di governo attualmente
operanti. In particolare, è fondamentale
creare uno stretto ed esplicito collegamento
tra la necessaria autonomia dell’università
e degli enti pubblici di ricerca e la
responsabilità nella gestione delle risorse e
nella selezione delle competenze, verificata
attraverso una valutazione esterna e non
autoreferenziale dei risultati ottenuti,
coerentemente con gli obiettivi e le regole
definite in fase di programmazione.
4) Il livello territoriale della politica
della Ricerca e Innovazione
Le Regioni nel rispetto del nuovo ordinamento
introdotto dalla riforma federalista, insieme alle
Autonomie Locali, devono potenziare il loro ruolo
di programmazione, di governo e di finanziamento
dei processi e degli strumenti di diffusione per
l’innovazione nell’ambito di politiche
concertate per lo sviluppo locale, con particolare
attenzione alle piccole e piccolissime imprese e,
più in generale, alla fertilizzazione del sistema
produttivo e dei servizi. A tal fine le Regioni
dovranno destinare maggiori risorse alla politica
della ricerca e innovazione e prevedere processi
stabili di confronto con le parti sociali.
Per il livello territoriale della politica della
R&I si individuano le seguenti priorità:
- Favorire l’emergere della domanda di innovazione, a partire
dall’analisi dei fabbisogni e delle
potenzialità territoriali dei sistemi
produttivi, sostenendo e incentivando i
processi di aggregazione.
- Favorire la costruzione di reti regionali e territoriali per
l’innovazione tra università, enti e centri
di ricerca pubblici e privati focalizzando le
eccellenze e le competenze in un processo di
integrazione tra territori. A questo scopo va
potenziato e ristrutturato il sistema dei
centri tecnologici a supporto delle imprese,
anche sperimentano modelli organizzativi
innovativi (es i Centri di Competenza
realizzati in Campania e i costituendi Centri
di Competenza Tecnologica previsti
nell’ambito del Piano Operativo Nazionale,
nelle regioni del Mezzogiorno).
- Procedere alla verifica dei risultati dei progetti realizzati con
contributi pubblici a cui collegare, sia per i
soggetti pubblici che privati, la possibilità
di presentare altri progetti.
- Sostenere la diffusione nelle università e negli EPR di azioni di
promozione del trasferimento tecnologico e di
azioni propedeutiche alla creazione di nuove
imprese high tech. Definire azioni concrete ed
innovative, in collaborazione con i privati,
per l’incentivazione degli spin-off.
- Promuovere - raccordando i soggetti del sistema formativo, del
sistema di trasferimento tecnologico e le
associazioni imprenditoriali - programmi
dedicati alla formazione di tecnici e alla
diffusione di cultura soprattutto nei sistemi
di piccole imprese, per sollecitare la capacità
di gestione dell’innovazione e per
ricollocare l’impresa nel contesto nazionale
e internazionale.
Sull’insieme delle politiche delle Regioni e delle
Amministrazioni locali per la costruzione di un
sistema territoriale di innovazione e di ricerca,
è necessario aprire il confronto con la
Conferenza dei Presidenti delle Regioni, con l’ANCI
e con l’UPI, con l’’obiettivo di pervenire
ad un accordo quadro che individui obiettivi
prioritari, risorse, sedi e strumenti di
riferimento, in grado di creare sinergie tra i
diversi livelli istituzionali e tra i territori,
in coerenza con la domanda sociale di innovazione
e di professionalità.
5) Il Mezzogiorno
Per quanto riguarda il Mezzogiorno, è da tenere
presente che la scelta delle imprese che investono
in queste aree, preferendole, ad esempio, a quelle
dei paesi dell’Est, è dovuta alle opportunità
di contenuti tecnologici più avanzati e ad alto
valore aggiunto. Pertanto dovrà adottarsi una
politica di riequilibrio delle risorse umane e
finanziarie e di sostegno, a livello territoriale,
per l’affermazione di reti tecnologiche e di
infrastrutture in grado di fertilizzare il
territorio e di attrarre imprese anche ad alta e
media tecnologia, favorendone l’insediamento.
Ciò è coerente con l'impostazione che, a partire
dai Patti territoriali d'Area, dalle politiche per
i distretti e più recentemente con i PIT, ha
perseguito la costruzione e l'adozione di
strumenti che orientino, attraverso la
concertazione, le scelte dei territori.
In tal senso vanno riprese e rafforzate le
"Strategie Regionali per l'Innovazione"
predisposte in attuazione del disposto del Quadro
Comunitario di Sostegno Obiettivo 1 2000-2006 dei
fondi strutturali europei.
Per quanto riguarda gli strumenti, appaiono da
preferire quelle forme di aiuto che, permettono ad
un tempo efficienza amministrativa e capacità
politica di orientamento delle scelte. A tale
proposito, si segnala l'esperienza (finanziata da
fondi strutturali Obiettivo 1) del "Pacchetto
Integrato di Agevolazioni" (PIA) che, pur se
migliorabile sotto l’aspetto gestionale,
consente alle imprese, attraverso un'unica
domanda, di ottenere agevolazioni per un programma
organico e completo di interventi riferito ad
attività di ricerca ed innovazione tecnologica ed
ai conseguenti investimenti per
l'industrializzazione dei risultati nell'ambito di
proprie unità produttive. A tali programmi
possono essere collegati anche investimenti in
formazione e/o servizi specialistici.
6) Il sostegno alla creazione di nuove
imprese nei settori ad alta tecnologia
- Occorre introdurre anche in Italia misure dirette a favorire la
creazione di nuove imprese nei settori a
maggiore intensità tecnologica. In questa
direzione, fra le possibili linee di
intervento, va ripensata la politica dei
Parchi scientifici e Tecnologici, la politica
dei Bic e degli Incubatori.
- Va riconsiderata a questo scopo la finalizzazione delle risorse e
degli strumenti gestiti da Sviluppo Italia.
- Va costruito un meccanismo pubblico-privato, che permetta alle idee
più promettenti di raggiungere un primo
livello di avanzamento, indispensabile per
collocarsi con successo sui mercati dei
capitali di rischio.
7) Rivedere la normativa sui brevetti
- Per facilitare la collaborazione pubblico-privato è necessario
rivedere la politica brevettuale recentemente
adottata che trasferisce la titolarità dei
brevetti dall’ente pubblico di ricerca ai
singoli ricercatori. In conseguenza di tale
normativa, peraltro, le imprese stanno
riducendo la collaborazione in attività di
ricerca con università ed Epr, poiché non
hanno la garanzia che gli eventuali brevetti
ottenuti siano poi sfruttabili
industrialmente.
- Occorre incentivare la ricerca pubblica a dotarsi di competenze e
strutture necessarie per sfruttare in modo più
efficiente i risultati della propria attività.
- Occorre diffondere una cultura brevettale anche tra le imprese
italiane, sia incentivando e sostenendo
l’attività di brevettazione, sia agevolando
l’accesso a banche brevetti e licenze a
disposizione delle imprese, comprendenti anche
opportunità provenienti da paesi esteri.
9) Sviluppo della società
dell’informazione
- Introdurre strumenti di supporto mirati a integrare le esigenze
della domanda con la produzione di nuovi
servizi ad alto valore aggiunto, ad esempio
sostenendo progetti trasversali per la
produzione di servizi nel campo della
logistica, della gestione di infrastrutture e
del territorio, della salute, dell’ambiente,
della sicurezza e della formazione, della
mobilità, del supporto ai disabili.
- Adottare specifiche iniziative di sostegno delle piccole e medie
imprese con aiuti all’introduzione di nuove
tecnologie, supporto alla formazione delle
professionalità, facilitazione dell’accesso
al mercato della pubblica amministrazione per
la fornitura di beni e servizi, supporto alla
digitalizzazione dei distretti industriali.
- Accelerare e razionalizzare lo sviluppo dell’e-governement in una
logica di semplificazione e riduzione dei
costi.
- Definire un piano nazionale, e le relative linee di finanziamento,
per il pieno consolidamento di una Società
dell’Informazione in coerenza con quanto
indicato nel piano e-Europe 2005.
10) Priorità del Semestre Italiano di
Presidenza europea
L’obiettivo definito nel Consiglio Europeo di
Barcellona, di raggiungere un livello medio di
spesa complessiva, pubblica e privata, per Ricerca
e Innovazione pari al 3% del Pil, deve diventare
una delle priorità del prossimo semestre di
Presidenza italiana dell’Unione Europea. A
questo scopo si suggeriscono alcune azioni da
promuovere in sede comunitaria nei prossimi mesi:
- Sostenere un’interpretazione del Patto di Stabilità che, fatta
salva la stabilità macroeconomica, consenta
di escludere la spesa pubblica per la ricerca
nel calcolo dell’indebitamento rilevante per
il rispetto dei parametri concordati.
- Prevedere una diversa formulazione della regolamentazione relativa
agli aiuti di stato che tenga conto delle
precise esigenze delle PMI e favorisca un più
agevole accesso alla ricerca.
- Ipotizzare regimi fiscali condivisi dagli Stati membri a sostegno
della ricerca, innovazione e formazione.
- Monitorare l’effettiva partecipazione delle PMI al VI Programma
Quadro ed eventualmente verificare
l’opportunità di introdurre correzioni.
POLITICHE
PER LA FORMAZIONE E LA VALORIZZAZIONE DELLE
RISORSE UMANE
PREMESSA
La formazione è una delle leve cardine per il
rilancio di un'efficace politica di sviluppo, dei
diritti di cittadinanza e di coesione sociale, per
la competitività delle imprese e per la crescita
della professionalità delle persone.
La popolazione adulta italiana mostra una
percentuale di diplomati crescente, anche se
ancora si registra un forte gap rispetto alla
media europea. Infatti solo il 42% della
popolazione adulta ha un diploma di scuola
secondaria, contro il 62% della Francia e del
Regno Unito e l’81% della Germania e una media
europea del 59%.
Il tasso di diploma sfiora il 70% dei 19enni. Il
confronto internazionale tuttavia ci pone al
disotto della media europea. La Francia ha un
tasso di diploma pari all’81%, la Germania pari
all’89%.
Il tasso di dispersione scolastica italiano è il più
alto d’Europa ed è nell’ordine del 30% nella
fascia di età 14 -19 anni, mentre il tasso medio
europeo è inferiore al 20% e quello tedesco è
inferiore al 10%.
I più recenti risultati della rilevazione europea
sulla formazione del personale nelle imprese (Eurostat)
mostrano una tendenza alla crescita della
percentuale di imprese che hanno svolto formazione
tra il 1993 e il 1999. Tuttavia la posizione
relativa dell’Italia (con il 23,9% di imprese
con formazione e con un aumento di circa il 50%
rispetto al 1993) rimane ancora arretrata rispetto
agli altri partner europei.
La sintonia degli accordi tra le parti sociali con
le politiche e gli orientamenti dell’Unione
Europea hanno sempre rappresentato una bussola per
la definizione degli obiettivi ed i risultati da
raggiungere ed ancora una volta si intende partire
da queste indicazioni per il futuro.
Nel nuovo quadro politico e in una fase in cui le
relazioni industriali attraversano un processo di
complessa ridefinizione, il progressivo
dispiegamento delle politiche dell’U.E.
sollecita Governo e Parti sociali a nuove
responsabilità nel campo dell’istruzione e
della formazione.
Il Vertice di Lisbona del 23 e 24 marzo del 2000 ha
posto le basi fondamentali per il rilancio dei
sistemi di istruzione e formazione, indicando
alcune priorità da raggiungere:
- attribuire una priorità all’apprendimento durante tutto l’arco
della vita, in particolare per le fasce più
deboli;
- aumentare gli investimenti pro capite in risorse umane;
- elevare il livello di istruzione per tutti i giovani ed offrire un
ampia gamma di opportunità formative;
- definire nuove competenze di base;
- aumentare la mobilità, anche con l’uso di incentivi appropriati;
- migliorare l’occupabilità dei giovani, attraverso sistemi di
alternanza diffusi, e degli adulti, con il
sostegno alla formazione continua.
I RISULTATI
In questi anni alcuni primi importanti risultati
sono stati raggiunti, proprio grazie all’impegno
delle parti sociali ed in coerenza con la
strategia comunitaria. Si possono considerare
avviati:
» la
qualificazione e la realizzazione di percorsi di
formazione in alternanza;
» la
costruzione di un sistema di formazione continua,
anche attraverso la costituzione dei Fondi
interprofessionali, che dovranno trovare ora una
rapida fase di implementazione;
» la
sperimentazione di modelli bilaterali di
rilevazione sistematica dei fabbisogni formativi;
» il
collegamento delle dinamiche dei processi
formativi alle reali esigenze del sistema sociale
e produttivo.
IL METODO
Un nuovo impulso al ruolo delle parti sociali, sia a
livello nazionale che a livello locale, può
favorire una più efficace realizzazione delle
riforme degli assetti normativi ed organizzativi
dei sistemi di formazione.
I processi di riforma, che hanno caratterizzato gli
ultimi anni, hanno avuto come obiettivi da un lato
una maggiore integrazione tra le varie tipologie
formative e dall’altro il decentramento dei
livelli decisionali.
L’integrazione, rispetto alla quale resta ancora
molto da fare, ha implicato un maggiore
coinvolgimento del sistema sociale e produttivo
nella formazione, in termini di connessione con la
domanda di competenze e di partecipazione.
Di fronte a questo scenario, le parti sociali
ribadiscono l’impegno a livello centrale e
ritengono necessario che i loro rappresentanti
locali rafforzino i rapporti con le istituzioni,
anche attraverso gli Organismi Bilaterali
Regionali, in relazione all'attribuzione alle
Regioni di maggiori competenze sull'istruzione e
sulla formazione.
Gli OBR avranno inoltre il compito di coordinarsi
con gli Organismi Nazionali, eventualmente
costituiti a livello settoriale, anche con
l’obiettivo di dare attuazione alle iniziative
di competenza di Fondimpresa, di cui gli OBR
rappresentano la rete territoriale.
Le parti sociali, anche attraverso gli OBR, potranno
concorrere alla realizzazione di iniziative che
favoriscano la competitività delle imprese,
rafforzino le competenze dei lavoratori,
contribuiscano allo sviluppo dei sistemi
formativi, anche attraverso l’assistenza alle
imprese e ai lavoratori che si qualificano per
individuare i fabbisogni di professionalità a
livello regionale, che sviluppino in un contesto
territoriale i risultati delle ricerche già
realizzate bilateralmente dalle parti sociali.
GLI OBIETTIVI E LE PROPOSTE
Sulla base del percorso sin qui compiuto, le parti
sociali ritengono prioritario orientare le
politiche formative e i relativi finanziamenti
verso la domanda del sistema produttivo, per
realizzare in Italia un sistema di formazione
coerente con lo sviluppo, la competitività delle
imprese e la valorizzazione delle competenze dei
lavoratori. In questo quadro assumono particolare
rilievo i seguenti obiettivi:
- sviluppare sedi e strumenti finalizzati all’orientamento, per
sostenere le scelte professionali e formative
dei giovani e degli adulti, attraverso
interventi integrati tra i sistemi formativi e
i nuovi servizi per l’impiego, individuando
per questi opportuni standard di qualità, in
base ai quali si instauri un più stretto
rapporto di collaborazione tra pubblico e
privato;
- definire un sistema integrato, dai licei alla formazione
professionale e all’università, in grado di
migliorare l’intera gamma degli strumenti di
collaborazione tra scuola, formazione e mondo
del lavoro, a partire dall’estensione del
numero di qualificati e diplomati, da una
migliore qualificazione della formazione
nell’apprendistato e dal potenziamento di
forme di alternanza studio-lavoro;
- rispondere alla domanda di professionalità delle imprese e dei
lavoratori anche con l’obiettivo di far
emergere e potenziare le forme di
“apprendimento informale”;
- rafforzare l’area tecnico-professionale del sistema formativo, per
rispondere alle nuove domande professionali
delle imprese e dei giovani;
- portare a regime la formazione tecnica superiore, mantenendo lo
stretto legame con i fabbisogni formativi
delle imprese e dei lavoratori;
- promuovere l’integrazione tra scuola, università, formazione e
lavoro nella formazione permanente,
utilizzando anche gli strumenti contrattuali e
normativi esistenti (150 ore, congedi
formativi individuali ex lege 53/2000 ecc.),
per il raggiungimento di qualifiche
professionali riconosciute;
- individuare, attraverso un confronto con le istituzioni (Ministeri e
Regioni) criteri coerenti di utilizzazione
delle diverse indagini sui fabbisogni
professionali e formativi realizzate dalle
parti sociali e da altri soggetti
istituzionali;
- promuovere un confronto con Governo e Regioni per favorire un
allargamento e un utilizzo strategico delle
risorse per la formazione continua (FSE, Leggi
nazionali e regionali), nel cui ambito
potranno operare con maggiore efficacia anche
gli interventi promossi da Fondimpresa. In
questo quadro dovranno essere promossi e
favoriti adeguati interventi formativi a
sostegno delle fasce deboli, dei lavoratori
coinvolti in processi di mobilità, dei
lavoratori ultraquarantacinquenni, con
particolare attenzione al rafforzamento delle
pari opportunità uomo-donna e alle
problematiche connesse a salute e sicurezza
nei posti di lavoro;
- realizzare un sistema efficace e flessibile, nazionale e decentrato
di accreditamento delle strutture formative,
di definizione degli standard e di
certificazione delle competenze delle persone,
a partire dal documento redatto dal tavolo
tecnico Regioni – Parti Sociali;
- utilizzare la prossima scadenza (2004) della riprogrammazione del
Fondo Sociale Europeo per attivare efficaci
strumenti che permettano alle parti sociali di
conoscere e valutare in tempo reale
l’effettivo andamento qualitativo e
quantitativo dell’utilizzo dei finanziamenti
europei e per semplificare drasticamente le
procedure di accesso ai finanziamenti
regionali, nazionali e comunitari, ampliando e
qualificando le misure finalizzate alla
formazione e alle politiche attive del lavoro,
anche attraverso la riorganizzazione delle
sedi della concertazione territoriale in modo
snello ed efficace;
- attivare un tavolo bilaterale per affrontare le implicazioni del
presente documento sulle materie strettamente
attinenti ai rapporti tra le parti sociali, a
partire dalla promozione di un’iniziativa
pubblica sul dialogo sociale in merito ai temi
della formazione, nell’ambito del semestre
italiano di presidenza dell’UE, e dalla
costituzione di un gruppo tecnico bilaterale
per la costruzione di un “Thesaurus” delle
definizioni dei più importanti concetti della
formazione, che si ritrovano in tutte le
riforme in atto e che potranno valere in tutte
le sedi del dialogo sociale.
L’ITALIA AL 2010
Le parti sociali chiedono alla Conferenza Stato
Regioni, al Parlamento e al Governo di adottare un
documento di prevalente interesse nazionale
sull’impegno dell’Italia per il conseguimento
degli obiettivi previsti dal Vertice di Lisbona
del 2000, prevedendo il raggiungimento entro il
2010 di almeno i seguenti obiettivi, che le parti
sociali fanno propri e si impegnano a verificare
periodicamente secondo scadenze concordate:
»
L’85% dei giovani di 20 anni dovrà conseguire
un diploma di istruzione o formazione o una
qualifica professionale.
» Il
tasso di partecipazione degli adulti
all’istruzione e alla formazione dovrà
aumentare del 30%.
» Il
numero di aziende italiane che dedicano un preciso
investimento (in termini di costi diretti e
indiretti) alla formazione dovrà crescere del
30%.
» Il
tasso di abbandono scolastico nella fascia di età
14 -19 anni dovrà essere dimezzato.
Inoltre devono essere fissati obiettivi nazionali
per:
»
Aumento pro capite degli investimenti pubblici e
privati nelle risorse umane.
»
Aumento del numero di studenti che frequentano
corsi di istruzione e formazione professionale.
»
Aumento del numero di studenti che frequentano
corsi di istruzione e formazione tecnica
superiore.
»
Aumento del numero di diplomati e qualificati.
»
Aumento del numero di laureati.
»
Aumento del numero di adulti che frequentano corsi
EDA.
»
Aumento del numero degli occupati in formazione
continua.
Per il conseguimento di questi obiettivi risulta
essenziale il rafforzamento delle infrastrutture
formative del Mezzogiorno e la diffusione di
esperienze di alternanza scuola-lavoro.
Le parti sociali chiedono alla Conferenza
Stato-Regioni, al Parlamento e al Governo di
definire con rigore gli obiettivi nazionali, che
l’Italia intende perseguire, per migliorare la
competitività del sistema formativo e rafforzare
l’inclusione sociale.
Si impegnano a realizzare un monitoraggio annuale
sull’effettivo, progressivo raggiungimento di
tali obiettivi da considerare come parte
integrante di un complessivo “piano di
rientro” verso gli standard europei nel campo
della formazione, da cui attualmente il nostro
paese è lontano.
Ritengono irrinunciabile il confronto con il Governo
per l’attuazione delle leggi di riforma in atto.
Richiedono che nell’ambito dell’utilizzo del
Fondo Sociale Europeo vengano premiate non solo le
Regioni che dimostrano maggiore capacità di
spesa, ma anche le Regioni che perseguono gli
obiettivi fissati.
Chiedono, infine, che nel DPEF vengano indicate
risorse adeguate al progressivo conseguimento
degli obiettivi di miglioramento dei risultati del
sistema formativo, compreso uno specifico
riferimento all’esigenza di trasferire
l’intero ammontare delle risorse dello 0,30% ai
fondi interprofessionali per la formazione
continua.
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