Il
contratto del comparto scuola:
cosa
cambia per il Dirigente scolastico
Fonte:
sito web Cgil Scuola – 24 maggio 2003
Il
presente contributo non vuole essere un’analisi
finalizzata ad una valutazione del CCNL del
comparto scuola da poco siglato. Interessa qui
solo puntare l’attenzione su quegli articoli del
contratto da cui è possibile derivare indicazioni
circa i cambiamenti che si prospettano per
prerogative e funzioni del Dirigente scolastico (DS)
e per gli aspetti organizzativi e gestionali
dell’Istituto. E farci qualche ragionamento.
Mi limito a dire a premessa che, complessivamente,
mi sembra un buon contratto soprattutto se lo si
considera in rapporto
- sia ai criteri di difesa dei diritti e di
semplificazione delle procedure (per rendere più
trasparenti le regole che riguardano il rapporto
di lavoro e più veloci le modalità di
distribuzione delle risorse e di retribuzione
delle attività dentro le scuole),
- sia alla prima proposta dell’ARAN che
giustamente le OOSS avevano valutato come
irricevibile. Veniva infatti prefigurato un tipo
di scuola in cui tendeva a scomparire
l’autonomia negoziale e che faceva perno su una
considerazione del dirigente scolastico più
figura di comando che di governo, più longa manus
dell’amministrazione che leader di una scuola
autonoma. Si riconsiderino al riguardo le prime
proposte sulla individuazione delle funzioni
strumentali e l’articolo sulle relazioni
sindacali a livello di istituto. Il quale, per
come era formulato, costituiva di fatto una
violazione di legge e di impegni formali del
Governo in materia.
Sotto il profilo economico, c’erano poi i
pesanti vincoli della finanziaria. E tuttavia il
nuovo contratto è riuscito a garantire aumenti
mensili medi del tutto insperati fino a un mese
fa.
Rispetto infine allo sviluppo di carriera, vorrei
richiamare in primo luogo sia il livello di
approssimazione di una proposta ARAN - che ne
legava gli sviluppi nientemeno che ai risultati
degli alunni – sia il fatto che risorse in campo
non ce n’erano; e ciò per dire che non andrebbe
in proposito sottovalutato l’impegno a insediare
una commissione paritetica per la elaborazione di
un piano entro la fine dell’anno.
1.
Ciò premesso e entrando nel cuore del discorso,
segnalo in primo luogo la scomparsa anche formale
della figura del vicario. In proposito in
Contratto si è di fatto allineato a quanto
prevede l’art. 25 del D.L.vo 165/2001 (c’era
stato già nel giugno 2000 un parere in questo
senso del Consiglio di Stato) che parla di
collaboratori individuati dal DS e non considera
la funzione vicaria contemplata invece dai Decreti
Delegati del ‘74. E’ noto che il passaggio
alla dirigenza ha comportato tale superamento in
virtù del principio che in ogni caso il DS
risponde direttamente del funzionamento
dell’Istituto e dei risultati. In caso di
assenza prolungata il CCNL dei DS prevede, come si
sa, l’istituto della reggenza.
Tra parentesi: l’ARAN nella bozza del 6 maggio
aveva proposto che l’incarico di collaboratore
vicario venisse conferito al docente scelto dal
Collegio Docenti entro una rosa di tre nomi
formulata dal Dirigente scolastico. Per dire il
livello di capacità propositiva della delegazione
di parte pubblica!
Il compenso previsto nel contratto precedente per
il collaboratore vicario (in misura pari a quello
delle funzioni obiettivo) resta alla scuola che ne
dispone per compensare le “funzioni
strumentali”.
Il contratto non riconsidera la questione degli
esoneri o semiesoneri attribuiti, ad oggi, al
vicario ove ci sono le condizioni previste dal
testo unico. Scomparendo la figura del vicario, la
materia dovrebbe essere ridefinita per legge.
E’evidente che questa risorsa, rispetto alla
quale nessuno scambio potrà essere consentito
(assicurazioni formali sembra siano state fornite
in proposito), dovrà essere confermata e
ridistribuita tra i collaboratori del DS.
2. La questioni dei collaboratori è stata
affronta negli stessi termini del Contratto
Integrativo del marzo 2001:
- vengono individuati dal DS che delega loro
compiti specifici
- le “collaborazioni sono riferibili a due unità
di personale retribuibili, in sede di
contrattazione di Istituto, con i finanziamenti a
carico del fondo per le attività aggiuntive”
(art. 85, c. 2, lettera e.).
E’ ipotizzabile anche che il numero dei
collaboratori possa essere superiore alle due unità
qualora i compiti specifici delegati siano
relativi ad “attività deliberate dal CdI o di
circolo nell’ambito del POF”. E’ quanto
prevede la lettera j. del c. 2 dell’art. 85
relativo a “Indennità e compensi a carico del
fondo d’Istituto” che chiarisce altresì la
previsione in questi casi di compensi ad hoc.
Quest’ultima possibilità non annulla però le
riserve su una scelta che rischia di ledere
l’autonomia del dirigente scolastico in ordine
alla individuazione dei collaboratori. Se il
problema – reale – era quello di definire il
budget per le attività di collaborazione secondo
criteri di equilibrio nella distribuzione del
Fondo di istituto, la soluzione poteva essere
cercata – come pure è stato proposto durante la
trattativa - non già nella rigida determinazione
del numero, ma appunto in una previsione
ragionevole di risorse finanziarie, opportunamente
gestibili - per questa tipologia di attività -
attraverso la contrattazione di Istituto.
Probabilmente l’intera partita delle figure
professionali - sia di organizzazione e gestione
sia di coordinamento didattico e di presidio di
aree strategiche del POF – si sarebbe forse
dovuto affrontare senza logiche da riserva
indiana: la distinzione dei ruoli e delle
competenze perché mai dovrebbe significare
esclusione e separatezza su terreni di interesse e
impegno comune come sono quelli della
organizzazione gestione o del
coordinamento-presidio? Ma questi sono
interrogativi per il futuro.
3. Il discorso dei collaboratori rinvia, per
alcuni versi, a quello sulle funzioni strumentali.
In proposito va rilevato che
- scompare, oltre alla denominazione di
funzioni-obiettivo del vecchio contratto, il
riferimento alle quattro aree in cui l’esercizio
delle funzioni doveva svilupparsi
- scompare il riferimento al requisito della
formazione e alla verifica dell’incarico e
l’espletamento della funzione non è più
valutabile ai fini dell’accesso agli incarichi
in altre scuole e ai fini dell’accesso alla
dirigenza scolastica (art. 28, c.5 del vecchio
contratto)
- criteri di attribuzione, numero e destinatari
vengono deliberati dal Collegio Docenti “in
coerenza col POF”
- i compensi vengono definiti dalla contrattazione
di istituto.
Alle considerazioni prima svolte, va aggiunto che
i cambiamenti introdotti rispetto al precedente
contratto, se sono di segno positivo per quanto
riguarda il superamento delle 4 aree (e ciò perché
si eliminano inutili paletti e si amplia di fatto
l’orizzonte di possibilità nell’utilizzo
delle risorse legate alla
elaborazione-gestione-verifica del POF), non fanno
certo registrare passi in avanti rispetto
all’idea di scuola come organizzazione.
Risultano infatti indebolite le “funzioni”
che, individuate per la prima volta col contratto
precedente, avrebbero dovuto evolversi verso un
sistema di figure intermedie – che non vuol dire
gerarchiche o sovraordinate, non essendo
piramidale l’assetto organizzativo che abbiamo
in mente - funzionali alla scuola dell’autonomia
e all’accresciuta complessità dei suoi compiti.
Una evoluzione come quella qui ipotizzata avrebbe
però richiesto certamente risorse finanziarie
aggiuntive a quelle messe a disposizione del
contratto. E questo aiuta a capire, se non a
condividere le scelte in proposito. Resta tuttavia
la sensazione che su tale terreno si poteva
opporre una maggiore resistenza. Non va
dimenticato che la proposta di sostanziale
smantellamento delle funzioni obiettivo è stata
fatta dalla stessa ARAN che tra l’altro, nella
prima versione, aveva eliminato la distinzione tra
funzione obiettivo e funzioni
organizzativo-gestionali, per attribuire
inopinatamente (per le considerazioni prima
svolte) al DS la individuazione di tutte le
funzioni, fatte rientrare nella denominazioni di
funzioni strumentali.
4. L’ultimo campo di analisi che qui si intende
considerare è quello relativo alla contrattazione
di scuola. Qui il problema era quello di superare
le ambiguità del contratto precedente -
riconducibili alla novità dell’istituto -, allo
scopo di far emergere il valore della
contrattazione di scuola come strumento di governo
democratico, coerente con l’idea di scuola come
organizzazione e di contrastare i momenti di
conflittualità verificati in questi primi anni di
esperienza. Vedremo nel prossimo anno scolastico
se questo obiettivo sarà raggiunto. Sapendo che
molto (ovviamente, non tutto) dipenderà dalle
capacità negoziali del DS e dalla natura della
sua leadership.
Qui interessa evidenziare, a proposito delle
materie di contrattazione, che l’attenzione è
opportunamente spostata su modalità e criteri,
lasciando al dirigente scolastico le responsabilità
della gestione e della coerenza tra scelte
gestionali e criteri operativi e l’obbligo di
risponderne. Mentre sugli aspetti procedurali, va
valutata positivamente che debba essere il DS a
formalizzare una propria proposta contrattuale
“entro termini congrui con l’inizio
dell’anno scolastico, e, in ogni caso, entro i
successivi dieci giorno lavorativi decorrenti
dall’inizio delle trattative” e che “decorsi
venti giorni dall’inizio effettivo delle
trattative, le parti riassumono le rispettive
prerogative e libertà di iniziativa”.
Luci ed ombre, quindi, su versanti contrattuali
che attengono al ruolo del DS e all’autonomia
scolastica come questione organizzativa e
gestionale.
Probabilmente in un contratto di docenti e ATA –
che in ogni caso coglie risultati importanti su
parecchi fronti – le criticità rilevate
potranno risultare a qualcuno poca cosa. E invece
non vanno sottovalutate perché riguardano
questioni che investono anche la qualità dei
processi dentro la scuola dell’autonomia e
interessano settori tra i più impegnati, esperti
e disponibili dell’universo docenti la cui
domanda di valorizzazione va considerata con
grande attenzione.
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