RECENSIONI
PARALLELE
Fonte: sito web
Andis - 18 dicembre 2002
Recentissimamente,
ci son capitati tra le mani due volumi freschi di
stampa che, letti dopo lo svolgimento
dell’ultimo convegno dell’ANDIS (28° - Ischia
13-15 novembre 2002) ne hanno esaltato il valore e
soprattutto la scelta del titolo, "Dirigenza
scolastica e identità professionale",
effettuata quando i libri non erano ancora sotto
le macchine stampatrici.
Ci
complimentiamo con noi stessi, col Direttivo
nazionale dell’ANDIS che, in un momento in cui
la disciplina della dirigenza statale ha, appena
negli ultimi mesi, ridisegnato ruolo e funzione
del dirigente statale, soprattutto in tema di
conferimento degli incarichi e della responsabilità
dirigenziale e, quindi, anche del dirigente
scolastico, ha pensato di riflettere sulla sua
identità professionale.
La
legge 145 del 15 luglio 2002 ("Disposizioni
per il riordino della dirigenza statale e per
favorire lo scambio di esperienze e
l’interazione tra pubblico e privato") ha
modificato la recente legge 165 del 30 marzo 2001
la quale, a sua volta, costituiva una sorta di
"testo unico" o, più precisamente, un
testo di norme riunite ("Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle Amministrazioni pubbliche") a partire
dal d.lgs. 29\93 e via via dai successivi decreti
legislativi: 470\1993; 546\1993; 80\1998;
387\1998.
Il
dirigente scolastico ha mutato veste proprio nel
pieno dell’ultima ridisegnazione della dirigenza
pubblica attraverso, appunto, la legge 145\2002.
Tuttavia,
un ordine del giorno accolto dal Parlamento ed
esplicitato poi nella circolare del Ministero
della Funzione pubblica n. 182 del 1° agosto
2002, applicativa della medesima legge, aveva
espressamente escluso, al punto 4\c - che richiama
l’ambito applicativo dell’art. 3, 7 co. della
più volte richiamata legge 145 – i dirigenti
delle istituzioni scolastiche, che hanno acquisito
la qualifica dirigenziale ai sensi del d.lgs. n.
59 del 6.3.98, dal cosiddetto spoils system.
In
questo turbinoso avvicendarsi di norme, i due
volumi pubblicati tra ottobre e novembre di
quest’anno contribuiscono, apportando ulteriori,
importanti elementi di chiarezza, ad approfondire
il tema oggetto del Convegno dell’ANDIS,
idealmente e involontariamente continuandolo:
l’uno sul piano squisitamente normativo,
l’altro sul piano professionale.
Parliamo
dei volumi "La dirigenza statale". Alla
luce delle disposizioni normative contenute nella
legge 5 luglio 2002, n. 145, di Bruno Valensise,
Giappichelli Editore, Torino,
della collana "Legislazione oggi"
diretta da Paolo Cendon (finito di stampare
nel mese di ottobre 2002); e
"Leadership senza gerarchia" –
Riflessioni sul management scolastico, di Roberto
Serpieri, Liguori Editore, Napoli, con la
presentazione di Luciano Benadusi (finito di
stampare nel mese di novembre 2002).
I
due volumi che dovessero capitare insieme sotto
gli occhi del lettore verrebbero percepiti come
complementari, al di là delle intenzioni degli
stessi autori che lavorano, operano e ricercano in
ambiti diversi, distinti e distanti.
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L’Autore
del primo volume, Bruno Valensise, è dirigente
statale, dottorando di ricerca in Diritto
Costituzionale presso la Facoltà di
Giurisprudenza dell’Università degli Studi di
Ferrara ed è cultore della materia di Diritto
Amministrativo presso l’Università di Roma Tre.
Scrive per alcune riviste giuridiche e conduce
studi sui problemi attinenti la pubblica
amministrazione.
Il
Nostro parte con una puntuale analisi
dell’evoluzione normativa sulla dirigenza
statale esaminandone tutte le sfaccettature:
dall’abbandono del modello organizzativo
gerarchico-piramidale al valore giuridico
dell’autonomia e del decentramento decisionale;
dai poteri e dalle responsabilità dei dirigenti
alla dimensione giuridica della privatizzazione
del rapporto di lavoro, ripercorrendo le tappe
fondamentali, soprattutto a partire dagli anni
Novanta e, quindi, necessariamente dal D.lgs.
29\93 (ora D.lgs. 165\2001).
Ben
due capitoli, poi, il secondo e il terzo, i più
lunghi, sono dedicati agli incarichi dirigenziali:
rispettivamente al quadro giuridico attuale e ai
profili giurisdizionali.
Due
lunghi e densi capitoli che affrontano
puntualmente e con un’apprezzabile competenza
tutti gli aspetti di quella che è e rimane una
fattispecie complessa.
Un
ultimo capitolo è dedicato alla responsabilità
dirigenziale partendo dal d.P.R. 30.6.1972, n. 748
fino alla legge n. 145 del 15.7.2002, passando per
il D.lgs 29\93, e quindi per il D.lgs. 165\2001,
per quanto riguarda il sistema dei controlli, la
valutazione dei dirigenti, gli obblighi e le
sanzioni connessi al raggiungimento dei risultati.
La
Parte II del volume riporta la legislazione
essenziale: la legge 145\2002; la circolare del
Ministero della funzione pubblica dell’1.8.2002;
un estratto del D.lgs 165\2001; il CCNL per il
quadriennio 1998-2001 del personale dirigente
dell’Area 1.
Alcuni
indici utili: delle fonti normative; della
giurisprudenza; della bibliografia e analitico
completano il testo di 324 pagine (escluso il
sommario).
Il
volume ben documentato e strutturato non è di
difficile lettura.
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Del
secondo volume, Leadership senza gerarchia, è
autore Roberto Serpieri, Ricercatore presso il
Dipartimento di Sociologia. Insegna
"Formazione e gestione delle risorse umane
nelle organizzazioni" e "Politiche e
istituzioni dei sistemi educativi" presso la
Facoltà di Sociologia dell’Università
"Federico II" di Napoli.
Gli
interessi dell’Autore sono rivolti in
particolare all’ambito delle organizzazioni e
alla dirigenza pubblica, specie quella scolastica.
Tra
le altre opere di cui è autore: La nuova
dirigenza locale, con G. Scognamilgio, CEI,
Bergamo, 1992; Organizzare la scuola
dell’autonomia, curato con L. Benadusi,
Carocci editore, Roma, 2000.
L’autore
guarda alla scuola come a un’organizzazione
senza gerarchia che oscilla tra management e
professione, in cui, tuttavia, occorre definire la
forma di leadership che può assumere la
specificazione di "scolastica".
Il
libro affronta problemi di teoria della leadership
e, ripercorrendo la vasta letteratura della
leadership nelle organizzazioni scolastiche, ne
coglie i tratti, talvolta palesi ma più spesso
nascosti, di una specificità che non può essere
sbilanciata esclusivamente sul managerialismo,
sull’organizzatorio, sull’amministrativo e li
orienta in una visione prospettica di superamento
della cura esclusiva dell’organizzazione dal
punto di vista "della managerializzazione,
della razionalizzazione, della (quasi-)
mercatizzazione" (dalla Prefazione al libro)
che condurrebbe, inevitabilmente, a una sorta di
"nichilismo pedagogico".
L’approdo
è quello di una "rivitalizzazione delle
logiche e del discorso professionali" e una
"rivisitazione della leadership, come luogo
denso di democratizzazione dei valori e delle
pratiche" che potrebbero costituire efficaci
forme di antidoto.
Il
volume apre con un primo capitolo che disegna uno
scenario "all’interno del quale si pone la
questione della leadership scolastica in
concomitanza con le spinte sulla sua
managerializzazione"
Il
successivo capitolo cerca di rispondere alla
domanda "quanto conta la leadership"
quella organizzativa, in genere, e quella
scolastica, in particolare, di cui si esaminano
gli approcci.
Il
terzo e il quarto capitolo, più propriamente
teorici e di ricerca, sono dedicati
rispettivamente a due dei principali filoni
(quello delle micropolitiche e quello
trasformazionale) che hanno fatto della leadership
nelle scuole il loro oggetto di analisi.
È
nel capitolo quinto che ci si chiede "come la
leadership possa essere intesa un luogo di
condotte strategiche di una serie di attori
‘competenti’ – non solo i dirigenti -,
ovvero protagonisti della vita scolastica, che
interagiscono in dati contesti ed in risposta a
pressioni strutturali e istituzionali" (dalla
Prefazione).
Nel
capitolo sesto si offre un’ipotesi di lettura
della leadership scolastica come competenze
mediate tra le istituzioni e le identità sociali
e personali.
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NOTE
A MARGINE
La
difesa della specificità dell’Area V, in cui è
collocata la dirigenza scolastica, in termini
contrattuali, trova in questo libro, soprattutto
nel capitolo quinto, una forte motivazione
professionale che non può certamente essere
vanificata o condizionata dalle rivendicazioni
salariali, ammesso, ma assolutamente non scontato,
che l’entrata in un’Area diversa – nella
prima, per esempio – possa risolvere almeno solo
i problemi salariali; anzi, e in aggiunta, ne
ripresenterebbe altri, quali per esempio lo
spoils-system.
Riteniamo
che l’identità professionale e lo spessore
culturale, contenuti specifici della leadership
educativa, a prescindere dall’Area di
collocazione, devono comportare –
necessariamente, inevitabilmente e
conseguentemente – delle forti rivendicazioni
salariali.
Il
problema, tuttavia, è quello di far capire agli
altri, Governo e Sindacati (a qualcuno in
particolare) questo elementare principio.
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