Commento
sul disegno di legge
di
riforma degli Organi collegiali
Sito
web ADI - Associazione Docenti Italiani - marzo
2003
L’ADi
riconosce che
il disegno di legge, eliminando
la prescrittività di alcuni organi,
costituisce
un primo parziale
tentativo di
snellire
il governo delle istituzione scolastiche
e ritiene che affidare alle scuole
l'individuazione e la definizione degli organismi
più funzionali ai propri progetti educativi possa
favorire il passaggio da una collegialità
ritualistica ad una sostanziale. Eliminare la
prescrittività, d'altro canto, non significa
abolire ad esempio i consigli di classe (come si
dice), ma più semplicemente non imporli, e non
imporre, qualora li si voglia riattivare, i modi e
i tempi entro cui erano stati confinati
da leggi e contratti. Starà all’autonoma
capacità organizzativa dei docenti darsi, senza
rigidità di vincoli aprioristici, la possibilità
di organizzarsi al meglio, di uscire dalle secche
dei ritualismi,
di ricercare modalità di lavoro che favoriscano
la costruzione di una vera “comunità
professionale”.
Aumentare le possibilità di scelta significa
accrescere l'autonomia delle scuole.
Ciò
premesso rileviamo:
-
Una
questione preliminare: il mancato rispetto del
nuovo art.117 della Costituzione. Secondo
il nuovo articolo 117 della Costituzione, lo
Stato, in materia d’istruzione, può solo
definire le “norme
generali” e i “principi
fondamentali”. La restante potestà
legislativa è trasferita alle Regioni, fatta salva
l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
L’articolo 1 comma 2 del presente disegno di
legge richiama tale norma, specificando che
“Le
disposizioni della presente legge
costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell’articolo 117,
terzo comma, della Costituzione. Le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano
esercitano la propria potestà legislativa nel
rispetto dell’autonomia delle istituzioni
scolastiche”. Dovremmo pertanto
trovarci di fronte a un
testo di “principi fondamentali”,
ossia di concetti generali che si pongono a
fondamento delle successive norme. Ma proprio
qui nascono i primi problemi. Si può
considerare
un “principio fondamentale” la
disposizione che definisce dettagliatamente la
composizione del Consiglio della scuola in 11
membri minuziosamente individuati? Si può
considerare un “principio fondamentale”
l’indicazione meticolosa della composizione
del “nucleo di valutazione”? E ancora può
considerarsi un principio fondamentale la
formulazione puntuale di tutti i compiti del
Consiglio di scuola? Queste domande potrebbero
continuare. Ma non basta. Se su queste
disposizioni interverranno ulteriori leggi
regionali, come la Costituzione prevede, ci si
chiede cosa rimarrà all’autonomia delle
scuole (costituzionalmente garantita!) se non
l’indicazione del colore delle calze e dei
calzini degli 11 membri del Consiglio.
Purtroppo il dibattito sull’autonomia
stenta a decollare, sia nell’uno che
nell’altro schieramento politico. E’
invece, a nostro avviso, di fondamentale
importanza perché si inserisce in una vicenda
più complessa e preannuncia la fine del
modello di scolarizzazione e alfabetizzazione
messo a punto in questi ultimi secoli nel
mondo occidentale.
Occorre che si diffonda la cultura
dell’autonomia, e insieme ad essa
l’opposizione a qualsiasi progetto che la
mortifichi, nella fattispecie non solo molti
aspetti di questo disegno di legge, ma anche
la legge delega di riforma della scuola, nonché
il progetto di nuova revisione costituzionale
varato dal Consiglio dei Ministri nel dicembre
2001, il quale
affida la “gestione
degli istituti scolastici” alle Regioni.
Se saranno le Regione a gestirli, non saranno
più, sicuramente, autonomi!
-
Non
si sono fatti fino in fondo i conti con i
limiti e i fallimenti degli Organi Collegiali
del 1974.
Questo disegno di legge non
analizza e non trae fino in fondo le
conseguenze del fallimento degli attuali
organi collegiali, del progressivo svuotamento
della partecipazione dei genitori e degli
studenti (le peripezie dei capi d’istituto
per accalappiare qualche genitore da
eleggere nei vari consigli è cosa
nota, così come è nota la caduta verticale
dei votanti). Noi chiediamo invece che si
prenda con coraggio atto che la gestione
partecipativa anni ’70 è conclusa. Pur non
sottovalutando il fatto che in tutti i Paesi
europei gli organi di governo della scuola
vedono la partecipazione di genitori e
studenti, riteniamo che
la nuova ricerca di soluzioni debba in primo
luogo fare i conti con la nostra vissuta
esperienza e con una spassionata analisi dei
fallimenti che abbiamo registrato . Noi
riteniamo che a genitori e studenti vada
assegnato un ruolo sostanziale più importante
e meno ritualistico. Devono essere garantite
loro tutte le possibili autonome forme di
aggregazione e di associazione all’interno
della scuola e fra scuole, devono essere
assicurate loro tutte
le opportune strumentazioni, comprese
le tecnologie informatiche, per facilitare i
contatti e la comunicazione, deve essere garantita
la disponibilità della scuola al confronto,
all’ascolto e alla tempestiva valutazione
delle loro richieste e/o rimostranze.
Riteniamo però che vada anche
con chiarezza
dichiarato che la responsabilità del
governo della scuola è di coloro che,
dirigente scolastico, operatori della scuola e
Ente locale, di essa rispondono in modo
continuativo e lo devono fare di fronte alla
società, non solo a chi, in un momento
specifico della propria vita, frequenta o
entra in contatto con la scuola.
-
Va
affermata ed esplicitata l’esigenza di
un’adeguata organizzazione tecnico
scientifica fondata anche su specifiche e
certificate competenze dei docenti. Un
efficace gestione della scuola deve poter
contare non solo su un dirigente scolastico
adeguato e qualificato, ma su una leadership
professionale
dei docenti, capace di sostenere
le complesse esigenze delle scuole
autonome, in primo luogo quelle culturali. Ciò
significa che assieme alla
responsabilità del dirigente
scolastico va affermata anche
quella di una competente fascia della
docenza (comprendente anche
la figura del vicario) che costituisca
un vero e proprio sviluppo di carriera. Vale
la pena di ricordare che i dirigenti
scolastici sono diventati tali attraverso una
legge, la L.59/97 istitutiva dell’autonomia
scolastica, e che quella stessa legge
stabiliva che lo sarebbero diventati “in
connessione con l’individuazione di nuove
figure professionali del personale docente”(art.
21 comma 16).
E’ dunque tempo che siano istituite queste
”figure
professionali”, per non lasciare al solo
dirigente la gestione della scuola. I “contenuti
e le specificità” di queste figure,
vanno individuati, come è stato per la
dirigenza, attraverso strumenti legislativi.
Il modo d'intervenire più appropriato è una
ridefinizione dello stato
giuridico
che tenga conto delle nuove funzioni
che gli insegnati sono chiamati a svolgere
nella scuola dell'autonomia. E' interessante
notare che l'attuale stato giuridico risale ai
Decreti delegati del 1974, esattamente come
gli organi collegiali che si stanno cambiando.
-
La
questione valutativa e i “ Nuclei di
valutazione del funzionamento dell’istituto”.
Nella prospettiva dell’autonomia, ossia
della “scuola del progetto”, la questione
valutativa diventa centrale. Non si può
progettare senza valutare, né si può
diffondere fra i docenti l’etica della
responsabilità se non si stabiliscono
rigorosi strumenti e qualificate modalità di
valutazione dell’attività educativa. Ciò
premesso, occorre però distinguere con
chiarezza due processi. Il primo, interno alla
scuola e strettamente connesso alla
progettazione curricolare e didattica, che si
esplica sia nella valutazione degli
apprendimenti sia come autovalutazione dei
docenti, sia come autoanalisi di istituto . Queste
valutazioni competono
agli insegnanti e agli apparati
tecnico scientifici liberamente
individuati e costituiti dalla scuola. E sono
strumento indispensabile di miglioramento. Il
secondo che dovrebbe sostanziarsi in una
valutazione istituzionale affidata ad
organismi o agenzie esterne alla scuola,
altamente qualificate e competenti,
debitamente accreditate e in collegamento con
l’INVALSI. Come è avvenuto
in tutti i Paesi, dove all’autonomia
delle scuole è corrisposta l’assunzione da
parte dello Stato o delle Regioni della
responsabilità della valutazione
dell'efficacia e dell'efficienza del servizio
erogato dalle singole istituzioni autonome.
Riteniamo, pertanto, che l’ibrido “Nucleo
di valutazione del funzionamento
dell’istituto”, composto da un genitore
“Garante”, da un docente e da un esterno
deciso dal Consiglio di scuola, sia non solo
strumento inefficace, ma anche concettualmente
sbagliato e come tale da eliminare.
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Le
modalità e le sedi per la valutazione
collegiale degli alunni devono essere definite
dal Collegio dei docenti. C’è
ambiguità nel testo su chi debba decidere le
sedi collegiali idonee per la valutazione
degli alunni. Noi riteniamo che esse debbano
essere esplicitamente lasciate alla
responsabilità decisionale del collegio e
vadano collegate all’attività di
progettazione.
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Da
organi di partecipazione a organi di servizio:
l’attività svolta va retribuita. L’ipotesi
da noi formulata è quella di organi non di
partecipazione “politica”, ma
di servizio a sostegno
dell’autonomia. In questa impostazione, che
richiede professionalità e specifiche
competenze, il lavoro svolto in questi organi
deve essere
retribuito.
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