"Palena, viaggio nella memoria" è lieta di ospitare nel proprio sito una meritevole iniziativa che si svolge sia nella versione stampata che in questa telematica, tesa a valorizzare i valori fratellanza e comunanza delle genti dell'Alta Valle Aventino fra cui Palena, segnalando via via, l'attualità, i ricordi, le iniative culturali e tutto quanto rappresenta la realtà e la storia delle genti di questa terra d'Abruzzo, con un occhio particolare alle comunità di emigranti sparsi un pò per tutto il mondo.

 

LA VOCE DELL'AVENTINO

Bollettino interparrocchiale

Periodico della fraternità tra i residenti ed emigranti
delle Comunità dell'Alta Valle dell'Aventino

 

Cime della Porrara, anticamente Palleno. Alle sue pendici, le sorgenti dell'Aventino

In questo numero speciale novembre 2000:

Sodalizio degli Abruzzesi e il Grande Giubileo
Origini della Perdonanza
San Nicolò da Forca Palena

Inserto (La chiesa nella storia)

SODALIZIO degli Abruzzesi e il GRANDE GIUBILEO

Come tutte le parrocchie, le associazioni e i movimenti ecclesiali, anche gli appartenenti al nostro Sodalizio "San Camillo de'Lellis" si preparano a ricevere l'indulgenza giubilare, con una particolare celebrazione liturgica nella Basilica di San Pietro, in Vaticano.

La Basilica di Collemaggio a L'Aquila

Gli abruzzesi, che già conoscono e partecipano ogni anno al perdono celestiniano nella basilica di Collemaggio a L'Aquila, sentono vivamente il significato e l'importanza di questo Giubileo universale, che segna non solo la fine di un secolo, ma anche quella di un millennio.

Essi, devoti come sono del papa abruzzese San Celestino V, che ebbe una primitiva ispirazione della grazia giubilare, che va sotto il nome di Perdonanza (privilegio ripreso poi ed esteso nel tempo dal papa Bonifacio VIII) sanno che l'Anno Santo è un tempo forte di salvezza, in cui la misericordia di Dio verso gli uomini peccatori è concessa con maggiore liberalità. Un anno, in cui la Chiesa mette a disposizione dei credenti il suo ricco tesoro, cioè i meriti di Cristo, di Maria e dei Santi, perché siano aiutati nel loro cammino di perfez ione, di pentimento e di remissione totale delle proprie colpe e delle pene temporali meritate per i peccati:

L'eremita Pietro da Morrone, il futuro papa Celestino V in un antico codice miniato del XIV secolo.

Il compito della Chiesa in questo periodo sacro è quello di preparare i fedeli a convertirsi a Dio e a ricevere più fruttuosamente la grazia del suo perdono - la grande indulgenza plenaria - mediante l'indicazione delle preghiere e delle opere buone che essi devono fare, non per meritare l'indulgenza (questa non si "merita ", perché resta sempre un dono gratuito di Dio!), ma per disporsi a riceverla, quale segno dell'amore misericordioso di Dio e frutto della morte e risurrezione di Gesù.

Infatti, l'indulgenza giubilare non agisce meccanicamente, come se fosse una potenza magica (così talvolta credono alcuni cristiani e pensano generalmente i laicisti), ma richiede che l'uomo sia disposto a ricevere la grazia di Dio e si impegni sinceramente a vivere da vero cristiano nella fede, nella preghiera, nelle opere di carità e in qualche sacrificio rilevante. Pertanto è essenziale all'Anno Santo lo spirito penitenziale e di conseguenza un senso vivo del peccato, come offesa a Dio e rifiuto del suo amore; occorre pure la consapevolezza della necessità di essere purificati dal male e di rientrare nell’amicizia di Dio attraverso un processo di conversione, che sia l’inizio di una vita nuova di fede e di carità.

Mons. Francesco Di Felice

Assistente Ecclesiastico

 

Alla luce degli ultimi studi sulle origini del Giubileo

Si conferma che sui monti dell'Abruzzo Célestino V abbia ideato la Perdonanza

Non poteva essere diversamente. È sempre oggetto di studio l'origine del Giubileo, specie nel corso di quest'anno che celebra il Grande Giubileo del bimillenario.

L'originale bolla papale emessa da Celestino V

Anche questo settimanale ha dedicato vari scritti all'argomento tra cui un interessante articolo del 3 ottobre scorso, nel quale è stata riesumata l'originale tesi storica che l'idea del Giubileo - grandiosa "invenzione" di Celestino V - è stata concepita sulla montagna di Palena (CH), il Monte Pallanio, ora monte Porrara situata all'estremità interna della Maiella orientale. Nei pressi dell'antico paesetto di Forca Palena abbandonato nel Medioevo dopo un terribile terremoto, vi è il Santuario della Madonna dell'Altare a 1.278 mt. di altitudine, costruito nel XIV sec. dai Celestini per perpetuare la memoria del primo eremitaggio di Pietro di Angelerio di Isernia, poi Celestino V e S. Pietro del Morrone, fondatore del loro Ordine religioso.

In quel luogo, il santo fanciullo, dal 1235, ravvisò un nuovo Eden e si dedicò a vita meditativa e di preghiera penitente come eremita per un triennio maturando il convincimento che l'umanità dovesse rinnovarsi interiormente per vivere l'essenziale rapporto con Dio nella riconciIiazione personale, sociale ed ecclesiale. Ed ebbe la mirabile idea che ciò potesse avvenire mediante il perdono generale da lucrare in una celebrazione solenne religiosa, giubilare, come motivo di interiore rinnovamento personale.

Non risulta che gli innumerevoli storiografi, storici, agiografie cultori della materia e del personaggio,

attualmente anche in funzione mondana del turismo più o meno religioso e gli abruzzesi in genere, abbiano colto il significato di tale particolare, apprezzandone l'intima essenza. Senonché tale tesi storica, ripresa dall'estensore della nostra nota ha avuto recentemente autorevole ed ampia conferma nel pregevole libro "Due Papi per un Giubileo" della prof. Chiara Frugoni, esimia studiosa del Medioevo, docente nella IIa Università di Roma, che è stato pubblicato dall'editore Rizzoli nel marzo scorso. La grande medievista ha raccontato con efficacia e rigore storico le origini del primo Giubileo della storia della Chiesa ed ha dimostrato che va attribuita a Pietro di Angelerio di Isernia la "invenzione" del Giubileo, che poi altri Papi hanno istituzionalizzato ad iniziare da Bonifacio VIII, successore di Celestino V, con la Bolla d'indizione dell'indulgenza plenaria accordata per I'intero anno 1300 poi definita Giubileo del primo Anno Santo della storia.

All'uscita, il libro è stato segnalato tra le novità bibliografiche e recensito nella pagina culturale. della rivista Panorama del 30/3/2000 come rivelazione della "sorpresa che l'idea delle indulgenze plenarie, da allora legate all'Anno Santo, non è da attribuire, come tutti pensano a Bonifacio VIII, ma al predecessore Celestino V". E ciò, poiché questo Papa di cui tanto è stato discusso nei secoli successivi, appena 15 giorni dopo l'elezione al soglio pontificio, nel giorno che lo ha consegnato alla storia con l'incoronazione avvenuta, domenica 29 maggio 1294 in Collemaggio a L'Aquila, compì il primo atto ufficiale, uno straordinario gesto, per attuare la remota idea di 60 anni prima, elargendo una grazia speciale, un dono munifico senza precedenti, al popolo accorso ad acclamarlo: la grande "Perdonanza", un'indulgenza plenaria consistente nel condono di tutte le pene da scontare per i peccati commessi, così da riportare istantaneamente gli uomini all'innocenza del battesimo ed iniziare la salvezza dell'umanità.

Una rappresentazione della Perdonanza

Celestino V si era certamente ispirato all'indulgenza cosiddetta della Porziuncola, la straordinaria concessione che S. Francesco d'Assisi aveva ottenuto da Papa Onorio III a Perugia nel 1216, nonostante la sua ferma e fiera avversione per qualsiasi privilegio della Curia romana. Consisteva nell'indulgenza elargita a coloro che avessero visitato S. Maria della Porziuncola (S.Maria degli Angeli) in Assisi, dai Vespri del 1° agosto, anniversario della consacrazione. della chiesa, a quelli del giorno successivo. Evento straordinario poiché in passato l'indulgenza plenaria era stata concessa in circostanze eccezionali soltanto a chi partiva per rischiare la vita per la fede, ai Crociati ed ai combattenti in occidente contro altri nemici della cristianità. Ma è inoppugnabile che Celestino V attuò la ferma idea remota della "Perdonanza" essenza del Giubileo, che aveva concepito e coltivalo su questa montagna d'Abruzzo nei secoli considerata sacra dalle genti.

Giovanni Scarpelli

 

San Nicolò da Forca Palena

Prima di trasferirsi a Palena, capitale di altri Castelli (città a quel tempo ben fortificata, cui la potenza di un Conte e la protezione efficace di un Vescovo Valvense, mons. Bartolomeo Scala, davano sicurezza e splendore), San Nicolò visse nel castello nominato Forca, di cui le casupole venivano a mano a mano distrutte o guaste dalle scorrerie e dai saccheggi continui delle compagnie di Ventura. Fondatore della Chiesa di San D'Onofrio in Roma, S. Nicolò fu innalzato da Papa Clemente XIV agli onori degli altari nel 1771. Morì centenario nel 1449.

Quali fossero i suoi genitori, quale il suo cognome, quale la professione dei suoi parenti nulla la storia racconta. Certo è che Nicolò nacque d'onestissimo parentato e fama di segnalata bontà. Ricevette educazione fortemente religiosa e si dedicò a studi umanistici. Quando scese alla Universitas palenensis (così chiamata perché tutte le ville adiacenti si raggruppavano nella piccola conca ove si adagiava Palena col suo turriro castello). Nicolò aveva circa trenta anni.

In Palena il Santo iniziò la sua formazione clericale ed acquistò quello slancio alla vita mistica che i monti, la valle, il verde, il bosco, la pietra, il mare gli cantavano d'intorno. Nel ventennio sacerdotale quale concurato della Chiesa di S.Antonio, trascorso a Palena, Nicolò visse in grande stima. II Vescovo Corsignani dice: "fu il sacerdote che tutto si dedicò alla salvezza delle anime, giovando così anche ai suoi concittadini". Dopo aver visitato con animo di pellegrino povero e sprovvisto i luoghi consacrati in Roma dal sangue dei Martiri, qui il suo spirito credette di trovare ampio orizzonte di luce ascetica e mistica che nel profondo, come voce divina, presentiva.

Da Roma San Nicolò andò a Napoli, dove fu fondatore del Convento di Santa Maria delle Grazie e dove, presso la piazza di S. Aniello, fece sorgere un ospizio. Di nuovo a Roma e da Roma a Firenze, l'Uomo di Dio (che aveva lasciato il paesino steso ai piedi della brulla Maiella) viene dalla Provvidenza, vigile e solerte, condotto quasi per forza nei centri più grandi ed affollati d'Italia.

Da Firenze (dove fu fondatore di due Conventi) aveva comprato una vigna nelle vicinanze del Gianicolo, in Roma; più tardi acquistava altre zone, sicchè poteva dirsi possessore di una gran parte del Gianicolo.

Incominciava, così, la fabbrica della Chiesa di San D'Onofrio (di cui fu priore) e presso l'annesso convento omonimo Nicolò trasferì la sua nuova dimora, dove, nella visione della città sottostante si spense dolce e silenzioso come un'anima in pace.

Per tre giorni il corpo di Lui fu tenuto insepolto a soddisfare le giuste esigenze del popolo che lo acclamava Santo.

Niccolò V, il pontefice umanista, amico tenero dell'estinto, ne dettò (come afferma il suo segretario illustre Flavio Biondo) la iscrizione sepolcrale su candido Marmo:

":..Tu elimini i mali senza alcuna scienza medica, perché in te l'amore, in te la fede, in te i doni di Cristo... ".

Riccardo Gentile

(Dal libro di don Antonio Chiaverini, intitolato: "Palena nella corona dei suoi Santi", Ed. Tip. "La Moderna". Sulmona, 1982).

 

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