"Palena, viaggio nella memoria" è lieta di ospitare nel proprio sito una meritevole iniziativa che si svolge sia nella versione stampata che in questa telematica, tesa a valorizzare i valori fratellanza e comunanza delle genti dell'Alta Valle Aventino fra cui Palena, segnalando via via, l'attualità, i ricordi, le iniative culturali e tutto quanto rappresenta la realtà e la storia delle genti di questa terra d'Abruzzo, con un occhio particolare alle comunità di emigranti sparsi un pò per tutto il mondo.

 

LA VOCE DELL'AVENTINO

Bollettino interparrocchiale

Periodico della fraternità tra i residenti ed emigranti
delle Comunità dell'Alta Valle dell'Aventino

 

Cime della Porrara, anticamente Palleno. Alle sue pendici, le sorgenti dell'Aventino

In questo numero speciale gennaio2001:

Un reduce della Russia racconta
Inserto (lettera apostolica del Papa -
Note biografiche del Capo dello Stato Ciampi)

Un reduce dalla Russia racconta...

Nel bollettino interparrocchiale n.3 maggio/giugno del 2000, paragrafo n. 6 intitolato: Il tragico destino dei prigionieri italiani nell'Urss, si fa cenno all'incontro in terra di Russia tra il capitano Giuseppe Del Bene e il caporale Giulio Sperini, entrambi di Palena, avvenuto durante l'ultima guerra, prima che si chiudesse la sacca dell'Ucraina ove furono accerchiati reparti di Alpini del CSIR (corpo di spedizione italiano in Russia).

Trascriviamo, ora, qui di seguito, una testimonianza sull'episodio e sulle circostanze di luogo e di tempo in cui si svolsero i fatti bellici che precedettero e seguirono quell'incontro.

Giulio Sperini, nato a Palena nel 1911 ed ivi deceduto nel 1996, abitava in Palena, Via Frentana 20, in una delle prime casette costruite dopo le devastazioni dell'ultima guerra. Le case di Patena furono distrutte con mine tedesche per il 75%. Cristiano profondamente credente, partecipava assiduamente ai riti religiosi nella chiesa madre di Palena. Della Russia conservava in ricordo una giubba militare di panno grigio-verde con i gradi di caporale degli Alpini é una gavetta d'alluminio a quell'epoca in dotazione all'esercito italiano: l'una e l'altra ora affidate alla custodia cara del figlio Domenico, abitante in Patena, sulla strada della variante Nazionale SS 84.

Di alta statura, distinto, piuttosto magro, conservava una buona memoria, anche se di età avanzata. Portava bene i suoi anni, anche se non aveva un buon udito e, pur dovendo rispettare talune limitazioni poste dal suo medico, doveva porre attenzione nel salire le scale, non doveva affaticarsi, perché il cuore aveva lavorato troppo.

In paese non tutti sanno della sua esperienza in Russia, durante l'ultimo conflitto mondiale. Desideravo raccoglierla di persona e scriverla perché non andasse dispersa nel tempo.

Lo avvicinai in una uggiosa giornata di novembre (6 novembre 1991) nella sua abitazione. Attorno ad un tavolo rotondo, in un'ampia cucina con focolare, si predispose a soddisfare la mia curiosità.

"Ricordate ancora bene, gli domando, gli episodi dell'ultima guerra da voi vissuti e sofferti in Russia? Volete raccontarmi quello che precedette, accompagnò e seguì la ritirata delle nostre truppe in Russia?'Risponde con un cenno di affermazione con il capo e aggiunge: "Ho tutto nella mia testa" e, poco. dopo, racconta ....

… Dopo avere combattuto per due anni in Albania con il 9° reggimento Alpini della Divisione ‘Julia’, rientrai in Italia nel 1941. Sostai nell'Italia del Nord per circa un anno presso il Deposito del 9° Rgt. Alpini, Btg. "L'Aquila", della stessa Divisione Julia, fino a quando il mio battaglione ricevette l'ordine di partire per la Russia unitamente alla stessa Divisione. La tradotta militare da Gorizia ci condusse in Polonia, ai suoi confini con la Russia: era il 18 luglio 1942. Con me, nello stesso battaglione, si trovavano trentadue palenesi, tutti alpini di giovane età, dai 22 ai 24 anni. Il nostro capitano era Lombardi; il comandante di battaglione si chiamava Fattuzzi e il comandante della Divisione si chiamava Signorini. La zona ove fummo condotti era minata lungo il confine russo-polacco.

Una nuova tradotta, dopo due giorni di viaggio, ci condusse a 80 chilometri dal fronte che raggiungemmo a piedi, in seconda linea, camminando per circa 80-90 chilometri, su estese interminabili pianure, per lo più coperte da coltivazione a grano, barbabietole e girasole. Dopo pochi giorni, fummo spostati in prima linea dove, sottoposta a continui bombardamenti e mitragliamenti nemici, la nostra Divisione fu quasi distrutta. Di tutta la Divisione rimasero efficienti poche decine di militari. Molti furono i morti e moltissimi i feriti. Io fui, così, destinato al 29° Reparto salmeria di stanza in territorio russo, a 150 chilometri da Leningrado. Nello schieramento, la Divisione Julia era al centro. Alle ali si trovavano le truppe tedesche che si estendevano su un fronte di 300 chilometri (150 a destra e 150 a sinistra dal nostro avanzamento), e si snodava lungo una pianura interminabile, su una fascia di 600 chilometri.

Era il periodo autunnale, tra novembre e dicembre del 1942. In questa posizione fummo per parecchi giorni attaccati dalle truppe sovietiche con carri armati, aviazione, mitragliatrici e bombe a mano. Gli attacchi erano attivati da forze preponderanti ed agguerrite che si avvicendavano negli assalti. La nostra resistenza durò due settimane e, il 15 dicembre 1942, fummo costretti a indietreggiare. Alle ore 24 del 14 dicembre, un soldato di vedetta, Cocciolone Amedeo di Schiavi d'Abruzzo, diede l'allarme: aveva avvistato le truppe nemiche che avanzavano verso di noi. La nostra resistenza all'urto dei primi reparti d'assalto nemici fu pronta e ardita, ma poco dopo, di fronte ad una valanga di fuoco, il capitano Lombardi gridò: "chi se la salva salva!" e si allontanò per sempre su un cavallo al galoppo. Noi rimanemmo per lo più a piedi. Erano disponibili poche slitte, tirate da coppie di muli. Ebbe così inizio la nostra ritirata verso la Germania e la Polonia.

In questo fatto d'armi, sanguinoso e terrificante, si inserisce un episodio che richiama alla memoria la bella figura di un bravo uomo e valoroso ufficiale di Palena, il capitano Giuseppe Del Bene.

Il 12 Dicembre, tre giorni prima di quel sanguinoso terrificante attacco nemico, io fui comandato di recarmi a Romacova, un piccolo villaggio russo, unitamente a Caffarella Amedeo, un alpino nato a L'Aquila nel 1917. Ivi giunti dopo un percorso di 80 chilometri a piedi, ritirammo la posta da consegnare al nostro reparto. La distribuzione del pacco delle lettere avvenne presso il comando di Corpo d'Armata dove si trovava il capitano Giuseppe Del Bene. L'incontro fu commovente. Il capitano ci chiese il motivo della nostra presenza e, dal tono della mia voce e delle mie parole con le quali risposi, l'ufficiale capi di trovarsi di fronte ad una persona delle sue terre di origine. Mi chiese: "Di dove sei". Risposi: 'Della provincia di Chieti". Aggiunse: "Devi dirmi di dove" ed io risposi: "Di Palena". A queste parole rimase commossso, fermo per qualche istante e, subito dopo, nella euforia, di entrambi per l'inaspettato gradito incontro, fui da lui invitato ad entrare nell'accantonamento. Ivi diede ricetto ai due muli, a me e all'altro alpino e ci offrì da mangiare.La nostra sosta durò fino al 13 dicembre 1942. Prima di lasciare l'accantonamento, il capitano Del Bene ci disse di tornare subito al nostro reparto perché le cose si mettevano male. Ci salutammo e ripartimmo verso Romacova. Qui giunti, il 15 dicembre fummo costretti a fuggire, seguendo con la nostra slitta un autoblindo dei tedeschi per un certo tratto, dopo di che la nostra ritirata continuò.

Per nostra fortuna, i bulgari fermavano il fronte e consentivano ai nostri reparti di passare e uscire dall'accerchiamento. Fu in questo modo che i nostri reparti di alpini (circa 500 persone) riuscirono ad evitare di rimanere nella sacca dell'Ucraina, dove furono catturate numerose truppe tedesche e italiane.

In quel teatro di guerra, fu sempre presente il gelo con immense distese di neve su pianure sterminate".

(Testimonianza di Giulio Sperini, raccolta il 6 novembre 1991, nella sua abitazione, in Palena, da me, Riccardo Vittorio Gentile)

Giuseppe Del Bene e Giulio Sperini

Il loro incontro casuale in terra di Russia avvenne poco prima dell'accerchiamento dei nostri reparti di Alpini (dicembre 1943)

 

Giuseppe Del Bene, nato a Palena nel 1908, già insegnante emerito nella scuola primaria e secondaria di Palena, cadde in Russia durante l'ultima guerra. Una composizione poetica che, ricorda la sua vita di maestro esemplare è inserita nella Monografia n. 12: "Palena poetica e artistica" della collana "La Porrara", depositata presso la biblioteca comunale.

Giulio Sperini, nato a Palena nel 1911, ivi morì nel 1996. Esemplare per laboriosità, coraggio e fede cristiana dalla quale fu sorretto in periodi assai difficili, specie in Russia, dove riuscì a sottrarsi all'accerchiamento di preponderanti truppe nemiche e a superare "il gelo con immense distese di neve su pianure sterminate".

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