O.L.F.A

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ANNO VI NN. 25/26 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2002 FERRARA

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Omaggio 

a

GÉZA KEMÉNY

(1937-2001)

 

       Ricevetti nove anni fa dall'autore – cui ero da anni legata da reciproca stima nonostante ci fossimo ormai quasi persi di vista – il volume dal titolo «Ezredvégi tavasz» («Primavera di fine millennio») apparso nel 1992 e recante la seguente dedica: «A Tarr Melinda con affetto, qual messaggio dalla dolce Patria: Veszprém, 31.5.1993, Kemény Géza».

     Anello di comunicazione tra noi era rimasto mio padre che aveva provveduto ad inoltrarmi quel volume a Ferrara.  Mi sentii onorata di ricevere quella raccolta di solo 83 pagine contenenti delle liriche ed un diario. Dall'introduzione apprendevo cosě che nel 1983, l'anno in cui lasciai l'Ungheria per trasferirmi in Italia, era venuto alla luce il suo primo volume di poesie con il titolo «Hazamegyek az időbe» («Ritorno a casa nel tempo»),. Non sapevo che egli fosse un poeta, ne venni a conoscenza all'arrivň del succitato volume.

   Conosciuto Géza Kemény da quando avevo circa quattordici anni ed all'Universitŕ di Veszprém, nel corso TIT (Tudományos Ismeretterjesztő Társulat, Associazione Scientifica Informativa) mi aveva anche impartito lezioni di tedesco. Lo sapevo professore di lingua e letteratura ungherese e tedesca, ma non anche poeta. Questo l'ho scoperto ricevendo in dono la raccolta citata. (Conosco anche i suoi figli che frequentavano la scuola in cui io insegnavo e, se ben ricordo, ho insegnato a volte loro anche le mie materie - lingua e letteratura ungherese e storia - quando accadeva dovessi talora sostituire all'improvviso qualche collega.)

  Tratta dal  volume da lui ricevuto ho tradotto una sua poesia pubblicandola sulla rivista ed in un quaderno letterario mentre un'altra poesia facente parte di due liriche inedite inviatemi lo scorso agosto č stata tradotta e pubblicata nel  fascicolo  che precede questo. Non siamo purtroppo riusciti a rincontrarci. Il 18 ottobre l'ho chiamato al telefono per ringraziarlo della lettera e delle liriche e per informarlo dei progetti di future pubblicazioni. Che gioia risentirci dopo piů di vent'anni! Mi aveva promesso di inviarmi appena pronto un volume in fase di realizzazione che avrebbe raccolto 50 anni di sua  produzione lirica! La sua scomparsa ha reso purtroppo poi vana la sua promessa… Ho stentavo a credervi. La notizia ufficiale delle esequie mi č giunta con notevole ritardo, colgo perciň solo ora l'occasione per esprimere le piů sentite condoglianze ai suoi familiari sia a nome mio che a quello della redazione dell'Osservatorio Letterario. Una collaborazione che aveva appena avuto inizio č stata subito troncata dalla crudele legge della nostra terrena esistenza …

   Prendo tra le mani la prima ed ultima lettera che mi ha scritto datata 13 agosto 2001, giorno del mio ritorno in Italia dal mio ultimo viaggio in Ungheria:

 

«Cara Melinda,

   ho ricevuto e sfogliato con grande gioia i tre bei libricini in lingua italiana in cui ho scoperto con immensa gioia una traduzione della mia poesia intitolata "Speranza, prepara il nido!…" Mia figlia Orsi, che si č da poco laureata all'Universitŕ di Budapest in Lingua e Letteratura Italiana, ha letto la traduzione e l'ha trovata bella.

    Constato con gioia che la letteratura ungherese ha successo in questi giorni in Italia grazie ai romanzi di Márai. Penso che le antologie potranno essere di grande aiuto nel far conoscere ai lettori italiani i nostri scrittori e poeti.

 Sono purtroppo malato da sette anni, ma non trascorro il mio tempo inattivo. Ora la raccolta di mie liriche, una produzione di 50 anni, č giunta in tipografia. Glie ne invierň volentieri una copia omaggio e, quando verrŕ a Veszprém e se ne avrŕ il tempo, La prego di venirmi a trovare.

 La saluto con stima ed affetto:

                                                 Géza Kemény»

 

   Progettavo d'andarlo a trovare l'estate prossima… Potrň ora andare purtroppo solo sulla sua tomba.

   Ha vissuto celato - come ha scritto nell’introduzione al volume «Ezredvégi tavasz» - nel fitto susseguirsi del quotidiano, nella selva dei suoi pensieri. Voleva che le sue parole, uccelli spiccanti il primo volo, come gli alati cantori della primissima patria aiutassero anche gli altri a restare se stessi, a credere pur dubitando, a sognare la propria patria, a custodire il focolare in quella primavera che aveva in gestazione il nascituro fine millennio…

 Addio caro Professore, addio Collega, addio Poeta!

[Melinda Tamás-Tarr]

 

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