O.L.F.A

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ANNO VI NN. 25/26 MARZO-APRILE/MAGGIO-GIUGNO 2002 FERRARA

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INCONTRO CON FERNANDO SORRENTINO

di Mario De Bartolomeis

Foto: Mario De Bartolomeis

 

      Lo scrittore Fernando Sorrentino, che era visita in Germania su invito del proprio editore tedesco, prima di riprendere il volo che lo avrebbe riportato oltre Atlantico ha effettuato un breve viaggio di alcuni giorni in Italia. Il 23 novembre 2001 io e la signora Melinda Tamás-Tarr, direttrice dell'Osservatorio Letterario, in una giornata di sole che rendeva ancor più splendida l’ineguagliabile cornice di Firenze, abbiamo avuto il privilegio di incontrare e personalmente conoscere il nostro corrispondente argentino e la sua gentile consorte.

        Non nego che essendo io traduttore di alcuni suoi scritti per conto dell'Osservatorio Letterario attendevo l'incontro con il trepido timore con cui l’allievo attende di sottoporsi al giudizio del famoso maestro. Ma egli – pur essendo per tantissimi versi davvero un "Maestro" – ha rotto benevolmente il ghiaccio incoraggiando i miei lavori e tessendone le lodi. Dopo aver reciprocamente scambiato fra noi alcuni doni a ricordo dell'incontro, la conversazione è proseguita in un ristorante davanti a qualche buon piatto della cucina toscana annaffiato da ottimo chianti. Io e la signora Tamás-Tarr abbiamo avuto quindi modo di apprezzare non solo la grande affabilità ed umanità dell'uomo Sorrentino e le sue spiccate doti di letterato che in parte ci erano già note, ma di scoprire anche le sue fino a quel momento insospettate capacità di studioso, insegnante e professore. Abbiamo così appreso che il nostro Fernando si interessa proficuamente anche dei molteplici aspetti quali la purezza, la proprietà, le implicazioni storico-sociologiche e di costume inerenti l'impiego e l'uso della sua lingua natale.

      Numerosi ed interessanti  sono i suoi scritti al riguardo. Chi si attendesse però di leggere pedanti elucubrazioni scolastiche resterebbe deluso giacché Sorrentino affronta questo genere di argomenti con l’immediata leggiadria ed eleganza di linguaggio che tanto ci avvincono nei suoi racconti e nelle sue novelle. Egli riesce ad intessere il filo del discorso filologico in trame che, come quelle di un giallo,  ci avvincono e ci conducono con il fiato sospeso fino all’epilogo.

      Poiché anche il lettore possa apprezzare la piacevole abilità di Fernando Sorrentino riportiamo qui appresso due suoi articoli brevi e consequenziali. Tra le molte cose che di essi vorrei evidenziare prima di lasciarvi alla lettura, non posso fare a meno di sottolineare due cose, il rapido tratto di penna con cui egli — qual  pittore formidabile — letteralmente affresca davanti ai nostri occhi l’emblematica figura del generale Rawson e le due parole che concludono il secondo articolo, da un lato semplicissime nella loro straordinaria efficacia, ma così dense dei tanti e purtroppo frustrati sentimenti di speranza che da tanto, troppo tempo accompagnano gli argentini lungo il lungo tunnel delle dittature e delle traversie che anche recentissimi avvenimenti ci dicono  affliggere la loro nazione.

 

 

 

Gli affanni di Sigismondo e la resurrezione del bondi 1)

( Los afanes de Segismundo y la resurrección del bondi )

 

di Fernando Sorrentino

 

Il caso di «AFANAR »

 A sedici o diciotto anni gli studenti argentini che frequentano oggi l'ultimo tratto dell'istruzione media possiedono una comprensione della lingua e manipolano un vocabolario senza dubbio inferiori a quelli che, più di dieci lustri or sono, avevamo noi ragazzini che iniziavamo la scuola elementare. E sono certo di non incorrere in iperbole.

 

 L'avverso fato di detti giovani — abitualmente immersi in pantani di trogloditica ignoranza — può portare le loro vite ad incontrare quella del pedagogo alla Rousseau che firma questo Trujamán. Essi subiscono in tal caso una dispotica coazione che li obbliga, velis nolis, a leggersi La vida es sueño 2) dall' hipogrifo iniziale al perdonarlas finale. Così, traspirando sangue e sudando inchiostro compiono la loro via crucis per le intricate ragioni di don Pedro Calderón. La maggior parte di loro riesce a sopravvivere cosicché l'esperienza è positiva: lo que no te mata, te fortalece 4).

 

 Quando nel celebre monologo con cui si chiude il secondo atto Sigismondo arriva al punto di «sueña el que afana y pretende», tali studenti intendono il verbo afanar nell'unica accezione in cui — nel loro minuscolo universo — lo hanno visto impiegato: non nel semplice senso — abitualmente pronominale — di «hacer diligencias con vehemente anhelo para conseguir alguna cosa» (DRAE) 5), bensì con il volgare — in Argentina, a volte pronominale a volte no — "hurtar o robar " .6)

 

 E' codesto il significato più diffuso per queste terre del Plata.

 

Il caso di «BONDI »

 Quando ero ragazzo il tram (che sparì da Buenos Aires nel febbraio del 1963) si chiamava solo tranvía. Persone dell'età dei miei nonni erano soliti chiamarlo tránguay (inglese tramway). C'era, prima ancora, un termine di uso familiare: bondi (stravagante parola che noi della nostra generazione non abbiamo mai impiegato). Io la udii esattamente nel 1982 in bocca ad un'alunna quindicenne che chiamava bondi non il defunto tram, ma il molto vistoso colectivo (autobus). Non mancò di procurarmi perplessità la resurrezione — e la mutazione di significato — d'un termine che ritenevo estinto per sempre: in effetti oggi bondi, quale sinonimo amabile di colectivo , gode di eccellente salute.

 

 Anche don José Gobello, nel 1963, pensò che bondi si sarebbe rapidamente trasformato in arcaismo. Vale la pena trascrivere un passo del paragrafo «Brasileñismos» 7) (che hanno fatto ingresso nel linguaggio argentino) del suo libro Vieja y nueva lunfardía 8):

 

La storia di bondi mi sembra molto divertente. La racconta il dottor [Francisco] Da Silveira Bueno: «Quando a Rio de Janeiro venne fondata la Compagnia di Trasporti Collettivi l'azienda, che era inglese, emise bonds, cioè azioni, buoni, obbligazioni per costituire il capitale destinato all'acquisizione delle carrozze elettriche ed il popolo, che non sapeva l'inglese, identificò la parola bond con il proprio veicolo». Bondi è parola che si perde irrimediabilmente. I tanghi dimenticarono di annotarla. Altra cosa accadrebbe se, in luogo di «Talán, talán, talán…/ Pasa el tranvía por Tucumán…»9) (Talán,talán, 1924), Vaccarezza avesse

scritto: «el bondi pasa por Tucumán».

(…)

Bondi è però sparito da Buenos Aires molto prima dei tram.

 

 Molto bene: già abbiamo alcune informazioni sull'impiego ed il sapore che hanno a Buenos Aires il verbo afanar ed il sostantivo bondi. Esse ci aiuteranno a comprendere il Trujamán che tratta «De la graciosa manera que tuvo don Juan Domingo de restaurar el lunfardo»10). Episodio che vede come deuteragonista il menzionato Alberto Vacarezza.

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1.         Con l'antico termine "El trujamán" (Il traduttore) il Centro Virtual Cervantes titola la rubrica riservata agli interventi dei suoi corrispondenti su argomenti inerenti questioni interpretative di vario genere della lingua spagnola. Questo articolo è appunto tratto da "El trujamán", martes, 16 de octubre de 2001. Il © del testo originale è riservato al Centro Virtual del Instituto Cervantes.

Indirizzo Internet: httpp://cvc.cervantes.es/trujaman/anteriores/octubre_01/16102001.htm

2.         La vita è sogno (1635) di Pedro Calderón de la Barca (Madrid 1600-1681).

3.         Il "lunfardo" è il gergo proprio dei quartieri bassi e popolari di Buenos Aires, ambienti in cui è fiorito il tango il quale vede impiegate, all'interno dei suoi testi, molte parole di detto linguaggio popolare.

4.         quel che non t'ammazza, ti fortifica.

5.         «sbrigare faccende con veemente aspirazione al conseguimento di qualcosa». DRAE = sigla abbreviata di Diccionario de la Real Academia Española.

6.         sottrarre o rubare.

7.         "Parole di origine brasiliana".

8.         "Vecchia e nuova lunfardía".

9.         «Talán, talán, talán…/ Passa il tranvai per (via) Tucumán…»

10.     "Della spiritosa maniera usata da don Juan Domingo per ripristinare il lunfardo".

 

( Traduzione © e note di Mario De Bartolomeis )

 

 

 

Della spiritosa maniera che ebbe don Juan Domingo di ripristinare il lunfardo.1)

( De la graciosa manera que tuvo don Juan Domingo de restaurar el lunfardo.)

 

di Fernando Sorrentino

 

 

      Uno dei tanti golpe militari che devastarono la vita politica argentina dal 6 settembre 1930 al 24 marzo 1976 rovesciò, il 4 giugno 1943, il presidente conservatore Ramón S. Castillo (il quale, detto con il rispetto che merita sì fraudolento defunto, arrivò al potere in seguito a diversi stratagemmi elettorali). Tre generali si avvicendarono illecitamente nella carica di presidente della nazione argentina: lo spettrale Arturo Rawson (effimero come un sospiro di ragazza innamorata, pur se non altrettanto dolce); Pedro Pablo Ramírez (che perdurò fino al marzo 1944) ed Edelmiro J. Farrell (che cedette il governo al presidente costituzionale eletto nel febbraio 1946, Juan Domingo Perón).

 

      Alla metà del 1943, sotto la presidenza di Ramírez, il governo, esaurito già il suo senno, venne a dare nel più strano pensiero che mai dette pazzo al mondo, e fu che gli sembrò conveniente e necessario, così per accrescimento del suo onore come per servizio alla sua repubblica 2), imporre la censura ai tanghi nei cui testi era incluso qualche termine lunfardo. E non solo lunfardo bensì, in alcuni casi, qualche parola o espressione idiomatica meramente sguaiata o d'uso familiare o orale (lasciando la determinazione del livello della lingua affidato al criterio dell'inclito censore, nella sua sfaccettatura di linguista autodidatta).

 

      Nell'imbecillità estrema confluiscono la tragedia e la baldoria. Vediamo qualcuno dei sorprendenti fiori all'occhiello ottenuti dalla purga.

 

      Il tango Shusheta 3) di Enrique Cadícamo (1920) fu ribattezzato come El aristócrata 4)  e Chiqué 5), di Ricardo Luis Brignolo (1920), come El elegante 6) .

 

      In Esta noche me emborracho 7), di Enrique Santos Discépolo (1928), il novenario «sola, fané, descangayada» 8) fu tradotto con una sillaba in più, in stile idiota, come «sola, deslucida y averiada» 9) (sembrando quest'ultimo aggettivo più applicabile a macchine che a donne). Il tango Chorra 10) sempre di Discépolo (1928) subì parecchio scompiglio: la furiosa apostrofe «Chorra, vos,tu vieja y tu papá» 11) del povero infelice che la terribile famiglia della moglie ha lasciato in miseria, si tramuta in monito di suora d'un romanzo ottocentesco ad una qualche educanda con tendenze cleptomani: «Ladrona, tú, tu padre y tu mamá» 12)

 

      La meravigliosa sordidezza di El ciruja 13) (Francisco Alfredo Marino, 1926) — che raccoglieva residui nella spazzatura — si trasformò in El recolector 14), lindo collezionista, forse delicato numismatico o sottile filatelico.

 

      Mi noche triste 15) (Pascual Contursi, 1917) inizia con un ottonario insuperabile, ma «percanta que me amuraste» 16) passò ad essere «muchacha que me dejaste» 17), ove muchacha non implica l'aggettivazione che pervade percanta  ed ove dejaste è verbo carente dei sottintesi avverbi che contiene amuraste.

 

      Conclusione ovvia: togliere ai tanghi le espressioni "lunfarde" e/o pittoresche e/o familiari produce effetti così catastrofici, sterili e paralizzanti come quelli che verrebbero scatenati dallo strappare a Luis de Góngora 18) gli iperbati o dall'emendare il Martin Fierro 19) dalla morfologia "gauchesca" del suo vocabolario.

 

      Per sollecitare l'abrogazione della norma demenziale dodici padri (giacché dodici sarà meglio chiamarli apostoli) del tango (Santiago Adamini, Lito Bayardo [Manuel Juan García Ferrari], Enrique Cadícamo, Francisco Canaro, Charlo [Juan Carlos Pérez de la Riestra], Homero Manzi[one], Enrique P. Maroni, José Razzano, Luis Rubinstein, Rodolfo Sciammarella, Aníbal Troilo e Alberto Vacarezza) il 25 marzo 1946 ottennero un incontro con il presidente Juan Domingo Perón.

 

      Alberto Vacarezza — l'ispirato autore della farsa delle farse El conventillo de la Paloma (1929) 20) — scrisse anche i testi di vari tanghi di fama. Alcuni giorni prima dell'incontro con il presidente un borsaiolo gli aveva rubato il portafogli sul tram, fatto minore che tuttavia giunse a terze persone.

 

      Homero Manzi fu incaricato di presentare in successione ed individualmente gli artisti a Perón che li salutava ad uno ad uno. Quando Manzi disse «Alberto Vacarezza» Perón gli strinse la mano ed esclamò, fra il sorridente e lo stupito:

—Don Alberto! Así que en el bondi le afanaron la billetera? 21)

 

      I tangueros 22) scoppiarono in una cordiale risata: avevano capito che la censura al lunfardo era appena stata soppressa.

 

      Grazie a Dio.

 

 

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1.Da"El trujamán". Jueves, 29 de noviembre de 2001 Indirizzo Internet:  http://cvc.cervantes.es/trujaman/anteriores/noviembre_01/29112001.htm. Il Ó del testo originale è riservato al  Centro Virtual del Istituto Cervantes.

2.Nel tratto che va da "esaurito" a "repubblica" Sorrentino usa le stesse parole usate da Miguel de Cervantes Saavedra (1547-1616) in un passo del primo capitolo de Il fantastico cavaliere Don Chisciotte della Mancia (1605-1615). Si è cercato di conservare la terminologia ed il costrutto linguistico dell'epoca anche nella traduzione.

3.Gagà.

4.L'aristocratico.

5.Smorfia.

6.L'elegante.

7.Questa notte mi ubriaco.

8.sola, sfiorita, squinternata.

9.sola, appannata ed avariata.

10.                    Predona.

11.                    Predona tu, tua mamma e tuo papà.

12.                    Ladra tu, tuo padre e tua madre.

13.                    Nome dato a chi di mestiere recupera dai rifiuti cose od oggetti facendone commercio .

14.                    Il raccoglitore.

15.                    Mia notte triste.

16.                    femmina che mi mollasti.

17.                    ragazza che mi lasciasti.

18.                    Luis de Góngora y Argote (1561-1627) influenzò una scuola poetica spagnola colta ed              estetizzante che da lui prese il nome di gongorismo.

19.                    di José Hernández (1834 -1886) poeta argentino e deputato legato per le sue origini all'ambiente delle pampas ed autore di un poema narrativo in due parti, Il gaucho Martin Fierro (1872) e Il ritorno di Martin Fierro (1879).

20.                    Il casamento della Paloma

21.                    Dunque sul tram le hanno rubato il portafogli?

22.                  artisti del tango.

 

 (Traduzione © e note di  Mario De Bartolomeis)

 

 

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