Fred Vargas, Io sono il tenebroso, Einaudi, 2000, 254 p. (I coralli ; 126)

Il romanzo

Due donne sole vengono uccise vengono strangolate e trafitte a colpi di forbici a Parigi. La polizia è alla ricerca di un uomo che è stato visto da molti testimoni a sorvegliare le vittime per poi intrappolarle con la scusa del dono di un vaso di felci.

Il presunto assassino è Clement, giovane sprovveduto e dotato di scarsa intelligenza che gira le strade di Parigi con una fisarmonica in spalla. Non è capace di articolare un discorso compiuto e inserisce nelle sue frasi espressioni che ha udito in passato e che ritiene possano dargli un'importanza, ma che finiscono per disorientare i suoi interlocutori. Braccato dalla polizia di Parigi, Clement cerca rifugio presso Marthe, una prostituta che molto tempo prima l’aveva seguito ed aiutato, quando Clement, ancora bambino era rimasto solo per la scomparsa della madre e il disinteresse del padre. Non sapendo come aiutare il suo protetto, Marthe cerca aiuto presso l’ex investigatore Louis Kehlweiler, strano personaggio che gira con un rospo di nome Bufo nel taschino della giacca. Ludwig, così viene soprannominato Louis, si rivolge a sua volta a tre studiosi di storia, amici di Marthe, che si arrabattano per sopravvivere; uno di loro, Marc, fa lavori di pulizia a ore e si porta a casa i vestiti dei clienti da stirare.

Dopo avere nascosto Clement nella casa degli storici, Louis, i tre storici, Lucien Devernois, Marc Vandosleer, Mathias Delamarre, coadiuvati dall’altro abitante della casa, Vandosleer il vecchio, "… ex-poliziotto dalla carriera piuttosto confusa…" avviano le indagini muovendo dal presupposto che qualcuno stia cercando di incastrare Clement per qualche ragione ancora non conosciuta.

Le indagini disvelano poco per volta una storia complessa che risale a diversi anni prima, quando Clement era giardiniere presso una scuola a Nevers. Qui mi fermo per non togliere ai lettori il piacere di scoprire l’epilogo della vicenda.


Le prime righe

L’assassino fa una seconda vittima a Parigi. A pagina 6.

Louis Kehlweiler gettò il giornale sul tavolo. Per oggi poteva bastare, non aveva nessuna intenzione di correre a pagina 6. Magari più in là, quando le acque si fossero calmate, avrebbe ritagliato e archiviato l'articolo.

Passò in cucina e si aprì una birra. Era la penultima della riserva. Louis si annotò una grande "B" a penna sul dorso della mano: la calura del mese di luglio costringeva ad aumentarne notevolmente il consumo. Quella sera avrebbe letto le ultime notizie sul rimpasto ministeriale, lo sciopero dei ferrovieri e le proteste degli agricoltori. E avrebbe tranquillamente saltato pagina 6.

Camicia aperta e bottiglia in mano, Louis si rimise al lavoro. Stava traducendo una voluminosa biografia di Bismarck. Lo pagavano bene, e contava dì vivere a spese del cancelliere dell'Impero ancora per parecchi mesi. Andò avanti di una pagina, poi, le mani a mezz’aria sopra la tastiera, s'interruppe. La sua mente aveva abbandonato Bismarck per concentrarsi su una bella scatola da scarpe, con tanto di coperchio, che avrebbe dato una svolta all'organizzazione dell'armadio.

Contrariato, Louis spinse indietro la sedia, fece qualche passo nella stanza, si passò la mano tra i capelli. La pioggia crepitava sul tetto, la traduzione procedeva bene; non c'era motivo di preoccuparsi. Pensieroso, accarezzò con un dito la schiena del rospo che dormiva sulla scrivania, sistemato nel portamatite. Si chinò sullo schermo e rilesse a mezza voce la frase che stava 'traducendo: "E poco probabile che Bismarck avesse concepito fin dall'inizio di quel mese di maggio... " Poi lo sguardo andò a posarsi sul giornale piegato sul tavolo

L'assassino fa una seconda vittima a Parigi. A pagina 6 Niente da fare. Quella storia non lo riguardava. Tornò al suo schermo dove lo attendeva il cancelliere dell'Impero. La pagina 6 non era affar suo. Non era più il suo lavoro, ecco tutto. Ora come ora il suo lavoro era tradurre roba tedesca in francese e dire quanto più chiaramente possibile perché Bismarck non avesse potuto concepire una certa cosa agli inizi dì quel mese dì maggio. Un lavoretto tranquillo, fruttuoso e istruttivo.

Louis batté una ventina dì righe. Era arrivato a "Poiché in effetti nulla prova ch'egli si fosse adombrato" quando s'interruppe di nuovo. La sua mente era tornata a ronzare intorno a quella benedetta scatola e cercava con ostinazione dì risolvere la questione delle scarpe.

Louis si alzò, prese l'ultima birra dal frigo e bevve a canna, a piccoli sorsi, in piedi. No, non ci cascava. Che la sua mente si accanisse sul fronte delle astuzie domestiche era un segnale da non sottovalutare. Per la verità lo conosceva bene: era un segnale di disfatta. Progetti falliti, idee in ritirata, considerevole miseria mentale. Non era tanto quel suo pensare alle scarpe a preoccuparlo: può capitare a tutti di pensarci così, dì sfuggita, senza farne un dramma. No, il problema era che riusciva a trarne piacere.

Louis trangugiò due sorsate. E poi le camicie: aveva pensato di sistemare anche quelle, non più di una settimana prima.

Insomma, era proprio la fine. Solo chi non sa più che diavolo fare della propria vita si preoccupa di riorganizzare da cima a fondo l'armadio, non potendo mettersi a rassettare il mondo. Louis posò la bottiglia e andò a esaminare quel dannato giornale. Perché in fin dei conti era a causa di quegli omicidi se si trovava sull'orlo della catastrofe domestica, dì un radicale riordinamento della casa.

Non era Bismarck, no. Anzi, Bismarck gli dava da vivere senza creargli troppi problemi. Non era quello il punto.

Il punto erano quei maledetti omicidi. Due donne assassinate in due settimane, dì cui tutto il Paese parlava e alle quali lui non faceva altro che pensare, come se occuparsi di quei cadaveri fosse una sua esclusiva, quando invece non lo riguardavano affatto.

Dopo il caso del cane e dell'albero a grata aveva deciso di chiudere con i crimini di questo mondo. Gli sembrava ridicolo cominciare una carriera dì specialista del crimine al soldo di nessuno, solo perché aveva preso delle brutte abitudini in venticinque anni di inchieste al ministero degli Interni. Finché era in carica, il suo lavoro gli era parso lecito; ma ora che si ritrovava abbandonato a se stesso, quel mestiere d'inquirente rischiava di prendere una brutta piega di cercarogne e cacciatore dì scalpi. Frugare nel crimine in solitaria quando nessuno te l'ha chiesto, buttarsi sui giornali, accumulare articoli... cosa poteva essere se non una morbosa distrazione, una ragione di vita alquanto discutibile?

E così Kehlweiler, sempre pronto a sospettare di se stesso prima che di chiunque altro, aveva girato le spalle a quella sorta di volontariato del crimine, che d'un tratto gli pareva oscillare tra perversione e grottesco e verso cui sembrava tendere il lato più torbido della sua personalità. Ma ecco che, stoicamente relegato alla sola compagnia di Bismarck, sorprendeva la propria mente a scatenarsi nel dedalo del superfluo domestico. Si comincia con le scatole da scarpe e non si sa mai dove si va a finire.

Louis lasciò cadere la bottiglia vuota nella pattumiera e lanciò un'occhiata alla scrivania dove, minaccioso, riposava il giornale piegato. Sopra si era piazzato Bufo, provvisoriamente riemerso dal sonno. Louis lo sollevò con dolcezza. Certo che quel rospo era un bell'impostore. Fingeva di andare in letargo, e per di più in piena estate, poi, non appena smettevi di guardarlo, riprendeva a muoversi.

La verità è che lo shock della condizione domestica aveva fatto perdere a Bufo ogni nozione in materia di letargo; anche se lui non l'avrebbe mai ammesso, orgoglioso com’era.

- Sei uno stupido conformista, - gli disse Louis riponendolo nel portamatite. - Chi credi d'impressionare con questo letargo da quattro soldi? Fai quel che sai fare, basta e avanza.

Con gesto lento, Louis fece scivolare il giornale verso di sé.

Esitò un istante, poi lo aprì a pagina 6. L'assassino fa una seconda vittima a Parigi.


Il commento

L’opera mi ha impressionato favorevolmente e spero che vengano tradotte in italiano anche gli altri romanzi pubblicati dall'autrice. La narrazione è avvincente e priva di cadute, supportata da una buona capacità dell’autrice di mantenere una tensione emotiva che avvince il lettore sino alla fine. Il giudizio positivo è supportato anche dalla paradossalità e dalle stranezze dei personaggi del romanzo, procedimento che permette all’autrice di guardare con partecipata ironia agli aspetti più aspri delle vicenda e a dare all’opera una gradevole scorrevolezza.


Hanno scritto del romanzo.....

Caffè letterario


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