Ian McEwan, Amsterdam, Einaudi, 1998, 170 p.  

Il romanzo

Due vecchi amici, Vernon e Clive, si ritrovano al funerale di Molly Lane, donna bella, intelligente ed esuberante che entrambi avevano amato. La malattia che ha condotto Molly alla morte privandola progressivamente delle facoltà mentali lascia ad entrambi gli amici un senso di paura di cadere nel medesimo percorso. Questa paura, unita al senso di colpa di non avere saputo salvare Molly dal comunemente odiato marito, spingono Clive e Vernon a stipulare un mutuo patto di assistenza che consente all'uno di intervenire, in caso di malattia lunga e penosa, per abbreviare le sofferenze dell'altro.

Passati i primi giorni di paura i due amici riprendono le proprie attività. Clive, noto compositore, cerca di completare una sinfonia commisionatagli per celebrare il terzo millennio. La morte di Molly gli impedisce la necessaria concentrazione. Come già avvenuto in altre occasioni parte per una camminata in montagna e, come già avvenuto altre volte, finalmente l'ispirazione ritorna. Quando Clive sta per prendere le note per completare l'ultimo movimento della sinfonia, sente una donna che chiede aiuto perchè aggredita da un uomo. L'indecisione del musicista è breve e la scelta intrapresa è quella di ignorare la richiesta della donna. Vernon, direttore di un giornale che naviga da tempo in cattive acque, si trova tra le mani delle fotografie molto compromettenti di un uomo politico che in passato era stato amante di Molly. Anche in questo caso la scelta di Vernon è senza esitazioni: non può perdere l'occasione di un colpo sensazionale, anche se la decisione può gettare discredito sulla figura di Molly.

A seguito delle scelte intraprese i rapporti tra i due amici subiscono un progressivo e rapidissimo logoramento che li conduce ad una grottesca e terribile resa dei conti che avrà luogo ad Amsterdam.


Le prime righe

Due ex amanti di Molly Lane aspettavano davanti alla cappella del cremarono dando le spalle al gelo di febbraio.

Si erano già detti tutto, ma vollero ricominciare da capo.

- Non ha neanche avuto il tempo di capire che cosa le succedeva.

- E quando l'ha capito era troppo tardi.

- Se ne è andata così in fretta.

- Povera Molly.

- Mmm.

Povera Molly. Tutto era cominciato con un formicolio mentre alzava il braccio per fermare un taxi fuori del Dorchester Grill; quella sensazione non l'aveva più abbandonata. Nel giro di qualche settimana già faticava a ricordare i nomi delle cose. Finché si trattò di parlarnento, chimica o propulsore riuscì ancora a perdonarsi, molto meno, quando toccò a letto, specchio e panna. Fu dopo la temporanea scomparsa di acanto e bresaola che decise di rivolgersi a un medico, convinta che l'avrebbe rassicurata. Invece le fu consigliato di sottoporsi a un controllo e, in un certo senso, non ne uscì più. Come aveva fatto presto quella insolente di Molly a trasformarsi nella prigioniera malata di George, marito possessivo e scontroso. Molly, critico gastronomico, fine intellettuale, fotografa, la spregiudicata floricultrice, amata dal ministro degli Fsteri, che alla bell'età di quarantasei anni riusciva ancora a eseguire perfettamente la ruota. La rapidità del suo declino nella follia e nel dolore divenne argomento di pettegolezzo generale: aveva perso il controllo delle funzioni corporali e, insieme, ogni senso dell'umorismo; si era andata spegnendo in una sorta di indeterminatezza illuminata da lampi improvvisi di vana violenza e grida soffocate.

Fu la vista di George che stava uscendo dalla cappella a far sì che gli amanti di Molly indietreggiassero un poco lungo il sentiero di ghiaia ingombro di erbacce. Si dispersero tra le aiuole ovali di rose, in quello che un cartello indicava come Giardino della rimembranza. Non c'era pianta che non fosse stata impietosamente potata a un'altezza di pochi centimetri dal terreno gelato, una pratica che Molly era solita deplorare. Il piccolo prato era lordo di mozziconi di sigaretta schiacciati, perché quello era il punto in cui la gente aspettava il proprio turno nel susseguirsi delle esequie funebri celebrate nella cappella. Passeggiando avanti e indietro, i due vecchi amici ripresero la conversazione già praticata almeno una mezza dozzina di volte e che tuttavia dava loro maggior conforto di un inno religioso.

Clive Linley aveva conosciuto Molly per primo, nel '68, quando entrambi erano studenti; insieme avevano abitato in una caotica, inquieta casa a Hampstead.

- Che fine terribile ha fatto.

Osservò il vapore del proprio fiato levarsi in alto nell'aria grigia. La temperatura registrata al centro di Londra quella mattina era di undici gradi sotto zero. Undici Sotto zero. C'era un male gravissimo al mondo del quale né Dio né la sua assenza potevano essere ritenuti responsabili. La fatale disobbedienza dell'uomo, la Caduta, una frase discendente, un oboe, nove, dieci note. Clive aveva il dono dell'orecchio assoluto e le sentì quelle note che discendevano dal sol. Non c'era bisogno di scriverle.

Proseguì: - Morire cosi, senza nemmeno rendersene conto, come un animale. Ridursi in quello stato umiliante, senza aver modo di esprimere una volontà, o almeno di salutare chi resta. Le è entrata in corpo la morte e poi..

Si strinse nelle spalle. Arrivarono alla fine del prato malridotto, fecero dietro front e ripresero a camminare.

- Si sarebbe uccisa piuttosto di finire così', - disse Vernon Halliday. Aveva vissuto con lei per un anno a Parigi, nel '74, ai tempi del suo primo impiego alla Reuters, mentre Molly lavorava per "Vogue".

- Incapace di intendere e di volere e per di più nelle mani di George, - disse Clive.

Ceorge, l'editore ricco e mesto che l'adorava e che, con grande stupore di tutti, Molly non aveva lasciato pur trattandolo sempre malissimo. Adesso lo osservavano là fuori dalla porta, nell'atto di ricevere le condoglianze da una piccola folla di persone. La morte di lei lo aveva riscattato dalla disistima generale. Sembrava quasi cresciuto di qualche centimetro, teneva la schiena dritta, gli si era abbassata la voce e nei suoi occhi avidi e servili si era accesa una nuova dignità. Dopo essersi rifiutato di ricoverarla in clinica, si era occupato personalmente di lei Ma c'era di più nei primi tempi, quando gli amici chiedevano ancora di andarla a trovare, lui li aveva selezionati con cura. Clive e Vernon li poteva vedere poco perché, secondo George, le loro visite la emozionavano per poi lasciarla depressa Altro uomo chiave a essere rigorosamente razionato fu il ministro degli Esteri. La gente incominciò a mormorare, si lessero alcune velate allusioni al caso su un paio di rubriche mondane. Poi, però, la questione cessò di fare notizia perché era corsa voce che Molly non fosse più in sé; nessuno voleva più andarla a trovare e furono tutti lieti che ci fosse George a impedirlo. Clive e Vernon comunque continuavano a detestarlo con soddisfazione.

Stavano per voltarsi un'altra volta, quando squillò il cellulare nella tasca di Vernon - il quale si scusò, si fece di lato e rallentò il passo. Dovevano esserci almeno duecento persone nella folla nerovestita davanti al crematorio, adesso. Di lì a poco sarebbe sembrato scortese non avvicinarsi per dire qualcosa a George. L'aveva avuta, finalmente, quando lei ormai non riconosceva più la sua faccia allo specchio. Sugli amori passati non c’era più niente da fare, alla fine però Molly era stata soltanto sua.


Il commento

Come già visto in altre sue opere McEwan è insuperabile nella descrizione dei propri personaggi, delle loro inquietudini e dei rapporti che tra essi intercorrono. Sono veramente godibilissime le pagine in cui vengono raccontate le inquietudini di Clive e Vernon, la loro paura di morire, il progressivo disvelamento in entrambi di piccoli malesseri, possibili avvisaglie di una grave malattia, la scelta di stipulare un patto per intervenire ad alleviare in modo definitivo le sofferenze dell'amico avviato verso la morte.

Finalmente a letto, sdraiato nel buio assoluto, ancora rigido, ancora teso per lo sforzo mentale, vide sbarre ineguali di colori primari imprimersi nella sua retina prima di ripiegarsi e fremere in esplosioni di luce. Aveva i piedi gelati, ma braccia e corpo caldissimi. Le sue ansie per l'opera si trasformarono nel più vile metallo della paura notturna: malattia e morte, concetti astratti che presto andarono a materializzarsi nella sensazione che ancora provava alla mano sinistra, fredda, rigida e formicolante come se ci fosse stato seduto sopra per mezz'ora. Se la massaggiò con la destra prima di appoggiarsela sulla pancia calda. Sarà stato questo il sintomo avvertito da Molly quando aveva alzato il braccio per fermare il taxi al Dorchester? Clive non aveva nessuno, non una moglie, non il corrispettivo di un George che si prendesse cura di lui, il che forse era molto meglio. Ma l'alternativa, allora? Si girò sul fianco e si avvolse nelle coperte. Una casa di riposo, la Tv nel refettorio e la tombola domenicale insieme ai vecchi con le loro sigarette, e il piscio e la bava alla bocca. No, non sarebbe rimasto ad aspettare. Subito da un dottore, il mattino dopo. Ma Molly aveva fatto proprio cosi, e i medici l'avevano mandata a fare gli esami Sapevano accompagnare il declino, non prevenirlo. Alla larga, dunque; meglio affrontare il declino da soli e, quando lavorare o vivere dignitosamente sarebbe diventato impossibile, farla finita. Come avrebbe fatto, però, a impedirsi di superare quel limite, quello che Molly aveva raggiunto cosi in fretta, se a quel punto sarebbe stato troppo inerme o troppo rincoglionito per uccidersi? (p. 26-27)

Ultimamente, Halliday si era reso conto di essere persino in grado di convivere con la propria non-esistenza, visto che non aveva senso piangere troppo a lungo la scomparsa di qualcosa - vale a dire di un se stesso - che nemmeno riusciva più a ricordare. Tutto ciò costituiva un motivo di ansia, ma di un'ansia ormai vecchia di giorni. Quello di adesso era invece un sintomo fisico. Riguardava l'esatta metà della testa, cranio e cervello, ed era una sensazione semplicemente non-definibile. Anzi, la si sarebbe potuta descrivere come l'improvvisa scomparsa di una sensazione talmente consueta e continua da non essere più percepita, come un suono di cui ci si accorga solo nell'attimo in cui si interrompe. Vernon sapeva con esattezza quando era incominciata, la sera precedente, al momento di alzarsi da tavola, e sapeva di averla ritrovata intatta svegliandosi il mattino dopo, inafferrabile e ostinata, non come un senso di gelo, né di tensione, e nemmeno di vuoto, ma un po' tutto insieme. Forse la parola giusta era "morte". Il suo emisfero destro era morto. Erano morte così tante persone a lui care che, nell'attuale condizione schizofrenica, Vernon poteva incominciare a considerare la propria fine come un fatto banale: il sussulto passeggero di una sepoltura, una cremazione, una sferzata di dolore presto placata dall'onda grande della vita. Magari era già morto. O magari, e questo era per un pensiero di forte effetto, non occorreva altro che un paio di colpi alla tempia ben assestati con un martello di media grandezza. (p.33-34).

Allo stesso modo risulta estremamente efficace la caratterizzazione di Clive e Vernon nella loro dimensione di estremo egoismo ed autoaffermazione che li porta a non fermarsi davanti a nulla, sino alla drastica interruzione della loro amicizia generata dalla reciproca non condivisione delle scelte dell'altro.

- Attenzione, - ribatté Clive aggressivo. - Stai bevendo il mio vino -. Prese la bottiglia di richebourg e riempì il bicchiere di Vernon. - Roba da centocinque sterline la bottiglia.

Vernon ne tracannò metà. - Proprio questo intendevo. Non è che ti sei messo comodo e mi diventi di destra a cinquant'anni per caso?

Clive replicò alla frecciata con una delle sue. - No, vuoi sapere che cosa succede in realtà? Che tu stai facendo il gioco di George. E lui che ti indottrina. Ti sfrutta, Vernon, e mi sorprende che tu non te ne accorga. Lui odia Garmony perché è stato con Mollv. Se avesse qualcosa in mano sul mio o sul tuo conto, userebbe anche quello -. E poi aggiunse: - Non è escluso che l'abbia. Molly ti ha mai fotografato? Magari in muta da sommozzatore? O magari in tutù. La gente ha diritto di sapere.

Vernon si alzò e rimise la busta in cartella. - Sono venuto qui sperando di trovare un po' di sostegno. O per lo meno, un ascolto benevolo. Non mi aspettavo davvero di essere insultato in questo modo.

Raggiunse l'ingresso, Clive lo seguì, ma non aveva nessuna voglia di scusarsi. Vernon aprì la porta e si voltò. Aveva l'aria trascurata, la faccia pesta. - Non capisco, - disse sottovoce. - Non credo che tu mi stia dicendo le cose come stanno. Qual è il vero problema in questa storia?

La domanda era forse retorica. Clive fece un paio di passi in direzione dell'amico e rispose. - Il vero problema è Molly. A noi Garmony non piace, ma a lei piaceva. Lui si fidava e lei ha rispettato la sua fiducia. E stata una faccenda privata tra loro due. Queste fotografie appartenevano a Molly, non hanno nulla a che fare né con me né con te o con i tuoi lettori. Lei avrebbe odiato quello che stai facendo. Credimi, così la tradisci -. Poi, pur di non dare a Vernon la soddisfazione di chiudergli la porta in faccia, Clive girò sui tacchi e se ne andò in cucina per consumare la cena da solo. (p.74-75).

Non mi è piaciuto, invece, il finale. Non per il greve pessimismo di cui esso è permeato, ma per la sua scarsissima plausibilità. In una vicenda dove la realtà viene rappresentata senza nessuna trasfigurazione, procedimento cui McEwan è ricorso in altre opere (es. Bambini nel tempo), la soluzione adottata dall'autore per chiudere il romanzo mi risulta del tutto incomprensibile e mi porta a dare al romanzo un giudizio non del tutto positivo.


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