Maugham W. Somerset, Storie di spionaggio e di finzioni, Einaudi, 1992, 391 p.

Il libro

Il volume contiene dodici racconti: Miss King, Il Messicano Calvo, Giulia Lazzari, Il traditore, La biancheria di Mr. Harrington, L'eroe di cartapesta, Prima del ricevimento, La virtù, La moglie del colonnello, Impronte nella giungla, Il tesoro, Le convenzioni sociali.

Nei primi cinque racconti il protagonista è lo scrittore Ashenden chiamato dall'Intelligence a svolgere incarichi di spionaggio. E' opportuno sottolineare l'identificazione che l'autore opera con il protagonista di questi primi racconti: Maugham stesso,durante la Prima Guerra Mondiale, fece parte dei servizi segreti britannici. Non si tratta di racconti d'azione, la vita di Ashenden non viene mai messa ingioco: prevalgono gli elementi riflessivi, la capacità dell'agente di comprendere la psicologia degli avversari immaginandone pensieri e comportamenti, la sua abilità di fingere di essere un altro per mettere a proprio agio le persone indagate e farne abbassare la guardia.

Gli altri sette racconti, invece, narrano di personaggi diversi uno dall'altro, uniti tutti dal tema della finzione. Maugham scrive di convenzioni sociali , di rispettabilità, di posizioni sociali, di amore e di sentimenti. Con occhio acuto ed attento lo scrittore scopre le contraddizioni dei vari personaggi, ne rivela il lato nascosto scoprendo una realtà fatta di dolore, disonestà, falsità e disperazione.


Miss King

[ovvero il reclutamento di Ashenden], p. 3-5

"Fu solo agli inizi di settembre che Ashenden, uno scrittore che si era trovato all'estero allo scoppio delle ostilità, riuscì a tornare in Inghilterra. Poco dopo il suo arrivo. gli capitò di partecipare a un ricevimento nel corso del quale fu presentato a un colonnello di mezza età, di cui non afferrò bene il nome. Conversarono un po’. Mentre stava per andarsene, l'ufficiale gli si avvicinò per domandargli:

- Scusi, mi stavo chiedendo se non vorrebbe venire a trovarmi Mi piacerebbe fare quattro chiacchiere con lei

- Certamente, - rispose Ashenden - Quando vuole.

- Che ne direbbe di domattina alle undici?

- Benissimo.

- Vorrei darle il mio indirizzo. Ha un biglietto?

Ashenden gliene dette uno e il colonnello vi scarabocchiò a matita il nome di una via e di un numero civico. Il mattino successivo, quando Ashenden andò all'appuntamento, si trovò in una strada di case in mattoni rossi, piuttosto ordinarie, in un quartiere di Londra che un tempo era stato alla moda ma che ora era scaduto nella considerazione di quanti ambivano a una casa che avesse un indirizzo "bene". Sull'edificio nel quale Ashenden doveva recarsi, un carrello avvisava che la casa era in vendita, le persiane erano chiuse e non c'era alcun segno che fosse abitata. Ashenden suonò il campanello e la porta fu aperta così prontamente da un sottufficiale, che egli trasalì. Non gli fecero domande, venne invece condotto immediatamente in una lunga stanza sul retro, evidentemente la sala da pranzo di un tempo, dove la vistosa decorazione appariva stranamente in contrasto con i mobili d'uificio, pochi e vecchiotti, coi quali era arredata. Dette ad Ashenden l'impressione di una stanza in cui si fossero installati dei mediatori. Il colonnello - che, come Asbenden doveva scoprire in seguito, era conosciuto nel servizio di spionaggio come "R" - si alzò al suo ingresso e gli strinse la mano Era un uomo un tantino al di sopra della statura media, scarno, con un viso giallo e profondamente segnato dalle rughe, capelli grigi e finì, e baffi a spazzolino Il particolare che si notava immediatamente nella sua persona, era la vicinanza dei suoi occhi blu, a un pelo dallo strabismo. Occhi duri e crudeli, dall'espressione mutevolissima, che gli lanciarono un'occhiata ambigua e astuta. Si trattava di un uomo che non vi poteva piacere e di cui non potevate fidarvi a prima vista. I suoi modi erano amabili e cordiali.

Fece parecchie domande ad Ashenden poi, senz'altri indugi, suggerì che lo scrittore avevi particolari requisiti per lavorare nel servizio segreto. Ashenden conoscevi parecchie lingue straniere e la sua professione gli forniva uno schermo eccellente; col pretesto di scrivere un libro, poteva visitare qualsiasi Paese neutrale senza attirare l'attenzione. Fu mentre discutevano questo punto, che R. disse:

- Potrebbe raccogliere materiale che le sarebbe utilissimo per il suo lavoro.

- Non mi dispiacerebbe, - convenne Ashenden.

- Le racconterò un fatto avvenuto appena qualche giorno fa, di cui le posso garantire l'autenticità. Quando successe, pensai che se ne sarebbe potuto fare un romanzo maledettamente buono. Un ministro francese si era recato a Nizza per riprendersi da un'influenza: aveva con sé alcuni importanti documenti che teneva in una borsa. Erano davvero importantissimi. Be', un paio di giorni dopo il suo arrivo, conobbe una signora dai capelli biondicci, in un ristorante con annessa sala da ballo, e strinse con lei rapporti molto amichevoli Per farla corta, se la portò in albergo - naturalmente fu una cosa molto imprudente - quando il mattino successivo ritornò in sé, trovò che la signora e la sua borsa erano sparite. Avevano bevuto un paio di bicchierini nella sua stanza e la sua teoria è che, mentre le voltava le spalle, la donna aveva versato un narcotico nel bicchiere.

R. terminò e guardò Ashenden con un luccichio negli occhi ravvicinati.

- Drammatico, no? – commentò.

- Intende dire che è successo qualche giorno fa?

- Circa due settimane or sono.

- Impossibile! - sbottò Ashenden. - Ma come, sono sessant'anni che rappresentiamo in teatro un caso del genere e ne abbiamo scritto in migliaia di romanzi! Intende dire che la realtà ha superato la nostra fantasia?

R. rimase leggermente sconcertato.

- Be', se è necessario, posso darle nomi e date e, mi creda, gli Alleati si sono trovati in un mare di guai a causa della perdita dei documenti che si trovavano in quella borsa.

- Ebbene, se non riuscite a fare di meglio, temo che il servizio segreto, come fonte d'ispirazione per uno scrittore, sia una grossa delusione, - sospirò Ashenden. - Non possiamo più scrivere roba del genere.

Non ci misero molto a mettersi d'accordo e, quando Ashenden si alzò per congedarsi, aveva già preso accuratamente nota delle istruzioni. Doveva partire il giorno successivo per Ginevra. Le ultime parole che E. gli disse, con un indifferenza che le rese ancor più solenni, furono:

- C'è una cosa che ritengo debba sapere, prima di iniziare questo lavoro. E non la dimentichi. Se sarà utile, non riceverà ringraziamenti e se si troverà in difficoltà, non avrà aiuto E’ sempre d'accordo?

- Perfettamente.

- Allora le auguro il buon giorno."


Il commento

In questi racconti Maugham rivela un'indubbia padronanza delle tecniche narrative e una grande capacità descrittiva, sia che si tratti di tratteggiare i personaggi, che rappresentare gli ambienti nei quali essi si muovono. Ne risulta una prosa ben costruita, capace di avvincere il lettore per la sua leggerezza e per la sua scorrevolezza, garantita quest'ultima dai perfetti meccanismi narrativi dei racconti dove nulla risulta essere superfluo e ridondante.

Notevole davvero la capacità dell'autore di caratterizzare i propri personaggi, non fermandosi all'aspetto esteriore, ma descrivendone le idee, le convinzioni, le contraddizioni, le ambiguità e le ipocrisie: sembra quasi che questi personaggi possano uscire dalle pagine del libro e apparire davanti come fossero persone reali.

Di seguito alcuni esempi delle capacità descrittive di Maugham:

"... Anastasia Aleksandrova era un'attraente, sebbene per quei tempi troppo voluttuosa, figura, gli zigomi alti e il naso carnoso (quest'ultimo molto tartaro), una bocca generosa di denti larghi e quadrati e la pelle pallida. Si vestiva con un certo gusto appariscente. Nei suoi occhi scuri e malinconici Ashenden vedeva le sconfinate steppe russe, e il Cremlino con le sue squillanti campane, e i solenni riti di Pasqua a Sant'Isacco, e le foreste di argentei faggi e la Prospettiva Nevskij. Era sorprendente quante cose vedesse negli occhi di lei. Erano tondi, brillanti e leggermente protuberanti come quelli di un pechinese. Parlavano di Alioscia dei Fratelli Karamazov di Natascia di Guerra e pace, di Anna Karenina e di Padri e figli. ... "

da La biancheria di Mr. Harrington, p. 184

"...Era una donna sulla cinquantina (anche se in Oriente, dove si invecchia in fretta, è difficile indovinare l'età delle persone), con i capelli bianchi e disordinati; notai che faceva spessissimo un gesto impaziente con la mano per ricacciare indietro una lunga ciocca che continuava a caderle sulla fronte. Mi domandai perché non si evitasse quel fastidio con l'aiuto di un paio di forcine. Gli occhi azzurri erano grandi, ma slavati e un po' stanchi. Il volto era rugoso e giallastro: la sua principale caratteristica mi parve un'espressione di caustica ma tollerante ironia. Penso che gli fosse data dalla bocca. Si capiva che quella donna sapeva il fatto suo e non aveva mai paura di dire ciò che pensava. […] Il suo modo di fare era mordace, ma abbastanza spiritoso da risultare offensivo solo per uno sciocco. Di tanto in tanto le sfuggiva un'osservazione così sarcastica che dovevi far ricorso a tutto il tuo senso dell'umorismo per ridere, ma non tardavi ad accorgerti che Mrs Cartwright era disposta a farsi rendere pan per focaccia. Quando, per un caso fortunato, le ribattevi in modo da ritorcere su di lei la frecciata, la sua bocca larga e sottile s'increspava in un asciutto sorriso e i suoi occhi s'accendevano.

Mi parve una persona molto simpatica. Mi piacque la sua franchezza. Mi piacque la sua prontezza. Mi piacque la sua brutta faccia. Non avevo mai incontrato una donna che si curasse così poco del proprio aspetto. I capelli non erano la sola cosa disordinata; Mrs Cartwright era trasandata dalla testa ai piedi; indossava una camicetta di seta con il colletto alto, ma per il caldo si era slacciata i primi bottoni, mostrando un collo macilento e grinzoso; la camicetta era stropicciata e non molto pulita, perché Mrs. Cartwright fumava come una ciminiera e si copriva di cenere. Quando si alzò per parlare con qualcuno, vidi che la sua gonna blu aveva l'orlo sfilacciato e un gran bisogno di essere spazzolata, e che ai piedi portava scarpe alte e pesanti con il tacco basso. Ma tutto ciò non aveva importanza. Il suo abbigliamento era assolutamente in tono con il suo carattere. ..."

da Impronte nella giungla, p. 331-332


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