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Il romanzo
Dal retro di copertina:
"Ermanno è il bidello della scuola media P. Nessuno lo nota mai. Come un
fantasma si aggira per le classi svolgendo il proprio lavoro. L'unica ad
accorgersi di lui è Alice, insegnante di lettere, dolce e determinata. Ermanno
custodisce un segreto che gli corrode il cuore, che ogni giorno diventa più
grande, più pesante. Incrociando il destino di ogni alunno, in un edificio
scolastico che sembra avere una propria vita, il segreto di Ermanno esploderà,
in una normale mattinata di scuola. E tutti si renderanno conto che l'amore non
ha regole, non si insegna e non insegna. L'amore va solo vissuto. Perché non
esiste nessuna lezione d'amore."
Le prime righe
Vista da fuori sta a metà tra una caserma e un collegio.
Vista da dentro ricorda di più un sanatorio con le pareti verdine sino a due
metri da terra e poi bianco sporco - più sporco che bianco- sino al soffitto altissimo. Le porte di
legno che si susseguono a intervalli regolari per due piani sono anche loro
verdine ma di un verdino più frivolo delle pareti. Il pavimento è formato da
quadrotti di piastrelle grigie consumate da migliaia di scarpe che le hanno
calpestate nel corso di quasi cento anni.
Di notte, è una costruzione tetra che sembra sospirare di
vergogna per tanta bruttezza. Di giorno, grida di vitalità e ansima corre sogna
piange come le centinaia di scolari che la invadono.
Fuori, la scuola media inferiore P. è un blocco compatto
di cemento bucato da decine di finestre, grandi occhi spalancati sul via vai
della strada trafficata, tagliata a metà dalle rotaie del tram. Dentro è un
cuore dalle molte stanze.
Accurso Ermanno,
ventiquattro anni, custode, esce dal piccolo appartamento al pian terreno
dell’edificio scolastico. In piedi al centro dell’atrio osserva la moltitudine
degli scolari premere contro il portone principale della scuola. Ascolta le
voci dei ragazzi incrociarsi in un concerto stonato e quando le lancette del
grande orologio appeso di fronte al portone scatteranno sulle otto e trenta,
aprirà e li farà entrare.
Si scosta di scatto i
capelli scuri che gli cadono negli occhi e con passo lento si avvicina
all’ingresso. Mentre il trillo della campana strappa un gemito di dolore ai
ragazzi, con gesti che si ripetono sempre uguali da due anni, Ermanno apre il
portone. Gli scolari vengono risucchiati all’interno, corrono su per le scale,
a destra e a sinistra verso le aule al pianterreno.
Lui, con uno sguardo
invidioso, segue i loro dorsi di uccelli impazziti scomparire. I ragazzi gli
passano davanti camminando veloci. Parlano tra di loro, si muovono a sciami o
in coppie, si danno pacche sulle spalle e si urlano frasi pesanti. Gli sfilano
davanti senza guardarlo, come fosse una scrivania o una sedia. Una parte
integrante dell’edificio, una sua protuberanza.
Le porte vengono
sbattute una dopo l’altra in una sinfonia sincopata. Le voci si smorzano come
candele dopo un soffio di vento. I corridoi tornano a essere vuoti, ma vibranti
di energia trattenuta. Di tanto in tanto il rumore di un paio di tacchi che si
allontana, una porta che si apre cigolando e si richiude con un morbido toc.
Poi, improvvise come uno scroscio di pioggia primaverile, delle risate. E poi
di nuovo silenzio.
Ermanno entra nella
guardiola, una stanzetta arredata con due sedie, un tavolo e un attaccapanni.
Uno sportello a vetri dà sull’atrio. Da lì Ermanno controlla chi entra ed esce
dalla scuola. Nella stanza regna un odore di polvere, di finestre sempre
chiuse, di soprabiti umidi.
Esce reggendo un pacco
di fogli: un avviso da consegnare a tutti i professori. Non gli ha dato nemmeno
un’occhiata dopo che la segretaria, una vampira tutta pallore e denti, glieli
ha consegnati. Ciò che accade in quella scuola non pare riguardarlo.
Ha trascorso la notte
insonne. Si è girato e rigirato per ore nel letto, senza trovare la forza di
alzarsi né quella di abbandonarsi ai sogni.
Sogni.
Incubi, che come mani
rapaci lo vogliono trascinare verso il fondo.
Un viso è tornato a
tormentano.
Uno sguardo limpido e
stupito.
Marina.
Sperava di esserci
riuscito, di aver fatte i conti con il proprio passato. Di averlo imbrogliato,
almeno. Invece no. Niente imbrogli, nessuno sconto.
Ermanno sale le scale
ascoltando il rumore dei propri passi e si avvicina alla prima porta.
08/04/2002