leggi e sentenze
10 novembre 2006

La tematica dell’inquinamento idrico prodotto a seguito di un evento piovoso dal dilavamento di piazzali, cortili, aree di carico e scarico e di ogni altra analoga superficie scoperta ad uso promiscuo per il deposito o la movimentazione di materie prime o rifiuti si arricchisce di un nuovo capitolo. La Regione Lombardia ha mandato in stampa una regolamentazione specifica per le acque di seconda pioggia, cioè per quelle acque che, pur non rientrando per definizione tra le più inquinate perché relative ai primi 5 mm, in particolari condizioni possono contenere ancora significative concentrazioni di sostanze dannose per l’ambiente acquatico.

L’argomento è già stato trattato in precedenti occasioni e, come si ricorda il lettore più attento, uno degli elementi che è ancor oggi più dibattuto a livello internazionale è la determinazione dell’entità della precipitazione intesa come "prima pioggia" ("first flush"). In realtà da tempo i paesi anglosassoni si sono orientati ad individuare soluzioni di contenimento, denominate buone pratiche, che prescindono da questa considerazione preferendo come obiettivo quello di trattenere una percentuale adeguata (60-80%) delle acque cadute nel corso di un anno basandosi su curve di possibilità pluviometriche.

Risulta quindi interessante esaminare quale sia stata la scelta della Regione Lombardia attuata attraverso la Deliberazione Giunta Regionale 21 giugno 2006, n. 8/2772 "Direttiva per l'accertamento dell'inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell'art.14, c. 2, r.r. n. 4/2006"

Occorre chiarire come la direttiva nasca dal regolamento 24 marzo 2006 n° 4 riguardante la "Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell’articolo 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26" con il quale la Regione ha aggiornato e innovato nella materia dettata dal vigente regolamento di igiene e rimasta inalterata per diversi anni.

Gli aspetti più rilevanti sono ovviamente legati alle nuove definizioni che la regione introduce chiarendo e puntualizzando aspetti che, sia le disposizioni del "vecchio" D.Lgs 152/99, che quelle applicative introdotte a livello locale continuavano a rimanere nell’incertezza

Le definizioni sono le seguenti:

a) "evento meteorico" una o più precipitazioni atmosferiche, anche tra loro temporalmente distanziate, di altezza complessiva di almeno 5 mm, che si verifichi o che si susseguano a distanza di almeno 96 ore da un analogo precedente evento;

b) "acque meteoriche di dilavamento" la parte delle acque di una precipitazione atmosferica che, non assorbita o evaporata, dilava le superfici scolanti;

c) "acque di prima pioggia" quelle corrispondenti, nella prima parte di ogni evento meteorico, ad una precipitazione di 5 mm uniformemente distribuita sull’intera superficie scolante servita dalla rete di raccolta delle acque meteoriche;

d) "acque di seconda pioggia" la parte delle acque meteoriche di dilavamento eccedente le acque di prima pioggia;

e) "acque pluviali" le acque meteoriche di dilavamento dei tetti, delle pensiline e dei terrazzi degli edifici e delle installazioni.

La novità più importante è quella di aver finalmente scisso il parametro intensità di pioggia dall’unità di tempo in quanto ciò che importa non è trattare una portata ma contenere un volume ed è quindi ininfluente in quanto tempo questo volume si raccolga.

Da questo aggiornamento consegue più facilmente individuare quali siano le acque di seconda pioggia, quelle eccedenti i primi 5 mm.

La direttiva prevede che "la formazione, il convogliamento, la separazione, la raccolta e lo scarico delle acque di seconda pioggia sono soggetti alle disposizioni del presente regolamento qualora provengano dalle superfici scolanti di cui al comma 1, lettere a) e b) e l’Autorità competente accerti l’inquinamento di tali acque da sostanze asportate o in soluzione, derivante dal percolamento delle acque meteoriche tra materie prime, prodotti intermedi e finiti, sottoprodotti, rifiuti o quant’altro accatastato o depositato sulle superfici stesse".

Le superfici scolanti appartengono ai seguenti settori:

a) superfici scolanti di estensione superiore a 2.000 mq, calcolata escludendo le coperture e le aree a verde, costituenti pertinenze di edifici ed installazioni in cui si svolgono le seguenti attività:

1) industria petrolifera;

2) industrie chimiche;

3) trattamento e rivestimento dei metalli;

4) concia e tintura delle pelli e del cuoio;

5) produzione della pasta carta, della carta e del cartone;

6) produzione di pneumatici;

7) aziende tessili che eseguono stampa, tintura e finissaggio di fibre tessili;

8) produzione di calcestruzzo;

9) aree intermodali;

10) autofficine;

11) carrozzerie;

b) dalle superfici scolanti costituenti pertinenza di edifici ed installazioni in cui sono svolte le attività di deposito di rifiuti, centro di raccolta e/o trasformazione degli stessi, deposito di rottami e deposito di veicoli destinati alla demolizione;

c) dalle superfici scolanti destinate al carico e alla distribuzione dei carburanti ed operazioni connesse e complementari nei punti di vendita delle stazioni di servizio per autoveicoli;

d) dalle superfici scolanti specificamente o anche saltuariamente destinate al deposito, al carico, allo scarico, al travaso e alla movimentazione in genere delle sostanze di cui alle tabelle 3/A e 5 dell’allegato 5 al d.lgs. 152/1999.

Una prima osservazione è relativa alla scelta di escludere dalla direttiva le superfici scolanti di cui alle lettere c) e d) del primo comma dell’art.3. Poiché non è espresso il criterio sulla base del quale si considerano a rischio di inquinamento anche le acque di seconda pioggia non è possibile comprendere come lo stesso sia stato valutato attinente alle superfici descritte alle lettere a) e b) e non rispetto alle altre. Peraltro escludere le superfici che scolano specificatamente o saltuariamente le sostanze pericolose delle tabelle 3/A e 5 per la durata di tutto l’evento è in contraddizione con la scelta dei settori produttivi indicati alle lettere a) e b) dove si utilizzano spesso le medesime sostanze. L’uso degli stessi avverbi "specificatamente" e "saltuariamente" risulta poco chiaro, perché non si comprende se si mettano sullo stesso piano situazioni provvisorie con situazioni permanenti.

Contrariamente a quanto sembra disporre il regolamento la direttiva limita il controllo delle acque di seconda pioggia alle sole aree in cui avviene deposito di materie prime, intermedi e rifiuti, escludendo tutte quelle ove invece avviene anche la movimentazione delle stesse, carico, scarico e trasporto compresi. E’ evidente l’interesse a ridurre la portata delle norme regolamentari, una cui interpretazione troppo restrittiva avrebbe comportato l’adeguamento di grandi estensioni superficiali. Le stesse rimangono comunque sottoposte al trattamento delle acque di prima pioggia.

Per una miglior lettura delle norme la direttiva propone quindi alcuni esempi:

Gli stoccaggi sulle superfici scolanti che possono dare origine a inquinamento delle acque di seconda pioggia sono essenzialmente:

• lo stoccaggio di liquidi classificati come pericolosi o di rifiuti liquidi. Si tratta di casi in cui è imposto l’obbligo dell’adozione di bacini di contenimento che comportano la raccolta integrale (prima e seconda pioggia) delle acque meteoriche di dilavamento;

• lo stoccaggio di materiali solidi sfusi, con esclusione di quelli stoccati in idonei contenitori chiusi. In tale situazione deve essere valutata la possibilità di rilascio di sostanze inquinanti da parte dei materiali stessi.

Per la valutazione della possibilità di rilascio di sostanze inquinanti sono da considerare, salvo dimostrazione contraria, le seguenti tipologie:

• tutti i tipi di rifiuti, ad eccezione dei rifiuti inerti e dello sfalcio del verde;

• i materiali idrosolubili;

• i materiali putrescibili;

• i materiali totalmente o parzialmente pulverulenti;

• i materiali le cui superfici sono o possono essere contaminate (a titolo esemplificativo e non esaustivo: contenitori vuoti e non lavati, sfridi metallici contaminati da oli e attrezzature contaminate da prodotti solubili. Non sono da considerare, sempre a titolo esemplificativo e non esaustivo, materiali metallici non contaminati, materiali da costruzione, pallets e contenitori puliti).

Le considerazioni più interessanti sull’emanazione della direttiva nascono sul contenuto di queste esemplificazioni e dal resto dell’articolato dove si introduce la nozione di stoccaggi contaminati e non.

Quello che in effetti risulta più semplice, quando si debba applicare una normativa per la tutela dell’ambiente, è analizzare le circostanze che danno adito a fattori d’inquinamento. In questo caso è evidente che la soluzione migliore è non utilizzare le superfici scoperte come deposito di materie prime, intermedi e rifiuti, laddove questi possano cedere sostanze dannose all’ambiente. Bisogna pertanto agire in termini di prevenzione, per quanto possibile tecnicamente, analizzando le modalità di sistemazione delle merci e dei rifiuti, se non sia più razionale un loro stoccaggio al coperto, se non all’interno dei fabbricati. Il che costituirebbe anche un miglioramento dal punto di vista del decoro, contribuendo a ridurre se non a eliminare l’utilizzo delle aree esterne come "quasi" discariche, aspetto del quale tutti possiamo quotidianamente venire a contatto.

La direttiva insiste quindi nel descrivere un approccio analitico al problema in modo che l’imprenditore, prima ancora di dover presentare domanda di autorizzazione allo scarico, valuti se effettivamente non ci siano le condizioni proprio per evitare tout court che questo scarico avvenga con l’apporto di sostanze idroinquinanti.

La direttiva quindi dispone che:

Qualora i soggetti responsabili delle attività di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b) ritengano che possa sussistere contaminazione delle acque di seconda pioggia per la presenza di stoccaggi di materiali, non occorre procedere a accertamenti analitici se in sede di autorizzazione sono proposti interventi idonei a prevenire tale inquinamento o a raccogliere e trattare tutta l’acqua meteorica di dilavamento, quali:

• copertura delle superfici di stoccaggio, con l’adozione di tettoie o altri sistemi analoghi;

• eliminazione del percolamento delle acque meteoriche, con l’adozione di contenitori (container e simili) chiusi e/o coperti;

• predisposizione di cordolatura (o sistema equivalente per separare le acque meteoriche di percolamento dalle rimanenti) attorno alle superfici di stoccaggio, raccolta integrale delle acque meteoriche di percolamento e loro trattamento (anche congiuntamente alle acque di prima pioggia provenienti da altre superfici scolanti soggette alle disposizioni del regolamento).

Una delle problematiche collegate è poi quella della effettiva conoscenza dell’inquinamento prodotto. Il rischio è che tutta la materia si basi su considerazioni del tutto teoriche o valutazione empiriche fondate su esperienze di portata limitata. Se non vi sono dati a sostegno delle relazioni presentate si dà spazio all’aleatorietà, al giudizio caso per caso. Invece la direttiva impone anche le modalità per supportare la strategia prescelta, cioè in pratica un pozzetto di ispezione 50x50 cm installato sullo scarico finale che consenta l’accumulo di un quantitativo di acque sufficiente ad eseguire il prelievo dei campioni. Gli accertamenti sono di norma eseguiti, durante l’evento meteorico, con campionamenti istantanei. A evento meteorico concluso l’accertamento può essere effettuato sulle acque accumulate nel pozzetto.

Qualora gli accertamenti evidenzino il superamento dei valori limite di emissione stabiliti dalla ex tabella 3 del Dlgs 152/99, il soggetto responsabile deve porre in atto ulteriori misure di prevenzione e/o separazione e/o trattamento.

Questa prescrizione costituisce un valido deterrente per quelle relazioni che concludono troppo rapidamente per la non applicazione della direttiva, e, nello stesso, un innegabile strumento per una valutazione dell’efficacia/efficienza delle soluzioni adottate. La raccolta di dati in autocontrollo o attraverso i controlli pubblici potrà poi finalmente rappresentare un riferimento concreto nel discriminare le potenzialità inquinanti dei vari comparti produttivi o, all’interno degli stessi, delle diverse modalità di deposito delle merci e dei rifiuti.

 

Deliberazione Giunta Regionale 21 giugno 2006, n. 8/2772

Direttiva per l'accertamento dell'inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell'art.14, c. 2, r.r. n. 4/2006


LA GIUNTA REGIONALE

Visto il regolamento regionale 24 marzo 2006, n. 4 "Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell’articolo 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26";

Visto in particolare l’articolo 14, comma 2 del regolamento, che pone in capo alla Giunta regionale l’approvazione delle direttive per l’accertamento dell’inquinamento delle acque di seconda pioggia di cui all’articolo 3, comma 3 del regolamento stesso;

Vista la "Direttiva per l’accertamento dell’inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell’articolo 14, comma 2 del regolamento regionale 24 marzo 2006, n. 4", allegata quale parte integrante e sostanziale alla presente deliberazione (Allegato A);

Dato atto che il dirigente dell’unità organizzativa proponente ritiene l’allegata direttiva corrispondente alle previsioni normative;

Ad unanimità dei voti espressi nelle forme di legge

Delibera

Per i motivi richiamati in premessa e qui integralmente recepiti
1. Di approvare la "Direttiva per l’accertamento dell’inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell’articolo 14, comma 2 del regolamento regionale 24 marzo 2006, n. 4", che costituisce parte integrante e sostanziale della presente deliberazione (Allegato A).
2. Di disporre la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia del presente atto e del relativo Allegato A.

Allegato A - Direttiva per l’accertamento dell’inquinamento delle acque di seconda pioggia in attuazione dell’articolo 14, comma 2 del regolamento regionale 24 marzo 2006, n. 4"

1. Premessa
L’articolo 14, comma 2 del regolamento regionale 24 marzo 2006, n. 4 "Disciplina dello smaltimento delle acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne, in attuazione dell’articolo 52, comma 1, lettera a) della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26" (di seguito regolamento) demanda alla Giunta regionale l’approvazione delle "direttive per l’accertamento dell’inquinamento delle acque di seconda pioggia di cui all’articolo 3, comma 3".
Il richiamato articolo 3, comma 3 prevede che "la formazione, il convogliamento, la separazione, la raccolta e lo scarico delle acque di seconda pioggia sono soggetti alle disposizioni del presente regolamento qualora provengano dalle superfici scolanti di cui al comma 1, lettere a) e b) e l’Autorità competente accerti l’inquinamento di tali acque da sostanze asportate o in soluzione, derivante dal percolamento delle acque meteoriche tra materie prime, prodotti intermedi e finiti, sottoprodotti, rifiuti o quant’altro accatastato o depositato sulle superfici stesse".
Nei casi accertati l’Autorità competente, ai sensi dell’articolo 3, comma 4 del regolamento, determina, con riferimento alle singole situazioni, la quantità di acqua meteorica di dilavamento da assoggettare alle disposizioni del regolamento.

2. Acque di seconda pioggia assoggettate alle disposizioni del regolamento
Presupposto essenziale per l’applicazione del disposto di cui al richiamato articolo 3, comma 3 è la contemporanea sussistenza delle seguenti condizioni:
• superfici scolanti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e
b) del regolamento;
• stoccaggio sulle indicate superfici, fermo restando il rispetto delle specifiche discipline interessanti le situazioni in argomento, di materie prime, prodotti intermedi e finiti, sottoprodotti, rifiuti o di altri accatastamenti o depositi attraverso i quali le acque meteoriche percolino o possano percolare, con conseguente inquinamento delle acque di seconda pioggia da sostanze asportate o in soluzione.
L’inquinamento da sostanze asportate o in soluzione di cui al secondo punto è da ricondurre allo stoccaggio sulle superfici scolanti dei materiali di cui articolo 3, comma 3 e non al carico, scarico, trasporto e movimentazione dei materiali stessi, operazioni alle quali si applicano, in presenza delle sostanze di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d) del regolamento, le disposizioni previste dal medesimo con riferimento alle acque di prima pioggia.
Gli stoccaggi sulle superfici scolanti che possono dare origine a inquinamento delle acque di seconda pioggia sono essenzialmente:
• lo stoccaggio di liquidi classificati come pericolosi o di rifiuti liquidi. Si tratta di casi in cui è imposto l’obbligo dell’adozione di bacini di contenimento che comportano la raccolta integrale (prima e seconda pioggia) delle acque meteoriche di dilavamento;
• lo stoccaggio di materiali solidi sfusi, con esclusione di quelli stoccati in idonei contenitori chiusi. In tale situazione deve essere valutata la possibilità di rilascio di sostanze inquinanti da parte dei materiali stessi.
Per la valutazione della possibilità di rilascio di sostanze inquinanti sono da considerare, salvo dimostrazione contraria, le seguenti tipologie:
• tutti i tipi di rifiuti, ad eccezione dei rifiuti inerti e dello sfalcio del verde;
• i materiali idrosolubili;
• i materiali putrescibili;
• i materiali totalmente o parzialmente pulverulenti;
• i materiali le cui superfici sono o possono essere contaminate (a titolo esemplificativo e non esaustivo: contenitori vuoti e non lavati, sfridi metallici contaminati da oli e attrezzature contaminate da prodotti solubili. Non sono da considerare, sempre a titolo esemplificativo e non esaustivo, materiali metallici non contaminati, materiali da costruzione, pallets e contenitori puliti).
In conformità all’articolo 9, comma 6 del regolamento, la presenza di stoccaggi di liquidi e di materiali solidi sfusi deve essere dichiarata nella domanda di autorizzazione, unitamente alle informazioni inerenti l’ubicazione e le caratteristiche degli stoccaggi.
La domanda deve inoltre indicare se dalla presenza di stoccaggi può derivare l’inquinamento delle acque di seconda pioggia o, nel caso contrario, riportare le motivazioni a sostegno.
L’Autorità competente procede alla verifica di quanto sopra sulla base dei criteri di cui ai punti 3 e 4.

3. Stoccaggi di materiali dichiarati contaminanti
Qualora i soggetti responsabili delle attività di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b) ritengano che possa sussistere contaminazione delle acque di seconda pioggia per la presenza di stoccaggi di materiali, non occorre procedere a accertamenti analitici se in sede di autorizzazione sono proposti interventi idonei a prevenire tale inquinamento o a raccogliere e trattare tutta l’acqua meteorica di dilavamento, quali:
• copertura delle superfici di stoccaggio, con l’adozione di tettoie o altri sistemi analoghi;
• eliminazione del percolamento delle acque meteoriche, con l’adozione di contenitori (container e simili) chiusi e/o coperti;
• predisposizione di cordolatura (o sistema equivalente per separare le acque meteoriche di percolamento dalle rimanenti) attorno alle superfici di stoccaggio, raccolta integrale delle acque meteoriche di percolamento e loro trattamento (anche congiuntamente alle acque di prima pioggia provenienti da altre superfici scolanti soggette alle disposizioni del regolamento).
Nella fattispecie di cui sopra il controllo dell’autorità competente è indirizzato a verificare la conformità degli interventi realizzati con quanto dichiarato nella domanda di autorizzazione.
Per superfici di stoccaggio per le quali non è possibile la realizzazione dei predetti interventi, nella domanda di autorizzazione può essere proposto che le disposizioni del regolamento siano applicate solo a una parte della quantità totale di acque di seconda pioggia, fissandola o come portata massima da avviare alla raccolta (tramite l’utilizzo di un separatore a stramazzo) o come quantitativo massimo da raccogliere (la separazione delle acque residue di seconda pioggia deve avvenire con modalità analoghe a quelle previste dal regolamento relativamente alle acque di prima pioggia). La proposta deve essere giustificata con riguardo al tempo di ritorno dell’evento meteorico di riferimento e alla residua presenza di inquinanti nelle acque di seconda pioggia. In tale caso l’autorità competente può prescrivere l’adozione di un apposito sistema di controllo. In particolare, può essere prescritta la realizzazione di un pozzetto per le acque di seconda pioggia residue, immediatamente a valle della separazione. Il pozzetto deve avere dimensioni minime di 50 x 50 cm e un volume di ritenuta corrispondente alla profondità di 50 cm per consentire l’accumulo di un quantitativo di acque sufficiente ad eseguire il prelievo dei campioni. Gli accertamenti sono di norma eseguiti, durante l’evento meteorico, con campionamenti istantanei. A evento meteorico concluso l’accertamento può essere effettuato sulle acque accumulate nel pozzetto.
Qualora gli accertamenti evidenzino il superamento dei valori limite di emissione di cui all’articolo 7 del regolamento, il soggetto responsabile deve porre in atto ulteriori misure di prevenzione e/o separazione e/o trattamento.

4. Stoccaggi di materiali dichiarati non contaminanti
Qualora i soggetti responsabili delle attività di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) e b) ritengano che non possa sussistere contaminazione delle acque di seconda pioggia per la presenza di stoccaggi di materiali, la domanda di autorizzazione deve riportare le motivazioni a sostegno, con riferimento alle caratteristiche dei materiali stoccati e agli esiti di eventuali prove di rilascio sui materiali stessi e/o di eventuali analisi sulle acque di percolamento di stoccaggi similari.
In tali casi l’autorità competente può prescrivere l’adozione di un apposito sistema di controllo. In particolare, può essere prescritto di fornire, entro un tempo prefissato, analisi rappresentative delle caratteristiche delle acque di seconda pioggia e la realizzazione, rispettando i requisiti di cui al punto 3, di appositi pozzetti di campionamento per gli eventuali accertamenti da parte dell’autorità stessa.
Gli accertamenti sono di norma eseguiti, durante l’evento meteorico, con campionamenti anche istantanei, dopo il riempimento della vasca di prima pioggia e il conseguente inizio della derivazione delle acque di seconda pioggia. A evento meteorico concluso l’accertamento può essere effettuato sulle acque accumulate nel pozzetto.
Qualora gli accertamenti evidenzino il superamento dei valori limite di emissione di cui all’articolo 7 del regolamento, il soggetto responsabile deve porre in atto le ulteriori misure di prevenzione e/o separazione e/o trattamento, in conformità a quanto riportato al punto 3.

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