Due vite parallele

 

L'ESSERE E L'APPARIRE

di Enrico Gilardoni

CAPITOLO IV

 

Nel tornare a casa Renato rimuginava fra sé constatando come divergessero le idee del padre e del figlio. Lui propendeva per quelle del padre. Chi costruisce ha comunque dei meriti rispetto a chi attinge senza remore dal patrimonio accumulato da altri. E' di certo difficile da individuare ed è personalissima la linea di confine che ciascuno dovrebbe tracciare tra i due modi di vivere: contano le esperienze passate, la propria indole, l'ambiente in cui si è cresciuti. "Mah, di solito chi ha i soldi se li tiene" concluse il giovane che nel frattempo era arrivato a casa portando alla madre una pagnotta di pane ancora calda che, era proprio il caso di dirlo, lui stesso si era procacciato con le sue mani. L'esperienza di quella notte si ripropose in altre successive occasioni più o meno saltuarie a seconda delle necessità contingenti. Tutto sommato a Renato non dispiaceva partecipare. Alla sua età si faceva in fretta a recuperare il sonno perduto e poi il compenso che percepiva era piuttosto allettante. La mentalità del signor Fausto, cresciuto svolgendo quel lavoro e conoscendone quindi la fatica, lo induceva a non essere parsimonioso nel compensare quella prestazione, mentre la sua forma mentis, che considerava lavoro solo quello manuale, non teneva in grande considerazione le altre attività svolte "seduti dietro una scrivania".

Soddisfatto dei suoi guadagni, introdotto in qualche modo nel mondo del lavoro, Renato non aveva perso di vista l'altro dei suoi obiettivi: l'università.

Nelle mattine e nei pomeriggi in cui non si recava a lavorare di norma andava a Roma a frequentare le lezioni che più gli interessavano e che erano relative al piano di studi che aveva programmato. Sul treno incontrò in più di un'occasione il suo amico Giulio, che fin dalla prima volta tenne a dirgli che avrebbe quanto prima abbandonato la ferrovia per andare all'università. I suoi gli stavano per comperare una "topolino" con la quale avrebbe potuto andare e tornare da Roma senza vincoli di orario ed evitando gli ulteriori fastidi causati dai mezzi di trasporto urbani. Anche nel colloquio che stavano intrattenendo sul treno che li riportava a casa, Giulio gli andava ripetendo: "Non ne posso più di tutta quella gente che ti si accalca addosso. Chi ti spinge di qui, chi di là, senza un minimo di garbo. Certi odori, poi.... e corri pure il rischio che ti prendano il portafoglio.... E poi sai, se ti presenti in facoltà con la macchina è tutta un'altra cosa. Puoi anche attaccare con qualche bella ragazza con la scusa di darle un passaggio. Da cosa nasce cosa... ci siamo capiti. In Francia ed anche nel nord Italia, come ho avuto modo di notare nel mio recente viaggio, le ragazze sono molto più libere e disinibite rispetto a quanto avviene qui da noi. Là ti puoi muovere con molta più disinvoltura. Siamo proprio dei retrogradi". "Mah", rispose Renato, "non so cosa pensino in proposito i tuoi genitori riguardo a tua sorella". "Se le cose andranno come mi auguro, appena possibile scappo all'estero. Con lo status di diplomatico, poi, .... non mi ci far pensare. Sarebbe bello, troppo bello! E tu, Renato, come te la passi?". "Io, lo sai, sono un proletario e come tale mi devo arrabattare. In attesa di tempi migliori e di fare il servizio militare, mio padre mi ha rimediato quel lavoretto che sai presso il signor Fausto, poi si vedrà. Per ora mi accontento, qualche soldo in tasca ce l'ho. Quanto alle ragazze, piacciono anche a me, ma non avendo né il tuo fascino, né tantomeno la macchina... forse è meglio che non ci pensi troppo. Se ti accontenterai ancora del treno sarà facile rincontrarci sennò ci vedremo in qualche altra occasione". Erano arrivati a Frascati e i due amici si salutarono.

Giulio si era ormai immedesimato nel suo ruolo goliardico ed era entrato nel giro delle amicizie dei colleghi universitari selezionati con il suo metro di giovani-bene. Senza perdere di vista lo studio che per una facoltà quale è Scienze Politiche non è poi ossessivo si muoveva con accortezza. Grazie alle sue disponibilità ed al suo modo di fare accattivante, cercava di frequentare le amicizie giuste con il non recondito fine di trovare quei canali che, dopo la laurea, lo potessero favorire per accedere alla carriera diplomatica, che era diventata il suo chiodo fisso. Sotto questo profilo suo padre, che condivideva le stesse idee e il suo stile di vita, lo aiutava in tal senso. Come molti genitori che non sono riusciti a raggiungere certi traguardi da loro molto ambiti si identificano nel proprio figlio e, come se agissero in prima persona, fanno di tutto perché egli ottenga quanto loro non hanno realizzato, allo stesso modo il dottor Consalvi tutelava e consigliava Giulio. In perfetta sintonia con i suoi programmi, Giulio aveva cominciato a frequentare molto assiduamente Amalia. La giovane ma non molto avvenente studentessa del liceo linguistico Chateaubriand apparteneva alla Roma-bene ed era la primogenita di un console prossimo consigliere di Ambasciata.

Nello stesso tempo una sua compagna di università di estrazione molto meno altolocata ma certamente molto più graziosa lo aveva attratto con le armi della seduzione femminile. Giulio era molto combattuto. Il richiamo dei sensi, la spontaneità, lo spirito goliardico lo faceva propendere per quest'ultima. La cinica visione dell'esistenza che lo condizionava aveva però il sopravvento. In questa situazione non era facile per lui destreggiarsi sui due fronti. Temeva sempre di commettere qualche gaffe compromettente che facesse scoprire all'una o all'altra delle due ragazze la doppia e contestuale relazione. Trascorsi parecchi mesi dall'ultimo incontro, gli capitò di incontrare Renato vicino a un distributore di benzina, dalle parti della stazione ferroviaria dove si recava abitualmente per rifornire la sua macchina. Dopo i primi convenevoli si offerse di riaccompagnarlo a casa con la sua auto. In un batter d'occhio si trovarono sotto le loro abitazioni, che non distavano che un centinaio di metri l'una dall'altra. Non discesero subito. Una parola tira l'altra e così, dopo averci pensato un pò, Giulio si confidò con l'amico, che gli parve notevolmente maturato e sicuro di sé. "Se vuoi conoscere il mio parere", iniziò Renato, "ti sei volutamente cacciato in un ginepraio". "Sì, è vero", rispose Giulio, "però Amalia è una fanciulla a cui non posso rinunciare. Frequentandola sono entrato in contatto con ambienti che non conoscevo e che mi potrebbero essere molto utili in avvenire. Il suo modo di fare, la sua estrazione sociale mi ha fatto acquisire aspetti comportamentali che io non conoscevo e mi ha introdotto in un mondo che io non avevo mai avuto occasione di frequentare. L'altra, Marzia, mi fa impazzire. Il profumo della sua pelle, la carnagione, le proporzioni del suo fisico e le sue curve travolgono ogni mia remora. E poi è una brava ragazza intelligente che però è nata e cresciuta in una famiglia ben diversa da quella in cui vive Amalia". "Al di là degli aspetti morali", soggiunse Renato, "non credo che potrai portare avanti questo che è il classico ménage à trois, c'è il rischio che una delle due ne prenda coscienza, con le conseguenze che ti lascio immaginare. Non si tratta di incontri occasionali e di breve durata facilmente mimetizzabili. Anche se ti sembrerà una risposta banale e scontata, io penso che ti dovresti decidere fra le due". "Ma tu, Renato, come te la cavi con l'altro sesso?", chiese Giulio, che, avendo messo al corrente dei suoi intrecci amorosi il suo amico, si sentiva in diritto di conoscere le "affettuose amicizie" del suo interlocutore. "Io non sono disinvolto come te, caro Giulio", rispose Renato. "E' nata una certa simpatia con una mia ex compagna di scuola che ho rivisto all'Università ma niente di più. Devo fare il militare, ho un lavoro precario, è meglio stare calmi".

"Sì, ho capito, ma qui a Frascati?". "Che c'entra, non faccio come te, che tieni i piedi in due staffe. Qua poi, lo sai bene, nel giro di tre giorni lo verrebbero a sapere tutti, no, meglio di no. A proposito tu come sei messo col militare?", chiese Renato, "Godo del rinvio universitario, sono quasi in regola con gli esami, quando sarà il momento spero di trovare qualche scappatoia. Da piccolo ho avuto la pleurite, forse riuscirò ad evitarlo". "Io invece sono prossimo alla chiamata, è un dente che mi devo togliere prima o poi. Ho scelto di togliermelo appena possibile per essere successivamente libero. E' praticamente impossibile trovare un lavoro con questo vincolo pendente. Intanto cerco di andare avanti con l'università".

Passò ancora qualche mese durante i quali sia Giulio che Renato continuarono a seguire le rispettive occupazioni. Quasi negli stessi giorni del mese di maggio ambedue furono raggiunti dagli sviluppi delle situazioni che loro stessi avevano precostituito. A Renato era pervenuta la cartolina precetto. Il fatto non lo avrebbe contrariato più di tanto sapendo bene che prima o poi gli sarebbe giunta la chiamata, senonché proprio in quei giorni aveva intravisto la possibilità di cominciare una nuova effettiva occupazione presso una Agenzia di assicurazioni. Ad un amico di famiglia che da anni lavorava presso la più importante agenzia locale della Compagnia Assicurazioni Generali di Trieste, era stata offerta l'opportunità di aprire un analogo ufficio in un paese vicino dove la Società non era ancora presente. Le possibilità di sviluppo sembravano buone e quindi l'amico, molto esperto nel ramo, si era deciso di intraprendere l'attività in proprio. Alla ricerca di collaboratori fidati, si era ricordato di Renato, che conosceva da anni sapendo anche che si stava barcamenando fra lo studio e il forno del signor Pisani. Renato ringraziò molto per l'attenzione riservatagli ma ovviamente dovette rinunciare. Pregò l'amico di tenerlo presente: se al suo ritorno alla vita civile ci fossero state delle possibilità, lui sarebbe stato ben felice di approfittarne.

Giulio fu investito invece dalle ben più scabrose conseguenze derivanti dalle sue ambivalenti relazioni sentimentali. Per quelle strane ed imperscrutabili intuizioni che solo il sesso femminile possiede, Marzia aveva maturato il sospetto che il suo ragazzo frequentasse un'altra donna. Si era ripromessa di chiarire ogni cosa ed a qualunque prezzo nel prossimo dei loro incontri che, solo ora ne intuiva la ragione, avvenivano senza una cadenza logica. Un'altra coincidenza sfortunata penalizzò Giulio. Poco prima di incontrarsi con lui Marzia venne a conoscere in modo del tutto casuale da una sua compagna di università che era all'oscuro della loro intesa, che il loro comune collega di studi, Giulio Consalvi, era stato visto in una festa data da giovani della Roma-bene. Ella aggiunse anche che le era stato riferito che dagli atteggiamenti tenuti da Giulio era chiaro che egli se la intendesse con una ragazza molto elegante ma non altrettanto attraente. Questa notizia confermò i suoi dubbi. Senza dar nulla a vedere, si fece dare qualche ulteriore ragguaglio per avere dati inoppugnabili da contestare al suo ragazzo, che, in cuor suo, già sentiva non più appartenerle. Quello che doveva accadere si manifestò nella sua totale dirompente intensità il successivo mercoledì dopo la lezione di Economia Politica a cui i due giovani avevano partecipato. Come capitava in queste occasioni, all'uscita Giulio invitò Marzia a salire nella sua macchina per stare un pò insieme e poi accompagnarla verso casa. Egli non immaginava cosa stava per capitargli. Fin dal primo momento dall'espressione del viso della ragazza si rese conto che era molto contrariata e nervosa; non riusciva però a capire quale fosse la causa che aveva originato quello stato d'animo.

Marzia, senza preamboli, gli si rivolse con voce alterata: " Se credi di prenderti gioco di me, hai sbagliato indirizzo; se poi pensi di farmi fessa ritenendo che sia sufficiente frequentare contemporaneamente ed impunemente due ragazze solo perché appartengono a due diversi strati sociali della città, sei doppiamente meschino. Sappi che delle due quella che tu ritieni più sprovveduta ha invece scoperto il tuo squallido doppio gioco. Sei un miserabile falso. Tienti il tuo sgorbio ammantato di ricchi vestiti che mascherano la sua bruttezza. Dille da parte mia che anch'ella è stata ingannata da quasi due anni. D'ora in poi, per quanto mi riguarda, non avrà più le corna". Dopo aver pronunciato queste frasi tutto d'un fiato, col viso rosso per la profonda indignazione, strillandole sulla faccia di Giulio, Marzia si girò per scendere da quella automobile che era invece stata per tante volte il luogo discreto in cui si erano scambiati profonde effusioni d'amore.

Giulio si sentiva senza scampo. Era stato scoperto, insultato e sbeffeggiato. Pallido, tentò una mossa più formale che concreta, cercando di trattenere Marzia per provare farfugliando a spiegarle in qualche modo una sua versione che in realtà non sapeva neanche come argomentare. La ragazza, resa furiosa dall'ira, abbandonò la leva interna della portiera dell'auto che stava sollevando per uscire e, con un movimento fulmineo della mano destra, percosse il viso di Giulio tra lo zigomo e l'occhio sinistro. La dura sporgenza di un anello che portava al dito provocò una abrasione lacero contusa sul lato sinistro della faccia del giovane, rimasto del tutto attonito. Istintivamente si portò una mano sulla parte colpita mentre Marzia scendeva dalla macchina sbattendo la portiera e continuando ad inveire conto di lui. Qualche curioso, richiamato dalle grida e dal tramestio, si stava avvicinando. Giulio tornò in sé e realizzò che la cosa migliore da fare in quel frangente fosse quella di allontanarsi. Mise in moto e fuggì. Percorso qualche chilometro, vide una fontanella; si fermò nei pressi e si diede una rinfrescata al viso dopo aver a lungo esaminato nello specchietto retrovisore i guasti che la mano di Marzia gli aveva procurato. Sul momento lo assalirono tre preoccupazioni: la prima, giustificare l'escoriazione e la tumefazione presenti sul loro viso, la seconda, trovare il modo di evitare sempre possibili incontri con Marzia all'Università, la terza, e più grave di tutte, scongiurare il possibile ed incombente timore che Amalia potesse essere informata di quanto era accaduto. Ella non doveva assolutamente venire a conoscenza dell'antipatica scenata di cui era stato vittima e protagonista, non doveva sapere nulla della doppia relazione che lui aveva condotto per diverso tempo. Non aveva neanche finito di fare queste riflessioni ed un altro e ben più grave motivo di angoscia lo investì: e se Marzia, per vendicarsi della mia condotta, accecata dalla collera o dalla gelosia, volesse lei stessa informare l'altra? Avvertì un brivido lungo la schiena. Doveva in qualsiasi modo impedire questa eventualità e comunque dimostrare ad Amalia con il suo atteggiamento, sempre più affettuoso, come qualsivoglia insinuazione fosse una malevole calunnia nei suoi confronti. Mentre stava lentamente riacquistando una certa calma si ricordò dell'ammonimento che gli aveva rivolto il suo amico Renato: "Ti sei cacciato in un ginepraio!". Aveva proprio ragione. L'aspetto più squallido di tutta la vicenda accaduta era tuttavia rappresentato dalla indifferenza che Giulio manifestava nei confronti delle due ragazze.

La rottura traumatica del rapporto con Marzia aveva dimostrato quanto la giovane sentisse l'autenticità del legame sentimentale. Lui invece non manifestava alcun turbamento, temeva però di apparire in difetto nei confronti dell'altra. La circostanza rappresentava in modo eloquente la reale grettezza del suo animo che, anche in una sfera coinvolgente come quella sentimentale, mirava a raggiungere soltanto i suoi scopi senza andare troppo per il sottile.

Come tutti quei giovani che durante il servizio militare vogliono in qualche misura utilizzare quel non breve lasso di tempo per continuare a seguire il corso degli studi, Renato cercava di prepararsi agli esami che aveva in programma per la sessione di luglio. Gli orari e le regole da rispettare nella caserma lo vincolavano sensibilmente ed egli si rendeva conto come gli stessero sfuggendo di mano i progetti e le opportunità che aveva messo in conto di perseguire. La sua assegnazione ad un'unità di stanza a Latina era l'unico aspetto vantaggioso, gli permetteva infatti frequenti contatti con l'Università e con Frascati.

Riuscì a superare gli esami di luglio. L'esame che si era proposto di dare in autunno lo rimandò a febbraio e ciononostante solo per il rotto della cuffia raggiunse il diciotto. Si sentiva depresso. Le scontate difficoltà gli sembravano più grandi di quelle che aveva previsto qualche anno prima. Finalmente giunse il congedo. Si ripropose quindi la sempre più urgente necessità di trovare una occupazione stabile e che possibilmente gli desse l'opportunità di mettere a frutto la laurea che era determinato a conseguire. L'avere assolto gli obblighi militari non gli precludeva più la partecipazione ai bandi di concorso di cui veniva a conoscenza. Contemporaneamente egli cercava qualunque altra strada per raggiungere il suo scopo. Tornare a lavorare dal signor Fausto non lo entusiasmava, sapeva anche che un altro giovane lo aveva da tempo rimpiazzato. In questo contesto i giorni e le settimane passavano velocemente: nonostante l'assiduità con cui si dedicava agli studi che aveva ripreso con grande impegno non si sentiva pienamente realizzato. Infatti, anche se fosse riuscito a conseguire la laurea in tempi brevi, questo traguardo, seppure ambito, non prevedeva l'automatico accesso a un buon posto di lavoro. Proprio quando si stava rassegnando a considerarsi soltanto ed unicamente uno studente universitario fuori corso, tornò ad affacciarsi l'amico assicuratore. In quei poco più di due anni trascorsi da quando si era messo in proprio gli affari si erano sviluppati proficuamente; erano tanto floridi che ora voleva ingrandirsi. Per allargare il suo raggio d'azione aveva necessità di altri e fidati collaboratori e quindi, anche memore dell'impegno di massima rilasciato due anni prima, voleva accertarsi se Renato questa volta fosse disponibile a lavorare con lui. La proposta, giunta quanto mai a proposito, risollevò il morale di Renato, che si tuffò a capofitto nella nuova attività. Rispetto al lavoro svolto presso il signor Fausto e sopratutto rispetto agli studi universitari, l'attivismo e lo spirito di iniziativa che lo animavano sembravano fatti apposta per gestire con successo quella particolare clientela che ha rapporti con una agenzia di Assicurazioni e che cerca di ottenere al costo più conveniente le più disparate prestazioni che la Compagni ha elaborato in favore dei propri clienti.