Due vite parallele |
|
L'ESSERE E L'APPARIRE |
di Enrico
Gilardoni |
Capitolo XXIII
Nei successivi quindici
giorni il ragionier Vinci predispose una dettagliata relazione che descriveva
lo stato economico-finanziario della ditta Pisani. La situazione era effettivamente critica, tanto da far sorgere il
dubbio che il valore del negozio, della licenza di esercizio e delle merci
giacenti fossero insufficienti per pagare tutti i debiti insoluti o di prossima
scadenza. L’ago della bilancia avrebbe potuto pendere da una parte o dall’altra
a seconda che la vendita dell’esercizio commerciale si fosse conclusa
realizzando un importo più o meno consistente. Nel frattempo, anche per evitare
azioni giudiziarie da parte dei creditori, Renato fece pagare con proprie
disponibilità i debiti più arretrati e si mise in cerca di un compratore per
liquidare l’ultimo pezzo di un’azienda che al tempo del defunto signor Fausto
Pisani costituiva una attività sana e che produceva redditi consistenti. Grazie
al suo nome, non gli fu difficile
trovare due o tre potenziali acquirenti. Fra questi fu scelto quello che si
decise a sborsare il prezzo richiesto.
Il relativo introito permise a Mauro di uscire indenne dalla difficile
situazione in cui si era cacciato ed anche di recuperare una modesta somma che
rappresentava l’ultima piccolissima frangia del patrimonio ereditato e
ignobilmente dilapidato.
A cose fatte, Renato
convocò Mauro e gli consegnò un assegno di importo equivalente a quanto era
restato dopo aver venduto l’esercizio commerciale e liquidato tutti i
creditori. In quell’occasione gli fece una solenne paternale ricordandogli i
sacrifici e l’impegno con cui il defunto signor Fausto aveva costruito e fatto
prosperare l’azienda che lui non era stato capace di gestire.
“Ora voltiamo pagina. Tu
sei uno scapolo impenitente e forse proprio questa tua indipendenza ti ha
portato a condurre un tenore di vita troppo disinvolto; sta di fatto che mi hai
chiesto una mano ed io, anche in memoria di tuo padre, intendo aiutarti.
Proprio in questi giorni, come ti ho accennato, una ditta specializzata ha
preso in gestione un complesso immobiliare di mia proprietà. Si tratta di una
casa-albergo alle porte di Roma. Ti potrei far assumere da questa ditta e, se
lo vorrai, potrai usufruire anche del vitto e dell’alloggio sul posto. Fin
d’ora ti faccio presente due cose: la prima è costituita dal tuo cambiamento di
posizione; non sei più il proprietario dell’azienda dove lavori, con tutte le
conseguenze facilmente immaginabili. La seconda discende dalla prima: se non
farai il tuo dovere, il tuo datore di lavoro presto o tardi ti metterà alla
porta”.
“Si, si, lo so”, gli
rispose Mauro; “non infierire anche tu. Ho capito troppo tardi di aver
combinato un sacco di guai. Ormai è fatta e ti ringrazio tanto per avermi
evitato ulteriori danni. Farò quello che mi diranno di fare e.... sarà quello
che il Padreterno vorrà. Mica mi posso sparare!”.
“No, non è questo il
punto”, ribatté Renato. “E’ che rimane
il rammarico di non aver saputo approfittare di una posizione veramente
privilegiata. Domani presentati al signor Mattei della ditta SEAL e vedrai che
al più presto potrai prendere servizio. Arrivederci, Mauro, e buon lavoro!”
“ Grazie, Renato, grazie
di tutto; poi ti verrò a trovare. Arrivederci”.
“Anche questa è fatta”,
commentò a voce alta Renato, “il povero Fausto si rivolterà nella tomba. Così
va il mondo: c’è chi costruisce e chi demolisce!”
Si erano fatte le otto e
lui aveva un appuntamento con Benedetta per andare a cena con un’altra coppia
di conoscenti, che, guarda caso, gli volevano prospettare un affare.
“Chi la sentirà Benedetta quando capirà che
tra il primo e il secondo, il discorso scivolerà su argomenti da trattare
esclusivamente in ufficio! Cercherò di farlo intendere al mio interlocutore. I
piaceri della tavola non devono subire interferenze di sorta. Nella mia
posizione, poi, Benedetta ha buon gioco a sostenere che la mia è una deformazione
mentale. “Fai lavorare gli altri; tu
dirigi, firma e va a spasso”, continua a ripetermi. Che ci posso fare se sono
gli altri che vogliono parlare con me? Manco fossi l’oracolo di Delfo! Chi me
l’avrebbe detto trent’anni fa, quando,
pur di lavorare, mi adattavo a fare l’aiuto fornaio insieme a quel bellimbusto
di Mauro! E’ andata così e me ne rallegro”.
“Ciao, Benedetta, questa
volta non sono in ritardo”.
“Appena appena puntuale”, gli rispose lei. “I
signori Pasini non si sono ancora visti? Mi sembra che stiano arrivando:
eccoli, eccoli. Buona sera, come va?”.
“Discretamente, contentiamoci”, risposero i coniugi Pasini. “Sempre più
elegante, signora Pasini” disse Renato. “E’ sua moglie che è veramente
elegante, molto più elegante di me, oserei dire una delle signore più chic
della città”. “Lo credo bene”, la interruppe il signor Pasini, “con quel marito
che si ritrova!”. “Beh, non esageriamo”, intervenne Renato, “a prescindere da
ogni altra considerazione, il lusso non ci attrae più di tanto”. “E’ forse più
una questione di stile, di gusto, che mi sembra appartenga anche a voi”,
concluse compiaciuta Benedetta. “Basta con i complimenti”, riprese Renato,
“dove vogliamo andare a cena?”. Andiamo al ‘Belvedere”, suggerì il signor
Pasini, “l’ultima volta che ci sono stato ho mangiato dell’ottimo pesce.
Incamminiamoci, dunque.” Strada facendo i due uomini si dintanziarono di
qualche passo dalle rispettive mogli e Renato ne approfittò per suggerire al
suo interlocutore di evitare di parlare di affari durante la cena. “Fin da
domani mattina sono a tua disposizione in ufficio, sentiamoci per telefono,
vediamoci; se posso esserti utile lo farò volentieri”. Arrivarono al ristorante
e si sedettero. “Oh, godiamoci il panorama e gli intingoli che ci proporranno;
perlomeno per un’ora dimentichiamoci di
tutto il resto”, ripetè a bella posta
Renato, sopratutto per far capire a sua moglie che da parte sua più di tanto
non poteva fare, essendo nell’impossibilità di dirle che aveva già catechizzato
in proposito il signor Pasini. “Io comincerei con l’assaggiare la ‘bruschetta’
ben abbrustolita e con parecchio aglio, tanto questa sera non sono previsti
incontri galanti!”. “Il che vorrebbe dire che quando non mangi la
‘bruschetta’....” precisò sua moglie. “Ma che dici, Benedetta! Volevo soltanto
sottolineare che sono di gusti semplici e mi contento di poco”. I coniugi Pasini sorridevano. La signora
aggiunse: “La ‘bruschetta’ è veramente appetitosa e poi se la mangiano ambedue
i partner il disagio si annulla....”.
Il cameriere si era
avvicinato con il menu e il discorso sviò sulla scelta dei primi piatti. Una
volta iniziata la conversazione, i
disparati temi toccati la fecero scorrere senza antipatiche pause. Come spesso
accade nel parlare di fatti, vicende e persone che si conoscono, i commenti e le riflessioni possono
addirittura scivolare nel pettegolezzo. Nella fattispecie, a cena finita, nel
dialogare, il filo conduttore che di norma suggerisce gli spunti più
interessanti tornò ad essere quello di chi sale e chi scende. Nel ristretto
ambiente cittadino nessuno dei VIP sfugge al giudizio dei terzi. Con il passare
del tempo ci sono gli emergenti che entrano nel ristretto giro dei personaggi
importanti, mentre ce ne sono altri che escono dall’élite cittadina.
“Questa sera un
personaggio importante, ormai da tempo nell’alta classifica e che continua a
crescere, abbiamo l’onore di averlo qui con noi”, esordì il signor Pasini
alludendo palesemente a Renato. “Non esagerare, non esagerare”, sottolineò
subito Renato, “sono stato fin’ora piuttosto fortunato e sono riuscito in tanti
anni di lavoro a ritagliarmi un piccolo spazio, nulla di più. Niente a che
vedere con gli altri, i vari Pizzi, Francescani, Rapini, Berardi, ecc ecc. e
chissà quanti altri che non vogliono o riescono a non apparire, ma che invece
contano molto di più di chi ha un nome ma forse non ha più il potere”. “Tu hai
l’uno e l’altro”, lo incalzò il signor
Pasini. “Radio-fante”, aggiunse sorridendo, “è bene informata. Io sono comunque
il primo a rallegrarmi con te. Onore al merito”. “Troppo buono, troppo
generoso”, si schermì Renato. “Fra quelli che scendono, ho sentito dire, c’è la
famiglia Consalvi”, soggiunse la signora Pasini, ben introdotta nelle vicende
cittadine. “Fino a qualche anno fa erano effettivamente dei signori, anche se
un po’ spocchiosi. Come si dice, con la puzza sotto il naso. Il giovane, poi,
quello che adesso fa il diplomatico, mi era particolarmente antipatico. La
sorella no, è più alla mano. Lei si è sposata con un frascatano, un medico mi
sembra: hanno due figli. Il fratello, Giulio, invece ha sposato la figlia di un
ambasciatore di alto rango, ma si è poi divorziato”. “Divorziato? Giulio
divorziato?”, esclamò Renato dando l’impressione di conoscere bene la persona
di cui stavano parlando. “Perché voi lo conoscete?”, continuò la signora
Pasini. “Altro se lo conosco”, rispose Renato. ”Da giovanotti eravamo quasi
amici. E’ ovvio che non potevo definirmi amico nel senso più ampio del termine,
proprio per effetto di quanto accennava lei poco fa. La sua presunzione era
tale che, pur conoscendoci bene, egli manteneva sempre le distanze. L’ho visto
qui a Frascati l’ultima volta quattro o cinque anni fa. Poi ne ho perso le
tracce. Aveva sempre quell’aria di superuomo, ma, almeno con me, aveva molto
ridimensionato il suo modo di fare”. Visto
che lo conoscevate, vi posso raccontare quanto mi hanno riferito degli
amici di sua sorella, i nostri vicini di casa”. La signora Pasini non era
infatti immune dalla diffusissima abitudine di recepire i fatti degli altri con malcelata avidità e di
riferirli a sua volta ai suoi conoscenti.
Pertanto iniziò subito a raccontare: “Premesso che il divorzio Giulio se
l’è andato a cercare a causa della sua inveterata debolezza di correre appresso
alle gonnelle, mi hanno detto che ultimamente è incorso in un vero e proprio
infortunio”. Gli altri tre commensali sembravano interessati a quanto andava
narrando la signora e quest’ultima, gratificata dall’attenzione riservatale,
ricominciò: “Insomma mi hanno raccontato che nel corso di una crociera nel mar
dei Carabi l’impareggiabile Giulio, in quell’ambiente frivolo e vacanziero che
si instaura sulle navi da crociera, si sia imposto all’attenzione di tutti
grazie alla sua incontenibile ambizione di mettersi in mostra. Offrendo
ripetuti brindisi a base di caviale e champagne, esibendosi in giri di valzer o
altre danze e nuotate in piscina, ha polarizzato l’attenzione dei turisti e del
gentil sesso in particolare. Poi, con quel suo modo di fare disincantato ed
accattivante, ha attirato l’attenzione di una signora ancora giovane e piacente
che, forse perché un po’ vanesia, si è lasciata corteggiare da questo brillante
compagno di viaggio senza dimostrare quella ritrosia che, almeno esteriormente,
è d’obbligo manifestare in queste circostanze.
Il particolare non è sfuggito al nostro latin-lover che, sentendosi in
certo qual modo incoraggiato, è passato a formulare avances più esplicite che
ovviamene hanno disturbato la donna e soprattutto hanno scatenato la reazione
del suo partner”. “Lo riconosco in
pieno”, la interruppe Renato. “Ma è adesso che viene il bello, sempre stando a
quello che mi hanno riferito”, continuò la signora Pasini. “Il compagno, o
marito o fidanzato della signora oggetto delle attenzioni di Giulio è risultato
essere un diplomatico di livello elevato dell’Ambasciata d’Italia a Città del
Messico, che, identificato Giulio, lo ha minacciato di duri provvedimenti nei
suoi confronti”. “Beh, questa volta è stato veramente sfortunato”, intervenne
Benedetta, “lo posso criticare per il suo improvvido modo di agire teso ad
ottenere i favori del gentil sesso, incappare però nella donna di un suo
superiore è jella nera!”. Ridevano tutti. “E’ un rischio imprevisto che corre
chi esercita il mestiere di tombeur de femmes”, concluse il signor Pasini. Le
chiacchiere volgevano al termine e, dopo qualche altra battuta, le due coppie
si salutarono per far ritorno alle rispettive abitazioni. Nel rientrare a casa
Renato fece notare a sua moglie di essere riuscito ad evitare di parlare di
affari durante la cena come lei desiderava. “Ora mi aspetto, fin da domani, di
ricevere una telefonata dal signor Pasini per chiedere qualche mio intervento.
Comunque ti ho accontentata, Benedetta”. “Si, è vero”, rispose lei, “quello che
mi ha stupito è quanto ha raccontato la signora Pasini. E’ possibile che quel
tuo amico Giulio sia capace di combinare pasticci di quel genere?”. “Se gli
avvenimenti raccontati siano stati un po’ romanzati non lo so e non lo
escludo”, le rispose Renato, “resta il fatto che la natura di quell’uomo
rispecchia in pieno la vicenda riferita. Fin da giovanotto si impelagava in
situazioni scabrose. Questo te lo posso confermare personalmente. Tanti anni fa
si è anche confidato con me raccontandomi storie più o meno analoghe a quella
appresa poco fa. Il divorzio è molto
probabilmente una diretta conseguenza della sua condotta disinibita. Conciliare
i doveri d’ufficio con la bella vita è pressoché impossibile!”. “Se non avevate affinità o interessi comuni
come mai vi frequentavate?”, domandò Benedetta. “Cosa vuoi insinuare?”, precisò
Renato, “eravamo solo vicini di casa. Era lui che mi concedeva la possibilità
di incontrarlo. Il rampollo di una famiglia altolocata che aveva contatti con
un comune mortale; a quei tempi, poi! Se proprio lo vuoi sapere non ho mai
condiviso il suo modo di fare e gliel’ho sempre detto. Poi siamo diventati
uomini e ciascuno è andato per la propria strada.”
A distanza di migliaia di
chilometri, l’artefice delle vicende la cui eco era giunta fino a Frascati si
trovava in effettive difficoltà. Le improvvise iniziative condotte durante la
crociera, ultime gesta di una lunga e movimentata serie di avventure amatorie
che lo avevano visto impunito protagonista, avevano avuto uno strascico
piuttosto indigesto per Giulio. Il diplomatico suo compagno nella crociera nel
mar dei Carabi, era un “ministro plenipotenziario di 1a classe”, che si era sentito gravemente
offeso dal comportamento tenuto dal dottor Giulio Consalvi nei confronti della
sua amica. Egli aveva inoltrato all’Ambasciata d’Italia in Canada una nota
riservata segnalando l’accaduto all’Ambasciatore. Sfortunatamente per Giulio,
quest’ultimo, che aveva già avuto occasione di farsi un proprio concetto sul
suo collaboratore, richiese al Ministero di prendere visione della cartella
personale intestata al consigliere di ambasciata Giulio Consalvi. Quando gli
giunse l’incartamento, nell’esaminarlo si accorse che in anni precedenti,
precisamente durante il servizio prestato in Uganda e quando il dottor Consalvi
era presso l’ambasciata di Montevideo, erano state redatte due note dai suoi
superiori dell’epoca che lo indicavano come elemento un po’ troppo incline al
protagonismo e alle frequentazioni di persone dell’altro sesso. La copia della
sentenza della causa di divorzio era
anche inserita tra gli altri documenti. Queste memorie non avevano di fatto
penalizzato lo sviluppo di carriera di Giulio, erano però rimaste agli atti, a
disposizione di chi volesse prendere visione dello stato di servizio del
funzionario per qualsiasi fine.
A queste carte si
aggiungeva ora anche l’esposto inviato da Città del Messico. Alla luce di
quanto aveva appreso e delle sue valutazioni personali, l’Ambasciatore credette
opportuno scrivere alla direzione del Ministero proponendo un ritorno in patria
del dottor Consalvi. Tale procedura burocratica, formalmente, non esplicitava
alcuna nota di demerito per il destinatario; di fatto equivaleva a uno stop
nell’avanzamento gerarchico. Era prassi consolidata, infatti, considerare un
tale provvedimento del tutto negativo al momento di stilare le valutazioni
annuali, che sono in buona misura il punto di riferimento per ogni decisione
che investa il personale dell’amministrazione statale.