Due vite
parallele |
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L'ESSERE E
L'APPARIRE |
di
Enrico Gilardoni |
Il
tenore della lettera era inconfutabile. I termini, i riscontri, i riferimenti
legali non ammettevano dubbi. Del resto, se i signori Tuccimei si erano affidati
ad un affermato professionista, era scontato che questi, prima di mettere nero
su bianco, aveva vagliato attentamente tutti gli aspetti della vicenda e tutta
la documentazione in suo possesso. A ciò doveva aggiungersi la inflessibile
determinazione di Isabella: ella aveva parlato chiaro a conclusione della sua
precedente avventura: “Un eventuale ulteriore tradimento equivarrà ad una
automatica richiesta di separazione per colpa. L’aver subìto in passato analoga
offesa costituisce un’aggravante”. Giulio capì subito che Isabella ed i suoi gli
avevano dichiarato guerra, che lui si trovava in difetto e che la sua sicumera,
le sue conoscenze altolocate, vere o presunte, si sarebbero sciolte come nebbia
al sole di fronte alla legge. Lasciò trascorrere un paio di giorni e poi si rese
conto che l’unica cosa da fare era quella di rivolgersi ad un avvocato per
confidarsi e consigliarsi con lui. Là a Montevideo c’erano avvocati
specializzati in diritto matrimoniale che erano certamente in grado di
assisterlo sotto il profilo professionale; considerato, però, che il Foro
competente era quello di Roma, lo stesso professionista a cui si era rivolto gli suggerì
l’opportunità di prendere contatto con un avvocato di Roma. Giulio si vide così
costretto a rintracciare un vecchio amico di famiglia, che, a sua volta, gli
consigliò di affidarsi ad un suo collega più giovane, specializzato nelle cause
di separazione coniugale. Tornò pertanto a Roma per consultarsi e dare mandato
al legale, che, alla luce di quanto recepito, non lasciò presagire niente di
buono. “Mi lasci contattare la controparte, poi le sarò più preciso”, concluse
congedando Giulio, costretto a far ritorno a Montevideo. Dopo circa venti giorni
Giulio telefonò per avere notizie. Non ebbe risposte incoraggianti. “La parte
avversa è documentatissima e agguerritissima”, fu la risposta. “Cercheremo di
limitare i danni. Non appena il giudice fisserà la data dell’udienza, gliela
farò conoscere con congruo anticipo”.
In
queste circostanze, quando ovviamente i sentimenti sono ormai definitivamente
fuori gioco, lo scontro si incentra sugli aspetti economici e sull’affidamento
dei figli. Nel caso specifico, dando per scontato che la separazione e poi il
successivo divorzio sarebbero stati disposti per colpa di Giulio, Isabella aveva
interesse ad ottenere
l’assegnazione di una consistente somma in favore suo e di sua figlia Cecilia,
che, senza dubbio, le sarebbe stata
affidata. Ella intendeva inoltre far vincolare delle proprietà di suo marito in
favore della piccola Cecilia per evitare che la legittima erede di un buon
patrimonio ne fosse di fatto privata a causa della dissennata condotta del
padre.
In
questo contesto, mentre Isabella conduceva la battaglia legale con grande
freddezza per tutelare innanzitutto sua figlia, la sua sfera sentimentale era
praticamente inesistente. Passati i giorni in cui le prove dell’ulteriore
ingiuria subìta avevano fatto ribollire il suo animo, si era razionalmente
immedesimata nel ruolo di ex moglie con figlia a carico. Pertanto, molto
responsabilmente, si era imposta l’obbligo di non far subire traumi psicologici alla sua
bambina ed ovviamente di assisterla sotto tutti gli altri aspetti materiali.
Quanto a lei, giovane e piacente signora di buona famiglia con un matrimonio
fallito alle spalle, era entrata nell’ordine di idee di dover lasciar decantare
il suo stato d’animo per un non breve periodo di tempo. La grande offesa subìta
già in precedenza e reiterata spudoratamente un’altra volta, l’aveva talmente
colpita da farle provare una generalizzata avversione verso l’altro sesso.
L’ira, lo sconforto, l’impossibilità di rivalersi le faceva considerare tutti
gli uomini come esseri inaffidabili il cui unico fine era quello di tradire
impunemente le proprie donne.
Sulla
scorta delle notizie comunicategli dall’avvocato e valutando obiettivamente la
sua posizione, Giulio convenne con sé stesso che il suo status di marito e padre
era compromesso. “Evidentemente non sono fatto per questo ruolo”, dovette
amaramente riconoscere. “Anche se Isabella mi fosse stata sempre accanto,
qualche strada per evadere l’avrei comunque trovata; ora che di fatto sono un
single potrò sbizzarrirmi senza dovermi affannare a nascondere le mie relazioni
con infinite precauzioni. La situazione in cui mi trovo dimostra, fra l’altro,
che ogni mio tentativo messo in atto per dissimulare e depistare chi mi
sorvegliava è miseramente fallito. Vista sotto questo aspetto, la vicenda mi ha
indirettamente fatto riacquistare la libertà.”
Contrariamente ad Isabella, moralmente
annientata, Giulio si era scrollato presto dalle spalle quel senso di disagio
che, vuoi o non vuoi, aveva provato anche lui vedendosi platealmente contestare
le sue malefatte. Provava tuttavia una indefinibile insoddisfazione. Adesso egli
era libero di intrecciare rapporti con l’altro sesso, stabilire relazioni ed
assumere atteggiamenti giudicati sconvenienti se fosse stato ancora legato al
vincolo matrimoniale e forse proprio questa sua attuale posizione di
indipendenza costituiva la causa del mancato appagamento. La sua naturale
inclinazione si esaltava infatti quando egli poteva dimostrare a sé stesso e a
chi lo frequentava che lui riusciva a fare cose che ad altri non erano
consentite. Dopo quanto accaduto,
la sua megalomania aveva invece subìto uno smacco non indifferente. La
prospettiva di dover affrontare non lievi conseguenze anche sul piano economico
lo indispettiva ulteriormente. Egli era ben consapevole che senza importanti
disponibilità la sua verve e i suoi modi disinibiti sarebbero stati pesantemente
ridimensionati, con grave danno per la sua immagine. Partendo da queste
considerazioni, che nella circostanza coincidevano con la sua indole
spendacciona, si affrettò a tornare a casa sua a Frascati per concludere
ulteriori vendite delle proprietà ereditate. Riprese poi la frequentazione dei
salotti, del jet-set di Montevideo e dell’entourage internazionale che gravita intorno
all’ambiente diplomatico di una capitale.
Con
il passar del tempo sentiva che dentro di sé era però cambiato qualcosa che egli stesso non
sapeva definire e che lo rendeva insoddisfatto. La stessa relazione con
Francisca, intrattenuta ormai senza troppe cautele, non riusciva a fargli
riacquistare lo smalto di cui amava fare sfoggio. Avvertiva forse il peso di
aver distrutto una unione familiare che aveva tutti i migliori requisiti per
consolidarsi e svilupparsi felicemente? Nel loro intimo, ambedue le parti in
causa avevano accusato il contraccolpo della dissoluzione del vincolo
matrimoniale.
Come succede in queste circostanze,
tutti e due i coniugi riesaminarono
mentalmente gli antefatti che li avevano condotti alla attuale situazione.
Isabella tornò a mettere a fuoco il suo comportamento in relazione ai fatti di
Kampala e a quelli più recenti di Montevideo. A giustificazione delle azioni
intraprese a tutela della sua dignità di moglie e di madre, ricordò a sé stessa
che aveva già una volta ingoiato l’amaro boccone facendo violenza a sé stessa per il bene di tutti. In
quell’occasione aveva anche avvertito suo marito di non voler più assolutamente
transigere. Si sentiva pertanto assolutamente tranquilla e confortata anche
sotto questo aspetto dai suoi.
Giulio non poteva certo avere dalla sua parte
argomenti altrettanto incontrovertibili. Nonostante i principi insiti nel suo
spirito libero e del tutto incoerente, era costretto a riconoscere le sue colpe.
A suo parere, comunque, “da qui ad essere di fatto ripudiato ce ne corre”, ripeteva spesso, apparendogli troppo
severa la pena.
In
queste circostanze, solo il tempo
ed il carattere di ciascuno riesce a far riacquistare il normale equilibrio in
più o meno breve periodo. I due ex coniugi reagirono pertanto ognuno secondo la
loro natura. Giulio superò non
senza qualche affanno il suo stato di crisi. Convinto di uscire perdente dalla
causa di separazione, cercò di
immedesimarsi nel nuovo status e promise a sé stesso di imbrigliare la sua innata
megalomania. Si convinse anche di dover limitare le spese superflue che in breve
avevano dilapidato una parte del patrimonio familiare molto immeritatamente
ereditato.
Isabella era tornata ad essere di fatto
la figlia nubile che vive nella casa paterna. Con sé aveva naturalmente la
piccola Cecilia, che le era di grande conforto. Passava le sue giornate ad
accudirla e a vederla crescere in attesa che la giustizia facesse il suo corso.
Ogni tanto si sorprendeva ad ipotizzare cosa sarebbe stato della sua vita futura
una volta ottenuta la separazione ed il divorzio. Infatti ella escludeva a
priori l’eventualità di non vedersi riconoscere le sue ragioni. Comunque, anche
in questa ipotesi remota, era decisa a pagare qualsiasi prezzo pur di risolvere
il contratto di matrimonio che la univa ad un uomo verso il quale provava solo
disgusto. Durante queste sue riflessioni non intravedeva sbocchi o soluzioni
incoraggianti. Alla luce di quanto le era accaduto non provava neanche grandi
rimpianti a proposito del naufragio della sua unione con un uomo sbagliato. La
gravità delle offese ricevute le faceva esclamare a voce alta: “Persone di quel
livello è meglio perderle che trovarle!”.
Dopo
circa due anni si discusse la causa. Isabella ottenne ampia soddisfazione sul
piano legale ma non altrettanto riconoscimento sul piano economico, né valide garanzie patrimoniali in
favore della figlia.
Giulio
non era presente al dibattimento, che in sostanza si articolò secondo una prassi
consolidata che aveva trasformato in routine burocratica un retroscena di
inganni, sotterfugi, dispetti o soltanto insanabili incompatibilità d’animo,
durati o sopportati anche per anni ed anni. A questi aspetti, che possono essere
compresi nella sfera sentimentale, si devono aggiungere le conseguenze materiali
che investono i valori patrimoniali da attribuire. Spesso si tratta di modeste
proprietà, in altre occasioni invece la posta in gioco è rappresentata da vasti
e lucrosi possedimenti che ovviamente scatenano gli appetiti dei contendenti. In
quelle stesse aule di giustizia si può assistere, al contrario, a dispute
accanite che riguardano il possesso o l’assegnazione di entità economiche miserrime al limite
della sopravvivenza. Un capitolo a sé stante riguarda l’assegnazione dei figli.
Anche sotto questo aspetto le dispute sono alle volte strazianti e prescindono
dal legittimo desiderio dei piccoli innocenti. Proprio a seguito di quanto aveva
personalmente vissuto e di quanto sentenziato nei suoi confronti dai giudici,
Isabella dovette convenire che nella natura umana l’area delle negatività
prevale, tutto sommato, su quella delle positività. A conti fatti, se i principi
morali insiti nelle persone rette non risultassero a loro stesse invalicabili e
la sola soddisfazione di averli rispettati non costituisse per loro un adeguato
riconoscimento, le molteplici e prevaricanti tentazioni del mondo avrebbero il
sopravvento. La giustizia degli uomini, infatti, non punisce adeguatamente chi
non le rifugge.
Al di
là delle amare considerazioni a cui era approdata, Isabella intravedeva e si
rimproverava con forse eccessivo rigore il suo peccato originale relativo alla
vicenda che aveva sconvolto il corso della sua vita. “Se fin dall’inizio avessi
dato il giusto peso alle strane voci che circolavano sul conto di Giulio circa
la sua disinvolta propensione verso l’altro sesso, adesso non sarei nella
situazione in cui mi trovo. Il matrimonio, nonostante tutto, nasconde spesso
degli imprevisti; quando poi il sentimento prevale sulla fredda razionalità ecco
che più facilmente può accadere quello che è successo a
me”.
Mentre da un lato queste sue riflessioni
sembravano scoraggiarla dall’intraprendere una nuova unione, è naturale che,
rimarginatesi piano piano le dolorose ferite sofferte, Isabella si rendesse
conto che alla sua giovane età e con una figlia ormai più grandicella, non fosse
sensato sciupare la sua vita a causa di quanto le era capitato. In più di
un’occasione aveva ricevuto velati o più espliciti inviti a riconsiderare la sua
primitiva posizione di totale chiusura verso la possibilità di intraprendere una
nuova relazione sentimentale. Ella aveva sempre eluso domande di questo tipo.
Temeva sopratutto di incontrare la persona sbagliata e poi avvertiva il timore
di realizzare una soluzione di compromesso che le avrebbe comunque lasciato
l’amaro in bocca. Il passar del tempo andava attenuando l’una e l’altra
preoccupazione, segno evidente che stava voltando una pagina della sua
esistenza.
La
frequentazione di una conoscenza del tutto superficiale si era fatta più assidua
in quel periodo a causa di un persistente mal di denti che non riusciva a
debellare. Le ricorrenti sedute presso il dentista avevano dapprima
ridimensionato i consueti saluti formali e poi si era spontaneamente instaurato
un clima più confidenziale fra lei ed il medico, alimentato dalla constatazione
di nutrire una reciproca simpatia. Il passo successivo fu quello di conoscersi
meglio incontrandosi fuori dallo studio. Isabella venne così a sapere che anche
il dentista, più anziano di lei di circa dieci anni, era divorziato ma senza
figli. Tutti e due, avendo vissuto analoghe e spiacevoli esperienze, erano molto
prudenti nel prendere in seria considerazione una possibile convivenza
preliminare ad un legame ufficiale. Isabella temeva poi che la sua figliola non
simpatizzasse con il suo partner o che succedesse il contrario. La loro cautela
era invece considerata eccessiva dai rispettivi genitori, che, avendoli
conosciuti ed essendosi resi conto che avevano a che fare con persone di buona
famiglia e di sani principi, si erano convinti che l’incontro e la definitiva
unione dei due sarebbe stata felice.
Il
passar del tempo fece cadere via via le residue remore e nel corso dell’anno
successivo Isabella e Cecilia traslocarono nella casa del dottor Piombi e di
fatto crearono una nuova famiglia.
Più o
meno nello stesso periodo anche Giulio cambiò residenza. Nel suo caso non si
trattò di un trasferimento di pochi chilometri, essendo stato assegnato alla
sede dell’Ambasciata d’Italia ad Ottawa, in Canada. Contestualmente ottenne
anche un avanzamento nella scala gerarchica, che , ovviamente, lo gratificò
molto. In cuor suo trasse pertanto la convinzione che le sue relazioni extra
coniugali e la causa di separazione, la cui sentenza evidenziava la sua
colpevolezza, non fossero state tenute in nessun conto dall’Amministrazione del
Ministero. In realtà nella cartella personale intestata al dotto Giulio Consalvi
erano custodite alcune informazioni che riguardavano la sua vita privata e che
non lo ponevano in buona luce. Di norma le vicende familiari, anche se poco
edificanti, non vengono prese in considerazione ai fini della carriera sino a quando non si
raggiungono gli alti gradi della gerarchia. A questi livelli non debbono essere
ignorati riflessi negativi di nessun tipo che possano offuscare l’immagine del
diplomatico di alto rango. Le delicate funzioni di rappresentanza di un Paese
presso un’altra Nazione devono essere affidate ad un uomo che racchiuda nella
sua persona, tra le innumerevoli altre doti, anche una trasparente
moralità.