Due vite parallele

 

L'ESSERE E L'APPARIRE

di Enrico Gilardoni

 

  Capitolo XXI

 

 

Il tenore della lettera era inconfutabile. I termini, i riscontri, i riferimenti legali non ammettevano dubbi. Del resto, se i signori Tuccimei si erano affidati ad un affermato professionista, era scontato che questi, prima di mettere nero su bianco, aveva vagliato attentamente tutti gli aspetti della vicenda e tutta la documentazione in suo possesso. A ciò doveva aggiungersi la inflessibile determinazione di Isabella: ella aveva parlato chiaro a conclusione della sua precedente avventura: “Un eventuale ulteriore tradimento equivarrà ad una automatica richiesta di separazione per colpa. L’aver subìto in passato analoga offesa costituisce un’aggravante”. Giulio capì subito che Isabella ed i suoi gli avevano dichiarato guerra, che lui si trovava in difetto e che la sua sicumera, le sue conoscenze altolocate, vere o presunte, si sarebbero sciolte come nebbia al sole di fronte alla legge. Lasciò trascorrere un paio di giorni e poi si rese conto che l’unica cosa da fare era quella di rivolgersi ad un avvocato per confidarsi e consigliarsi con lui. Là a Montevideo c’erano avvocati specializzati in diritto matrimoniale che erano certamente in grado di assisterlo sotto il profilo professionale; considerato, però, che il Foro competente era quello di Roma, lo stesso professionista a  cui si era rivolto gli suggerì l’opportunità di prendere contatto con un avvocato di Roma. Giulio si vide così costretto a rintracciare un vecchio amico di famiglia, che, a sua volta, gli consigliò di affidarsi ad un suo collega più giovane, specializzato nelle cause di separazione coniugale. Tornò pertanto a Roma per consultarsi e dare mandato al legale, che, alla luce di quanto recepito, non lasciò presagire niente di buono. “Mi lasci contattare la controparte, poi le sarò più preciso”, concluse congedando Giulio, costretto a far ritorno a Montevideo. Dopo circa venti giorni Giulio telefonò per avere notizie. Non ebbe risposte incoraggianti. “La parte avversa è documentatissima e agguerritissima”, fu la risposta. “Cercheremo di limitare i danni. Non appena il giudice fisserà la data dell’udienza, gliela farò conoscere con congruo anticipo”.

In queste circostanze, quando ovviamente i sentimenti sono ormai definitivamente fuori gioco, lo scontro si incentra sugli aspetti economici e sull’affidamento dei figli. Nel caso specifico, dando per scontato che la separazione e poi il successivo divorzio sarebbero stati disposti per colpa di Giulio, Isabella aveva interesse  ad ottenere l’assegnazione di una consistente somma in favore suo e di sua figlia Cecilia, che, senza dubbio,  le sarebbe stata affidata. Ella intendeva inoltre far vincolare delle proprietà di suo marito in favore della piccola Cecilia per evitare che la legittima erede di un buon patrimonio ne fosse di fatto privata a causa della dissennata condotta del padre.

In questo contesto, mentre Isabella conduceva la battaglia legale con grande freddezza per tutelare innanzitutto sua figlia, la sua sfera sentimentale era praticamente inesistente. Passati i giorni in cui le prove dell’ulteriore ingiuria subìta avevano fatto ribollire il suo animo, si era razionalmente immedesimata nel ruolo di ex moglie con figlia a carico. Pertanto, molto responsabilmente, si era imposta l’obbligo di non far  subire traumi psicologici alla sua bambina ed ovviamente di assisterla sotto tutti gli altri aspetti materiali. Quanto a lei, giovane e piacente signora di buona famiglia con un matrimonio fallito alle spalle, era entrata nell’ordine di idee di dover lasciar decantare il suo stato d’animo per un non breve periodo di tempo. La grande offesa subìta già in precedenza e reiterata spudoratamente un’altra volta, l’aveva talmente colpita da farle provare una generalizzata avversione verso l’altro sesso. L’ira, lo sconforto, l’impossibilità di rivalersi le faceva considerare tutti gli uomini come esseri inaffidabili il cui unico fine era quello di tradire impunemente le proprie donne.

Sulla scorta delle notizie comunicategli dall’avvocato e valutando obiettivamente la sua posizione, Giulio convenne con sé stesso che il suo status di marito e padre era compromesso. “Evidentemente non sono fatto per questo ruolo”, dovette amaramente riconoscere. “Anche se Isabella mi fosse stata sempre accanto, qualche strada per evadere l’avrei comunque trovata; ora che di fatto sono un single potrò sbizzarrirmi senza dovermi affannare a nascondere le mie relazioni con infinite precauzioni. La situazione in cui mi trovo dimostra, fra l’altro, che ogni mio tentativo messo in atto per dissimulare e depistare chi mi sorvegliava è miseramente fallito. Vista sotto questo aspetto, la vicenda mi ha indirettamente fatto riacquistare la libertà.”

 Contrariamente ad Isabella, moralmente annientata, Giulio si era scrollato presto dalle spalle quel senso di disagio che, vuoi o non vuoi, aveva provato anche lui vedendosi platealmente contestare le sue malefatte. Provava tuttavia una indefinibile insoddisfazione. Adesso egli era libero di intrecciare rapporti con l’altro sesso, stabilire relazioni ed assumere atteggiamenti giudicati sconvenienti se fosse stato ancora legato al vincolo matrimoniale e forse proprio questa sua attuale posizione di indipendenza costituiva la causa del mancato appagamento. La sua naturale inclinazione si esaltava infatti quando egli poteva dimostrare a sé stesso e a chi lo frequentava che lui riusciva a fare cose che ad altri non erano consentite. Dopo quanto accaduto,  la sua megalomania aveva invece subìto uno smacco non indifferente. La prospettiva di dover affrontare non lievi conseguenze anche sul piano economico lo indispettiva ulteriormente. Egli era ben consapevole che senza importanti disponibilità la sua verve e i suoi modi disinibiti sarebbero stati pesantemente ridimensionati, con grave danno per la sua immagine. Partendo da queste considerazioni, che nella circostanza coincidevano con la sua indole spendacciona, si affrettò a tornare a casa sua a Frascati per concludere ulteriori vendite delle proprietà ereditate. Riprese poi la frequentazione dei salotti, del jet-set di Montevideo e dell’entourage  internazionale che gravita intorno all’ambiente diplomatico di una capitale.

Con il passar del tempo sentiva che dentro di sé era però  cambiato qualcosa che egli stesso non sapeva definire e che lo rendeva insoddisfatto. La stessa relazione con Francisca, intrattenuta ormai senza troppe cautele, non riusciva a fargli riacquistare lo smalto di cui amava fare sfoggio. Avvertiva forse il peso di aver distrutto una unione familiare che aveva tutti i migliori requisiti per consolidarsi e svilupparsi felicemente? Nel loro intimo, ambedue le parti in causa avevano accusato il contraccolpo della dissoluzione del vincolo matrimoniale.

 Come succede in queste circostanze, tutti  e due i coniugi riesaminarono mentalmente gli antefatti che li avevano condotti alla attuale situazione. Isabella tornò a mettere a fuoco il suo comportamento in relazione ai fatti di Kampala e a quelli più recenti di Montevideo. A giustificazione delle azioni intraprese a tutela della sua dignità di moglie e di madre, ricordò a sé stessa che aveva già una volta ingoiato l’amaro boccone facendo violenza  a sé stessa per il bene di tutti. In quell’occasione aveva anche avvertito suo marito di non voler più assolutamente transigere. Si sentiva pertanto assolutamente tranquilla e confortata anche sotto questo aspetto dai suoi.

Giulio  non poteva certo avere dalla sua parte argomenti altrettanto incontrovertibili. Nonostante i principi insiti nel suo spirito libero e del tutto incoerente, era costretto a riconoscere le sue colpe. A suo parere, comunque, “da qui ad essere di fatto ripudiato ce ne corre”,  ripeteva spesso, apparendogli troppo severa la pena.

In queste circostanze,  solo il tempo ed il carattere di ciascuno riesce a far riacquistare il normale equilibrio in più o meno breve periodo. I due ex coniugi reagirono pertanto ognuno secondo la loro natura. Giulio  superò non senza qualche affanno il suo stato di crisi. Convinto di uscire perdente dalla causa di separazione,  cercò di immedesimarsi nel nuovo status e promise a sé stesso  di imbrigliare la sua innata megalomania. Si convinse anche di dover limitare le spese superflue che in breve avevano dilapidato una parte del patrimonio familiare  molto immeritatamente ereditato.

 Isabella era tornata ad essere di fatto la figlia nubile che vive nella casa paterna. Con sé aveva naturalmente la piccola Cecilia, che le era di grande conforto. Passava le sue giornate ad accudirla e a vederla crescere in attesa che la giustizia facesse il suo corso. Ogni tanto si sorprendeva ad ipotizzare cosa sarebbe stato della sua vita futura una volta ottenuta la separazione ed il divorzio. Infatti ella escludeva a priori l’eventualità di non vedersi riconoscere le sue ragioni. Comunque, anche in questa ipotesi remota, era decisa a pagare qualsiasi prezzo pur di risolvere il contratto di matrimonio che la univa ad un uomo verso il quale provava solo disgusto. Durante queste sue riflessioni non intravedeva sbocchi o soluzioni incoraggianti. Alla luce di quanto le era accaduto non provava neanche grandi rimpianti a proposito del naufragio della sua unione con un uomo sbagliato. La gravità delle offese ricevute le faceva esclamare a voce alta: “Persone di quel livello è meglio perderle che trovarle!”.

Dopo circa due anni si discusse la causa. Isabella ottenne ampia soddisfazione sul piano legale ma non altrettanto riconoscimento sul piano economico,  né valide garanzie patrimoniali in favore della figlia.

Giulio non era presente al dibattimento, che in sostanza si articolò secondo una prassi consolidata che aveva trasformato in routine burocratica un retroscena di inganni, sotterfugi, dispetti o soltanto insanabili incompatibilità d’animo, durati o sopportati anche per anni ed anni. A questi aspetti, che possono essere compresi nella sfera sentimentale, si devono aggiungere le conseguenze materiali che investono i valori patrimoniali da attribuire. Spesso si tratta di modeste proprietà, in altre occasioni invece la posta in gioco è rappresentata da vasti e lucrosi possedimenti che ovviamente scatenano gli appetiti dei contendenti. In quelle stesse aule di giustizia si può assistere, al contrario, a dispute accanite che riguardano il possesso o l’assegnazione  di entità economiche miserrime al limite della sopravvivenza. Un capitolo a sé stante riguarda l’assegnazione dei figli. Anche sotto questo aspetto le dispute sono alle volte strazianti e prescindono dal legittimo desiderio dei piccoli innocenti. Proprio a seguito di quanto aveva personalmente vissuto e di quanto sentenziato nei suoi confronti dai giudici, Isabella dovette convenire che nella natura umana l’area delle negatività prevale, tutto sommato, su quella delle positività. A conti fatti, se i principi morali insiti nelle persone rette non risultassero a loro stesse invalicabili e la sola soddisfazione di averli rispettati non costituisse per loro un adeguato riconoscimento, le molteplici e prevaricanti tentazioni del mondo avrebbero il sopravvento. La giustizia degli uomini, infatti, non punisce adeguatamente chi non le rifugge.

Al di là delle amare considerazioni a cui era approdata, Isabella intravedeva e si rimproverava con forse eccessivo rigore il suo peccato originale relativo alla vicenda che aveva sconvolto il corso della sua vita. “Se fin dall’inizio avessi dato il giusto peso alle strane voci che circolavano sul conto di Giulio circa la sua disinvolta propensione verso l’altro sesso, adesso non sarei nella situazione in cui mi trovo. Il matrimonio, nonostante tutto, nasconde spesso degli imprevisti; quando poi il sentimento prevale sulla fredda razionalità ecco che più facilmente può accadere quello che è successo a me”.

 Mentre da un lato queste sue riflessioni sembravano scoraggiarla dall’intraprendere una nuova unione, è naturale che, rimarginatesi piano piano le dolorose ferite sofferte, Isabella si rendesse conto che alla sua giovane età e con una figlia ormai più grandicella, non fosse sensato sciupare la sua vita a causa di quanto le era capitato. In più di un’occasione aveva ricevuto velati o più espliciti inviti a riconsiderare la sua primitiva posizione di totale chiusura verso la possibilità di intraprendere una nuova relazione sentimentale. Ella aveva sempre eluso domande di questo tipo. Temeva sopratutto di incontrare la persona sbagliata e poi avvertiva il timore di realizzare una soluzione di compromesso che le avrebbe comunque lasciato l’amaro in bocca. Il passar del tempo andava attenuando l’una e l’altra preoccupazione, segno evidente che stava voltando una pagina della sua esistenza.

La frequentazione di una conoscenza del tutto superficiale si era fatta più assidua in quel periodo a causa di un persistente mal di denti che non riusciva a debellare. Le ricorrenti sedute presso il dentista avevano dapprima ridimensionato i consueti saluti formali e poi si era spontaneamente instaurato un clima più confidenziale fra lei ed il medico, alimentato dalla constatazione di nutrire una reciproca simpatia. Il passo successivo fu quello di conoscersi meglio incontrandosi fuori dallo studio. Isabella venne così a sapere che anche il dentista, più anziano di lei di circa dieci anni, era divorziato ma senza figli. Tutti e due, avendo vissuto analoghe e spiacevoli esperienze, erano molto prudenti nel prendere in seria considerazione una possibile convivenza preliminare ad un legame ufficiale. Isabella temeva poi che la sua figliola non simpatizzasse con il suo partner o che succedesse il contrario. La loro cautela era invece considerata eccessiva dai rispettivi genitori, che, avendoli conosciuti ed essendosi resi conto che avevano a che fare con persone di buona famiglia e di sani principi, si erano convinti che l’incontro e la definitiva unione dei due sarebbe stata felice.

Il passar del tempo fece cadere via via le residue remore e nel corso dell’anno successivo Isabella e Cecilia traslocarono nella casa del dottor Piombi e di fatto crearono una nuova famiglia.

Più o meno nello stesso periodo anche Giulio cambiò residenza. Nel suo caso non si trattò di un trasferimento di pochi chilometri, essendo stato assegnato alla sede dell’Ambasciata d’Italia ad Ottawa, in Canada. Contestualmente ottenne anche un avanzamento nella scala gerarchica, che , ovviamente, lo gratificò molto. In cuor suo trasse pertanto la convinzione che le sue relazioni extra coniugali e la causa di separazione, la cui sentenza evidenziava la sua colpevolezza, non fossero state tenute in nessun conto dall’Amministrazione del Ministero. In realtà nella cartella personale intestata al dotto Giulio Consalvi erano custodite alcune informazioni che riguardavano la sua vita privata e che non lo ponevano in buona luce. Di norma le vicende familiari, anche se poco edificanti, non vengono prese in considerazione ai  fini della carriera sino a quando non si raggiungono gli alti gradi della gerarchia. A questi livelli non debbono essere ignorati riflessi negativi di nessun tipo che possano offuscare l’immagine del diplomatico di alto rango. Le delicate funzioni di rappresentanza di un Paese presso un’altra Nazione devono essere affidate ad un uomo che racchiuda nella sua persona, tra le innumerevoli altre doti, anche una trasparente moralità.