Due vite parallele

 

L'ESSERE E L'APPARIRE

di Enrico Gilardoni

 

  Capitolo XX

 

 

“Che tipo, quel Gonzales”, raccontò il dottor Tuccimei di ritorno dall’Uruguay dopo ben venti ore di volo. “Giovedì scorso mi aspettava in piazza San Paulo a Punta del Este. Macchina fotografica a tracolla e cinepresa nell’apposita custodia di finta pelle, si riconosceva lontano un miglio. Ha voluto prendere visione del mio passaporto e solo quando si è convinto della mia identità ha cominciato a raccontarmi le sue eripezie e gli stratagemmi escogitati per salvare dal sequestro il materiale che ho finalmente qui con me. Il dottor Consalvi deve avere agganci potenti. La polizia locale è poi totalmente asservita alle autorità. Proprio nel tombino che  Gonzales calpestava davanti al numero 35 della piazza, preciso luogo dell’appuntamento, aveva nascosto in una scatola stagna una copia di tutto. Un’altra copia era presso un laboratorio fotografico, lo stesso che aveva effettuato le duplicazioni. Nel retrobottega di quel locale ho preso visione del film. Non ci sono dubbi, il Gonzales ha fato un ottimo lavoro ed è stato molto astuto. L’ho ricompensato adeguatamente con piacere. Questa odissea, che presenta ancora alcuni punti oscuri, è finita. Ora dovrà avere inizio l’altra parte della vicenda”.

 

Dei quattro protagonisti, il solo Giulio appariva vincente. Isabella era ovviamente oppressa dal naufragio del suo matrimonio. Benedetta era contrariata e allo stesso  tempo preoccupata a causa della recessione economica che continuava a colpire gli affari di suo marito e lo stesso Renato, nonostante la tenacia del suo spirito, si sentiva assediato.  Egli amava ripetere che gli affari sono come l’oceano, che non ha pietà, non ha fede, né legge, né memoria: chi non ce la fa viene ravolto e soccombe. Contrariamente ad altri imprenditori, egli aveva però avuto la lungimiranza, negli anni trascorsi, di diversificare  il rischio d’impresa e, nel momento più acuto della crisi proprio dagli investimenti ritenuti meno remunerativi in tempi passati, gli giunse la linfa vitale necessaria a tenere in vita la sua azienda. Oltre alla vendita dell’energia elettrica, la sua partecipazione nella proprietà del forno del figlio del signor Pisani si dimostrò provvidenziale. Anche in tempi di ristrettezze i consumi alimentari, specie i prodotti più essenziali quali il pane e di suoi derivati, non hanno contrazione nelle vendite. Mettendo insieme questi due flussi finanziari ed i versamenti che i clienti più affidabili continuavano ad effettuare, Renato fu in grado di far fronte ai suoi impegni. “Se riesco a galleggiare fino a quando inizierà la ripresa, il non essere affondato costituirà una base di partenza molto più avanzata rispetto a chi dovrà ripartire da zero”, andava riflettendo nel valutare alcuni tenui sintomi che lasciavano intravedere ai più ottimisti che la situazione stava per evolversi in senso favorevole.

 

Nei mesi che seguirono, i segnali che giungevano dal mercato erano contrastanti. Quando sembrava che la crisi si stesse allontanando, la situazione politica si ingarbugliava in quanto il nuovo accordo tra i partiti stentava a prendere corpo proprio per effetto della congiuntura sfavorevole. Dopo  una lunga altalena di schiarite ed annuvolamenti,  finalmente giunse la ripresa. Come aveva previsto, l’essere riuscito a rimanere a galla lo favorì in modo  determinante. Concludendo rapidamente alcune transazioni commerciali di segno contrario a quello che era stato costretto a stipulare negli anni scorsi, Renato venne a disporre di mezzi finanziari che gli permisero di riavviare un buon volume di affari con i conseguenti guadagni. Sulla scorta dell’esperienza accumulata promise a sé stesso di selezionare con maggior rigore la clientela. Con tutta obiettività dovette peraltro riconoscere che, tolta qualche mela marcia, i suoi clienti, di fronte all’impossibilità di assolvere gli impegni sottoscritti, gli avevano ceduto i cespiti dati a garanzia. Il fatto è che nei periodi di crisi serve “il soldo sull’unghia”, come si suol dire. Le attività industriali e commerciali, gli impianti, i macchinari perdono in gran parte il loro valore poiché i prodotti che sarebbero in grado di fabbricare non sono richiesti. In breve, sulla scia della migliorata congiuntura, gli affari tornarono a svilupparsi rapidamente. Senza sottoporsi alle fatiche affrontate all’inizio dell’attività, Renato rafforzò talmente la sua posizione tanto da divenire l’indiscusso leader della zona nel campo del credito e dell’assicurazione, al di fuori, ovviamente, delle banche e delle grandi compagnie. D’altra parte erano trascorsi oltre venti anni da quando aveva iniziato a lavorare in proprio e, come aveva sempre asserito, “o uno riesce a sfondare o tanto vale che faccia il travet”.  Era chiaro che stava assaporando il successo raggiunto. Consapevole di esserselo conquistato onestamente e con le sue sole forze, il premio gli appariva ancora più gratificante. La stessa Benedetta, spesso critica nel vedere suo marito affannarsi nel suo lavoro, doveva prendere atto che Renato era riuscito a primeggiare dove molti altri avevano fallito. Quale diretta conseguenza dell’affermazione, i signori Morelli avevano scalato molte posizioni nella particolare  classifica dei VIP locali ed il loro tenore di vita, effettivamente mal ridotto anche nei periodi della crisi più acuta, aveva raggiunto livelli in qualche modo non consoni alla loro natura.  In realtà ad ambedue non importava nulla di essere ossequiati o di poter disporre di mezzi finanziari più che abbondanti. La serenità d’animo ed una sufficiente tranquillità economica erano il più ambito traguardo che prediligevano.

 

Come era già successo in altre occasioni, una casuale coincidenza fece incontrare Giulio e Renato. Ambedue si erano recati presso il concessionario di moto-scooter di Frascati. L’uno per liquidare il noto debito contratto qualche tempo prima, il secondo per acquistare una motoretta che riteneva potergli essere utile nei mesi estivi. Questa volta non si riconobbero a prima vista. Evidentemente il trascorrere degli anni aveva trasformato il loro aspetto esteriore, che in quella stagione della loro vita muta più rapidamente che nei decenni precedenti. Al sentir pronunciare il nome di Giulio Consalvi da parte del commerciante, Renato rivolse la sua attenzione verso quell’uomo che a prima vista gli era sembrato uno sconosciuto. Lo fissò un momento e poi ruppe ogni indugio. Dal profondo della sua memoria riemerse l’immagine dell’amico di gioventù. “Chi si rivede! Giulio, come stati?”.  Consapevole che l’altro stentasse anch’egli a riconoscerlo, aggiunse: “Sono Renato Morelli”. “Oh, Renato, giovane come sei rimasto, non sarei mai stato in grado di riconoscerti!”, esclamò Giulio seguendo il suo consolidato costume complimentoso. “Immagino che sarai qua di passaggio”, disse Renato, “in quale parte del globo svolgi le tue funzioni? “Da un paio d’anni sono a Montevideo, in Uruguay”. “Ah! bel posto”, gli rispose Renato, “là sono popoli latini, una specie d’italiani. Sarai avanti nella carriera”, soggiunse, memore delle non dissimulate ambizioni dell’amico. “Beh, mi contento. Dovrei presto salire più in alto. E tu? Sei diventato il più importante finanziere del circondario; non mi sono dimenticato delle tue ampie disponibilità”. “Non esagerare, Giulio. Qui in Italia abbiamo attraversato una lunga crisi. Ora siamo in ripresa, il peggio sembra superato. Io mi difendo ma ho visto brutti capitomboli”. “Se dici così significa che sei il più forte. Conosco bene le tue capacità”, rispose Giulio, che non avrebbe mai immaginato quali fossero le effettive e non indifferenti possibilità economiche che aveva accumulato il suo amico. Lo scambio di battute continuò fuori dal locale una volta che Giulio ebbe consegnato l’assegno a saldo del suo debito. “Prendiamo un caffè insieme”, gli propose Renato. “Come deve essere diversa la tua vita rispetto a quella di chi esercita una normale professione a casa propria”. “E’ vero, è vero”, gli confermò Giulio, “ed è proprio come immaginavo da ragazzo; io, poi, non perdo le occasioni: cocktails, feste, salotti, incontri, viaggi e....”. “Donne”, concluse Renato. “Beh, sai.... fa parte dell’ambiente”. “Si, si, ma tua moglie che dice?”. “Lascia perdere. Meglio non parlarne. Non capisce che a un certo livello bisogna avere un’ampiezza di vedute.... Ora dobbiamo salutarci. Devo sbrigare qualche altro impegno e dopodomani ho l’aereo per Montevideo. Mi ha fatto tanto piacere rivederti”. “Anche a me”, disse Renato, “chissà quando capiterà un’altra occasione! Arrivederci, auguri. Ciao, ciao, alla prossima”.

 

Giulio aveva realmente le ore contate. La sua fugace apparizione a Frascati era dovuta esclusivamente alla necessità di sottoscrivere presso il notaio un atto di vendita di una proprietà che suo padre, recentemente scomparso, gli aveva lasciato in eredità. Il suo dissennato modo di vivere bruciava non indifferenti capitali e lui non esitava a dilapidare il patrimonio che i suoi avevano accumulato in più generazioni. Prima un vigneto, poi un terreno seminativo, adesso due appartamenti; uno dopo l’altro i beni patrimoniali ereditati venivano alienati da Giulio per far fronte alle spese che la sua megalomania gli imponeva. Negli ultimi anni poi era venuta meno l’azione frenante del padre, che si era finalmente reso conto che suo figlio aveva di gran lunga superato i limiti di quel modo di vivere e soprattutto di apparire che in una certa misura anche lui non disdegnava. Gli ultimi avvenimenti di Punta del Este gli erano costati cari sotto il profilo esclusivamente finanziario. Lui aveva comunque speso, con la solita disinvoltura, quelle ulteriori somme di danaro nella convinzione di aver messo un solido coperchio alle sue malefatte e quindi di poter continuare impunemente la sua ultima love-story con la bella Francisca.

 

Nella convinzione di averla fatta franca e che quindi Isabella lo considerasse un marito un po' troppo disinvolto ma comunque ancora suo legittimo consorte, sarebbe stato naturale manifestare la sua intenzione di passare due, tre giorni insieme a lei a Roma. Nell’occasione sarebbe stato più che legittimo fare un salto a Frascati per salutare la vecchia madre e la sorella; contestualmente avrebbe potuto recarsi dal notaio per sbrigare quella formalità che costituiva il motivo della sua apparizione.

 

 Per una di quelle inspiegabili scelte legate all’imponderabile, del tutto ignaro che Isabella avesse in mano le prove delle sue avventure sentimentali, Giulio optò per fare un viaggio lampo di andata e ritorno a totale insaputa di Isabella. Senza rendersene conto, evitò così l’incontro più imbarazzante della sua vita, che pure ne annoverava parecchi e molto scabrosi. Le voci che abitualmente gravitano negli ambienti finanziari che Renato frequentava ed i circoscritti confini della piazza fecero ben presto giungere alle sue orecchie le notizie relative alle recenti vendite sottoscritte da Giulio, che, secondo i bene informati, erano state concluse a prezzi inferiori al reale valore del bene ceduto. “A prescindere dalla giusta valutazione, che può essere opinabile o legata all’umore del mercato”, rifletteva in cuor suo Renato, “resta il fatto che non è la prima volta che Giulio vende consistenti proprietà ereditate smantellando di fatto l’ingente patrimonio familiare. Non c’è niente da fare. E’ più forte di lui. Chissà cosa combinerà fra diplomatici di alto rango, autorità internazionali, signore del jet-set e quella corte di personaggi che fà da contorno all’ambiente che lui predilige. Di certo vorrà come al solito primeggiare e, per apparire, oltre alla verve che effettivamente non gli manca, occorre molto denaro e lui se lo procura così. Ma cosa dirà sua moglie?”, continuava a riflettere Renato, “ormai si sarà rassegnata ad avere un marito con queste poco encomiabili caratteristiche”.

 

Ciascuno dei due andava per la sua strada. L’ago della bussola che li guidava era orientato inconsapevolmente in direzioni opposte, calamitato dalla diversa indole dei due uomini. La spontanea concretezza e trasparenza dell’essere era alla base di ogni azione di Renato. L’incontenibile voglia di apparire e di ostentare trasformava la vita dello spregiudicato Giulio in ricorrenti occasioni per diventare l’incontrastato protagonista vincente in ogni circostanza mondana.

 

Sulla scia di questa diversa filosofia esistenziale, Renato continuava nel suo lavoro raccogliendo la considerazione del prossimo. Si impegnava  per migliorare l’immagine della sua Ditta e di pari passo incrementava il suo patrimonio. Giulio manovrava per salire  con ogni mezzo nella scala gerarchica, dissipando i beni ereditati e minando la stessa unione familiare. Proprio questo fondamentale legame stava per venirgli meno. Neanche fosse un ordigno esplosivo,  la lettura della missiva che gli giunse a Montevideo ebbe per lui un effetto paragonabile a quello dello scoppio di una bomba. La  lettera era redatta su carta intestata di un avvocato romano, noto matrimonialista, firmata dallo stesso e dal contenuto molto incisivo, sia nella forma che nella sostanza. Dovette leggerla e rileggerla più volte per convincersi che, in ultima analisi, le foto delle sue esibizioni di Punta del Este erano state, nonostante tutto, recapitate a sua moglie. Alle naturali, scontate preoccupazioni insite nella vicenda stessa si aggiunse l’incontenibile stizza di essere stato gabbato, più o meno inconsapevolmente, dai suoi altolocati amici uruguayani o dal figlio della portiera di Roma.

 

“Più figlio di puttana che di portiera!”, esclamò ad alta voce prendendo coscienza che tutti i suoi sforzi e i non indifferenti costi sostenuti erano stati vani. Ad un più meditato esame degli avvenimenti, non riusciva ad individuare chi lo avesse tradito: la polizia di Montevideo, il giovanotto di Roma? Non era neanche da escludere che quel miserabile fotografo, da lui invano inseguito sulla spiaggia, fosse riuscito a far fessi tutti. “E’ quello, che dovevo comprare!”, esclamò. “Ma poi, anche se ci fossi riuscito, chi mi avrebbe garantito che ogni testimonianza sarebbe scomparsa? Si sarebbe potuta ripetere la stessa situazione attuale. Quel maledetto si è fatto pagare dalle due parti per poi fregarmi. Che il diavolo se lo porti all’inferno!”.

 

Per ora all’inferno ci stava lui, almeno in senso metaforico. Il suo spirito accusò il colpo. La testa gli scoppiava; l’appuntamento con Francisca, il cocktail a cui doveva partecipare la sera stessa, impegni per lui importantissimi fino a dieci minuti prima sbiadirono improvvisamente, tanto da diventare antipatici impicci che si accingeva a disdire, oppresso da quel macigno che gli era caduto addosso fra capo e collo.