Due vite parallele |
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L'ESSERE E L'APPARIRE |
di Enrico Gilardoni |
Capitolo
XVIII
Gonzales si sentiva braccato: conosceva i persuasivi
sistemi della polizia. Un sesto senso gli suggeriva di agire con la massima
prudenza ma soprattutto sentiva di dover mettere in atto ogni accorgimento pur
di non lasciarsi sequestrare le prove della sua fatica. Era dunque necessario
fare altre copie della pellicola e sviluppare i rullini fotografici facendo
stampare almeno cinque o sei foto per ciascun negativo. Doveva poi nascondere
in posti diversi ciascun esemplare riprodotto. Se l’avessero rintracciato
o se si fosse … fatto rintracciare,
magari presso l’Agenzia dove lavorava, dopo mille apparenti resistenze avrebbe
potuto fare il bel gesto di consegnare il frutto del suo lavoro informando
contestualmente i poliziotti, per
salvarsi da eventuali rappresaglie, che una copia di quanto consegnato era già
stata recapitata per via aerea alla signora Isabella Tuccimei a Roma.
Trovato un laboratorio
fotografico, tradusse in pratica quanto aveva ideato. Cominciò a lasciare in deposito una copia di tutto il
suo lavoro proprio presso quel negozio, dicendo che un suo collega sarebbe
passato dopo qualche giorno a ritirarle. Un’altra copia se la fece custodire da
un suo amico che abitava a Punta del Este ed infine nascose l’involucro che
conteneva la terza copia in un tombino per lo scolo delle acque
situato nella piazza San Paolo, davanti
al numero civico 35. Spedì effettivamente a Roma con plico raccomandato
una quarta riproduzione delle fotografie e del filmato. Trattenne, infine, con
sé i rullini e la pellicola originali e le copie avanzate. Realizzata questa
oculata frammentazione delle prove documentali, si sentì più tranquillo. Se la
polizia l’avesse fermato per sequestrargli le foto del tradimento non avrebbe
avuto più nulla da temere: in uno dei tre nascondigli avrebbe potuto recuperare
lo scottante materiale, semprechè non dovesse arrivare a destinazione il plico
inviato alla moglie di Giulio. In attesa di imbarcarsi sull’aereo che lo
avrebbe riportato a Montevideo, telefonò a Isabella per aggiornarla sulla
movimentata vicenda. A Roma doveva essere vicina la mezzanotte ma il buon
Gonzales non ci badò; era troppo ansioso di informare la sua cliente sugli
sviluppi della situazione, a dire il vero da lui molto sofferta ed effettivamente
condotta con grande scrupolo professionale ed assoluta fedeltà all’impegno preso. Isabella si era
da poco coricata quando squillò il telefono. Ella capì subito, data l’ora, che
la chiamata proveniva dall’altra parte dell’Atlantico. Riconobbe subito dall’accento
ispano-portoghese il detective Gonzales che la voleva informare. “Senora,
senora”, esordì, “ho le prove della love–story del vostro signor marito. Ho corso grossi rischi per non farmi acciuffare. Il signor Giulio era
furibondo. Se mi avesse preso, mi avrebbe malmenato brutalmente e sottratto le
foto e la pellicola. Le ho spedito tutto per via aerea. Ora temo che, grazie agli appoggi che il signor
Giulio ha fra le autorità di Montevideo, io possa essere costretto dalla
polizia a consegnare le copie che mi sono rimaste… ma non sono stupido, io…. Mi
confermi l’avvenuta ricezione del plico, così starò più tranquillo e mi mandi
un anticipo; ho sostenuto tante spese per condurre in porto il lavoro, mi
creda”. “Si, si, ho capito, Gonzales”, rispose Isabella, che fin dalla
precedente telefonata aveva messo in cuor suo la parola fine al suo matrimonio.
La mattina dopo riferì tutto a suo padre, che, scuotendo la testa, commentò
amareggiato: “E’ proprio incorreggibile, il dottor Consalvi: intraprendente con
le donne e con le autorità!”.
Rientrato a casa a Montevideo la domenica sera, Gonzales
si riposò tutto il giorno seguente. Il martedì mattina si recò all’Agenzia dove
lavorava. Il signor Pedro, titolare dell’Ufficio, appena lo vide lo informò che
la polizia lo aveva cercato. “Lo so, lo so”, gli rispose. “Per salvarmi
dall’ira dell’italiano che pedinavo ho dovuto fare i salti mortali! Quel
diplomatico deve avere agganci eccezionali e di grosso calibro”, concluse.
Convenne anche con il proprietario dell’Agenzia, sommariamente aggiornato sulla
vicenda, di accondiscendere alla
prevedibile richiesta che la polizia avrebbe avanzato. “Tanto io ho già spedito tutto a Roma”, soggiunse. “Se
però gli sbirri sganciassero un po’ di moneta, non sarebbe male: ho fatto tanta
fatica!”. “Lascia fare a me”, gli rispose il signor Pedro, “so come ci si deve
barcamenare in queste circostanze. Tu è meglio che non ti faccia vedere. C’è da
fare un servizio fotografico per un matrimonio. Va e non rientrare prima di
domani. Lasciami il materiale. Questa partita me la gioco io, tanto sono certo
che gli ispettori tra poco torneranno arroganti e grintosi come al solito”.
Forte della sua esperienza ed abituato a destreggiarsi anche in circostanze più
ambigue, restò tranquillo per trarre il massimo profitto dalla situazione che
aveva perfettamente inquadrato.
Nella tarda mattinata ecco, infatti, che due giovanotti
entrarono nel suo locale. Si qualificarono e gli chiesero di poter parlare in
privato. Chiusi nell’angusto ufficio, senza preamboli gli dissero che il signor
Prefetto di polizia avrebbe avuto piacere di avere quel materiale che un
dipendente dell’Agenzia aveva prodotto nei giorni scorsi a Punta del Este.
“Sa”, aggiunse uno dei due, “tenuto conto dei buoni rapporti che intercorrono
tra noi, i rispettivi campi d’azione che spesso coincidono…. Lei mi capisce…
non sarebbe carino non accondiscendere alle richieste del signor Prefetto”.
“Questione di buon gusto e di lungimiranza”, aggiunse l’altro. “Se siamo qui,
vuol dire che la cosa interessa in alto…”. “Si, si”, rispose Pedro, “mi rendo
conto. Innanzi tutto fatemi rintracciare i negativi. Se la cosa è tanto
importante, vorrei dargli un’occhiata anch’io”. Si alzò, andò nell’altra stanza
aperta al pubblico e rientrò tenendo in mano alcune foto, un rullino
fotografico e l’astuccio contenente la pellicola. “Le foto eccole qua. Certo, se uno o tutti e due sono sposati,
non c’è ombra di dubbio che si tratti
di corna”, esclamò. “Sono addirittura nella hall di un albergo! Due bei
giovani, però! Vediamo la pellicola adesso cosa ci mostra”. Sullo schermo
apparvero l’uomo e la donna in costume da bagno sulla famosa spiaggia di Punta
del Este. Si abbracciavano, si baciavano, si tenevano per mano scambiandosi
sguardi intensi che lasciavano intendere l’intensa passione che li univa.
“Tutto okay”, disse un poliziotto, “allora ce lo possiamo prendere, questo
materiale il signor Prefetto ne terrà conto alla prima occasione”. “Un momento,
un momento, giovanotti”, rispose il signor Pedro. “Il mio assenso, in linea di massima, c’è; però mi
sembra doveroso sentire anche il collega che ha eseguito il lavoro. Non vorrei
creare malumori. Tra l’altro devo fare ancora i conti con lui. Per fare un
servizio del genere chissà quanto ha
speso! Anche questo va riferito al signor Prefetto. Esser disponibili alle richieste delle Autorità è un conto, rimetterci pure di tasca è un
altro”. “Pure questo è vero”, rispose
uno dei due. “Facciamo così”, soggiunse il signor Pedro, “io adesso cerco di
rintracciare l’autore del reportage, mi faccio dire quanto ha speso e se lui è
d’accordo nel favorire il signor Prefetto. Riaffacciatevi in serata. Se tutto
va come previsto, vi consegno il materiale”. “D’accordo, va bene”, risposero i
due, convinti di aver risolto il caso e di meritare un elogio dai loro
superiori. Fatto un rapido conto, il signor Pedro decise di chiedere quale
rimborso spese la somma di 12.000 pesos [1].
A cose fatte, avrebbe aggiunto che parte del materiale era stato già inviato al
committente a Roma, ma che, per loro della polizia, sarebbe stato facile intercettarlo
per impedire che fosse recapitato al destinatario. Ormai era chiaro che questo
era il vero fine della loro missione. Giulio nel primo pomeriggio fu messo al
corrente dello stato della pratica dal suo altolocato interlocutore. Assenso di
consegnare quelle maledettissime foto quasi certo, costo della operazione certo
e sicuramente non indifferente. Questi lavori delicatissimi vanno ben
remunerati, gli fu fatto capire. Per parare il colpo, Giulio fu costretto a
firmare un assegno del suo libretto senza indicarne l’importo. Si raccomandò al
suo referente di non esagerare nella cifra da indicare sullo cheque e, nel
tornare ad imprecare contro sé stesso per essersi lasciato sorprendere, si
augurò che, sostenuta anche questa spesa, avrebbe neutralizzato qualsiasi
conseguenza negativa per il suo menage familiare.
In serata i poliziotti tornarono nell’ufficio del signor
Pedro con l’assegno in mano, nella speranza di ricevere nell’altra il materiale
compromettente. Non fu così semplice: il signor Pedro fece cadere dall’alto il
consenso a consegnare quelle pellicole di “alto valore documentale”, rifiutò
l’assegno dicendosi sorpreso di vedersi offrire un titolo di credito che
prevede firme e controfirme in pagamento di un lavoro di quella delicatezza.
“Tornate domani mattina”, consigliò ai due giovani, “portatemi 12.000 pesos in
banconote o l’equivalente in dollari ed io vi consegnerò il plico che avete
avuto incarico di recuperare”. L’indomani il signor Pedro informò Gonzales
sullo stato della trattativa. “Oltre a rimborsarti delle spese sostenute, ti
farò avere 4.000 pesos”, aggiunse sorridendo,”a prescindere da quanto ti sarà
riconosciuto dal tuo committente. A questo mondo non si fa niente per
niente….”. “Ovviamente ciò vale anche
per voi, signor Pedro”, rispose Gonzales. “Certo”, confermò il signor Pedro,
“io ho condotto l’affare. Te l’ho detto, lascia fare a me e ti troverai soddisfatto”.
Di lì a poco sopraggiunse uno dei due poliziotti del giorno prima, consegnò il
danaro contante e prese quanto promesso. Quando fu sulla porta, il signor Pedro
lo raggiunse. “Voglio chiarire”, aggiunse, ”che il mio collaboratore mi ha
informato che una prima parte del materiale lo ha già inviato domenica sera a
Roma per via aerea. Per voi sarà uno scherzo bloccarlo all’aeroporto! Voi sì
che avete il potere in mano!”, soggiunse con fare cerimonioso. Il giovanotto
capì di essere stato raggirato. Per evitare di ricevere qualche rimprovero,
pensò anche di non riferire nulla ai suoi superiori. Prima di consegnare il
plico rifletté meglio sulle conseguenze che la sua omessa precisazione avrebbe
potuto scatenare e optò per la tesi
suggerita dal signor Pedro. La polizia di frontiera, a Roma, avrebbe potuto tranquillamente intercettare la busta. Una telefonata
sarebbe stata sufficiente per chiudere anche questo varco. Il suo diretto
superiore, nell’apprendere il particolare, gli diede del fesso, ma anche lui,
comprendendo che la frittata era ormai stata fatta, si limitò a suggerire più
in alto il provvedimento da porre in atto per tacitare chi aveva interesse a
bloccare quelle dannate foto. A Giulio fu così fatto pervenire l’agognato plico
ma anche la notizia che vanificava tutti i suoi sforzi ed il non indifferente
esborso finanziario. “Alla malora”, esclamò, “poliziotti dei miei stivali! Dopo
questa razza di capolavoro dovrei ancora confidare sulla loro capacità a
bloccare il pacco diretto a Isabella a Roma! Non ne parliamo nemmeno! Poi, alla
polizia di Roma, chi glielo dice? Vatti a fidare. Una parte del materiale,
hanno detto. Sarà proprio vero? Forse è quello che io ho recuperato…, o mi
hanno dato l’illusione di recuperare, a Punta del Este. Le foto della prima sera. Mah ‘sti cornuti!
I 12.000 pesos se li sono presi. Bastardi! Hanno capito che sono in difficoltà
e ne approfittano!”. Giulio pensava ad alta voce, alternando moccoli e parole,
al colmo dell’ira, anche per la grande delusione subita, che aveva il sapore di
una vera e propria beffa. Quando, dopo qualche ora, la rabbia gli fu un po’
sbollita, tornò a mettere a fuoco la sua scomoda posizione. L’unica cosa da
fare era bloccare quella busta prima che venisse consegnata a Isabella. La soluzione
era elementare; come fare per raggiungere l’obiettivo senza essere scoperto?
Tornare a Roma a presidiare la casa ed impedire che il plico finisse nelle mani
di sua moglie? No di certo. Il ritorno inaspettato avrebbe sollevato sospetti.
Doveva dare per scontato anche che c’erano sicuramente stati, e continuavano ad
esserci, contatti tra l’agenzia investigativa e Isabella. Accordi presi al momento di conferire
l’incarico di sorvegliarlo e successive comunicazioni telefoniche per essere
informata sugli esiti del pedinamento. Conoscendo la determinazione di sua
moglie e la documentazione che lui aveva in qualche modo recuperato, non aveva
dubbi in proposito. “D’accordo”, continuava a rimuginare, “senza le prove tutto
quello che le avrà riferito il detective lascia il tempo che trova! Sono le
foto e la pellicola che devo ad ogni costo bloccare!”. Giulio si lambiccava il
cervello senza trovare una soluzione. “Ormai, dopo quello che ho speso senza
avere ciò che mi avevano promesso, sarei disposto a pagare anche di più pur di
poter bruciare tutto. Per la miseria, in che guaio mi sono andato a cacciare!
Se me la fossi portata a casa, Francisca, forse sarebbe andata liscia”.
Continuava a smaniare ed a imprecare.
“Mondo boia! Che guaio, le mogli gelose! A Kampala, glielo sono andati a dire.
Qui a Montevideo mi ha messo alle costole un piedipiatti. Di fatto è come se
fossi in una gabbia! Alla fin fine, vada come vada, io non ho fatto il voto di
castità! Se lei preferisce starsene migliaia di chilometri lontana dalla sua
casa non può pretendere che suo marito rimanga in perenne attesa”. Pretesti,
recriminazioni, ragionamenti campati in aria. L’umore di Giulio era sempre più
nero. Sentiva che prima o poi sul suo capo si sarebbe scatenata una tempesta e
lui ne sarebbe uscito con le ossa rotte.
Quali sarebbero state le estreme conseguenze? Non sapeva neanche lui disegnare
uno scenario definitivo. Di certo la sua vita sarebbe stata stravolta. Anche le
sue ambiziose aspettative di carriera avrebbero potuto essere
drasticamente ridimensionate. Tutto per
non essere in grado di impossessarsi di
una busta che forse proprio in quelle ore stava viaggiando per la sua
destinazione. “A costo di andare io stesso a piantonare la portineria della
casa di Isabella, devo impedire che ciò avvenga”.
La portineria…. la portineria, già; la signora Amalia… ma
allora…. Che fesso a non averci pensato prima!”