CAPITOLO
XIV
La
crisi continuava tuttavia a rovesciare i suoi effetti dirompenti sulle varie
attività che, come in una staffetta,
investivano nell’ultima frazione della loro corsa gli Istituti finanziatori.
Man mano che la recessione diventava più feroce anche l’impresa di Renato
subiva pesanti contraccolpi. Come ogni medaglia ha il suo rovescio, così,
anche in quei grigi frangenti, c’era chi riusciva a concludere grossi affari
approfittando della estrema necessità di chi voleva tirarsi fuori ad ogni
costo da una situazione che avrebbe potuto travolgere la propria ditta. Chi
aveva pochi scrupoli e qualche residua disponibilità finanziaria, avendo di fronte imprenditori
con scarsissimo potere contrattuale, li poteva costringere, con la minaccia
di ricorrere alle procedure fallimentari, a cedere a costi stracciati le loro
non indifferenti proprietà contro l’annullamento dei debiti contratti che non
erano più in condizione di onorare.
Renato con il suo rigore mentale contestava il mancato rispetto
degli impegni sottoscritti. Al pari di lui, che si dannava l’anima pur di non
venir meno alle sue scadenze, allo stesso modo avrebbe voluto che anche i
suoi debitori si fossero impegnati nella stessa misura nei suoi confronti.
All’atto pratico, messo di fronte alle incontestabili difficoltà contingenti,
egli si lasciava convincere a trovare soluzioni che davano respiro ai suoi
clienti. Con il passare del tempo non fu più possibile neanche per lui fare
da argine a questo susseguirsi di insolvenze
e si vide costretto a prendere in esame l’altra alternativa, ossia
quella di permutare l’ammontare dei suoi finanziamenti con i beni patrimoniali
ricevuti in garanzia.
Nonostante
Renato cercasse di dissimulare il suo effettivo stato d’animo, era abbastanza
evidente recepire la tensione e le preoccupazioni accumulate durante le
sofferte ore di permanenza in ufficio. La serenità che lo contraddistingueva lasciava spazio ad una ipersensibilità a
lui sconosciuta. In questo contesto Benedetta spesso non riusciva ad
immedesimarsi nelle condizioni di spirito di suo marito e, a seguito delle risposte stizzite di Renato,
approfittava per far riemergere le sue originarie critiche alla impegnativa
scelta da lui fatta qualche anno prima. Il clima familiare si era
conseguentemente appesantito. Renato non si voleva arrendere all’avversa
congiuntura e continuava a lottare con grande impegno. Fra le molteplici
contrarietà di quei giorni, quella che più lo indisponeva era costituta
dall’atteggiamento di sua moglie, che, dopo avere osteggiato con ogni mezzo
la sua decisione di rilevare l’Agenzia e mettersi in proprio, di fronte ai
primi vantaggi provenienti dalla sua autonoma attività, aveva fatto suoi i
benefici abbandonando le originarie polemiche, salvo riesumarle proprio
quando Renato avrebbe dovuto essere sostenuto. “Non è nel mio carattere chiedere solidarietà”, rispondeva alterato ai commenti di
Benedetta, “lasciami bollire nel mio brodo, risparmiami perlomeno le tue
insinuazioni. Se proprio la vuoi sapere tutta, le mie attuali difficoltà io
riesco in qualche modo a fronteggiarle; se fossi rimasto un dipendente avrei
potuto essere messo alla porta, con tanti saluti alla tua pretesa di vivere
tranquillamente!”. “Ecco, lo sapevo, vuoi accusarmi di essere la causa dei
tuoi guai!”, gli rispondeva Benedetta; “guarda un po' cosa mi devo sentir
dire, io che non ho mai messo becco nei tuoi affari”.
La
disputa non avrebbe mai avuto fine se Renato, piuttosto alterato, non fosse
uscito di casa prima del tempo per recarsi in ufficio passando da una
situazione di disagio ad un’altra. Non avrebbe comunque mai immaginato che le
sue precarie condizioni di spirito e circostanze contingenti lo avrebbero potuto
mettere in condizione di tradire sua
moglie.
Fra
i suoi clienti c’era una coppia di coniugi che gestivano un’avviata
pasticceria, molto nota anche fuori dell’ambito cittadino per le sue
specialità gastronomiche. Il negozio, molto ben posizionato ed elegantemente
arredato, era diventato l’abituale punto di riferimento della gente-bene. Fra
i due era certamente la donna la figura di spicco. Ancora giovane e sempre
elegante, gestiva con savoir faire la sua attività, aggiungendo un qualcosa
di impercettibile agli altri invitanti requisiti presenti nel suo locale, che
infatti era riuscito a battere la concorrenza. Quel giorno nell’agenda di
Renato figurava, ultimo tra gli altri, un appuntamento con questa signora che
era diventata una dei tanti clienti della sua agenzia. Giunto il suo turno,
la signora espose a Renato un quadro economico-finanziario della sua azienda
ben diverso da quello che lasciassero trasparire le luci e l’atmosfera che si
respirava frequentando il suo locale. Ella dava ogni colpa a suo marito. La
difficile situazione in cui si era venuta a trovare discendeva dal vizio
dell’uomo, che era certamente un buon pasticciere ma un pessimo giocatore di
carte. Secondo lei, suo marito era entrato in un giro di bische clandestine i cui frequentatori gli avevano
appiccicato l’etichetta del “pollo da spennare”: Fatta questa premessa,
ovviamente incompatibile con un’eventuale richiesta di nuovi finanziamenti,
la signora tenne a sottolineare che ella era fermamente decisa a salvare il
suo esercizio commerciale dal dannato vizio del coniuge. Dopo ripetute
diffide a cambiare vita rimaste del tutto ignorate, era entrata nell’ordine
di idee di separarsi. A prescindere dai guai finanziari che le aveva
procurato e che, nonostante tutto, continuava a procurarle, si era convinta
che suo marito non avesse quei requisiti che lei considerava indispensabili
in un uomo di una certa levatura. Aveva pertanto avviato una regolare causa
di separazione che stava facendo il suo corso.
Nel
raccontare queste sue vicende personali, la signora aveva assunto un
atteggiamento particolare che non era sfuggito a Renato ma sul quale non si
era soffermato, preso com’era dai
pressanti impegni lavorativi. Egli le aveva suggerito di approntare un’idonea
documentazione a corredo della sua domanda di finanziamento e soprattutto di
certificare l’avvenuto trasferimento della proprietà della sua attività dal
nome di entrambi i coniugi a quello esclusivamente suo. La richiesta
ufficiale della causa di separazione matrimoniale già in corso sarebbe stata
un’altra dimostrazione opportuna per
suffragare la sua volontà ad impegnarsi personalmente quale esclusiva
amministratrice della ditta, che, proprio per quanto dichiarato, necessitava
di un ulteriore prestito.
Nel
tornare a casa, la sera stessa si ricordò degli screzi avuti con Benedetta,
che lo avevano non poco angustiato; contestualmente gli tornò in mente lo
strano comportamento di quella signora a cui lui non aveva dato peso.
Soltanto ora, a mente fredda, riviveva quel suo modo di fare. Più volte la
donna aveva insistito sull’inaffidabilità di suo marito, dedito al gioco e
privo di qualsiasi spirito di collaborazione. Queste argomentazioni volevano
forse fargli intendere che proprio
lui, attivo e responsabile imprenditore, era l’uomo che ella cercava? In
proposito aveva ripetuto un paio di volte con nonchalance che lei avrebbe
desiderato avere per marito un uomo del suo livello, impegnato e deciso a gestire la propria azienda nel
modo migliore in tempi che erano
effettivamente difficili per tutti. In conclusione: a casa la sua donna lo
criticava, mentre sul lavoro un’altra lo lusingava.... Questa fu la sintesi a
cui giunse Renato. Girò pagina e gustò la cena cercando di non riaprire la
diatriba con Benedetta. Nei giorni successivi tornarono a presentarsi sul suo
tavolo altre potenziali opportunità per concludere vantaggiosissime
transazioni con altrettanti clienti ridotti allo stremo dalla crisi. Nel limite del possibile, Renato evitava
di approfittare: per prima cosa, gli pareva un sopruso verso chi era in
condizioni peggiori delle sue, in secondo luogo, non disponeva certo dei
capitali sufficienti per procedere a tali acquisti anche se a prezzi
stracciati; per ultimo, egli pensava che, una volta superata la recessione,
gli stesi suoi clienti gli avrebbero potuto rinfacciare il suo cinico
opportunismo.
Nel
volgere di pochi giorni si tornò ad affacciare la signora Di Giovanni,
titolare della pasticceria in brutte acque. Con il suo fare accattivante, si
affacciò alla porta dell’ufficio di Renato, del tutto inattesa, per
chiedergli quando avrebbe potuto essere ricevuta nei prossimi giorni in
quanto lei aveva già approntato la documentazione richiesta. Aggiunse che
avrebbe gradito un appuntamento serale compatibile con i suoi impegni di
lavoro. Renato chiamò la segretaria e concordarono per le diciannove del
venerdì successivo. “Sarà pure tutta una messa in scena”, esclamò Renato
rimasto solo nel suo ufficio, “ma perlomeno questa donna è sempre sorridente,
tutto il contrario di Benedetta, che non perde occasione per indispormi”. La
sua riflessione si fermò lì; gli impegni di lavoro tornarono ad assorbirlo
totalmente. I tre giorni che lo separavano da quell’appuntamento passarono in
fretta. Puntualissima, alle ore diciannove del successivo venerdì la signora
Di Giovanni si fece annunciare. Dopo pochi minuti Renato la ricevette. Dalle
notizie apprese nell’incontro precedente si era fatto un quadro piuttosto
negativo della situazione. Era pertanto sua intenzione limitare ad una cifra
modesta l’eventuale nuovo finanziamento che gli era stato richiesto, anche se
informazioni riservate, che aveva nel frattempo ottenuto, confermavano che
l’attività commerciale della signora procedeva proficuamente. La signora
consegnò a Renato tutti i documenti richiesti, che in effetti attestavano che
lei era divenuta l’unica proprietaria della pasticceria. Per quanto
riguardava invece la separazione da suo marito non poteva che esibire la
domanda presentata e ricevuta dal competente Ufficio Giudiziario: l’iter
processuale è infatti piuttosto lungo. “Come vede, signor Morelli, ho certificato quanto le avevo esposto la volta
scorsa. Come potrà immaginare, per liquidare mio marito sia sotto l’aspetto
commerciale che sotto l’aspetto coniugale ho dato fondo a tutte le mie
risorse finanziarie, ho ceduto anche la casa di mia proprietà e adesso sola,
in affitto, mi dedico esclusivamente al lavoro. Ce la metterò tutta per rifarmi. Le garantisco
che ci vuole molto coraggio. Un’altra cosa le voglio dire, ma preferisco dirgliela dopo che avremo
definito la mia richiesta di finanziamento”, aggiunse allusiva. “Prendo atto di tutto e mi complimento per
la determinazione”, le rispose Renato, che era rimasto molto colpito dalla
decisione della donna che improvvisamente aveva conquistato le sue simpatie.
Automaticamente la paragonava alla sua Benedetta. Egli non poteva fare a meno
di pensare quanto sarebbe stato bello e coinvolgente avere una moglie di
quello stampo. Niente mugugni, niente recriminazioni, niente polemiche
per riaffermare il proprio legittimo
buon diritto a lavorare serenamente in pace. Nel suo stato, invece, alle
intrinseche difficoltà accentuate dalla crisi doveva aggiungere la diatriba
infinita che si trascinava, proprio con la persona a lui più cara, che, a suo
parere, gli avrebbe dovuto offrire la massima solidarietà. Sospinto da questi
sentimenti, la signora Di Giovanni gli apparve sotto un’altra luce ed anche
il suo aspetto fisico gli si manifestò molto più gradevole di quanto non gli
fosse apparso finora. “Le confesso”, continuò Renato, “che fino a poco fa ero
molto indeciso. Temevo addirittura che dandole un ulteriore finanziamento
l’avrei in ultima analisi danneggiata, accollandole altri oneri futuri, senza
trascurare che anch’io avrei corso brutti rischi. Le sue dichiarazioni mi
hanno fatto cambiare opinione. La sua grinta mi induce ad accordarle
l’importo richiesto. La somma è importante ma, grazie a questa immagine di
serenità che mi ha trasmesso, sono disposto a partecipare con lei nel suo
impegno per risalire”.
“Oh
grazie, grazie infinite!”, esclamò la donna. “Aprire il proprio animo senza
remore paga quando si ha di fronte una persona della sua sensibilità”. “Beh
non esageriamo, ora, signora Di Giovanni”, rispose Renato, “ho recepito la
sua tentazione interiore e ne sono rimasto profondamente colpito”. “Vede,
vede, è quello che sostengo io”, proseguì la signora, manifestando un sempre
maggiore coinvolgimento. “Poc’anzi avrei voluto dirle un’altra cosa: ecco,
con grande franchezza, a prescindere da tutto il resto, le vorrei manifestare
la mia stima e la mia ammirazione”. Nel dire queste parole la donna aggirò la
scrivania dietro la quale era seduto Renato e con grande disinvoltura
l’abbracciò possessivamente porgendo la sua bocca. Quella specie di campo
magnetico che aveva attratto i due rendeva spontanea la totale esternazione
dei reciproci sentimenti che fra un uomo e una donna travalicano
tumultuosamente i pragmatici confini formali. Renato accolse teneramente fra
le sue braccia la signora, certamente più passionale di lui, e, ricambiato
l’abbraccio, stava per posare le sue labbra su quelle di lei quando un rumore
che giunse dal corridoio antistante il suo ufficio frenò il suo naturale
trasporto verso la donna che lo aveva conquistato. Lasciatala, si affacciò
alla porta e vide uno dei suoi collaboratori che si era evidentemente
trattenuto al lavoro che stava uscendo dall’ufficio. Tranquillizzato, tornò
sui suoi passi. Quell’imprevisto aveva comunque rotto l’incantesimo frenando
sul nascere un impulso che li avrebbe certamente portati a suggellare il
reciproco apprezzamento tramite la più autentica delle manifestazioni tra un
uomo e una donna. “Carissima,” riprese Renato, che cercava di dominarsi
trattenendo per la vita la donna vicino a sé, “è come se avessimo stretto
un’alleanza indissolubile. L’avere in qualche modo superato lo spontaneo
desiderio dei sensi può dare un significato ancora più bello all’intesa
rispetto a quello che avremmo potuto perseguire se avessimo percorso l’altra
strada”. “Oh, signor Renato, non mi giudichi male; la sua carica umana mi ha
affascinato. Con uno sforzo grande quanto il suo ho superato un momento di
grandissima emozione. Ora è meglio che vada, non dimenticherò mai questo
giorno!”. “Si, è giusto, non lo dimenticherò neanche io; salutiamoci
affettuosamente e non perdiamoci di vista. L’affinità dei nostri sentimenti
può esserci di conforto”. Così dicendo, Renato passò una mano sulle spalle
della donna e le diede un casto bacio su una guancia. Tornato a casa, guardò
Benedetta ed in cuor suo osservò di essere stato proprio sul punto di
tradirla con un’ estranea alla quale sua moglie non aveva nulla da invidiare
tranne lo spirito di partecipazione, cemento essenziale nella vita a due.
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