Due vite parallele

 

L'ESSERE E L'APPARIRE

di Enrico Gilardoni

 

CAPITOLO XIV

 

 

 

La crisi continuava tuttavia a rovesciare i suoi effetti dirompenti sulle varie attività  che, come in una staffetta, investivano nell’ultima frazione della loro corsa gli Istituti finanziatori. Man mano che la recessione diventava più feroce anche l’impresa di Renato subiva pesanti contraccolpi. Come ogni medaglia ha il suo rovescio, così, anche in quei grigi frangenti, c’era chi riusciva a concludere grossi affari approfittando della estrema necessità di chi voleva tirarsi fuori ad ogni costo da una situazione che avrebbe potuto travolgere la propria ditta. Chi aveva pochi scrupoli e qualche residua disponibilità  finanziaria, avendo di fronte imprenditori con scarsissimo potere contrattuale, li poteva costringere, con la minaccia di ricorrere alle procedure fallimentari, a cedere a costi stracciati le loro non indifferenti proprietà contro l’annullamento dei debiti contratti che non erano più in  condizione di onorare.

 

 Renato con il suo rigore mentale contestava il mancato rispetto degli impegni sottoscritti. Al pari di lui, che si dannava l’anima pur di non venir meno alle sue scadenze, allo stesso modo avrebbe voluto che anche i suoi debitori si fossero impegnati nella stessa misura nei suoi confronti. All’atto pratico, messo di fronte alle incontestabili difficoltà contingenti, egli si lasciava convincere a trovare soluzioni che davano respiro ai suoi clienti. Con il passare del tempo non fu più possibile neanche per lui fare da argine a questo susseguirsi di insolvenze  e si vide costretto a prendere in esame l’altra alternativa, ossia quella di permutare l’ammontare dei suoi finanziamenti con i beni patrimoniali ricevuti in garanzia.

 

Nonostante Renato cercasse di dissimulare il suo effettivo stato d’animo, era abbastanza evidente recepire la tensione e le preoccupazioni accumulate durante le sofferte ore di permanenza in ufficio. La serenità che lo contraddistingueva  lasciava spazio ad una ipersensibilità a lui sconosciuta. In questo contesto Benedetta spesso non riusciva ad immedesimarsi nelle condizioni di spirito di suo marito e, a seguito  delle risposte stizzite di Renato, approfittava per far riemergere le sue originarie critiche alla impegnativa scelta da lui fatta qualche anno prima. Il clima familiare si era conseguentemente appesantito. Renato non si voleva arrendere all’avversa congiuntura e continuava a lottare con grande impegno. Fra le molteplici contrarietà di quei giorni, quella che più lo indisponeva era costituta dall’atteggiamento di sua moglie, che, dopo avere osteggiato con ogni mezzo la sua decisione di rilevare l’Agenzia e mettersi in proprio, di fronte ai primi vantaggi provenienti dalla sua autonoma attività, aveva fatto suoi i benefici abbandonando le originarie polemiche, salvo riesumarle proprio quando Renato avrebbe dovuto essere sostenuto.  “Non è nel mio carattere chiedere solidarietà”,  rispondeva alterato ai commenti di Benedetta, “lasciami bollire nel mio brodo, risparmiami perlomeno le tue insinuazioni. Se proprio la vuoi sapere tutta, le mie attuali difficoltà io riesco in qualche modo a fronteggiarle; se fossi rimasto un dipendente avrei potuto essere messo alla porta, con tanti saluti alla tua pretesa di vivere tranquillamente!”. “Ecco, lo sapevo, vuoi accusarmi di essere la causa dei tuoi guai!”, gli rispondeva Benedetta; “guarda un po' cosa mi devo sentir dire, io che non ho mai messo becco nei tuoi affari”.

 

La disputa non avrebbe mai avuto fine se Renato, piuttosto alterato, non fosse uscito di casa prima del tempo per recarsi in ufficio passando da una situazione di disagio ad un’altra. Non avrebbe comunque mai immaginato che le sue precarie condizioni di spirito e circostanze contingenti lo avrebbero potuto mettere in condizione di tradire  sua moglie.

 

Fra i suoi clienti c’era una coppia di coniugi che gestivano un’avviata pasticceria, molto nota anche fuori dell’ambito cittadino per le sue specialità gastronomiche. Il negozio, molto ben posizionato ed elegantemente arredato, era diventato l’abituale punto di riferimento della gente-bene. Fra i due era certamente la donna la figura di spicco. Ancora giovane e sempre elegante, gestiva con savoir faire la sua attività, aggiungendo un qualcosa di impercettibile agli altri invitanti requisiti presenti nel suo locale, che infatti era riuscito a battere la concorrenza. Quel giorno nell’agenda di Renato figurava, ultimo tra gli altri, un appuntamento con questa signora che era diventata una dei tanti clienti della sua agenzia. Giunto il suo turno, la signora espose a Renato un quadro economico-finanziario della sua azienda ben diverso da quello che lasciassero trasparire le luci e l’atmosfera che si respirava frequentando il suo locale. Ella dava ogni colpa a suo marito. La difficile situazione in cui si era venuta a trovare discendeva dal vizio dell’uomo, che era certamente un buon pasticciere ma un pessimo giocatore di carte. Secondo lei, suo marito era entrato in un giro di bische clandestine  i cui frequentatori gli avevano appiccicato l’etichetta del “pollo da spennare”: Fatta questa premessa, ovviamente incompatibile con un’eventuale richiesta di nuovi finanziamenti, la signora tenne a sottolineare che ella era fermamente decisa a salvare il suo esercizio commerciale dal dannato vizio del coniuge. Dopo ripetute diffide a cambiare vita rimaste del tutto ignorate, era entrata nell’ordine di idee di separarsi. A prescindere dai guai finanziari che le aveva procurato e che, nonostante tutto, continuava a procurarle, si era convinta che suo marito non avesse quei requisiti che lei considerava indispensabili in un uomo di una certa levatura. Aveva pertanto avviato una regolare causa di separazione che stava facendo il suo corso.

 

Nel raccontare queste sue vicende personali, la signora aveva assunto un atteggiamento particolare che non era sfuggito a Renato ma sul quale non si era soffermato, preso com’era  dai pressanti impegni lavorativi. Egli le aveva suggerito di approntare un’idonea documentazione a corredo della sua domanda di finanziamento e soprattutto di certificare l’avvenuto trasferimento della proprietà della sua attività dal nome di entrambi i coniugi a quello esclusivamente suo. La richiesta ufficiale della causa di separazione matrimoniale già in corso sarebbe stata un’altra dimostrazione opportuna  per suffragare la sua volontà ad impegnarsi personalmente quale esclusiva amministratrice della ditta, che, proprio per quanto dichiarato, necessitava di un ulteriore prestito.

 

Nel tornare a casa, la sera stessa si ricordò degli screzi avuti con Benedetta, che lo avevano non poco angustiato; contestualmente gli tornò in mente lo strano comportamento di quella signora a cui lui non aveva dato peso. Soltanto ora, a mente fredda, riviveva quel suo modo di fare. Più volte la donna aveva insistito sull’inaffidabilità di suo marito, dedito al gioco e privo di qualsiasi spirito di collaborazione. Queste argomentazioni volevano forse fargli intendere  che proprio lui, attivo e responsabile imprenditore, era l’uomo che ella cercava? In proposito aveva ripetuto un paio di volte con nonchalance che lei avrebbe desiderato avere per marito un uomo del suo livello, impegnato  e deciso a gestire la propria azienda nel modo migliore  in tempi che erano effettivamente difficili per tutti. In conclusione: a casa la sua donna lo criticava, mentre sul lavoro un’altra lo lusingava.... Questa fu la sintesi a cui giunse Renato. Girò pagina e gustò la cena cercando di non riaprire la diatriba con Benedetta. Nei giorni successivi tornarono a presentarsi sul suo tavolo altre potenziali opportunità per concludere vantaggiosissime transazioni con altrettanti clienti ridotti allo stremo dalla crisi.  Nel limite del possibile, Renato evitava di approfittare: per prima cosa, gli pareva un sopruso verso chi era in condizioni peggiori delle sue, in secondo luogo, non disponeva certo dei capitali sufficienti per procedere a tali acquisti anche se a prezzi stracciati; per ultimo, egli pensava che, una volta superata la recessione, gli stesi suoi clienti gli avrebbero potuto rinfacciare il suo cinico opportunismo.

 

Nel volgere di pochi giorni si tornò ad affacciare la signora Di Giovanni, titolare della pasticceria in brutte acque. Con il suo fare accattivante, si affacciò alla porta dell’ufficio di Renato, del tutto inattesa, per chiedergli quando avrebbe potuto essere ricevuta nei prossimi giorni in quanto lei aveva già approntato la documentazione richiesta. Aggiunse che avrebbe gradito un appuntamento serale compatibile con i suoi impegni di lavoro. Renato chiamò la segretaria e concordarono per le diciannove del venerdì successivo. “Sarà pure tutta una messa in scena”, esclamò Renato rimasto solo nel suo ufficio, “ma perlomeno questa donna è sempre sorridente, tutto il contrario di Benedetta, che non perde occasione per indispormi”. La sua riflessione si fermò lì; gli impegni di lavoro tornarono ad assorbirlo totalmente. I tre giorni che lo separavano da quell’appuntamento passarono in fretta. Puntualissima, alle ore diciannove del successivo venerdì la signora Di Giovanni si fece annunciare. Dopo pochi minuti Renato la ricevette. Dalle notizie apprese nell’incontro precedente si era fatto un quadro piuttosto negativo della situazione. Era pertanto sua intenzione limitare ad una cifra modesta l’eventuale nuovo finanziamento che gli era stato richiesto, anche se informazioni riservate, che aveva nel frattempo ottenuto, confermavano che l’attività commerciale della signora procedeva proficuamente. La signora consegnò a Renato tutti i documenti richiesti, che in effetti attestavano che lei era divenuta l’unica proprietaria della pasticceria. Per quanto riguardava invece la separazione da suo marito non poteva che esibire la domanda presentata e ricevuta dal competente Ufficio Giudiziario: l’iter processuale è infatti piuttosto lungo. “Come vede,  signor Morelli, ho certificato quanto le avevo esposto la volta scorsa. Come potrà immaginare, per liquidare mio marito sia sotto l’aspetto commerciale che sotto l’aspetto coniugale ho dato fondo a tutte le mie risorse finanziarie, ho ceduto anche la casa di mia proprietà e adesso sola, in affitto, mi dedico esclusivamente al lavoro. Ce la  metterò tutta per rifarmi. Le garantisco che ci vuole molto coraggio. Un’altra cosa le voglio dire,  ma preferisco dirgliela dopo che avremo definito la mia richiesta di finanziamento”, aggiunse allusiva.  “Prendo atto di tutto e mi complimento per la determinazione”, le rispose Renato, che era rimasto molto colpito dalla decisione della donna che improvvisamente aveva conquistato le sue simpatie. Automaticamente la paragonava alla sua Benedetta. Egli non poteva fare a meno di pensare quanto sarebbe stato bello e coinvolgente avere una moglie di quello stampo. Niente mugugni, niente recriminazioni, niente polemiche per  riaffermare il proprio legittimo buon diritto a lavorare serenamente in pace. Nel suo stato, invece, alle intrinseche difficoltà accentuate dalla crisi doveva aggiungere la diatriba infinita che si trascinava, proprio con la persona a lui più cara, che, a suo parere, gli avrebbe dovuto offrire la massima solidarietà. Sospinto da questi sentimenti, la signora Di Giovanni gli apparve sotto un’altra luce ed anche il suo aspetto fisico gli si manifestò molto più gradevole di quanto non gli fosse apparso finora. “Le confesso”, continuò Renato, “che fino a poco fa ero molto indeciso. Temevo addirittura che dandole un ulteriore finanziamento l’avrei in ultima analisi danneggiata, accollandole altri oneri futuri, senza trascurare che anch’io avrei corso brutti rischi. Le sue dichiarazioni mi hanno fatto cambiare opinione. La sua grinta mi induce ad accordarle l’importo richiesto. La somma è importante ma, grazie a questa immagine di serenità che mi ha trasmesso, sono disposto a partecipare con lei nel suo impegno per risalire”.

 

“Oh grazie, grazie infinite!”, esclamò la donna. “Aprire il proprio animo senza remore paga quando si ha di fronte una persona della sua sensibilità”. “Beh non esageriamo, ora, signora Di Giovanni”, rispose Renato, “ho recepito la sua tentazione interiore e ne sono rimasto profondamente colpito”. “Vede, vede, è quello che sostengo io”, proseguì la signora, manifestando un sempre maggiore coinvolgimento. “Poc’anzi avrei voluto dirle un’altra cosa: ecco, con grande franchezza, a prescindere da tutto il resto, le vorrei manifestare la mia stima e la mia ammirazione”. Nel dire queste parole la donna aggirò la scrivania dietro la quale era seduto Renato e con grande disinvoltura l’abbracciò possessivamente porgendo la sua bocca. Quella specie di campo magnetico che aveva attratto i due rendeva spontanea la totale esternazione dei reciproci sentimenti che fra un uomo e una donna travalicano tumultuosamente i pragmatici confini formali. Renato accolse teneramente fra le sue braccia la signora, certamente più passionale di lui, e, ricambiato l’abbraccio, stava per posare le sue labbra su quelle di lei quando un rumore che giunse dal corridoio antistante il suo ufficio frenò il suo naturale trasporto verso la donna che lo aveva conquistato. Lasciatala, si affacciò alla porta e vide uno dei suoi collaboratori che si era evidentemente trattenuto al lavoro che stava uscendo dall’ufficio. Tranquillizzato, tornò sui suoi passi. Quell’imprevisto aveva comunque rotto l’incantesimo frenando sul nascere un impulso che li avrebbe certamente portati a suggellare il reciproco apprezzamento tramite la più autentica delle manifestazioni tra un uomo e una donna. “Carissima,” riprese Renato, che cercava di dominarsi trattenendo per la vita la donna vicino a sé, “è come se avessimo stretto un’alleanza indissolubile. L’avere in qualche modo superato lo spontaneo desiderio dei sensi può dare un significato ancora più bello all’intesa rispetto a quello che avremmo potuto perseguire se avessimo percorso l’altra strada”. “Oh, signor Renato, non mi giudichi male; la sua carica umana mi ha affascinato. Con uno sforzo grande quanto il suo ho superato un momento di grandissima emozione. Ora è meglio che vada, non dimenticherò mai questo giorno!”. “Si, è giusto, non lo dimenticherò neanche io; salutiamoci affettuosamente e non perdiamoci di vista. L’affinità dei nostri sentimenti può esserci di conforto”. Così dicendo, Renato passò una mano sulle spalle della donna e le diede un casto bacio su una guancia. Tornato a casa, guardò Benedetta ed in cuor suo osservò di essere stato proprio sul punto di tradirla con un’ estranea alla quale sua moglie non aveva nulla da invidiare tranne lo spirito di partecipazione, cemento essenziale nella vita a due.