FERRUCCIO FERRONI

Ferruccio Ferroni, Tramonto 1952

Nato nel 1920 a Mercatello sul Metauro, si trasferisce a Senigallia giovanissimo dove eserciterà la professione di avvocato fino al 1992. 

Il suo incontro con la fotografia risale al periodo giovanile, quando il padre regala ai suoi tre figli una Kodak in bachelite nera a soffietto dal formato 4,5x6 cm. ed ovviamente le sue prime immagini sono ritratti d’amici e parenti.

Frequenta la scuola per Ufficiali  e con lo scoppio della Seconda Guerra viene trasferito in Grecia con il grado di Tenente.

E’ sicuramente un periodo difficile per tutti coloro che si trovano ad affrontare gli avvenimenti bellici, ma al Tenente Ferroni non cessa la passione per la fotografia e, spinto anche dalla bellezza eccezionale del paesaggio greco, acquista una nuova macchina fotografica di maggior pregio.

Purtroppo a causa della guerra, non poté usufruirla al meglio dal momento che fu fatto prigioniero e trasferito in un campo di concentramento dove passò circa due anni, fino a quando liberato nel 1946, fu ricoverato in un sanatorio a Forlì dove rimase per altri due anni. In quel luogo di cura stringe amicizia con un perito chimico del laboratorio analisi, esperto sia nell’uso della macchina fotografica, sia nello sviluppo e stampa dei negativi per l’esame dei preparati microscopici. Qui, costretto al riposo, ricomincerà a fotografare utilizzando una Voigtlander Vito obiettivo Skopar.

Nel 1948 Ferroni ha il piacere di far conoscenza di G. Cavalli, e uno dei primi consigli che riceve è quello di rivendere «la sua preziosa Robot Royal» per acquistare una macchina di medio formato. La scelta ricadde su un Primaflex, apparecchio in grado di realizzare negativi di cm. 6x6, misura più idonea per ingrandimenti del formato 30x40, garantendo immagini più nitide.

E’ il suo primo “allievo”, e Cavalli pazientemente gli fornisce i primi consigli tecnici che sono assorbiti totalmente ed in fretta dall’attento Ferroni «affascinato da tanta competenza». La sua prima fotografia stampata risale al 1949 e gli aggiudicò  il quarto premio al “Concorso Internazionale di Camera” del 1950. 

Quest’immagine rappresenta il carattere fotografico di quest’artista che è sempre attento a tradurre in immagine i sentimenti scaturiti da quella visione, confermando ancora una volta il suo debito nei confronti dell’ideologia estetica del suo maestro, del quale conserva, forse meglio di chiunque altro, il suo stile e la sua memoria. A questo proposito deve essere ad ogni modo ricordata la precisazione fatta dal suo amico P. Branzi, sulla rivista il “Fotoamatore”, il quale scrisse:  «C’è un aspetto però che distingue l’opera di Ferroni da quella del suo maestro: la necessità obbligata del mezzo fotografico. Intendo dire che le sue immagini non possono essere state concepite e realizzate se non con un certo obiettivo ed una certa pellicola, proposte attraverso l’alchimia nella carta sensibile e della camera oscura. Quelle di Cavalli, e lo dico per il piacere del paradosso, danno l’impressione in alcuni casi di poter essere state realizzate con altri mezzi: la matita da disegno o il carboncino, l’acquaforte, o la litografia. […] Denotano però un ascolto ad una cultura e a dei modelli prevalentemente pittorici. Ferroni, al contrario, sembra richiamarsi soltanto alla cultura fotografica, con punti di riferimento di Adams, Weston, Minor White. Le sue immagini non sono, e non possono essere, che frutto del mezzo fotografico».

Sue opere, oltre ad essere conservate presso il Museo D'arte Contemporanea e dell'Informazione del Comune di Senigallia, sono ospitate presso la collezione permanente della Subjective Fotografie nel Museo Folkwang di Essen. 

Nel 1996 è Stato insignito col titolo di Maestro Fotografico Italiano dalla F.I.A.F.