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I megarici
di Daniele Lo Giudice

La scuola dei cosiddetti megarici fu inaugurata da Euclide di Megara ( da non confondere con l'omonimo matematico che visse ed insegnò ad Alessandria d'Egitto un secolo dopo circa). Euclide fu allievo di Socrate fin dai primissimi tempi, ma non si comportò da fedelissimo, introducendo nei suoi insegnamenti alcuni elementi tipici della dottrina eleatica.
A lui successero Eubulide di Mileto, Diodoro Crono e Stilpone, che insegnò ad Atene attorno al 320 a.C.
Euclide riteneva che il Bene fosse uno solo, l'Unità od Uno, e che nonostante i molti nomi, fosse sempre identico a sé stesso. In sostanza, affermava che saggezza, Dio, intelletto fossero l'unica realtà, e che il male non avesse alcuna realtà, essendo dovuto, come aveva affermato Socrate, all'ignoranza del Bene.
Diceva che la conoscenza del Bene è virtù, e che pertanto non vi sono molte virtù distribuite tra gli uomini, ma una sola.
Per affermare ciò, Euclide dovette negare alla sensibilità ogni valore come mezzo di conoscenza, esattamente come gli eleatici, e come loro insegnò che movimento e divenire sono pure illusioni.
Sulle orme di Zenone di Elea, i megarici svilupparono una dialettica dell'assurdo volta a far cadere in contraddizione tutti quelli che facevano discorsi realistici sul molteplice, sul divenire, sull'esistenza del male e così via.
Alcuni loro argomenti sono famosi quanto, a mio parere, del tutto inconsistenti e ridicoli.
Uno di essi, ad esempio, consisteva nell'affermare che togliendo un granello ad un cumulo, lo stesso non diminuiva, e lo stesso sarebbe accaduto togliendoli tutti ad uno ad uno.
Secondo Stilpone, inoltre, è anche impossibile formulare un qualsiasi giudizio, poichè non è possibile attribuire ad alcun oggetto un qualsiasi predicato. L'esempio classico è "il cavallo corre." Secondo Stilpone, il cavallo è essere e chi corre è un altro essere. Noi li definiamo diversamente e tra loro non vi è alcuna identità.
E se vi fosse identità, aggiungeva, come potrebbe altrimenti esserci identità del correre anche col leone o con il cane, se correre è identico a cavallo?

Diodoro Crono, attivo quando Aristotele già insegnava ad Atene, polemizzò con lui sulla dottrina di atto e potenza. Ad esempio negò che vi sia potenza quando non vi è atto. "Chi non costruisce, non ha in potenza la facoltà di costruire." Secondo Diodoro Crono, in pratica, tutto ciò che è accaduto era possibile, giacchè non è possibile che dall'impossibile venga il possibile. Una potenzialità non verificata sarebbe sempre impossibile.
Questa argomentazione piuttosto grossolana avrebbe dovuto sostenere la tesi di fondo di Diodoro Crono, ovvero che tutto ciò che è accaduto, doveva necessariamente accadere.

A parte queste autentiche sciocchezze, i megarici svilupparono una dialettica volta a presentare antinomie e paradossi, cioè argomenti sui quali non era possibile decidere.
Uno di questi era il giochetto del mentitore: "Se tu dici di mentire, o dici il vero, e allora dici il falso; o dici il falso e allora dici la verità."
Questa sottigliezza ha una sua consistenza dal punto di vista della logica pura, ed infatti sarà ripresa più volte nel corso dei secoli da studiosi di logica.

I megarici sostennero anche stravaganti teorie etiche che poco avevano a che fare con l'autentico insegnamento socratico. Stilpone, ad esempio, diceva che il saggio basta a sé stesso, e pertanto non ha bisogno di amici.


DLG - 22 novembre 2003