Riministoria© Antonio Montanari

Modelli letterari dell'autobiografia latina di Giovanni Bianchi (Iano Planco, 1693-1775)

NOTE

(1) Cf. in G. Lami, Memorabilia Italorum eruditione præstantium, i, Firenze 1742, pp. 353-407. [D'ora in avanti, l'opera sarà indicata come "Lami"]. Un ritratto psicologico di Planco, presentato come fatto dall'amico "anonimo" estensore, è alla p. 403. Una seconda autobiografia di Planco (anch'essa anonima e scritta dallo stesso), è nei Recapiti del dottore Giovanni Bianchi di Rimino, Pesaro 1751: sulla paternità dei Recapiti, cf. le Novelle Letterarie di Firenze (28 luglio 1758, col. 480).

(2) La parola "autodidatta" è scritta in greco. Collenuccio è detto "difensore di Plinio" in quanto autore di una Defensio Pliniana, Ferrara 1493.

(3) La parte riportata è a p. 353.

(4) Cf. E. Raimondi, I sentieri del lettore, ii. Dal Seicento all'Ottocento, Bologna 1994, p. 134 (nel saggio intitolato "Ragione ed erudizione nell'opera del Muratori").

(5) Cf. C. Tonini, La Coltura letteraria e scientifica in Rimini, Rimini 1884, vol. ii, pp. 231-285.

(6) Ibidem, pp. 276-278.

(7) Cf. A. Montanari, La Spetiaria del Sole - Iano Planco giovane tra debiti e buffonerie, Rimini 1994. La Spetiaria del Sole è il negozio del padre di Giovanni, Girolamo Bianchi, farmacista. I documenti sono stati raccolti nel secolo scorso dal canonico Zeffirino Gambetti. Dal 1870 si trovano nella Biblioteca Gambalunghiana di Rimini [in seguito BGR]. Si tratta di lettere che Giovanni Bianchi, i suoi fratelli ed una cognata si scambiarono dal 1715 al '43. Nella Spetiaria mi sono permesso di scrivere (p. 9): "Impossibile sembra che Carlo Tonini, celebre e celebrato studioso, e fonte pressoché unica di ogni ricerca anche odierna, non li abbia consultati. Più facile, anche se irriguardoso, è ipotizzare che non li abbia voluti utilizzare, per non smontare il mito che Giovanni Bianchi aveva costruito di sé per i contemporanei e per i posteri".

(8) Cf. P. Rossi, Giambattista Vico, in "Storia della Letteratura Italiana, vi. Il Settecento", Milano 1968, p. 7.

(9) Il Progetto è nell'opuscolo iii (pp. 127-143), la Vita di Vico nel iv. I due testi si trovano nel tomo i della Raccolta. Sui rapporti tra Vico e Porcìa, cf. G. Vico, Autobiografia, Balsamo 1958, pp. 132-133.

(10) Cf. Raccolta, cit., opusc. iii, p. 134.

(11) Cf. A. Battistini, L'io e la memoria, in "Manuale di Letteratura italiana, Storia per Generi e Problemi", ii, Torino 1994, p. 480.

(12) Ibidem, p. 483.

(13) Cf. G. Nicoletti, Firenze e il Granducato di Toscana, "Le letterature dell'Italia statuale regionale", in "Letteratura Italiana, Storia e geografia, ii**. L'età moderna", Torino 1988, p. 773.

(14) La prefazione, intitolata "Candido lectori Io. Lamius S. D.", è alle pp. xv-xvi.

(15) In Georgiche, ii, 138.

(16) Cf. prefazione scritta da Lami (supra alla nota 14), p. xv.

(17) Cf. la biografia di Lami alle pp. 453-454 della nota introduttiva (pp. 451-463), curata da E. Cochrane in Dal Muratori al Cesarotti, V. Politici ed economisti del Primo Settecento, "Letteratura italiana, Storia e testi", Milano-Napoli 1978.

(18) Cf. M. L. Altieri Biagi, Forme della comunicazione scientifica, "Le funzioni della prosa", in "Letteratura italiana, iii. Le forme del testo. ii. La prosa", Torino 1984.

(19) L'epistolario è conservato nel cit. Fondo Gambetti, Carteggio del Dott. Giovanni Bianchi, in due cartelle (rispettivamente lettere nn. 1-151 e nn. 152-303). La lettera del 12. 6. 1750, ivi compresa, non fu indirizzata da Lami a Bianchi ma a Gio. Batista Casati di Forlì, a proposito dell'invio di libri a Bianchi da parte di Lami (cf. lettere 29. 5. e 13. 6. 1750).

(20) Cf. E. Raimondi, I sentieri del lettore, ii, Dal Seicento all'Ottocento, Bologna 1994, p. 141.

(21) Ibid., pp. 138-139. Cf. pure E. Raimondi, Scienza e letteratura, Torino 1978, pp. 57-58.

(22) Cf. E. Raimondi, I sentieri del lettore, cit., p. 141.

(23) Ibid., p. 134: si tratta della dichiarazione programmatica del Giornale de' letterati.

(24) Ibid., pp. 134-135.

(25) Ibid.; scriveva Bacchini nella cit. dichiarazione: "[…] essendo vero che nemo solus satis sapit" (ibid., p. 135). Sul Giornale de' letterati, cf. M. Mamiani, La "Nuova Scienza" nel "Giornale de' letterati" di Benedetto Bacchini (Parma, Modena 1686-1697), in "Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento", Bologna 1984, pp. 373-379.

(26) Ibid., p. 141.

(27) Ibid., p. 146.

(28) Cf. in Lami, cit., p. 357. Nell'Università di Bologna, anche all'epoca della frequenza di Planco, "il Collegio di Medicina insieme a quello di Filosofia, è parte della struttura binaria del Collegio degli Artisti". "I due Collegi sono distinti come lo sono i dottorati in medicina e in filosofia; […] ma molti dottori appartengono di fatto a entrambi i Collegi. Dalla fine del Cinquecento alla fine del Settecento, le liste dei Collegiati di Filosofia e di Medicina coincidono in buona misura ma non completamente […]": cf. G. Pomata, La promessa di guarigione, malati e curatori in antico regime, Bologna xvi-xviii secolo, Bari 1994, p. 15 e p. 46 nota 1.

(29) Cf. in G. Getto, Barocco in prosa e poesia, Milano 1969, p. 454.

(30) Cf. in Lami, cit., p. 357. Sullo Studio bolognese e sull'Istituto fondato da Marsili, cf. M. Roatti, La cultura scientifica tra conservazione e innovazione, in "Storia dell'Emilia Romagna", Bologna 1977, pp. 411-412. Sull'Istituto, cf. pure la parte prima del cit. Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento, ed in particolare il saggio di W. Tega, Mens agitat molem. L'Accademia delle Scienze di Bologna (1711-1804), pp. 65-108.

(31) Cf. in Lami, cit., Index, pp. 408-409. Forse Lami inserì anche i viventi allo scopo di pagare le spese di stampa dell'intera opera, vendendo a costoro gli esemplari dei loro Elogi. L'edizione posseduta dalla BGR, è in tre tomi. Due curiosità -al proposito- affiorano dall'epistolario di Lami già citato. Nella lettera del 20 gennaio 1743 si legge: "Hò consegnato un Involto contenente 130. esemplari della Sua Vita al s.r Gaetano Mercantelli acciò glie li trasmetta costà: io spero ché V. S. Ill.ma rimarrà contento e dell'edizione e della correzione, la quale non importa per Lei altra spesa che di Paoli 12, i quali potrà rimettermi a suo comodo". In data 5 febbraio 1743 troviamo: "Ringrazio V. S. Ill.ma de' dodici Paoli ricevuti per la spesa dell'Impressione". La lettera inizia così: "Godo che sia stata di gusto di V. S. Ill.ma la stampa della sua vita, e mi dispiace che vi sieno scorti gli accennati errori […]; ma il suo scritto, o di chi fosse quello dell'Originale, in alcuni luoghi si rendeva inintelligibile non solo al Compositore, ma ancora a me". Planco comperò quelle 130 copie per atto di mecenatismo verso Lami, o per soddisfare il proprio orgoglio? Probabilmente quelle copie erano destinate a scambi o a vendita privata, secondo un'abitudine di Planco, attestata in vari luoghi del ms. 969, BGR, Copialettere di Bianchi.

(32) Planco nella sua autobiografia latina (in Lami, cit., pp. 358-359), lascia intendere di aver frequentato Bacchini a Padova nella metà dell'inverno 1720-21: scrive infatti che, dopo aver tenuto il 19 ottobre 1720 un'orazione a Bologna per l'inaugurazione dell'anno accademico, resta in quella città per due o tre mesi, recandosi a Padova a metà dello stesso inverno, cioè all'inizio del 1721. Lo stesso testo si trova nel ms. 405 (catalogato da Gambetti con il titolo Vita sui ipsius, in BGR, c. 5). Al posto di quel [19 ottobre] 1720, si deve invece leggere 1719. Inoltre, che l'orazione planchiana all'Archiginnasio sia del 19 ottobre 1719 e non 1720, lo attestano anche due schede su Bianchi del Catalogo Gambetti in BGR, entrambe riferite all'invito a stampa relativo, che reca tale data ("xiiii Kal. Nov. 1719"). Cf. pure le pp. viii e xiii di Simonis Cosmopolitæ Epistola Apologetica, di cui si dirà [infra, nota 49]. L'incontro con Bacchini è, quindi, dei primi mesi del 1720, come d'altra parte si legge nei Requisiti del Dott. Bianchi di Rimino fino all'anno 1740, aggiunti anonimi all'autobiografia planchiana del ms. 405, c. 57 ("L'inverno dell'anno 1720 si passò a Padova"), e nei già mentovati Recapiti (p. ii: "Sul principio dell'anno 1720 andò a Padova"); e come si trova in una lettera del fratello di Planco, frate Girolamo, datata Pesaro 20 luglio 1720 ("essendo voi stato a Padova") del cit. Fondo Gambetti, Carteggio del Dott. Giovanni Bianchi. Secondo il Giornale dei Letterati del 1723 (pp. 346-348), il soggiorno padovano di Bacchini va dal 12 ottobre 1719 al 9 settembre 1720. Bacchini andò poi a Ferrara, e nel '21 si trasferì a Bologna, dove morì il 1° settembre dello stesso anno.

(33) Cf. Carteggio inedito di G. Morgagni con G.B., a cura di G. Bilancioni, Bari 1914, p. 30.

(34) Cf. M. Guglielminetti, Biografia ed autobiografia, in "Letteratura Italiana, v. Le questioni", Torino 1986, p. 872, nota 3.

(35) La lettera (del 27. 12. 1746) è nel Fondo Gambetti, Carteggio del Dott. Giovanni Bianchi. Cf. pure in Le lettere di L. A. Muratori al dottor Giovanni Bianchi cavate dagli autografi nella Gambalunghiana di Rimini e pubblicate con appendice di documenti storici per Giulio Cesare Battaglini, Rimini 1879, p. 89.

(36) Cf. A. Battistini, L'io e la memoria, cit., p. 447.

(37) Sugli studi latini di Planco si legge nella Epistola Apologetica che "Lojolitæ, ut omnes norunt, numquam Donatum docent" (p. xvi). L'Utile monitorio (infra, nota 43), ribatte: "non intendeste l'Ironia, per cui nelle Animadversioni si rappresenta la meraviglia di essersi Giano co' soli primi rudimenti del Donato […] fatto sì avanti, e renduto abile a parlare […], e scrivere latinamente"; e poi si precisa che tutti i "Gramatici" moderni derivano dal "Donato, antico Precettore", "il qual uso […] si ritrova pur anche nelle basse Scuole de' Padri della Illustrissima Compagnia" (p. 24). "Per lo studio dei rudimenti della lingua latina, il manuale in uso, ancora agli inizi del Settecento, è il Donato" (cf. R. Ballerini, Alla ricerca di un nuovo metodo: il corso grammaticale nel secolo dei Lumi, ne "Il catechismo e la grammatica, i, Istruzione e controllo sociale nell'area emiliana e romagnola nel '700", a cura di G. P. Brizzi, Bologna 1985, p. 228).

(38) "Gli effetti di questa consuetudine introspettiva inculcata dalla pedagogia gesuitica si vedono subito se, a titolo indicativo, si considerano, delle tante, tre autobiografie opportunamente scelte in tre diversi momenti: il Soliloquio di Paolo Paruta (1592-93), la Vita del cardinal Bellarmino (1613), i diari che tra il 1693 e il 1727 tiene Veronica Giuliani": cf. A. Battistini, L'io e la memoria, cit., p. 480.

(39) "Familia -ut de se ait August Cesar- antiqua", in Seniles, xviii, 1. Cf. F. Petrarca, Prose, Milano-Napoli 1955, p. 2.

(40) Cf. C. Svetonio Tranquillo, Le vite di dodici Cesari, II, ii, Milano 1971, p. 142: "ipse Augustus nihil amplius quam equestri familia ortum se scribit uetere ac locuplete".

(41) Cf. il cit. Fondo Gambetti, Carteggio del Dott. Giovanni Bianchi, ad vocem.

(42) È l'elenco (conservato alla BGR), della corrispondenza spedita da Bianchi, anche con alcuni brevi accenni al contenuto delle lettere.

(43) "Parentes habuit honestos". Cf. in Lami, cit., p. 353: il testo originale reca "Parenteis dabuit honestos", e non è stato rettificato negli errata corrige inseriti nel volume. Sulle origini di Planco polemizzò l'Utile Monitorio di Tiburzio Sanguisuga Smirneo (Lugano 1748), pp. 18-19. L'Utile Monitorio è la risposta ad un opuscolo di Planco, intitolato Simonis Cosmopolitæ Epistola Apologetica pro Jano Planco ad Anonymum Bononiensem, Arimini mdccxlv, in Ædibus Albertinorum. Il ms. è nel Minutario di Planco (ms. 969, BGR), a partire dalla c. 428. L'Epistola era rivolta a Girolamo Del Buono, autore di un attacco all'autobiografia di Planco, apparso a Modena nel '45. Nell'Utile Monitorio si legge (p. 20) questa accusa al medico riminese: "…guadagnando continuamente più nel Giuoco, che nell'esercizio della pratica Medicina".

(44) Cf. G. Vico, Autobiografia, cit., p. 19.

(45) Cf. G. Bellini-G. Mazzoni, Letteratura italiana, Storia, forme e testi, 2**, Il Seicento e il Settecento, Bari 1991, p. 423.

(46) Cf. p. 21, ibid.

(47) Cf. G. Rabitti, Epistolari e scritture autobiografiche nel Tre e Quattrocento, in "Manuale di Letteratura italiana, Storia per Generi e Problemi", i, Torino 1994, p. 851.

(48) Cf. in BGR, ms. 1352, Cataloghi e indici della Biblioteca di Giovanni Bianchi, ove (cf. in "V", c. 3, n. 8) l'opera di Vico è elencata con il rimando a "Calogerà, Tomo i, 145".

(49) Cf. alla p. xix.

(50) Cf. D. Laerzio, Vite dei filosofi, Milano 1993, X, 1, p. 400. Cf. pure Epicuro, Opere, Milano 1993, p. 101.

(51) Cf. x, 13, p. 404, ibid. In Epicuro, cit., p. 125.

(52) Cf. il ms. 1352 cit. supra alla nota 48: l'ed. del 1739 è sotto Diogene (cf. in "D" c. 6, n. 5), le altre due sotto Laerzio (cf. in "L", c. 5, n. 7; c. 6, n. 1). D. Laerzio è ricordato nel De ratio discendi & docendi […] auctore Josepho Juventio Soc. Jesu, Firenze 1703, tra i più famosi storici "qui Grece scripserunt": "vitas Philosophorum veterum egregie descripsit" (pp. 92-93). Su Epicuro, ricorderei un passaggio di Petrarca, Familiari, i, 1, 130: "Epicurus, philosophus vulgo infamis sed maiorum iudicius magnus", Epicuro, ritenuto comunemente filosofo senza credito ma grande dagli antichi (cf. ed. a cura di U. Dotti, Urbino 1974).

(53) L'osservazione, contenuta nel testo Gli studi classici di Scipione Maffei, in "Secondo contributo alla storia degli studi classici", Roma 1960, pp. 255-272, è riportata a p. 1458 del vol. 2/ii, Dalla caduta dell'Impero romano al secolo xviii, "Storia d'Italia", Torino 1974, nel saggio di P. Renucci, La cultura. La nascita di Vico (1670) anticipa un po' i tempi dell'osservazione di Momigliano.

(54) Cf. in Lami, cit., pp. 354-355.

(55) Cf. x, 10, p. 404, ibid. Nella traduzione di D. Laerzio, contenuta nelle Opere di Epicuro (cf. supra alla nota 50), la parola "Giardino" è sempre con iniziale maiuscola, al contrario del testo di D. Laerzio cit. qui.

(56) Cf. x, 17, p. 406, ibid.

(57) Cf. G. Vico, Autobiografia, cit., pp. 48-49. La vicenda biografica di Vico è esemplare per comprendere il clima del tempo. Scrive F. De Sanctis: "Il movimento europeo gli giunse attraverso la sua biblioteca […]. Gli venne addosso la fisica di Gassendi, poi la fisica di Boyle, e poi la fisica di Cartesio. […] E per capire Gassendi si pose a studiare Lucrezio. […]". Cf. Storia della letteratura italiana, ii, Milano 1956, p. 357.

(58) Cf. ms. 1352 cit., in "G", c. 22, n. 5. Alla BGR esiste ora soltanto l'edizione del 1658 (segn. CT 654-659). Gassendi su Epicuro pubblicò anche, nel 1649, le Animadversiones sul decimo libro di D. Laerzio (BGR, segn. CT 660-662).

(59) Cf. P. Rossi, Giambattista Vico, cit., p. 8.

(60) Cf. G. Vico, Autobiografia, cit., p. 23.

(61) Cf. Epicuro, Opere, Milano 1993, p. 102.

(62) Cf. G. Giovenardi, Orazion Funerale in lode di mons. Giovanni Bianchi…, Venezia, 1777, p. xv. Giovenardi (1708-89) era stato allievo della scuola riminese di Planco.

(63) Cf. supra alla nota 19.

(64) Cf. ms. 969, Minutario, in BGR, cc. 372 r/v. Nel frattempo, il 29. 1. '45, Lami aveva ripetuto l'invito: "[…] se V. S. Ill.ma avesse ozio da scrivere la vita di qualche erudito di codesto paese, che sia morto in questo secolo, e me la mandasse, io la metterei volentieri nella mia raccolta". Il 6. 2. '45 Lami scriverà a Planco: "Io starò attendendo le cinque Vite di eruditi di codesti paesi, che usciranno dalla sua purgatissima penna, come V. S. Ill. mi significa; goderò che ancora questo secondo Tomo venga onorato dalle sue esatte, ed eloquenti composizioni; onde spero, che tanto più sarà grato a V. S. Ill.ma il presente, che mi onoro di farle ancora di questo secondo Tomo. Ella le scriva pure a suo comodo, e lasci passare questa molesta stagione, perché basterà che mi favorisca intorno a Pasqua. La prego di ricordarsi a mettere in fondo a ciascuna Vita il Catalogo delle Opere di quell'autore tanto stampate, che lasciate manoscritte".

(65) Cf. alle pp. 121-132 per Marco Battaglini, e alle pp. 133-156 per Andrea Battaglini.

(66) Cf. alle pp. 134-135.

(67) Cf. ad es. alla p. 133: "[…] quo tempore Plancus quoque in eadem urbe medicinæ addiscendæ causa morabatur".

(68) Un solo esempio: tra fine settembre '44 e fine gennaio '45, cioè in quattro mesi, si contano dieci missive di Planco a Lami.

(69) Cf. G. Leopardi, Zibaldone, p. 1174.

(70) Planco, ad es., possedeva nella sua biblioteca ben sette titoli di "Renato des Cartes" (cf. ms. 1352, in "C", c. 23, nn. 7 abc; c. 29, nn. 1 abcd).

(71) Iano Planco galileiano a metà s'intitola uno degli articoli da me scritti su Planco ne "Il Ponte" di Rimini, cf. infra la Nota bibliografica.

(72) Segue la constatazione che se la Filosofia è "la medicina delle malatìe dell'anima", "chi non ne profitta è sempre un Filosofo imperfetto". Cf. [G. Amaduzzi], Elogio di Monsig. Giovanni Bianchi di Rimino, in "Antologia Romana", 1776, pp. 226-229, 235-239. Su Amaduzzi filosofo, vedi la ristampa anastatica de La Filosofia alleata della Religione, Rimini 1993, con appendice a cura di A. Montanari; e A. Montanari, G. A., 'talpa' giansenista a Roma, in "Lumi di Romagna", Rimini 1992, pp. 35-41.

(73) Cf. A. Turchini, G. Bianchi (Iano Planco) e l'ambiente antiquario riminese e le prime esperienze del card. Garampi (1740-1749), estratto [1975] dal volume "A. Muratori storiografo", Modena 1972. La citazione è tolta da p. 418. Nell'autobiografia latina, pp. 395-397, c'è ampia traccia delle polemiche in ambito accademico senese; e delle accuse lanciate da Planco contro chi in quell'Università praticava la «cartacea Anatomia», fonte di tanti errori in capo medico. (Galileo aveva parlato di «astronomia cartacea».) Scrivono le «Nov.», XI, 5, 30 gennaio 1750, col. 65, che Bianchi «fu Professore primario d'Anatomia a Siena, e non incontrò molto il genio di que' Cittadini». Grazie ad Ugo Viviani ["Il carteggio inedito del Prof. G. B. (Ianus Plancus), notomista riminese, coll'astronomo e medico aretino Prof. Tommaso Perelli" ne "Il Cesalpino", XIV, Arezzo 1918, pp. 18-21], si può leggere questo passo di Giovanni Bianchi: "E, quello che è peggio, molti di essi che hanno da esser medici, invece di venire alla Notomia Pratica e Attiva che si fa in corpi umani, amano meglio d'andare a udire una seccaggine privata e puramente cartacea, piena d'errori e mancante di tutte le più recenti scoperte".

(74) L'argomento di tali novelle è affrontato nella cit. Spetiaria, dove riporto "un suggerimento per una novella boccaccevole", inviato a Planco dal fratello frate Girolamo (pp. 41-44); si veda ib. anche alla p. 50 (per la bibliografia sull'argomento).

(75) Cf. il ms. 1183 [BGR] intitolato Lynceorum Restitutorum Codex. Il passo testuale è il seguente: "…ad eam autem rem nulla potior utiliorque reperitur exercitatio quam diligenter inquirere quid de re quaque doctissimi philosophi atque eruditissimi viri senserint: quorum tamen placitis et naturæ ipsius investigatio, et propriæ meditationes accedant, et sententiam collatio de rebus omnibus, et singulatim disserendi usus in eam partem quæ verior sit". Cf. anche in A. Turchini, G. Bianchi e l'ambiente antiquario, cit., p. 414. Del ms., parla G. L. Masetti Zannini in Vicende accademiche del Settecento nelle carte inedite di I. P., in "Accademie e Biblioteche d'Italia", XLII, 1-2, Roma 1974, p. 79, nota 47.

(76) Cf. A. Genovesi, Vita in "Scritti", Torino 1977, p. 4. La frase chiude il paragrafo dedicato agli studi filosofici, in cui si legge una critica ai contenuti e ai metodi della "filosofia peripatetica della setta de' Gesuiti", che portavano a discutere "pro e contro sopra tutto": "Era un vero scettico. Procurava da tutte le parti libri, gli leggeva senza intendergli" (ibid). Sull'educazione impartita dai Gesuiti in campo letterario, scrisse Foscolo: "Si direbbe che i Gesuiti avessero scoperta l'arte di esaltare meschine abilità e umiliare quelle di maggior grado, così da tutti ricondurre al livello della mediocrità e da sostituire la vanità del plauso accademico all'amore della gloria" (cf. U. Foscolo, Storia della letteratura italiana, Torino 1979, p. 308).

(77) Nel 1715 Giovanni pratica persone "che sono bufoni, che non sono boni ad altro che coglionar il prossimo, e da quali non si puol imparare niente di serio". Così gli scrive il fratello (minore) Pietro Antonio che, nella stessa missiva, ricorda a Planco: "[…] non mancate di fare le parti del nostro debito acciò siate stimato, e ciò farete se vi manterete sul savio, e abbandonerete le bufonarie". Il "16 Genaro 1717", Pietro (fatto diacono da circa un mese), torna alla carica. Giovanni ha già 24 anni: "[…] è hora che elegiate stato; e quanto al mio parere non sarebbe meglio per voi che il porvi alla chierica". Ma da quell'orecchio, Planco non ci sente. Pietro ironizza: "Ho supposto fin ora che voi vi siate pigliato tempo per pensare alla vostra ellezione di stato, e perciò non abbiate potuto scrivermi" [26. 3. 1717]. In aprile, non avendolo visto comparire alla fiera, gli scrive dal convento di Fano: temo che stiate male "o pure che habbiate de grandi interessi matteschi a quali secondo il solito v'applichiate" [21. 4. '17]. Il 18 dicembre 1717, Pietro è ordinato sacerdote col nome di frate Girolamo, quello del padre defunto. Anch'egli ama poco o nulla i libri, e definisce "coglionerie" gli studi di Teologia. Dal Fondo Gambetti, Carteggio del Dott. Giovanni Bianchi, cit.; cf. Spetiaria, cit., pp. 26-27. Pietro Bianchi era stato allievo del convento riminese dei Minimi di cui s'è parlato in precedenza.

Nota bibliografica.

Oltre alla cit. Spetiaria, rimando alla serie di miei articoli, apparsi nel corso del 1993 sul settimanale riminese Il Ponte, con i seguenti titoli: Iano Planco apprendista filosofo (13 giugno), Iano Planco nei "giardini d'Epicuro" (4 luglio), Iano Planco pensatore "antigesuita" (5 settembre), Iano Planco galileiano a metà (12 settembre), Iano Planco doctor gloriosus (24 ottobre), Iano Planco: affari di famiglia (21 novembre), Iano Planco e i suoi fratelli (12 dicembre). I primi quattro articoli esaminano in particolare gli studi filosofici di Planco. Negli altri tre, punto di partenza del lavoro poi sviluppato nella Spetiaria, si ricostruiscono i rapporti fra Planco e i fratelli, attraverso l'epistolario citato.

 

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