Riministoria© Antonio Montanari

I Lincei riminesi di Iano Planco, 1745

Cap. 10. Ode anacreontica in lode di Antonia Cavallucci

 

Per completare la documentazione relativa all’Arte comica ed alla Cavallucci, riproduciamo questa Ode anacreontica composta in suo onore dallo stesso Planco [189]:

 

Ode anacreontica

in lode della Signora Antonia Cavallucci,

detta Celestini, Romana,

Attrice, e virtuosa di Musica,

in occasione, ch’Ella canta graziosissime Ariette nel Pubblico Teatro, e per varie Accademie della Città di Rimino,

offerta al merito singolare dal Nobile Sig. Dottore Giovanni Bianchi Medico Primario della medesima città.

Pesaro MDCCLII nella Stamperia Gavelliana

 

 

Fiamme dell’anime,

Gentil Donzella,

Piucché altra amabile,

Se non più bella,

Per poco ascoltami,

Che in dolci modi

Vuo dir tue lodi.

 

Ascolta un fervido

Inno d’onore

Figlio di candido

Sincero core,

Che non sa fingere,

Che si vergogna

Di vil menzogna.

 

Di tue bellissime

Nere pupille

Ond’escon fervide

Chiare faville,

O quanto il tremulo

Lume vivace

M’alletta e piace.

 

Armata Pallade,

E tu, che sei

Piacer degli uomini,

E degli Dei,

Ridente Venere,

Aveste mai

Sì vaghi rai?

 

Del volto i morbidi

Tersi candori,

Che vezzi spirano,

Spirano amori,

O quanto, amabile

Donzella, ammiro

Qualor ti miro.

 

Ma gli occhi, il tremulo

Lume vivace,

Che tanto allettami,

Che tanto piace,

Il volto morbido

Non m’incatena,

Non mi dà pena.

 

Fiamma dell’anime,

Gentile Donzella,

Più raro amabile,

Pregio, che bella

Più ch’altra renditi,

Sol m’incatena,

Sol mi dà pena.

 

Tua voce armonica,

Ch’or dolce, ora grave,

Ma sempre tenera,

Sempre soave

Dai labbri scioglesi,

E in bei concenti

Tempra gli accenti;

 

Qualor tra lucide

Notturne scene

L’orecchio docile

A ferir viene,

Con dolce, incognita

Forza d’amore

Mi lega il core.

 

Qual nuovo insolito,

Stupor, se Orfeo

Al suon di concava

Lira poteo

Trar seco attonite

Le selve, e i pronti

Seguaci monti?

 

Se là fin d’Erebo

Le disperate

Inesorabili

Furie agitate

L’ascoltan placide,

Se ubbidiente

Cerbero il sente?

 

Ahi vate misero!

Che valse poi

Aver fin d’Erebo

Co’ modi tuoi

Placate e domite

Le disperate

Furie agitate;

 

Se al fin, egregio,

Divin Cantore,

Insaziabile

Cieco livore

Lasciar doveati

Di crudo scempio

Funesto esempio!

 

Ma tu, dell’anime

Fiamme, e desio,

Sorte sì barbara,

Destin sì rio,

S’altrui d’invidia

Oggetto sei,

Temer non dei.

 

D’un mar che mormora,

Che irato freme,

Che in vasti innalzasi

Flutti, non teme

Nocchier, che a placido

Sicuro porto

Mirasi scorto.

 

Virtute è il placido

Porto beato,

Che all’onde involati

D’avvero Fato;

L’amico Genio,

Che ti difende,

Per man ti prende.

 

Seco le torbide

Procelle insorte,

Che in van minacciano

Perigli e morte

Seco que’ tumidi

Rei flutti infidi

Sogguardi, e ridi.

 

 

NOTE AL TESTO

 

189 In BGR (segn. 11 MISC. RIM. CXIII, 2) è conservata anche una Canzonetta in lode di Bella Cantatrice, appunto Antonia Cavallucci, "che mirabilmente canta nel Pubblico Teatro di Rimino", dell’avvocato riminese Giovambattista Zappi. Si tratta di un estratto a stampa del testo apparso "nel tomo X delle Rime degli Arcadi alla p. 368". Ne riferiscono le Nov. n. 5, 4 febbraio 1752, coll. 74-75, ove si scrive che la Cavallucci si stava esibendo a Rimini, col favore "delle Dame, e de’ Cavalieri, non meno che de’ Letterati di quella illustre Città". Dell’Ode planchiana che riproduciamo, le stesse Nov. citano soltanto il titolo, senza alcun commento, nel n. 10, 10 marzo 1752, coll. 146-147. Il motivo della breve notizia è spiegato da Lami a Bianchi con un disguido tipografico: Lami non ritenne opportuno ritornare sull’argomento con un articolo inviatogli successivamente da Planco (cfr. Collina, op. cit., pp. 19-20). La Collina scrive pure che Bianchi aveva composto per la Cavallucci "alcune canzonette" (p. 19), ricavando la notizia da una lettera del ravennate Gioseffantonio Pinzi che parla di "belle poetiche composizioni in lode della Signora Cavallucci" (ibid., pp. 20-21). L’Ode planchiana che pubblichiamo venne considerata dal cit. Mazzucchelli (p. 1139, nota 9) non composta da Bianchi ma a lui "indirizzata". Questa notizia erronea fu poi ripresa da Giovenardi nella cit. Orazion funerale…, p. XLVI.

 

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