Riministoria © Antonio Montanari - il Rimino n. 58. Bertola, Amaduzzi, Corilla Olimpica, Namir

il Rimino n. 58, anno II, 08 novembre 2000.

Redazione: Antonio Montanari, via Emilia 23 (Celle) , 47900 Rimini RN, Italy. Tel. 0541.740173 * E-mail:monari@libero.it,ilrimino@libero.it 


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Pistoia, il Convegno su Corilla Olimpica

Nostro servizio

Il Convegno sul Bicentenario della morte di Corilla Olimpica, svoltosi a Pistoia il 21 e 22 ottobre, è andato bene come partecipazione, benissimo come livello degli interventi.

Il concerto è stato una vera e propria apoteosi con la basilica colma di "intendenti" e di popolo, e con tanto di richiesta di bis. Luciana Morelli ha parlato di "Fascino, genio, mistero e "affari di Stato": il successo italiano ed europeo di Corilla Olimpica.

Di particolare interesse nella vita di Corilla, come ha spiegato la Morelli, è l'avversione dimostrata nei suoi confronti in diverse occasioni dal cosiddetto partito lojolista. "Corilla Olimpica improvvisava su vari argomenti di carattere culturale cantando con una bella voce ed accompagnandosi con il violino", seguendo una moda molto diffusa in tutt'Europa. Papa Clemente XIV la onorò con un Breve in cui celebrava "il suo sapere" e le dava la facoltà di leggere i libri proibiti, colmandola nel frattempo di indulgenze. In Campidoglio Corilla fu incoronata in Campidoglio.

Amaduzzi, in una lunga lettera a Bertola sulla poesia estemporanea, ha spiegato Luciana Morelli, descrive dettagliatamente le improvvisazioni di Corilla dal punto di vista letterario, artistico e psicologico, "facendone un ritratto davvero lusinghiero ed anche credile per il rigore scientifico ed il sincero stupore entusiastico con cui viene magistralmente delineato".

Al convegno è intervenuta anche Isabella Amaduzzi, da cui riceviamo questa sintesi della sua comunicazione.


Corilla Olimpica ed il mio avo

Giovanni Cristofano Amaduzzi

di Isabella Amaduzzi

L'intenzione di questo breve intervento è quella sottolineare come dal carteggio tra Corilla Olimpica e l'Amaduzzi, ma più in generale, dai loro percorsi artistici e intellettuali — ciascuno nella propria individualità e completa originalità - emergano con una certa nitidezza i caratteri di quel clima e dinamismo culturale che portò alla nascita dell'estetica nella sua accezione moderna.

Si potrebbe arrivare a dire - senza rischiare eccessivamente - che nell'epistolario tra la poetessa e l'abate si delinea, sul piano del quotidiano e dell'individuale quel dialogo che caratterizzò tutta la cultura del XVIII secolo; quello scambio continuo tra ragione, riflessione, spirito analitico e sensazione, passione, eccessi e immaginazione. A mio avviso si potrebbero dunque leggere proprio le personalità, e dunque non solo le loro "opere", di Corilla e l'Amaduzzi, come specchi di un'epoca che troppe volte è stata etichettata come illuminista, trionfo di una ragione acritica e che invece ha visto la fruttuosa convivenza tra la ragione e molteplici manifestazioni eccedenti, indiscrete che non accettavano una sola regola e un solo volto. In questo quadro, caratterizzato dunque dalla complessità, dalla molteplicità e dalla pluralità delle "ragioni", l'estetica, come è stato da più parti ormai sottolineato, è stata senso di questo dialogo; è infatti nell'estetica che si affrontano le questioni del sentimento, della vita, delle passioni, dell'arte come creazione, ma anche come fruizione e più in generale del gusto.

L'estetica nasce nel 1735, quando il filosofo tedesco Gotlieb Alexander Baumgarten nelle Meditazioni filosofiche su alcuni aspetti del poema, un'opera dedicata alla poetica e all'oratoria, suppone l'esistenza di una logica "altra" rispetto a quella della conoscenza filosofica, "una scienza la quale diriga la facoltà conoscitiva inferiore: o scienza del conoscere sensitivo" (1), per poi concludere, nel paragrafo successivo, che se le rappresentazioni noetiche si conoscono attraverso la facoltà conoscitiva superiore, oggetto della logica, quelle estetiche "sono oggetto della scienza estetica ovvero dell'estetica" (2). Una questione che verrà ripresa e chiarificata dallo stesso Baumgarten nel 1750 quando nell'opera Estetica fornisce una vera e propria definizione della disciplina da lui stesso scoperta; "L'Estetica (ovvero teoria delle arti liberali, gnoseologia inferiore, arte del pensare bello, arte dell'analogo della ragione) è la scienza della conoscenza sensitiva" (3).

Una premessa di carattere storico necessaria non tanto e solo perché Baumgarten ha dato un nome e una definizione a tutta una serie di ricerche che percorrevano da secoli la storia della tradizione occidentale, ma per il fatto che ha individuato quale cifra dell'estetica il carattere incerto dei suoi confini, la "confusione" che sembra esserle connaturata, in altre parole il carattere polisemantico del termine. Una definizione che conoscerà fasi di assestamento, ondeggiamento nonché di contestazione, come nel caso di Kant, ma che è estremamente indicativa delle direttive culturali che caratterizzarono tutto il Settecento. Nella definizione di Baumgarten è infatti tangibile tutto lo spirito del secolo, quello della fortunata definizione leibniziana dell'unità nella varietà. Una prospettiva di analisi che può essere interessante anche per leggere in filigrana il carteggio tra Corilla e l'Amaduzzi.

L'epistolario tra la celebre improvvisatrice e l'abate può essere sicuramente letto, come è stato sottolineato nella presentazione al volume, come testimonianza esistenziale con una indubbia portata storica, ma anche come materiale culturale di un'epoca che mai ha negato le passioni, il sentimento, gli istinti, le diversità ma le ha volute comprendere ricercandone una genesi formativa e una costruttività. Un percorso di conoscenza che può nascere solo dal confronto con l’altro, con il diverso rispetto a noi, con tutto quello che va al di là dei confini della nostra ragione

Per questo potrebbe essere interessante come prospettiva di lettura dell'epistolario tra la poetessa e l'abate quella del paradigma del viaggio; Paul Hazard, nel suo libro La crisi della coscienza europea, ha identificato proprio nel passaggio dalla stasi al movimento il cambiamento radicale che caratterizzò il passaggio tra Seicento e Settecento. Il viaggio non è solo quello del grand tour, il viaggio è il viaggiare di idee, di volumi e di persone. Il viaggio è importante per l'antropologia, per la conoscenza di popoli e culture differenti rispetto a quella europee, ma il viaggio ha anche delle ripercussioni di carattere etico filosofico: la conoscenza della diversità è non a caso uno dei paradigmi su cui si arrovellerà tutta l'estetica del Settecento, nata - come abbiamo visto - sotto il segno dell'analogia e della differenza rispetto, di un modello altro di sapere.

L’epistolario è un viaggio nelle umane passioni di una donna delusa dall’amato e amareggiata dalla patria e dalle malelingue, le lettere sono un viaggio nella dotta prosa di un pensatore che cerca di consolarla, ma sono anche un viaggio nella vita romana dell’epoca, sono indirettamente pagine in cui si accenna ai tre viaggi nella conoscenza — i tre discorsi pronunciati in Arcadia - e sono il viaggio di due spiriti liberi dell’epoca che fecero del relativismo, nell’accezione più positiva del termine, un dimensione reale e culturale

Il viaggio però forse più bello e anche commuovente è quello che l'Amaduzzi compie quando descrive l'arte di Corilla al Bertola in una lettera del 29 aprile del 1777. E' il viaggio nella dimensione della sensibilità, nell'arte, nei sensi, è il viaggio nella gradazione del fuoco poetico così proprio di Corilla. Un entusiasmo nascente, progressivo e sublimato a norma di quei gradi coi quali la stessa natura procede. Un viaggio descrittivo nella sensibilità in tutta la potenzialità dell'immediatezza. Un autentico documento, come è stato già sottolineato — di vera psicologia dell’improvvisatore. La descrizione dell'arte della poetessa sembra inoltre non discostarsi molto dalla definizione che Locke diede nel suo Saggio sull'intelletto umano, più volte citato dall'Amaduzzi e mandato all'indice negli anni Trenta del secolo, del wit quale fulcro dell'attività elaborativa; il wit è quella capacità di raccogliere idee con rapidità e varietà formando nella fantasia quadri piacevoli e gradevoli. Dove il giudizio separa il wit, con echi baconiani, unisce e si muove nell'ambito dell'immaginazione, dove regna il mondo confuso della metafora, la lingua immaginosa che gioca con il concetto e la sensazione.

L'Amaduzzi ammira poi il verseggiare di Corilla perché non ha nulla di meccanico e mediato; è invece un qualcosa di progressivo e graduale in grado di contagiare, coinvolgere il pubblico. La descrizione di Amaduzzi che rivela dunque una grande acutezza psicologica sembra quasi poi assumere connotati romantici in particolare quando si sottolinea l'individualità e l'unicità dell'esperienza poetica. Il poetare di Corilla non conosce limiti, è espressione delle facoltà produttive dell’immaginazione. Nelle sue liriche trovano forma concreta e sensibile, l’invisibile e l’inesprimibile. Le parole non scritte di Corilla non dovevano essere all’epoca, come non dovrebbero esserlo nemmeno per noi oggi, un muro, un limite, bensì condizioni di infinita possibilità creativa ed espressiva. Una ricerca tutta settecentesca delle ragioni dell’arte e del mondo sensibile.

Le lettere sono dunque testimonianza non di un interesse superficiale, momentaneo, bensì profondo e duraturo; uno scoprire, un addentrarsi nelle differenti espressioni della natura, della sensibilità e non solo della ragione.

Note

G. A. Baumgarten, Meditazioni filosofiche su alcuni aspetti del poema, a cura di F. Piselli, Vita e Pensiero, Milano 1992, p. 102.

2 Ivi, p. 104.

3 G. A. Baumgarten, Estetica, a cura di F. Piselli, Vita e Pensiero, Milano 1992, p. 17.


Atti del Convegno su Bertòla
"Un europeo del Settecento"

E' appena uscito il volume degli Atti del convegno bertoliano svoltosi a Rimini nel 1998. S'intitola "Un europeo del Settecento, Aurelio de' Giorgi Bertòla Riminese", e lo ha curato Andrea Battistini.

E' un bel titolo, che dimostra che ho avuto buon fiuto nell'intitolare "Un poeta per l'Europa" il capitolo relativo a Bertòla in "Lumi di Romagna" (1992).

Negli Atti del convegno, sono stato citato dalla prof. Luisa Ricaldone, che a p. 128, nota 20, ha ricordato il libretto della" Filosofia della Voluttà" (1997).

E dalla prof. Alessandra Di Ricco che ha riferito nel testo e nelle note del mio lavoro sulle "Notti" bertoliane (pp. 278-279). E dell'anastatica amaduzziana della "Filosofia alleata della Religione" (p. 280).

Il massone prof. Pirlomalli non mi ha graziosamente citato, ma ha preso dal mio "Bertòla politico" alcune notizie (pp. 164-165) che lui non ha mai usato in precedenza nei suoi lavori, e che ignorava del tutto, perché non ha mai trattato degli inediti che ho presentato io, appunto nel "Bertòla politico".

Quando sostenni che non era vero quanto asseriva lui, cioè non esistere documenti sugli ultimi anni di vita di Bertòla, egli mi espose al pubblico ludibrio con una scritto intitolato "Montanari, un provocatore", apparso in una misera rivistina laziale (nessuna pubblicazione seria l'avrebbe ospitato).

E' vero. Ho provocato il suo ravvedimento, anche se la cosa in città è apparsa come la scomunica da parte del dotto Docente a danno del povero ignorante (il sottoscritto), il tutto per merito di una spia che gli aveva fatto pervenire il mio scritto.

P. S. Fotocopie del'articolo su "Montanari, un provocatore" vennero mandate in forma anonima a giornali, istituzioni, personalità della cultura riminese.


Studi Ravennati
"Studi e Ricerche", primo volume del 2000

E' apparso il tomo VII.I del 2000 di "Ravenna Studi e Ricerche" della Società di Studi Ravennati.


Recensione di Riministoria presente in Namir.

Un sito di carattere culturale. Prevalgono temi storici e letterari.

Il sito si chiama Riministoria ed ha più di 300 pagine. Presenta anche un periodico d'informazione il Rimino. Non è necessariamente un sito locale, perché i temi trattati sono a carattere nazionale. Vedi ad esempio le pagine sul poeta-filosofo Bertola e sul filosofo Amaduzzi, nonché quelle sullo scienziato Giovanni Bianchi. Grafica semplice, rapidità fluida nel caricamento delle pagine, e veramente tanto da leggere.

Al sito di NAMIR * Alla recensione di Riministoria nel sito di NAMIR


Nuovo libro di Vittorio Tonelli

L’albero del pane, le castagne e la Romagna

Proseguono le strenne di Vittorio Tonelli, scrittore di successo, con le sue raccolte legate alla storia ed al costume della Romagna. Stavolta tratta di castagne nel gustoso volume, fresco di ‘cottura’, dal titolo "L’albero del pane", ripreso da un’antica definizione attribuita a Senofonte.

Con la consueta ricchezza di documentazione e con il solito brio della sua scrittura, Tonelli ci accompagna in un viaggio che non è puramente gastronomico attorno a questo umile e prezioso "pane di legno", raccontandoci tutto quello che ha potuto raccogliere nella Val di Savio, e producendo esempi che però illustrano storie più generali. Basti pensare alle disavventure dei poveri "casanti" che cercano di rimediare castagne in tutti i modi, dal furto alla prestazione d’opera. Sono storie che coinvolgono genti che spesso giungevano da lontano, "contando sulla casa ospitale del datore di lavoro o su quella di un parente".

Tonelli ci ha abituato, nei suoi libri, alle inserzioni di racconti, leggende, aneddoti legati al tema: in quelle pagine fotografa il mondo raccontato ed il mondo dei narratori. Una civiltà in apparenza lontana anni luce, ma tanto tempo non è passato, se certe memorie restano vive. E grazie alla continua, gioiosa fatica di narratore e documentarista sociale di Tonelli, noi possiamo saperne di più.


"Rimini divina "

Nel prossimo numero del Rimino presenteremo una recensione del catalogo della mostra "Rimini divina" sull'archeologia locale in epoca pagana.


Sommari degli ultimi numeri:

N. 57 Malatesta Antico. Mostra malatestiana

N. 56 Studi Romagnoli

N. 55 Romagna schede biblioteche

N. 54 Cose di Romagna

N. 53 Museo della Città, dieci anni

N. 52 Il Tempio Malatestiano 1950-2000

 

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