Riministoria© Antonio Montanari

Antonio Montanari,

Giuseppe Garampi, tra i Grandi della politica,

da "Lumi di Romagna", pp. 26-33.

"Si compianse dalla città la dolorosa perdita del nobile suo Concittadino l'E.mo Cardinale Giuseppe Garampi morto in Roma a' 4 Maggio andante nell'età di anni sessantasei, mesi sei, e giorni cinque…". Il notaio Michelangelo Zanotti, nel suo diario manoscritto Giornale di Rimino del 1792, annotava "l'universale amarezza" che la notizia di quella scomparsa aveva provocato, e ricordava "le rare doti di virtù, di dottrina e di pietà singolare" che avevano reso illustre (non soltanto in Italia), il card. Garampi. (1)

La morte lo aveva rapito mentre era al culmine di una brillante carriera ecclesiastica, diplomatica e culturale. In tanti lo avevano considerato degno della tiara. Fatto cardinale nel 1785, non poté però entrare mai in un conclave: il papa che lo aveva elevato alla porpora, il cesenate Pio VI (Giovanni Angelo Braschi), morirà sette anni dopo Garampi. "Se scritto è in ciel che tu sostenga il pondo/ Dell'auree Chiavi del superno Tempio…", aveva ipotizzato nel 1791 il poeta-soldato Giovanni Fantoni (1755-1807), fondatore di un giovanile "Esercito della Speranza", per il quale scrisse l'inno "Or siam piccoli ma cresceremo". Il cielo aveva voluto diversamente. Morto Garampi, Fantoni riscrisse in parte quell'ode in suo onore, e la dedicò al maresciallo Massena, genovese, togliendo ovviamente l'auspicio di una salita al trono di Pietro. (2)

Garampi nasce a Rimini il 29 ottobre 1725 dal conte Lorenzo e dalla marchesa Diamante Belmonti, forse nel palazzo paterno, posto nell'attuale piazza Tre Martiri, ora proprietà Brioli. È un fanciullo precoce. Si interessa agli studi storici, e partecipa alla scuola di Iano Planco.

Rimini in quegli anni è in apparenza una città tranquilla. A turbarla, ci sono gli eventi politici internazionali. Durante la guerra di successione polacca (1733-38), "si ebbero passaggi di Spagnuoli e di Alemanni", come scrive Carlo Tonini: "Invano giungevano ordini rigorosissimi da Roma, che nulla si desse a questi veramente incivili ospiti". (3) "A titolo di regalo e per il quieto vivere", come reca una delibera consiliare riminese del 1736, si passarono invece al generale austriaco prima 20 e poi 27 scudi al giorno, più di quanto stabilivano gli ordini del cardinal Legato Giulio Alberoni, "uom prepotente e ingarbugliatore". (4) I passaggi degli eserciti stranieri non sono un evento nuovo per la città, con spese notevoli a carico del Comune. Ne erano avvenuti dopo la conclusione (1714) della guerra di successione spagnola, fino al 1720.

Rimini saluta con gioia la pace di Vienna (1738), ma la morte dell'imperatore d'Austria Carlo VI apre un nuovo conflitto europeo, in cui la nostra città si trova invischiata suo malgrado. La situazione tra 1741 e '42, ci viene raccontata da Carlo Goldoni, nelle sue "Memorie": "Le truppe tedesche accantonate nel Bolognese fecero dei movimenti che allarmarono gli spagnuoli" che si trovavano a Rimini. "A mano a mano che i tedeschi avanzavano verso la Romagna, gli spagnuoli si ritiravano e stavano per dividere il campo tra Pesaro e Fano". (5)

Rimini è diventata "un punto importantissimo e principale delle operazioni militari". (6) Come può un ragazzo studiarvi tranquillamente? Garampi, a 17 anni, lascia la nostra città e passa prima a Firenze e poi a Modena, ove incontra Ludovico A. Muratori, con il quale era già in corrispondenza da un anno, da quando cioè il futuro cardinale era stato nominato, a soli 16 anni, "vicecustode" della Biblioteca Gambalunghiana, dove aveva cominciato a studiare gli antichi codici esistenti.

Ritornato a Rimini, forse nel '44 quando gli austriaci sgomberano la città, a 20 anni Garampi si procura la fama di "giovane di grande ingegno, di ottimo gusto, e di molto sapere". (7) Qualità queste, aggiunge Luigi Tonini, a cui si accompagnano "rara modestia, illibatezza e pietà". (8) Ma in città resta poco, perché ben presto se ne va a Roma, dove tra l'appoggio di alcune amicizie e lo sfoggio delle sue eccelse doti intellettuali, inizia la carriera ecclesiastica. Nel '49, Garampi pubblica un'opera che gli procura l'incarico di prefetto nell'Archivio segreto vaticano da parte di papa Benedetto XIV: è uno studio in cui smentisce la favola della papessa Giovanna. Garampi viene anche nominato canonico e prefetto dell'archivio di Castel Sant'Angelo. Per amor degli studi, rifiuta altri incarichi. Nel '55, pubblica un lavoro sulla storia riminese, le "Memorie ecclesiastiche… della B. Chiara" (vissuta nel XIV secolo), che saranno elogiate dallo stesso Benedetto XIV.

Nel 1761, papa Clemente XIII lo spedisce alla Dieta di Augusta. Garampi vorrebbe dedicarsi soltanto allo studio, invece è costretto all'attività diplomatica e politica: egli mostra così quanto valga pure in settori tanto lontani dalla sua vocazione di storico. Sullo sfondo, c'è la guerra dei sette anni, iniziatasi nel 1756. Ad Augusta, si voleva "tornare in pace i Principi della Germania, lacerantisi fieramente in quella gran guerra". (9) Il conflitto si conclude con la vittoria politica della Prussia, guidata da Federico il Grande che il popolo chiama con affetto "vecchio Fritz".

Garampi continua a viaggiare per l'Europa. Viene nominato visitatore apostolico in Svezia, si reca nella Selva Nera, va a Ginevra, percorre Svizzera, Germania, Fiandra, Olanda e Francia. Ogni tappa gli serve per annotare, ricercare, esaminare testi documenti vicende. In ogni città conosce letterati e storici, visita biblioteche ed archivi, acquista codici e cimeli che vanno ad arricchire la sua biblioteca. Nel '63, come assistente del nunzio apostolico mons. Oddi, è di nuovo in Germania, per la Dieta di Francoforte dove si discute l'elezione dell'imperatore del Sacro Romano Impero, dopo la morte di Francesco I, marito di Maria Teresa d'Austria. La scelta cade sul loro figlio Giuseppe II.

"Apparve in quel memorando Consesso quanti fossero lo zelo e la dottrina del Garampi" nel vanificare le pretese di chi voleva sganciare l'impero da ogni controllo della Chiesa. Proprio in quei giorni circolano le idee di Giustino Febronio (1701-1790), un teologo tedesco che vuole la Chiesa subordinata alla Stato. Garampi obbligò "vieppiù all'amore e alla venerazione della S. Sede gli animi de' Principi cristiani". (10)

Nel 1769, al soglio pontificio sale Clemente XIV, il santarcangiolese Lorenzo Ganganelli che conosce ed apprezza Garampi: dopo tre anni, lo elegge arcivescovo di Beirut, e lo invia nunzio apostolico in Polonia, alla vigilia di una lunga spartizione (1772-95) di questo Stato tra Russia, Prussia ed Austria. Ancora una volta, Garampi dimostra "tanta prudenza e abilità diplomatica, che non solo si conciliò la benevolenza di quel cattolico e devoto Re Stanislao, ma ottenne ancora la stima di Catterina imperatrice delle Russie e di Federico il grande". (11) L. Tonini aggiunge che il successo di Garampi era dovuto pure alla "santità della sua vita". (12)

Il nuovo papa Pio VI gli conferisce nel '76 il vescovado di Montefiascone e Corneto (lasciato vacante dal riminese Francesco Maria Banditi, nominato cardinale ed arcivescovo di Benevento), e lo invia nunzio apostolico a Vienna presso l'imperatore Giuseppe II, con il quale Garampi intrattiene rapporti di grande amicizia, "tanto che quel gran Monarca lo ricercò più volte di consiglio eziandio in private bisogne, e al suo giudizio pur fece ricorso alloraquando volle arricchita la Biblioteca Viennese per un aumento di 30 mila scudi". (13)

Durante la nunziatura di Garampi, a Vienna si reca inutilmente Pio VI, per convincere Giuseppe II a rinunciare alle sue posizione febroniane. Il papa vuole che Garampi sia sempre presente agli incontri con l'imperatore d'Austria. E a Vienna, Garampi ospita Aurelio Bertola: il poeta riminese "poté lungamente fermarsi colà, ed apprendere le bellezze della Poesia Alemanna di cui quel felicissimo alunno delle Muse seppe pel primo sì bene dar saggio all'Italia". (14)

Nel 1782, Garampi viene incaricato di recare in nome del papa l'assoluzione in articulo mortis a Pietro Metastasio, poeta della corte viennese. Il 14 febbraio 1785, Pio VI nomina Garampi cardinale col titolo dei Santi Giovanni e Paolo. "La lieta novella giunse in Rimini il dì 16 recata da un corriere straordinario al Conte Francesco Garampi fratello del promosso.(…) Per due sere si tenne in casa Garampi pubblica conversazione confortata da copioso rinfresco. Si fecero per la Città fuochi di gioja, spari, luminarie ecc. ecc., e in particolar modo dalle famiglie congiunte. Fu quella una vera festa cittadina". (15)

Il cronista Zanotti ricorda che si illuminò la facciata dell'oratorio di San Girolamo, alla cui Confraternita il cardinale era aggregato, a spese personali del cav. conte Salustio Nanni. La Confraternita preferì dare quaranta scudi ai poveri, e cento per dote a dieci zitelle. In duomo ci fu un solenne pontificale, alla presenza dei famigliari. La sorella del porporato, suor Maria Geltrude, fece celebrare un rito nel proprio monastero di Sant'Eufemia. Il 9 marzo, il papa dà notizia ufficiale della nomina ai Consoli di Rimini con un "breve", in cui ricorda "che da lungo tempo e famigliarmente aveva conosciuto il Garampi". (16) La sera del 26 settembre 1785, finalmente giunge in città il novello cardinale. Alle cerimonie sacre, seguono i pubblici ricevimenti, con conversazioni e "sontuoso generale rinfresco" nel palazzo comunale. (17) Quando, tra dicembre '86 e maggio '87, Rimini è colpita da terremoto, Garampi, come Banditi, invia soccorsi ai poveri.

Nel 1788, gli è affidato il Protettorato del Collegio germanico-ungarico. Nella sua diocesi di Montefiascone e Corneto, cura un fiorente seminario, avvia attività culturali a favore dei giovani ricchi, e procura lavoro alle classi meno agiate.

Una febbre con "infiammazione di petto" gli è fatale, il 4 maggio 1792. Aveva cominciato a star male gravemente sul finire del '91, ma le sue condizioni non dovevano essere buone già dal giugno di quell'anno, quando Bertola gli scriveva auguri di "prosperità di salute, il solo vero bene di quaggiù". Garampi, in una lettera al poeta riminese del 12 gennaio '92, parla di una "molta infermità nuovamente… sofferta". (18)

I funerali sono celebrati a Roma, a Sant'Apollinare. La sepoltura avviene nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, di cui era titolare. A Rimini, il fratello Francesco, il 21 maggio, organizza solenni esequie, ordinando un catafalco eretto nella Chiesa dei Padri Minimi (Paolotti).

Il Municipio decide per una lapide sotto la loggia del palazzo comunale, poi rimossa per far posto ad un marmo dedicato a Giuseppe Garibaldi, e trasferita al primo piano dello stesso palazzo. Il terremoto del 1916 la danneggiò, le bombe del '43 la distrussero. È sopravvissuta a pezzi. (19)

Di Garampi resta il ricordo di un uomo "santissimo e dottissimo", come lo definì padre Ruggero Boscovich che nel 1752-53 era stato ospite di casa sua, ove aveva posto un osservatorio astronomico per misurare la lunghezza dell'arco di meridiano tra Roma e Rimini. (20)

"Pietà vera, ed illibato costume accompagnarono tutta la innocentissima sua vita", secondo L. Tonini che completa il ritratto con questi accenni: "Oltre aver sortito da natura l'essere bello della persona… facondo era nel dire, e pieno di… persuasione". (21)

Nel suo testamento, Garampi pensò a Rimini: alla Gambalunghiana andarono codici, medaglie e le schede di storia locale, riguardanti fatti e persone. Un materiale prezioso, che i posteri utilizzeranno ampiamente. (22) Il suo lavoro più impegnativo resta l'Orbis Christianus, un "magazzeno immenso", come il cardinale lo definì in una lettera del 1781: aveva cominciato a lavorarvi nel '51, con tre o quattro collaboratori a sue spese. Restò inedito. Doveva essere la storia di tutti i vescovadi della Cristianità.

 

(1) Cfr. in E. Pruccoli, introduzione a Biografia del card. Giuseppe Garampi. Inedito di Luigi Tonini, Ramberti, Rimini 1987, p. 10.

(2) Cfr. C. Tonini, La Coltura, II, cit., p. 472, n. 1.

(3) Cfr. C. Tonini, Rimini dal 1500 al 1800, cit., I, p. 554. Sull'argomento, cfr. qui il cap. nono ("15 mila soldati, compresi i cavalli").

(4) Ibidem, p. 559.

(5) Cfr. C. Goldoni, Memorie, cap. XLV, I parte, pp. 199-203, ed. Bur, 1961. Sull'argomento, cfr. qui il cap. sullo stesso Goldoni.

(6) Cfr. C. Tonini, Rimini dal 1500 al 1800, cit., pp. 567-568.

(7) Il giudizio è di padre Francesco Antonio Zaccaria, cfr. C. Tonini, La Coltura, cit., p. 465. Sul ruolo di G. nella vita della Gambalunghiana, cfr. A. Turchini, Catalogo critico della mostra storica della stessa biblioteca, Rimini 1974; e D. Frioli, I codici del cardinale Garampi, Maggioli, Rimini 1986.

(8) Cfr. L. Tonini, Inedito…, cit., p. 21.

(9) Cfr. C. Tonini, La Coltura, cit., p. 466.

(10) Ibidem, p. 468.

(11) Ibidem, p. 469.

(12) Cfr. L. Tonini, Inedito…, cit., p. 24.

(13) Cfr. C. Tonini, La Coltura, cit., p. 469.

(14) Ibidem, p. 470.

(15) Cfr. C. Tonini, Rimini dal 1500 al 1800, cit., p. 720.

(16) Cfr. L. Tonini, Inedito…, cit., p. 27.

(17) Testo dello Zanotti, in C. Tonini, Rimini dal 1500 al 1800, cit., p. 725.

(18) Cfr. in Studi su A. Bertola nel II centenario della nascita, Steb, Bologna 1953: la lettera di Bertola (10. 6. 1791) è a p. 60, quella di Garampi a p. 62.

(19) Cfr. E. Pruccoli, cit., p. 12.

(20) Cfr. De Solis ac Lunæ Defectibus, Venezia 1761, in L. Tonini, Inedito…, cit., p. 27. Cfr. qui il cap. su R. Boscovich.

(21) L. Tonini, Inedito…, cit., p. 27.

(22) Ibidem, pp. 37-38.

 

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