Riministoria© Antonio Montanari

Fame e rivolte nel 1797

Documenti inediti della Municipalità di Rimini

5. Plebe, briganti e ribelli

 

Ecclesiastici e laici si lamentano con tanto di appelli, ricorsi, pubblici reclami. Al popolo non resta che accodarsi alle altrui proteste, ambiguamente sposando la causa dei ribelli e trovandosi come incomodi compagni di strada quei briganti che sono amici di ogni torbido e di ogni opposizione al potere costituito: ieri simpatizzanti per la libertà francese contro il governo pontificio, oggi essi appoggiano la parte romana nei fervori antigiacobini. Davanti ai bagliori delle armi bianche ed ai fuochi degli spari, nessuno dei plebei di città o di campagna s’interroga se, ai fini degli equilibri politici generali, sia più utile ribellarsi all’invasore o subirne la prepotenza. Anche loro, come gli uomini di ogni tempo, sanno che i fatti bisogna accettarli per come sono. Un povero mendicante che urla contro le insopportabili angherie di un soldato repubblicano, può finire a far massa con la nobiltà reazionaria o con quei borghesi che amano sì le libertà (soprattutto se esse li riguardano in prima persona), ma non l’eguaglianza sociale nei confronti di chi sta più in basso di loro.

C’è stato un momento della storia antica in cui tutto dipese da un cavallo. Al posto dei nobili quadrupedi, dobbiamo ora ricordare altri animali, più rustici ma altrettanto utili, i buoi. I soldati francesi li razziano in gran copia in alcuni paesi marchigiani, occupati militarmente in conseguenza della pace di Tolentino firmata il 19 febbraio: la sera del primo marzo ne transitano per Rimini duecentocinquanta, accompagnati da circa quaranta custodi [73]. Il convoglio, proveniente da Pesaro, è diretto al Nord con tappa a Cesena [AP 503, 1.3.1797]. Le nostre autorità civili ricevono "delle relazioni sicure che il Popolo delle Municipalità del Tavoleto, e dell’Auditore, che appartengono al Ducato di Urbino sono in comunicazione di complotto colle Municipalità di Monte Tiffi, ed altre piccole Municipalità di Montagna che dipendono da questa di Rimino, come anche col Comune di Carpegna antico luogo feudale. Chi ha ciò riferito assicura inoltre che detti Comuni dello Stato di Urbino spediscono degli Emissarj ne’ Territori delle Municipalità dipendenti di Rimino, cercando di fare in qualunque modo comovere il Popolo" [AP 503, 1.3.1797]. Questi "emissarj", presentati come agitatori politici, potevano invece essere semplici messi che correvano ad avvisare da un luogo ad un altro, per far mettere in salvo il bestiame prima delle requisizioni.

I francesi fanno paura in quei giorni anche per un altro motivo. Il 15 febbraio è scaduto il termine per il pagamento delle due contribuzioni, il residuo di quella del ’96 e quella del ’97. Chi non rispetta le regole, si espone "ad una esecuzione militare" [AP 503, 2.3.1797]. Non è forse una coincidenza strana che, laddove la somma prevista, da pagare in moneta e non in cedole, non è stata ancora versata alle casse dell’occupante, si formino gruppi di resistenza armata: succede ad esempio a Petrella Guidi, dove ci sono circa venti "malviventi" che non vogliono consegnare le armi, ma conservarle in casa per loro difesa [ib.].

A Mondaino "varj malintenzionati", le armi se le sono procurate con l’ammutinamento e scacciando la Guardia Civica: adesso "minacciano la vita, e le sostanze di quelli, che prudentemente si uniformano al nuovo Governo" [AP 503, 3.3.1797]. La lettera è diretta all’arciprete di Saludecio, don Fronzoni: le strade sono controllate da quei "sollevati" che intercettano le missive pubbliche, e la nostra Municipalità lo prega quindi di far sapere agli amministratori di Mondaino che non si può "sul momento far uso di quella forza che occorre per abbassare l’orgoglio" dei "varj malintenzionati", ma lo si farà "al più presto". Mancando le armi, Mondaino si regoli usando la "prudenza per sopire, se è possibile, il tumulto".

A Mondaino torna la quiete subito "per opera del Giusdicente, dei Sacerdoti, e delle Persone Probe". Il Comandante della Piazza di Rimini assicura "che si avrà tutto il riguardo" per quel paese, "in qualunque caso di spedizione di Truppe". Le Municipalità di Mondaino e delle località vicine sono autorizzate a disporre la Guardia Civica lungo il confine "coi luoghi sollevati della Provincia d’Urbino", "all’oggetto di allontanare i malintenzionati, e Briganti e esteri", ed assicurare quei territori dai "Malviventi, che vi fossero, e che tentassero di turbare" la quiete pubblica, facendoli arrestare, e tradurre sotto buona scorta [AP 503, 6.3.1797]. Se quei paesi non hanno soldi per mantenere una Guardia Civica, possono imporre un censo. Il pagamento ai Civici è ammesso soltanto nel caso in cui nel Comune "non vi sieno dei Proprietarj, o Benestanti, i quali possino servire la Patria senza pagamento, ed essendovi tali Proprietarj, dovranno essi del proprio pagare i Civici poveri, che fanno la guardia per loro, e che diffendono le loro proprietà". I proprietari obbligati per la Guardia Civica, sono quelli che non debbono "impiegare le loro braccia" per guadagnarsi la giornata [ib.].

A Montefiore si è data campana a martello, non contro i francesi, ma contro i "malviventi". I Parroci credono di essersi comportati correttamente. No, gli spiega la nostra Municipalità: "dovete comprendere il Pericolo, cui nelle presenti circostanze esponete le vostre Popolazioni" [AP 503, 3.3.1797]. All’avvertimento sull’azione sbagliata, segue un ammonimento in cui si intuisce e si espone ipocritamente uno scampolo di verità: "Vogliamo persuaderci che vi sia stata fatta qualche violenza; ma tocca a voi prevenirla con toglierne il modo di eseguirla". Sia ai signori di Mondaino, sia ai preti di Montefiore viene inoltrata copia delle disposizioni ai cui adeguarsi, per "promulgare ed insinuare la quiete" con una "energia" che compensi "l’usata facilità". Quando col Parroco di Sant’Ermete viene usata violenza, la nostra Municipalità passa la relazione ricevuta al Comandante della Piazza, "affinché la prenda in considerazione" [AP 503, 28.3.1797]. Non essendoci nessun accenno alla mancata prudenza del sacerdote, questi resta con il danno subito ma senza l’ammonimento inviato agli altri suoi confratelli. Pure a Monte Gridolfo è stata suonata la campana "a titolo di difesa ai temuti malviventi". Il Parroco ha però avuto la necessaria "diligenza" per "prevenire efficacemente le violenze del popolo allarmato". [AP 503, 3.3.1797]

La Municipalità di Rimini chiede ai militari francesi l’autorizzazione ad ordinare a quella di Monte Gridolfo di fare arrestare segretamente "certi malintenzionati" del paese segnalatisi per il loro "mal animo" [AP 503, 5.3.1797]. Lapisse, Comandante della Piazza di Rimini, accorda alla Municipalità di Monte Gridolfo "di poter far arrestare que’ tumultuari, e sedutori" che sono stati denunciati, a patto che essa sia certa "della loro perfidia": "Per tale arresto, e per quello, che accadesse di fare di altri simili Briganti, vi potrete valere della Guardia Civica" che a Monte Gridolfo come a Mondaino è concessa sui confini "ai luoghi in insurrezione dell’Urbinate, affine di tener lontani gl’insorgenti, e di tenere in freno i torbidi Paesani se mai vi fossero" [AP 503, 6.3.1797]. Dopo più di una settimana a Monte Gridolfo sono fermati tre uomini che vi si trovavano "sotto abito mentito" [AP 503, 14.3.1797].

 

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